DEL CREDITO

Di p. L. Taparelli d'Azeglio S.J., – 1. Filologia della voce – 2. Radice naturale del Credito, fiducia nella probità – 3. Partizione – 4. Definizione. – 5. Preterizione degli antichi – 6. Origine delle cambiali – 7. Ostracismo degli Ebrei – 8. Guelfi e Ghibellini – 9. La fiducia nelle cambiali – 10. La fiducia accumula danaro in deposito – 11. Lo rende fruttifero nel lavoro col prestito: – 12. ne agevola i trasporti nel banco di giro: – 13. ne anticipa la scadenza nei banchi di sconto: – 14. diviene merce nominale ella stessa, biglietto al latore – 15. Guadagno del tempo e sua preziosità – 16. Utilità dei banchieri.

DEL CREDITO
«La Civiltà Cattolica», 1858, a. 9, Serie III, vol. X, pp. 271-283.

PRENOZIONI
1. Filologia della voce – 2. Radice naturale del Credito, fiducia nella probità – 3. Partizione – 4. Definizione.

1. Il Creditum dei Latini, participio passivo del credere, diede origine alla parola italiana CREDITO, dotata, come ognuno sa, di molti significati.
Essa significa in primo luogo il valore imprestato che dai Latini dicevasi pecunia credita, o creditum, somma confidata ad alcuno. Ed è questa, come nota il Forcellini coll'autorità di Prisciano e del Vossio, la primitiva s'ignificanza del vocabolo: onde sogliamo dire di un chicchessia aver lui un credito di tanti scudi, vendere i suoi crediti eccetera.
E poiché niuno confiderebbe altrui le proprie ricchezze se non avesse fiducia nell'altrui onestà e solvibilità, la buona opinione che rende agevole il trovar danari ad imprestito ottenne essa pure il nome di Credito; trasferito poi genericamente alla stima, di che altri gode nella società sotto qualunque rispetto: onde è usitatissimo il dire persona accreditata, persona discreditata.
Questi significati corrono eziandio fra gli economisti, i quali dicono per cagion d'esempio, che il Governo di Napoli gode molto credito, che i suoi fondi sono in credito; vale a dire sono stimati, godono la pubblica fiducia. Ed appellano crediti sullo Stato e titoli di credito, quei valori che un privato ha diritto ad esigere, e quelle cartelle onde apparisce un tal diritto. Vede ognuno che questa specie di contratti altro non sono in sostanza, se non un effetto della probità di chi chiede e della fiducia di chi concede l'imprestito.

2. Ma questa prima idea così semplice ed elementare, come mai ha ella prodotto quella macchina intricatissima dell'odierno Credito pubblico e delle moltiplici sue istituzioni? In queste, come in ogni altra parte del mondo e morale e fisico, la natura somministra il primo abbozzo e la sostanza primordiale, lasciando all'opera umana di condurla alla perfezione, a cui la destinò la Provvidenza, allorché scelse l'uomo per cooperatore degli eterni suoi disegni. Laonde come la logica naturale viene perfezionata dalla logica filosofica; come le sublimi speculazioni del calcolo sono uno svol­gimento dei primi concetti trivialissimi di quantità; come ogni razza di animali e di piante, perfezionata dall'arte educatrice, sommi­nistra all'uomo sussidii meravigliosi; come le materie più rozze, trasformate in istromenti aumentano immensamente e raffinano ad opere di microscopica delicatezza il lavoro umano: così quel fatto naturale, semplicissimo, per cui ognuno è propenso ad affidarsi tranquillamente ad un animo retto e coscienziato, somministrò all'ingegno umano una quasi materia prima; intorno alla quale lavorando e personalmente e socialmente ne trasse prodigi di gigantesca potenza. Prodigi, i quali, se esercitano gran parte della loro possanza intorno al mondo economico e materiale, non sono tuttavia orbi d'ogni influenza anche nel mondo morale. Di che qualche cervello balzano infanatichitosi dei progressi moderni, pubblicò quella matta idea della Bancocrazia (1), sperando aggiustare colle istituzioni di Credito, non che le borse dei mercatanti ed i ventricoli del popolo, perfino le idee degl'intelletti e la morale delle volontà! Sogni che in altri tempi avrebbero fatto ridere per la loro singolarità e stranezza; ma che oggi dànno molto da piangere, allorché si riflette che hanno potuto strascinare in delirii, cospirazioni e stragi le classi degli operai, le sette dei sansimonisti, dei furieristi e non so che altro con quei danni e con quelle sventure che tutti conoscono.

3. Volendo qui dare ai lettori una prima idea anche di questa entità economica per poter poscia, secondo l'occasione, applicare agli incrementi progressivi del credito e delle sue istituzioni quell'analisi filosofica e quei principii morali che ci sembrano dover rettificare e svolgere più compiutamente le teorie economiche; daremo, prima un'occhiata al Credito esordiente nelle angustie dell'ordine privato, poscia alle ampliazioni che egli riceve nell'ordine pubblico.

4. Il Credito economico, di cui parliamo, è un complesso di funzioni e di istituzioni or private, or pubbliche, risultanti dalla fiducia degli uni nella parola degli altri, mediante le quali si agevolano le operazioni commerciali, rappresentando con segni convenzionali la moneta sonante.
Per vedere in qual maniera ciò possa ottenersi e siasi veramente ottenuto, altro non abbiamo a fare che seguire passo passo i fatti; che lo condussero ai moderni incrementi, considerando in qual modo cotesto sentimento di fiducia venne in certa guisa a prendere corpo nei segni esterni e nelle associazioni.

CREDITO ESORDIENTE.

SOMMARIO

5. Preterizione degli antichi – 6. Origine delle cambiali – 7. Ostracismo degli Ebrei – 8. Guelfi e Ghibellini – 9. La fiducia nelle cambiali – 10. La fiducia accumula danaro in deposito – 11. Lo rende fruttifero nel lavoro col prestito: – 12. ne agevola i trasporti nel banco di giro: – 13. ne anticipa la scadenza nei banchi di sconto: – 14. diviene merce nominale ella stessa, biglietto al latore – 15. Guadagno del tempo e sua preziosità – 16. Utilità dei banchieri.

5. Nulla diremo delle istituzioni di Credito presso gli antichi. Se il credito risulta, come abbiamo detto, dal natural sentimento di fiducia che ogni persona ragionevole ripone nella probità di di un uomo coscienziato, è cosa evidente che, dovunque furono probità e commercio, ivi dovette trovarsi qualche primo embrione di Credito; poiché sempre alla causa seconda l'effetto. Per ogni dove adunque nell'antichità s'incontrano fatti analoghi i quali dimostrano, come l'uomo sentisse il comodo e il vantaggio che derivano al commer­cio dalla fiducia scambievole. Il libro della Sapienza introduce i malvagi che invitano il giusto ad associare con essi la sua borsa per correre la stessa fortuna, con la speranza di trasricchire: Omnem pretiosam substantiam reperiemus, implebimus domos nostras spo­liis: Sortem mitte nobiscum, marsupium unum sit omnium nostrum. Di Tobia si racconta nel suo libro che mediante un chirografo avea rilasciato a Gabelo 10 talenti d'argento; onde spedisce il figlio col chirografo istesso a riscuoterlo. Obbligazioni di prestito e traffico di banchi si ricordano continuamente nelle sacre pagine del Vangelo.
Il Villeneuve Bargemont nella bella sua Storia dell'economia politica, ricorda le istituzioni degli Ateniesi in favore del commercio e gli enormi interessi che correvano tra quei negozianti: egli mostra il tempio di Delfo divenuto una specie di banco di deposito. Anche presso i Romani si rinvengono alcune tracce di Credito pubblico, cui Cicerone rimprovera a Cesare di voler distruggere con un fallimen­to (2). Molto più potrebbe rinvenirsi nella bella ed ampia storia di Heeren intorno al commercio degli antichi popoli. Ma queste noti­zie, importantissime per gli eruditi, poco gioverebbono al nostro assunto presente di mettere in chiaro le principali nozioni di sociale economia.

6. Lasciamo dunque gli antichi popoli agli archeologi e contentiamoci di dare un'occhiata a quei fatti, donde germogliarono le istituzioni presenti. E, il primo di questi è, secondo la generale osservazione degli storici economisti, l'invenzione della Cambiale, attribuita dagli uni agli Ebrei perseguitati nel medioevo, da altri agl'Italiani or Guelfi, or Ghibellini, esulanti a vicenda ora in Francia, ora in Olanda; da altri finalmente a tutte insieme co­teste ed altre vicissitudini le quali diedero a poco a poco incrementi successivi e perfezione alle cambiali, elemento primitivo delle istitu­zioni di credito.
Secondo i primi perseguitati e talora, con zelo, più fervido che ragionevole, talora più politico che cristiano, gli sventurati discendenti dei deicidi, si trovarono dapprima nella misera condizione di non poter fissare i frutti dei loro guadagni sopra altro materiale elemento che la moneta. Una tale condizione viene ordinariamente deplorata. dai filantropi miscredenti, e somministra il tema a triviali declamazioni contro il fanatismo. Rendemmo già conto ai nostri lettori di una operetta scritta intorno a tale materia da un valente pubblicista astigiano, occupatosi nel Consiglio di Stato di Napoleo­ne I a studiare la legislazione spettante a quel popolo sventurato. Chi leggerà in quelle carte dimostrata la morale impossibilità di trasformare in veri cittadini europei gl'Israeliti, fermi nello spirito loro religioso, il quale s'immedesima per essi col nazionale, capirà benissimo quale tara si debba dare alle invettive filantropiche e ai pretesi torti del Cattolicismo per non avere consentito ad un popolo, essenzialmente straniero ed incapace d'esser condotto ad unità di civile comunanza e di spirito sociale, l'entrare a parte del territorio nazionale: tanto più, se riflettasi che tutto in breve l'avrebbe assorbito per l'avidità predominante e pel genio turbolento dimostrato da quella misera gente senza interruzione, ovunque prese albergo, dall'eccidio di Gerosolima fino all'epoca della Riforma.

7. L'impotenza dunque di fissarsi sul territorio, la quale per parte di Dio potè essere giusto castigo dell'ostinazione superstiziosa in una credenza morta, come l'ostinazione medesima fu pena del deicidio; per parte delle società cristiane fu provvedimento politico imperiosamente richiesto dal bisogno di unità sociale e dalla ostinata ri­pugnanza dell'Israelita a conformarvisi pienamente. Posta poi una tale condizione di popolo, ognuno vede che esso trovavasi condannato dalla natura stessa delle cose a riporre nella sola pecunia ogni appoggio dell'esistenza: di che, seconda conseguenza, l'incitamento ad attendere perpetuamente all'aumento della moneta. Arrogi che per la legge mosaica l'usura a danno delle genti, qual che ne fosse il motivo (che non è qui luogo d'indagarlo),veniva a quel misero popolo o conceduta o tollerata. Aggiunto così il preteso diritto al bisogno, era naturale che, immerso nell'arte sordida di tali guadagni, egli tesoreggiasse ad un tempo e ricchezze sfondolate in danaro e copia, di odio e di esecrazione pubblica. In tal guisa, parte per ispirito nazionale, parte per isventura, parte per malvagità, divenuto flagello delle società cristiane, fornì a queste, ora il motivo, ora il pretesto di mille vessazioni, contrarie molte volte a tutte le idee di carità, cristiana e di giustizia politica, e però riprovate dall'autorità della Chiesa; ma molte volte eziandio giustificate e dai delitti, con cui le ricchezze si acquistavano, e dai danni che ne ridondavano sopra la società intera.
Così gl'infelici Ebrei, già spossessati d'ogni diritto ad acquistare terreni, vennero inoltre sbanditi non di rado dalle società europee con pericolo o perdita di quelle medesime ricchezze metalliche, con le quali s'ingegnavano di sopperire ai bisogni della vita. Non istaremo qui a ricercare nella legislazione canonica i tentativi fatti dalla chiesa per rattemprare sapientemente, secondo suo costume, la severità richiesta dal bene pubblico della Cristianità con la mansuetudine essenziale al Cristianesimo: ricerche storiche utilissime ai tempi che corrono, ma remote dalla materia che abbiamo per le mani. A noi fu d'uopo accennare il fatto, perché a questo viene attribuita dagli storici economisti la prima invenzione delle cambiali. Sbanditi, dice il citato VILLENEUVE sull'autorità di altri parecchi, cacciati di terra in terra, essi non trovavano altro spediente per salvare le ricchezze accumulate, che depositarle partendo in mani oneste e si­cure; e giunti poscia a terre meno ostili, dare cambiali a qualche viaggiatore che moveva per colà onde essi erano fuggiti.

8. Altri attribuiscono l'idea medesima ai Fiorentini Guelfi cacciati di patria dai Ghibellini: e così la pensa il Derbuys, storico della città di Lione, ove quei Guelfi si rifuggirono. Rimpatriati questi e vincitori, toccò ai Ghibellini il fuggire, e ricovratisi in Amsterdam ove diedero il nome al così detto Quartier de' Lombardi, usarono an­ch'essi le polizze di cambio e sopra di queste incominciarono a negoziare, dando regolarità ed estensione ad una istituzione nata da privati bisogni per fortuite vicende.
Mediante una tale regolarità, autenticata eziandio dalle pubbliche leggi, la cambiale dei reputati negozianti, acquistava tal credito, che equivaleva pienamente alla moneta metallica pel suo valore commerciale, e la superava eziandio per l'agio o facilità di trasportarla e trasmetterla.

9. Questo valore della cambiale era originato dalla fiducia che gli esuli avevano nel depositario, cui fidavano fuggendo i loro averi, nè senza tale fiducia gli avrebbero fidati mai; ed appoggiavasi alla fiducia che colui che chiedeva la cambiale (remittente, come lo dicono i banchieri) riponeva nella parola dell'esule che gli assicurava la somma da lui richiesta, traendola sul suo corrispondente (il quale vien detto trattario). Ecco, come vedete, una specie di danaro in carta, creato spontaneamente dalla fiducia scambievole dei varii contraenti il quale può prendere varie forme sotto nome di pagherò, di credenziale ecc. Il negoziante che partiva da Amsterdam, recava seco in cotesta cambiale con somma facilità e senza pericolo una somma di denaro che, senza incontrare per via opposizione dai ladri o dai Governi, in Firenze diverrebbe moneta metallica.

10. Or sono eglino soltanto gli esuli che abbisognino di chi serbi loro il deposito? Voi sapete che ogni operaio, ogni uomo industre, per poco che egli sappia con la frugalità e coll'ordine risparmiare, benché scarsa, qualche parte dei suoi guadagni, riesce, se non abbia disdetta, a raggruzzolare qualche denaruzzo destinato da lui o a premunirsi contro sventure impreviste, o a prepararsi un sostegno contro il preveduto pur troppo e gravissimo peso degli anni senili. E sapete benissimo come costoro s'ingegnano di preservare dai ladri co­testa loro speranza suprema: questi lo cuce negli angoli del suo materassetto, quell'altro lo occulta tra i ragnateli del suo soffitto: e così altri altrove, ciascuno, secondo la maggiore o minore astuzia o diffidenza. Or supponete che molti di tali artigiani acquistino fi­ducia in uomo dovizioso, e credano più sicuro in mano sua il loro gruzzolo, che nel materassetto o nel ripostiglio del soffitto; il ricco che riceve i loro depositi potrà accumulare con essi una tale somma, che gli dia mezzo d'intraprendere opere grandi o d'agricoltura, o d'industria. Così quei capitalucci che, spicciolati, avrebbono dovuto languire inerti nel loro nascondiglio per anni ed anni; raccolti nello scrigno del depositario, diverrebbero fruttiferi in pro di quel ricco che li ricevette in custodia: ed il quale, per crescere il numero degli accorrenti, ben potrebbe esser tentato di metterli a parte nel guadagno. Si formerebbe in tal guisa ciò che appellasi banco di deposito; ben inteso che il depositario non potrebbe onestamente valersi di quelle somme, se non in quanto o dai deponitori ne avesse la licenza, o nelle ricchezze proprie avesse onde rimborsarli ad ogni richiesta. Chi a lui confida il danaro, dee dunque avere tale fiducia nella sua onestà, che vegga ugualmente, o più sicuro, nelle mani di lui che nelle proprie il valsente confidatogli. È questo un fatto quotidiano che ogni lettore può osservare nelle Casse di Risparmio e che fa toccar con mano la futilità di quel pretesto, con cui certuni difendono l'usura, dicendo che una carta, un'apoca mai non può equivalere al contante. E chi non vede che la fiducia, per cui ogni artigianello raccomanda il suo gruzzolo alla Cassa di Risparmio, nasce dal vedervelo più sicuro che in casa propria? E chi impedisce che alla probità di un privato abbiasi, specialmente in tempi tranquilli, quella fiducia stessa che si può avere in una società di negozianti? Voi vedete in questo primo passo del Credito come la fiducia scambievole produca lucri economici: tutte quelle somme spicciolate od inerti poste a contatto acquistano attività ed importanza e divengono riproduttive.

11. Ma per poco che vada crescendo il numero di chi raccoman­da a lui i risparmii accumulati, crescerà pel depositario la bisogna a segno di occupare tutto l'uomo: né più gli rimarrà il tempo d'attendere egli stesso o a coltura di campi o ad officine d'industria. Come farà egli dunque affinché quel considerevole capitale raggranellato da tante piccole somme, non resti giacente ed infecondo? Lo spediente si offre da sè, in quanto mai non mancano o agricoltori senza semente e utensili, o artigiani senza stromenti e materia. Fa­te che uno di costoro gli si presenti, uomo onesto ed accreditato, per ottenere un prestito; il danaro, che il depositario riceveva dalla fiducia dei primi, gli verrà tratto di mano dalla fiducia che egli mette in questo secondo; e la somma imprestata all'artigiano produrrà quei frutti che l'industria del banchiere non può produrre da sè stessa. Ed ecco nata una seconda specie di banco, il banco di pre­stito. Voi vedete che tutto è qui lavoro di quella fiducia, di quel credito, di cui stiamo parlando: il quale, agevola il giro della moneta, raccogliendola dapprima dall'inerte salvadanaro del povero artigiano per formare un capitale impiegabile, e lo trae poscia dalle mani del banchiere in quelle dell'artigiano o del colono che coll'opera loro lo rendono fruttifero. E poiché a trasportarlo dalla mano dei primi in quella degli ultimi, è necessaria l'abilità, l'opera, il tempo di chi serve da mezzano al trasporto, costui ha giusta ragione di chiedere una ricompensa a coloro, in pro dei quali si adopera.

12. Stabilito il banco di prestito, è facile il vedere quanto esso possa giovare al trasporto della moneta d'uno in altro paese per mezzo delle cambiali, delle quali poc'anzi abbiamo parlato. Postosi in corrispondenza con varii centri di commercio, il banchiere potrà imprestare il suo danaro ai corrispondenti che debbono fare qualche sborso sulla piazza ove egli dimora; e ne otterrà in contraccambio dei pagamenti equivalenti nelle piazze ove tiene la corrispondenza. Della qual fiducia reciproca e viaggiatori e negozianti avranno il commodo di trasportare da una piazza ad un'altra i loro valsenti, senz'altro peso che di quella carta.

13. La quale, notate bene, come ravvicina i luoghi, così riesce mirabilmente a ravvicinare anche i tempi per opera dei banchieri medesimi, allorché prendono la funzione di banco di sconto. Voi vi presentate ad uno di cotesti banchi con una cambiale che dovreste riscuotere fra due o tre mesi: ma la premura dei vostri interessi vi spinge ad anticipare. Che farà con voi il banco di sconto? Vi anti­ciperà, colla ritenuta di un frutto proporzionato, la somma da voi richiesta, imprestandovi la tratta che egli potrà poscia ricuperare o certo conteggiare col traente. Ma s'indurrebb'egli ad anticipare cotesta somma, se dal trattario medesimo non avesse fiducia di ricu­perarla? È chiaro che no. Ed ecco per conseguenza la fiducia, il credito divenuto veicolo dei valori da un punto all'altro dello spa­zio, da uno all'altro termine del tempo.
Banco di deposito, di prestito, di giro, di sconto; ecco quattro maniere di servigi resi dalla fiducia al commercio con la sostituzio­ne della carta alla moneta.

14. Né questa carta si restringe alla mera funzione di ricordare la promessa di quel banco che la diede in mano al remittente: ma, munita di nomi ben conosciuti e sicuri, diviene in certa guisa mo­neta essa medesima, e incomincia a percorrere le piazze di commercio, accettata come moneta sonante da chiunque conosce il valore di quelle firme. Siccome peraltro il dovere ogni volta scrivere sul dorso della cambiale la girata col nome proprio, può recare noie e ritardi, usano talora i banchi emettere cedole senza nome, o come suole dirsi, biglietti al latore; i quali vengono riscossi da chiunque tiene in mano la cedola. Questa maniera di cambiale compendiaria ha, come ognun vede, il comodo della celerità, ma compensata dal pericolo: potendo chicchessia, nelle cui mani giunga o per frode o per violenza, riscuotere la somma a danno del vero proprietario: il che non potrebbe così facilmente, trattandosi di cambiale nominatamente intestata a persona determinata.

15. Riflettete poi, per comprende viemeglio i grandi vantaggi recati dal Credito al commercio, il tempo essere, se non l'agente principale, certamente la condizione essenziale, come d'ogni atto umano, così d'ogni operazione economica. Posto dunque che la fiducia nei banchi riesca ad accelerare coteste operazioni, è chiaro che riesce in proporzione a moltiplicarne i guadagni. In fatti che cosa fa, per modo d'esempio, il banco di deposito? Quel gruzzolo dell'artigiano, che doveva consumarsi improduttivamente negli anni della vecchiaia, quella somma giacente che un proprietario riteneva per investirla a suo tempo, aumentata con successivi guadagni nell'acquisto di un terreno; questi e simili capitali, depositati dal proprietario in mano del banchiere, imprestati immediatamente dal banchiere all'industria, incominciano tosto a produrre sotto forma di prestito, pronti sempre frattanto a tornare in mano dei padroni o pel divisato acquisto di terreni o pel sostentamento della vecchiaia. Dite altrettanto del banco di sconto: il negoziante, che doveva aspet­tare due o tre mesi la scadenza della sua cambiale, non poteva con quella somma incominciare nuovi traffichi. Riscuote all'opposto immediatamente con piccolo sconto la somma? Eccolo in quei tre mesi occupato in nuove produzioni le quali senza capitale doveva sospen­dere: i tre mesi di lavoro sono guadagnati dal credito.

16. Come vedete, la fiducia scambievole può produrre tesori, secondo che agevola ed accelera le permutazioni. L'esservi una classe ­d'uomini, una professione unicamente occupata nel ricercare da un canto chi abbia danaro da impiegare in opere lucrose, dall'altro chi abbia opera bisognosa di danaro, fa sì che il tempo venga utilmente usufruttuato e dalla moneta dei primi e dall'industria dei secondi.
Gli uni e gli altri, se dovessero andare cercando da sè medesimi o l'opera o il danaro, perderebbero gran tempo e per imperizia riuscirebbero malamente: laddove il banchiere, versato nel negozio e conoscitore di molte persone, trovasi perpetuamente in atto di congiungere i due fattori di produzione, offerendo alla moneta l'o­perario, all'operaio la moneta.
Badate nondimeno a non cadere in un abbaglio che non è infrequente fra i meno periti, e che i periti saranno tentati di promuovere, se pari alla perizia non regni in essi la probità. All'udire co­me il Credito riesce fra i negozianti produttivo, potrebbe insegnare taluno e tal altro accettare che, quanto più si lavora a credito, tan­to la società divenga più ricca: e ciò per un argomento che riuscirà forse a persuadere i dabbenuomini. «La terra, potrebbe dirsi, è produttiva: e quanto più si lavora, e più ella frutta. Se dunque an­che il Credito è produttivo, più s'adopera il Credito, più ancora diverrà fruttifero».
Ma per poco che il lettore abbia presente ciò che intorno al Credito abbiamo fin qui ragionato, comprenderà benissimo la stortura dell'argomento. Il Credito, o piuttosto nel senso dell'argomento proposto, l'esercizio, le funzioni del Credito non sono, come la terra, sostanze produttrici, ma sono, come il lavoro della zappa o­ dell'aratro, mezzi per ottenere la produzione: il negoziante adopera intorno alla moneta il suo Credito, come il bifolco intorno alla terra l'aratro o la zappa. Per conseguenza esortare a moltiplicare il Credito indefinitamente, vale altrettanto che esortare a zappare ed arare senza fine. Che direste voi di un bifolco, il quale dal primo all'ultimo giorno dell'anno sempre continuasse a zappare ed arare il suo campo? O che, non avendo terra da arare, andasse conducendo l'aratro avanti e indietro per le vie o brandendo per aria la zappa? Direste ch'egli è impazzito; giacché il lavoro allora è fruttifero, quando si esercita a modificare utilmente una materia.
Or così appunto il Credito, lavoro del banchiere, se assicura ai suoi clienti la possibilità di riavere, quando che sia, il danaro affidatogli, ne promoverà realmente il giro e lo farà impiegare utilmente. Ma se cotesto lavoro l'impieghi senza materia; se avvedutosi che altri volentieri gl'impresta, prometta per avidità di guadagno restituzioni che non potrà eseguire; ben potrà qualche volta gittare un dado favorevole e serbare col nome di onesto il Credito del negozio; ma a lungo andare gli fallirà il giuoco e vi perderà il Credito. E manco male se la perdita fosse tutta per lui! Ma il peggio è che, nell'impossibilità di codiare passo passo pel laberinto del commercio gli audaci suoi tentativi; i poveri clienti si troveranno un bel dì avvolti nel naufragio, in quella appunto che credevano veleggiar più felici.
Di che comprenderete che, se vi ha istituzione sociale, ove la probità sia di suprema importanza, la è proprio l'istituzione del Credito: nella quale chi non sia frenato dall'interna legge della coscienza, può dall'esca di lucro smisurato essere allettato sì gagliardamente, e dalle tenebre, in cui s'avvolge il traffico, sperare sì probabile l'impunità. Ma di ciò più diffusamente altra volta.

NOTE

1) Non senza meraviglia troviamo nell'Enciclopedia italiana un elogio curioso della Bancocrazia. Se i nostri lettori gradissero saggiarne un centellino per giudicarne da sè medesimi, potranno leggere le poche parole seguenti. «La Società dei Millenarii è poggiata sul sacro Testo letterale dell'Apocalisse che ci promette un Angelo, il quale deve afferrare il diavolo e satanasso… Noi sosteniamo che il santo Apostolo con questa sinonimia allude al monopolio e alla concorrenza economica, politica e religiosa, che da Caino sino a Cobden han dato pretesto al fratricidio… La lega industriale universale scioglie matematicamente questo problema di una protezione universale di
tutte le individualità perché nell'industria ciascuno è valutato algebricamente per i suoi capitali in proprietà, in capacità e in attitudine al travaglio ecc. (Corvaia Bancocrazia. Programma, §. 6 ).

2) Pagg. 142 e 223.