"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". DEPOSITO (della fede): L\’espressione ricorre nelle due lettere di S. Paolo a Timoteo (I Tim. 6, 20; II Tim. l, 14) ed è in rapporto con l\’idea di dottrina della fede.
Il «deposito» che Paolo trasmette al suo fedele collaboratore è l\’insieme della rivelazione divina (I Tim. 6. 1; 4, 6) di cui fan parte: i dommi, la morale, i sacramenti, la Sacra Scrittura, l\’ordinamento gerarchico della Chiesa. La nozione giuridica di deposito importa che esso non sia di proprietà di colui che lo custodisce ma di chi glielo ha consegnato perché venga conservato integro. Il «deposito della fede» è venuto da Dio ed è affidato ad uomini ai quali è assicurata una particolare assistenza dello Spirito Santo (II Tim. 1, 14), a coloro che succedono agli Apostoli nel magistero e nel ministero. Cristo ha trasmesso il «deposito» il cui contenuto non può essere soggetto ad alterazioni. Il privilegio della infallibilità nella custodia del «deposito» compete alla Chiesa «colonna e fondamento della Verità» (I Tim. 3. 15); l\’infallibilità personale è esclusiva di Pietro, fondamento della Chiesa (Mt. 16. 18), e dei suoi successori nel primato apostolico. Custodire il «deposito» non significa, però, sotterrarlo, come il servo vituperato dalla parabola fece con i talenti del padrone (Mt. 25. 14-30; Lc. 19, 11-27). La Chiesa trova nel «deposito della fede» le ricchezze che comunica ai suoi figli, le armi con le quali combatte i suoi avversari adattandosi con mirabile sapienza ai bisogni degli uomini e dei tempi. La sua fede viva stabilisce il contenuto e la estensione del deposito che non poteva e non voleva essere un inventario completo delle credenze e delle istituzioni cristiane.