Elementi di metodologia. La diversità di metodi in catechesi. L’esperienza umana nella catechesi. La memorizzazione nella catechesi. Ruolo del catechista. L’attività e creatività dei soggetti catechizzati. Comunità, persona e catechesi. L’importanza del gruppo. La comunicazione sociale
CONGREGAZIONE PER IL CLERO
DIRETTORIO GENERALE
PER LA CATECHESI
CAPITOLO II
Elementi di metodologia
La diversità di metodi in catechesi (1)
148. Nella trasmissione della fede, la Chiesa non ha per sé un metodo proprio né un metodo unico, bensì, alla luce della pedagogia di Dio, discerne i metodi del tempo, assume con libertà di spirito « tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato e merita lode » (Fil 4,8). In sintesi tutti gli elementi che non sono in contrasto con il Vangelo e li pone al servizio di esso. Ciò trova mirabile conferma nella storia della Chiesa, dove i tanti carismi di servizio della Parola hanno generato svariati percorsi metodologici. In questo modo « la varietà dei metodi è un segno di vita ed una ricchezza », e insieme dimostrazione di rispetto verso i destinatari. Tale varietà è richiesta da « l’età e lo sviluppo intellettuale dei cristiani, il loro grado di maturità ecclesiale e spirituale e molte altre circostanze personali ».(2)
La metodologia catechistica ha per obiettivo unitario l’educazione alla fede; si avvale delle scienze pedagogiche e della comunicazione applicate alla catechesi; tiene conto delle numerose e notevoli acquisizioni della catechetica contemporanea.
La relazione contenuto-metodo in catechesi(3)
149. Il principio della « fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo » porta a evitare ogni contrapposizione o artificiale separazione o presunta neutralità tra metodo e contenuto, affermando piuttosto la loro necessaria correlazione e interazione. Il catechista riconosce che il metodo è al servizio della rivelazione e conversione(4) e perciò è necessario avvalersene. D’altra parte, il catechista sa che il contenuto della catechesi non è indifferente a qualsiasi metodo, bensì esige un processo di trasmissione adeguato alla natura del messaggio, alle sue fonti e linguaggi, alle circostanze concrete della comunità ecclesiale, alla condizione dei singoli fedeli cui la catechesi si rivolge.
Per l’intrinseca importanza sia nella tradizione che nell’attualità catechistica, meritano di essere ricordati il metodo di accostamento alla Bibbia,(5) il metodo o « pedagogia del documento », del Simbolo in particolare, in quanto « la catechesi è trasmissione dei documenti della fede »,(6) il metodo dei segni liturgici ed ecclesiali, il metodo proprio della comunicazione mass-mediale.
Un buon metodo catechistico è garanzia di fedeltà al contenuto.
Metodo induttivo e deduttivo(7)
150. La comunicazione della fede nella catechesi è un evento di grazia, realizzato dall’incontro della Parola di Dio con l’esperienza della persona, si esprime attraverso segni sensibili ed ultimamente apre al mistero. Può accadere per vie diverse a noi non sempre completamente conosciute.
Attendendo alla storia della catechesi, oggi si parla comunemente di via induttiva e deduttiva. Il metodo induttivo consiste nella presentazione di fatti (avvenimenti biblici, atti liturgici, eventi di vita della Chiesa e della vita quotidiana…) allo scopo di discernere il significato che essi possono avere nella divina rivelazione. È una via che offre grandi vantaggi, perché è conforme all’economia della rivelazione; corrisponde ad una istanza profonda dello spirito umano di pervenire alla conoscenza delle cose intelligibili attraverso le cose visibili; ed è conforme pure alle caratteristiche della conoscenza di fede, che è conoscenza attraverso i segni.
Il metodo induttivo non esclude, anzi esige il metodo deduttivo, che spiega e descrive i fatti procedendo dalle loro cause. Ma la sintesi deduttiva avrà pieno valore solo quando è stato compiuto il processo induttivo.(8)
151. Altro è il senso da dare quando ci si riferisce ai percorsi operativi: uno è chiamato anche « kerigmatico » (o discendente), quando prende avvio dall’annuncio del messaggio, espresso nei principali documenti della fede (Bibbia, liturgia, dottrina…), e ne fa applicazione alla vita; l’altro è detto « esistenziale » (o ascendente), quando muove da problemi e situazioni umane e li illumina con la luce della Parola di Dio. Di per sé sono approcci legittimi, se sono rispettati tutti i fattori in gioco, il mistero di grazia e il dato umano, la comprensione di fede e il processo di razionalità.
L’esperienza umana nella catechesi(9)
152. L’esperienza svolge diverse funzioni nella catechesi, per cui deve essere continuamente e debitamente valorizzata.
a) Fa nascere nell’uomo interessi, interrogativi, speranze e ansietà, riflessioni e giudizi che confluiscono in un certo desiderio di trasformare l’esistenza. Compito della catechesi è di rendere le persone attente alle loro più importanti esperienze, di aiutarle a giudicare alla luce del Vangelo le domande e i bisogni che ne scaturiscono, di educarle a una nuova impostazione della vita. In questo modo la persona sarà capace di comportarsi in modo attivamente e responsabilmente di fronte al dono di Dio.
b) L’esperienza favorisce l’intelligibilità del messaggio cristiano. Ciò corrisponde bene all’agire di Gesù, che si servì di esperienze e situazioni umane per segnalare realtà escatologiche e trascendenti e insieme indicare l’atteggiamento da assumere di fronte a tali realtà. Sotto questo aspetto, l’esperienza è mediazione necessaria per esplorare e assimilare le verità che costituiscono il contenuto oggettivo della rivelazione.
c) Le funzioni ora dette indicano che l’esperienza assunta dalla fede diventa in certo modo ambito di manifestazione e realizzazione della salvezza, dove Dio, coerentemente alla pedagogia dell’incarnazione, raggiunge l’uomo con la sua grazia e lo salva. Il catechista deve aiutare la persona a leggere in quest’ottica il proprio vissuto, per cogliere l’invito dello Spirito Santo alla conversione, all’impegno, alla speranza, e così scoprire sempre di più il progetto di Dio nella propria vita.
153. Illuminare e interpretare l’esperienza con il dato della fede diventa un compito stabile della pedagogia catechistica, non privo di difficoltà, ma che non può essere trascurato, pena la caduta in giustapposizioni artificiose o comprensioni integriste della verità.
Ciò è reso possibile da una corretta applicazione della correlazione o interazione tra esperienze umane profonde(10) e messaggio rivelato. È quanto ampiamente ci testimoniano l’annuncio dei profeti, la predicazione di Cristo e l’insegnamento degli apostoli, che perciò costituiscono il criterio fondante e normativo per ogni incontro tra fede ed esperienza umana nel tempo della Chiesa.
La memorizzazione nella catechesi(11)
154. La catechesi fa parte di quella « Memoria » della Chiesa che mantiene viva tra noi la presenza del Signore.(12) L’esercizio della memoria costituisce, quindi, un aspetto costitutivo della pedagogia della fede, fin dagli inizi del cristianesimo. Per superare i rischi di una memorizzazione meccanica, l’apprendimento mnemonico deve inserirsi armonicamente tra le diverse funzioni di apprendimento, quali la reazione spontanea e la riflessione, il momento del dialogo e del silenzio, la relazione orale e il lavoro scritto.(13)
In particolare, come oggetto di memoria vanno opportunamente considerate le principali formule della fede, perché assicurano una più precisa esposizione di essa e garantiscono un prezioso patrimonio comune dottrinale, culturale e linguistico. Il possesso sicuro dei linguaggi della fede è condizione indispensabile per vivere la fede stessa.
Occorre però che tali formule siano proposte come sintesi dopo un cammino previo di spiegazione e siano fedeli al messaggio cristiano. Vi rientrano alcune maggiori formule e testi della Bibbia, del dogma, della liturgia, le ben note preghiere della tradizione cristiana (Simbolo Apostolico, Padre Nostro, Ave Maria…).(14)
« I fiori della fede e della pietà — se così si può dire — non spuntano nelle zone desertiche di una catechesi senza memoria. La cosa essenziale è che questi testi memorizzati siano al tempo stesso interiorizzati, compresi a poco a poco nella loro profondità, per diventare sorgente di vita cristiana personale e comunitaria ».(15)
155. Ancora più profondamente, l’apprendimento delle formule della fede e la loro professione credente vanno compresi nell’alveo del tradizionale e proficuo esercizio della « traditio » e « redditio », per cui alla consegna della fede nella catechesi (traditio) corrisponde la risposta del soggetto lungo il cammino catechistico e poi nella vita (redditio).(16)
Questo processo favorisce una partecipazione migliore alla verità ricevuta. È corretta e matura quella risposta personale che rispetta in pieno il senso genuino del dato di fede e mostra di comprendere il linguaggio usato per dirlo (biblico, liturgico, dottrinale…).
Ruolo del catechista(17)
156. Nessuna metodologia, per quanto sperimentata, dispensa dalla persona stessa del catechista in ogni fase del processo di catechesi.
Il carisma datogli dallo Spirito, una solida spiritualità, una trasparente testimonianza di vita costituiscono l’anima di ogni metodo e soltanto le proprie qualità umane e cristiane garantiscono il buon uso dei testi e di altri strumenti di lavoro.
Il catechista è intrinsecamente un mediatore che facilita la comunicazione tra le persone e il mistero di Dio e dei soggetti tra di loro e con la comunità. Per questo deve adoperarsi perché la sua visione culturale, condizione sociale e stile di vita non facciano ostacolo al cammino della fede, creando piuttosto le condizioni più adatte perché il messaggio cristiano sia ricercato, accolto e approfondito.
Non dimentica che l’adesione credente delle persone è frutto della grazia e della libertà, e quindi fa sì che la sua attività sia sempre sostenuta dalla fede nello Spirito Santo e dalla preghiera.
Infine, di sostanziale importanza è la relazione personale del catechista con il soggetto. Essa si nutre di passione educativa, di creatività ingegnosa, di adattamento e insieme di massimo rispetto per la libertà e maturazione della persona.
In forza del suo sapiente accompagnamento, il catechista assolve un servizio tra i più preziosi dell’azione catechistica: aiuta i soggetti a discernere la vocazione cui Dio li chiama.
L’attività e creatività dei soggetti catechizzati(18)
157. La partecipazione attiva di quanti sono catechizzati al loro processo formativo è pienamente conforme, non soltanto alla genuina comunicazione umana, ma specificamente all’economia della rivelazione e della salvezza. Infatti nello stato ordinario della vita cristiana, i credenti sono chiamati a rispondere attivamente, singolarmente e in gruppo, al dono di Dio attraverso la preghiera, la partecipazione ai sacramenti e alle altre azioni liturgiche, l’impegno ecclesiale e sociale, l’esercizio della carità, la promozione dei grandi valori umani, come la libertà, la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato.
Nella catechesi, dunque, i soggetti assumono l’impegno di esercitarsi nelle attività della fede, della speranza e della carità, di acquisire la capacità e rettitudine di giudizio, di rafforzare la personale decisione di conversione e di pratica cristiana della vita.
Gli stessi soggetti, soprattutto quando si tratta di adulti, possono contribuire efficacemente allo sviluppo della catechesi, indicando le vie più efficaci di comprensione ed espressione del messaggio, come: « l’apprendere facendo », l’impiego della ricerca e del dialogo, lo scambio e il confronto dei punti di vista.
Comunità, persona e catechesi(19)
158. La pedagogia catechistica riesce efficace nella misura in cui la comunità cristiana diventa riferimento concreto ed esemplare per il cammino di fede dei singoli. Ciò avviene se la comunità si propone come fonte, luogo e meta della catechesi. Concretamente, allora, la comunità diventa luogo visibile di testimonianza credente, provvede alla formazione dei suoi membri, li accoglie quale famiglia di Dio, costituendosi ambiente vitale e permanente di crescita della fede.(20)
Accanto all’annuncio del Vangelo in forma pubblica e collettiva, rimane sempre indispensabile il contatto da persona a persona, sull’esempio di Gesù e degli Apostoli. In tale modo la coscienza personale è più facilmente coinvolta, il dono della fede, come è proprio dell’azione dello Spirito Santo, perviene al soggetto da vivente a vivente, e la forza di persuasione si fa più incisiva.(21)
L’importanza del gruppo(22)
159. Il gruppo ha una funzione importante nei processi di sviluppo delle persone. Ciò vale anche per la catechesi, sia dei piccoli di cui favorisce una buona socializzazione, sia dei giovani per i quali il gruppo costituisce quasi una necessità vitale nella formazione della personalità, sia per gli adulti tra i quali promuove uno stile di dialogo, di condivisione e di corresponsabilità cristiana.
Il catechista, che partecipa alla vita del gruppo e ne avverte e valorizza le dinamiche, riconosce e svolge come suo compito primario e specifico quello di essere, in nome della Chiesa, testimone attivo del Vangelo, capace di partecipare agli altri i frutti della sua fede matura e di stimolare con intelligenza la ricerca comune.
Oltre che fattore didattico, il gruppo cristiano è chiamato a essere esperienza di comunità e forma di partecipazione alla vita ecclesiale, trovando nella più ampia comunità eucaristica la sua meta e la sua piena manifestazione. Dice Gesù: « Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,20).
La comunicazione sociale(23)
160. « Il primo areopago del tempo moderno è il mondo della comunicazione che sta unificando l’umanità… I mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo, di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali ».(24) Per questo, oltre ai numerosi mezzi tradizionali in vigore, « l’utilizzazione dei media è diventata essenziale all’evangelizzazione e alla catechesi ».(25) Infatti, « la Chiesa si sentirebbe colpevole davanti al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi, che l’intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati;… in loro essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie a essi riesce a parlare alle moltitudini ».(26)
Vi possono rientrare, sia pure a titolo differente: televisione, radio, stampa, dischi, nastri registrati, video e audio-cassette, compact-disc, tutto il settore degli audiovisivi.(27) Ciascun mezzo svolge un proprio servizio e ognuno richiede un uso specifico; di ognuno occorre rispettare le esigenze e valutare l’importanza.(28) In una catechesi ben programmata tali sussidi non possono, dunque, essere assenti. Favorire un aiuto reciproco tra le Chiese, per sopperire ai costi di acquisto e di gestione, talora assai alti, è un vero servizio alla causa del Vangelo.
161. Il buon uso dei media richiede agli operatori della catechesi un serio impegno di conoscenza, di competenza e di qualificato e aggiornato impiego. Ma soprattutto, per la forte incidenza sulla cultura che i media contribuiscono a elaborare, non va mai dimenticato che « non basta usarli per diffondere il messaggio cristiano e il magistero della Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa “nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna… con nuovi linguaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti psicologici ».(29) Soltanto così, con la grazia di Dio, il messaggio evangelico ha la capacità di penetrare nella coscienza di ciascuno « e di ottenere a proprio favore un’adesione e un impegno del tutto personale ».(30)
162. Gli operatori e i fruitori della comunicazione devono poter ricevere la grazia del Vangelo. Ciò spinge i catechisti a considerare particolari categorie di persone: gli stessi professionisti dei media, cui additare il Vangelo come grande orizzonte di verità, di responsabilità, di ispirazione; le famiglie — così esposte all’influsso dei mezzi di comunicazione — per una loro difesa, ma soprattutto in vista di una accresciuta capacità critica ed educativa;(31) le giovani generazioni, che della comunicazione mass mediale sono fruitori e soggetti creativi. Si ricordi a tutti che « nell’impiego e nella ricezione degli strumenti di comunicazione urgono sia un’opera educativa al senso critico, animato dalla passione per la verità, sia un’opera di difesa della libertà, del rispetto alla dignità personale, dell’elevazione dell’autentica cultura dei popoli ».(32)
NOTE
(1) CT 51.
(2) Cf CT 51.
(3) Cf CT 31, 52, 59.
(4) Cf CT 52.
(5) Cf Pontificia Commissione Biblica, Documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa, l.c.
(6) MPD 9.
(7) DCG (1971) 72.
(8) Cf DCG (1971) 72.
(9) Cf DCG (1971) 74; CT 22.
(10) Qui intendiamo quelle esperienze collegate alle « grandi domande » della vita e della realtà, segnatamente della persona: l’esistenza di Dio, il destino della persona, l’origine e la conclusione della storia, la verità sul bene e sul male, il senso della sofferenza, dell’amore, del futuro…; cf EN 53; CT 22 e 39.
(11) Cf parte I, cap. 3; DCG (1971) 73; CT 55.
(12) Cf MPD 9.
(13) Cf CT 55.
(14) Cf CCC 22.
(15) CT 55.
(16) Cf parte I, cap. 3, in « Il catecumenato battesimale: struttura e gradualità ».
(17) DCG (1971) 71; cf parte V, cc. 1 e 2.
(18) DCG (1971) 75.
(19) Cf parte V, cap. 1.
(20) Cf AG 14; DCG (1971) 35; CT 24.
(21) Cf EN 46.
(22) DCG (1971) 76.
(23) Cf DCG (1971) 122-123; EN 45; CT 46; FC 76; ChL 44; RM 37; Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, Istruzione Aetatis novae (22 feb. 1992). AAS 84 (1992), pp. 447-468; EA 71; 122-124.
(24) RM 37.
(25) Aetatis novae, l.c., n. 11.
(26) EN 45.
(27) Cf CT 46.
(28) Cf DCG (1971) 122.
(29) RM 37.
(30) EN 45.
(31) Cf FC 76.
(32) ChL 44.