Di Adolfo Tanquerey PARTE PRIMA I principii. Capitolo V. Dei mezzi generali di perfezione. Art. I. Dei mezzi interni di perfezione. § I. Il desiderio della perfezione. I. Natura di questo desiderio. II. Sua necessità ed efficacia. III. Qualità che deve avere il desiderio della perfezione. IV. Mezzi per eccitare questo desiderio della perfezione. Conclusione.
407.Acquistata la profonda convinzione che dobbiamo tendere alla perfezione, non ci resta che cercare e
mettere in pratica i mezzi capaci di farci conseguire un tale scopo. Si
tratta qui dei mezzi generali, comuni a tutte le anime che vogliono progredire, riserbando alla seconda parte l’esposizione dei mezzi
speciali che convengono ai vari gradi della vita spirituale.
Questi mezzi sono interni od
esterni: i primi sono disposizioni
o atti dell’anima stesa che a grado a grado la innalzano a Dio; i secondi, oltre
questi atti, abbracciano pure esterni soccorsi che aiutano l’anima in questa
ascensione. Sarà bene farne un’esposizione sommaria.
408. I. Tra i mezzi
interni
quattro meritano speciale attenzione: 1° il desiderio della perfezione,
che è il primo passo in avanti e ci dà lo slancio necessario per trionfar degli
ostacoli.
2° La conoscenza di Dio e di
se stesso: trattandosi di unir l’anima a
Dio, quanto meglio si conosceranno questi due termini tanto più facile riuscirà
l’accostarli insieme: noverim te, Domine, ut amen te, noverim me ut despiciam
me!
3° La conformità alla divina volontà, che, assoggettando la nostra
volontà a quella di Dio, è il più autentico segno di amore e il mezzo più
efficace di unirci alla fonte di ogni perfezione: unum velle, unum nolle.
4° La preghiera, considerata nel suo più largo senso, come adorazione
e domanda, mentale o vocale, privata o pubblica, ascensio mentis in Deum:
per suo mezzo uniamo a Dio tutte le interne nostre facoltà, memoria, fantasia,
intelligenza, volontà, e perfino i nostri atti esterni in quanto sono
l’espressione del nostro spirito di preghiera.
II. Anche i mezzi esterni possono ridursi a quattro principali:
1° La direzione: Dio infatti come istituì un’autorità visibile per
governare esternamente la Chiesa, così volle che le anime siano nel foro [sic]
interno dirette da una guida spirituale, sperimentata, che possa far loro
evitare gli scogli, stimolarne e dirigerne gli sforzi.
2° Un regolamento di vita, che, approvato dal direttore, ne continua
l’azione nelle anime.
3° Le conferenze, esortazioni o
letture spirituali, che, bene
scelte, ci fanno conoscere la dottrina e gli esempi dei santi e ci traggono ad
imitarli.
4° La santificazione delle relazioni sociali di parentela, di
amicizia, o di affari, che ci da modo di dirigere a Dio non solo i nostri
esercizi di pietà, ma anche tutte le nostre azioni e principalmente i doveri del
nostro stato.
-
Mezzi
interni
-
Desiderio
della perfezione.
-
Conoscenza
di Dio e di sè stesso.
-
Conformità
alla divina volontà.
-
Preghiera.
-
-
Mezzi
esterni
-
Direzione.
-
Regolamento
di vita.
-
Letture
e conferenze spirituali.
-
Santificazione
delle relazioni sociali.
-
ART. I. DEI MEZZI INTERNI
DI PERFEZIONE.
§ I. Il desiderio della
perfezione 409-1.
409. Il primo passo verso la
perfezione è quello di sinceramente, ardentemente e costantemente desiderarla. A
ben persuadercene, studiamone:
-
1° la
natura;
-
2° la
necessità ed efficacia;
-
3° le
qualità;
-
4° i
mezzi di alimentarlo.
I. Natura di questo desiderio.
410. 1° Il desiderio
in
generale è un movimento dell’anima verso un bene assente; differisce
quindi dalla gioia, che è la soddisfazione di possedere un bene presente.
Ve n’è di due specie: il desiderio sensibile, che è uno slancio
appassionato verso un bene sensibile assente: il desiderio razionale, che
è un atto della volontà che si volge con ardore verso un bene spirituale.
Questo desiderio reagisce talora sulla sensibilità e s’informa quindi di
sentimento. Nell’ordine soprannaturale i nostri buoni desideri subiscono
l’influsso della divina grazia, come più sopra abbiamo detto.
411. 2° Il desiderio della
perfezione si può quindi definire: un atto della volontà che, sotto
l’influsso della grazia, aspira continuamente al progresso spirituale.
Quest’atto è talora accompagnato da emozioni, da pii sentimenti che
intensificano il desiderio 411-1; ma tale elemento non è necessario.
412. 3° Questo desiderio nasce dalla
concorde azione della grazia e della volontà. Dio ci ama da tutta
l’eternità e brama quindi di unirsi a noi: “Et in caritate perpetua dilexi
te; ideo attraxi te, miserans 412-1.” Con instancabile amore ci cerca, ci
insegue, come se non potesse essere felice senza di noi. D’altra parte, quando
l’anima nostra, illuminata dalla fede, si ripiega su sè stessa, sente un vuoto
immenso che nulla può colmare: nulla tranne l’infinito, tranne Dio: “Fecisti
nos ad te, Deus, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in
te” 412-2. Sospira quindi a Dio, all’amor divino,
alla perfezione, come il cervo sitibondo sospira la fonte d’acqua viva:
“Quemadmodum desiderat cervus ad fontes aquarum, ita desiderat anima mea post
te… Sitivit in te anima mea” 412-3… E poichè sulla terra questo desiderio
non è mai intieramente appagato, restandoci sempre da progredire verso l’unione
divina, ne segue che, se non vi mettiamo ostacoli, andrà continuamente
crescendo.
413. 4° Sventuratamente molti
ostacoli tendono a soffocarlo o almeno a diminuirlo: è la triplice
concupiscenza, già da noi descritta (al n. 193),
è l’orrore delle difficoltà da vincere e degli sforzi da rinnovare per
corrispondere alla grazia e progredire. È quindi necessario convincersi bene
della sua necessità e prendere i mezzi per ravvivarlo.
II. Sua necessità ed efficacia.
414. 1°
Necessità. Il
desiderio è il primo passo verso la perfezione, la condizione sine qua
non per arrivarci. Arduo è il cammino della perfezione, e suppone
sforzi energici e costanti poichè, come dicemmo, non si può progredire nell’amor
di Dio senza sacrifici, senza lottare contro la triplice concupiscenza e contro
la legge del minimo sforzo. Ora uno non si avvia per cammino difficile e
ripido se non ha ardente desiderio di giungere alla meta; e, avviatosi, presto
l’abbandonerebbe se non fosse sorretto nello sforzo dallo slancio dell’anima
verso la perfezione.
A) Tutto quindi nella Sacra Scrittura tende a eccitare in noi questo
desiderio. Nel Vangelo come nelle Epistole è una continua esortazione alla
perfezione. Come già dimostrammo parlando dell’obbligo di tendere alla
perfezione, i testi che provano questa necessità hanno per iscopo di stimolare
in noi il desiderio del progresso. Se ci si dà come ideale l’imitazione
delle divine perfezioni e come modello lo stesso Gesù, se ce se ne
narrano le virtù e siamo sollecitati ad imitarlo, non è forse per eccitare in
noi il desiderio della perfezione?
415. B) La
Sacra
Liturgia non procede altrimenti. Richiamando nel corso dell’anno le varie
fasi della vita di Nostro Signore, ci fa esprimere i più ardenti
desiderii: per la venuta del regno di Gesù nelle anime nel tempo d’Avvento;
pel suo accrescimenti nei nostri cuori da Natale all’Epifania; per gli esercizi
di penitenza, come preparazione alle grazie della Risurrezione, dalla
Settuagesima a Pasqua; per l’intima unione con Dio nel tempo pasquale; per i
doni dello Spirito Santo a partire dalla Pentecoste. Cosicchè, durante tutto
l’anno liturgico, non fa che stimolare in noi il desiderio di progresso
spirituale ora sotto una forma ora sotto un’altra.
416. C)
L’esperienza
che si acquista leggendo le vite dei Santi o dirigendo le anime, ci mostra che,
senza il desiderio della perfezione frequentemente rinnovato, le anime non
progrediscono nelle vie spirituali. È ciò che dice
S. Teresa: 416-1 “È cosa di grande importanza che non
rimpicciniamo i nostri desideri. Crediamo fermamente che, con l’aiuto divino e
per via di sforzi, potremo col tempo acquistare anche noi ciò che tanti santi,
aiutati da Dio, riuscirono ad ottenere. Se non avessero messi adagio adagio in
pratica, non sarebbero mai saliti così in alto… Oh! quanto importa nella vita
spirituale di animarsi a grandi cose!” La Santa stessa ne è notevole esempio:
finchè non si risolvette a spezzare tutti i legami che ne ritardavano lo slancio
verso la vetta della perfezione, si trascinò penosamente nelle mediocrità; ma
dal dì che risolvette di darsi intieramente a Dio, fece mirabili progressi.
417. La
pratica della
direzione conferma l’insegnamento dei santi. Quando si incontrano anime generose
che hanno umile e perseverante desiderio di progredire nelle vie spirituali,
gustano e praticano i mezzi di perfezione che loro si suggeriscono. Se invece
nullo o debole è questo desiderio, presto si vede che anche le più premurose
esortazioni fanno poco effetto; l’alimento dell’anima, come quello del corpo,
non reca profitto se non a coloro che ne hanno fame e sete: Dio ricolma dei suoi
beni quelli che se ne mostrano affamati, ma non li distribuisce che parcamente a
coloro che non se ne curano: “Esurientes implevit bonis et divites dimisit
inanes” 417-1.
Il che risulta pure dall’efficacia di questo desiderio.
418. 2°
Efficacia del desiderio
della perfezione. Questo desiderio è una vera forza ce ci fa avanzare verso
una vita migliore.
a) La psicologia infatti dimostra che
l’idea, quando è
profonda, tende a provocar l’atto che le corrisponde. Ciò che è anche più
vero quando il pensiero è accompagnato dal desiderio: perchè il desiderio
è già un atto della volontà che mette in moto le nostre facoltà esecutive.
Desiderare quindi la perfezione è già un tendervi; e il tendervi è un principio
di attuazione. I ldesiderare d’amar Dio è già un amarlo, perchè Dio vede il
fondo del cuore e ci tien conto di tutte le buone intenzioni. Di quì quel
profondo detto di Pascal: “Tu non mi cercheresti, se non m’avessi già trovato”.
Ora il desiderare è un cercare e chi cerca trova: “Omnis enim qui quærit,
invenit” 418-1.
419. b) Inoltre, nell’ordine
soprannaturale il desiderio è una preghiera, un’ascensione dell’anima verso Dio,
una specie di comunione spirituale con Lui, che inalza l’anima a Dio e l’attira
a noi. Ora Dio si compiace d’esaudire le nostre preghiere, massimamente quando
hanno per fine la nostra santificazione che è il desiderio più ardente del suo
cuore: “hæc est enim voluntas Dei, sanctificatio
vestra” 419-1. È questa la ragione per cui Dio nel
Vecchio Testamento ci sollecita a cercare, a inseguire la sapienza, cioè la
virtù, fa le più belle promesse a quelli che ne ascoltano la voce e
generosamente la concede a quelli che la desiderano: “propter hoc optavi, et
datus est mihi sensus; et invocavi, et venit in me spiritus
sapientiæ” 419-2. E nel Vangelo, Nostro Signore c’invita a
saziare in Lui la nostra sete spirituale: “Si quis sitit, veniat ad me et
bibat” 419-3. Quanto dunque sono più ardenti i nostri
desideri tanto maggiori grazie riceviamo, perchè inesauribile è la sorgente
dell’acqua viva.
420. c) Finalmente il
desiderio, dilatando l’anima, la rende più atta alle divine
comunicazioni. Da parte di Dio c’è tale pienezza di bontà e di grazie, che la
misura che ci viene concessa è largamente proporzionata alla nostra capacità a
ricevere. Quanto più dunque con sinceri e ardenti desideri dilatiamo l’anima,
tanto più ella è atta a ricevere della divina pienezza: “Os meum aperui et
attraxi spiritum… Dilata os tuum et implebo illud…” 420-1.
III. Qualità che deve avere il desiderio
della perfezione.
Per produrre questi lieti effetti, il desiderio della perfezione dev’essere
soprannaturale, predominante, progressivo e pratico.
421. 1° Dev’essere
soprannaturale tanto nel suo motivo quanto nel suo
principio:
a) Nel suo motivo, vale a dire che deve fondarsi sulle ragioni
forniteci dalla fede da noi già sopra esposte: la natura e l’eccellenza della
vita cristiana e della perfezione, la gloria di Dio, l’edificazione del
prossimo, il bene dell’anima ecc.
b) Nel suo principio, nel senso che deve compirsi sotto
l’azione della grazia, la quale sola può darci la luce a intendere e
gustare questi motivi, e la forza necessaria per operare secondo le
nostre convinzioni. E poichè la grazia s’ottiene con la preghiera, è
necessario chiedere con insistenza a Dio che accresca in noi questo desiderio di
perfezione.
422. 2° Dev’essere
predominante, o, in altri termini, più intenso di ogni altro desiderio.
Essendo infatti la perfezione cristiana il tesoro nascosto e la perla preziosa
che bisogna comperare ad ogni costo, e a ogni grado di perfezione cristiana
corrispondendo un grado di gloria, di visione beatifica e d’amore, bisogna
desiderarla e ricercarla più d’ogni altra cosa: “Quærite ergo primum regnum
Dei et justitiam ejus” 422-1.
423. 3°
Costante e
progressivo: essendo la perfesione lavoro di lunga lena che richiede
perseveranza e progresso, bisogna costantemente rinnovare il desiderio di
far meglio. È questa la ragione per cui Nostro Signore ci dice di non guardare
indietro a vedere il cammino già fatto e fermarci con compiacenza sugli sforzi
già compiuti: “Nemo mittens manum suam ad aratrum et respiciens retro, aptus
est regno Dei” 423-1. Bisogna invece, come dise S. Paolo,
guardare innanzi per vedere il cammino che ci resta da percorrere e tendere le
forze come il corridore che tende le braccia in avanti per meglio toccar le
meta: “quæ quidem retro sunt obliviscens, ad ea quæ sunt priora extendens
meipsum, ad destinatum prosequor bravium supernæ
vocationis” 423-2. Più tardi S. Agostino
insisterà molto su questa stessa verità: perchè, dice, l’arrestarsi è un
indietreggiare; l’indugiarsi a contemplare il cammino persorso è un perdere
l’ardore. Morar sempre a far meglio, andar sempre avanti, tal è il motto della
perfezione: “Noli in via remanere, noli deviare… Semper adde, semper
ambula, semper profice” 423-3.
È dunque necessario contemplare non il bene che si è fatto ma quello che
resta da fare; considerare non quelli che fanno meno bene di noi ma quelli che
fanno meglio, i fervorosi, i santi, e sopratutto il Santo per eccellenza, Gesù
stesso, che è il vero nostro modello. Allora quanto più uno va innanzi, tanto
più si sente lontano dalla meta, appunto perchè vede meglio quanto alta sia
cotesta meta 423-4.
Non ci dev’essere però nulla nei nostri desideri di troppo affacendato e di
febbrile e sopratutto nulla di presuntuoso; gli sforzi violenti non durano, e i
presuntuosi presto s’avviliscono alle rime disfatte. Ciò che ci fa progredire è
un desiderio calmo, riflessivo, fondato su forti convinzioni, appoggiato
sull’onnipotenza della grazia e rinnovato di frequente.
424. 4° Allora riesce
pratico
ed efficace, perchè non prende di mira un ideale imposibile ad attuarsi
ma i mezzi che sono a nostra portata. Vi sono anime che hanno un ideale
magnifico ma puramente speculativo, che aspirano ad alta santità ma che
trascurano i mezzi per arrivarvi. Vi è in ciò un doppio pericolo: uno si può
credere già perfetto perchè va sognando di perfezione e così inorgoglire; oppure
può arrestarsi e cedere. Bisogna invece ricordare l’adago: “chi vuole il fine
vuole anche i mezzi” e pensare che la fedeltà nelle piccole cose assicura
la fedeltà nelle grandi; onde si deve immediatamente applicare il desiderio
della perfezione all’azione presente per minima che sia, perchè “Qui fidelis
est in minimo et in majori fidelis est” 424-1. Desiderare la perfezione e rimetterne lo
sforzo al domani, volersi santificare nelle grandi occasioni e trascurare le
piccole, è una doppia illusione che indica mancanza di sincerità o almeno
ignoranza della psicologia. L’alto ideale è certamente necessario ma è
pur necessaria l’attuazione immediata e progressiva.
IV. Mezzi per eccitare questo desiderio
della perfezione.
425. 1° Essendo il desiderio della
perfezione fondato sopra convinzioni soprannaturali, si può ascquistare ed
accrescere specialmente con la meditazione e la preghiera. Bisogna
quindi innanzi tutto riflettere sulle grandi verità che abbiamo esposto
nei capitoli precedenti, sulla natura e sull’eccellenza di questa vita
comunicataci da Dio stesso, sulla bellezza e sule ricchezze di un’anima che
coltiva questa vita, sulle delizie che Dio le riserva in cielo; meditare le vite
dei santi che tanto più progredirono quanto più ardente e costante ebbero il
desiderio d’avvicinarsi ogni giorno alla perfezione. E per rendere più proficua
questa meditazione, bisogna aggiungervi la preghiera, che, attirando la
grazia, fa penetrare queste convinzioni nel più intimo dell’anima.
426. 2° Vi sono però
circostanze
più favorevoli, in cui l’azione della grazia si fa più vivamente sentire. Un
accorto diretore spirituale saprà approfittarne per eccitare nei penitenti
desideri di perfezione..
a) Così fin dal primo destarsi della ragione, Dio sollecita il
fanciullo a darsi a lui; quanto è importante che genitori e confessori se ne
giovino per stimolare e dirigere lo slancio di questi giovani cuori! Lo stesso è
a dirsi del momento della prima comunione privata o solenne; del momento in cui
si inizia la vocazione o si fa la scelta dello stato di vita; quando si entra in
collegio o in Seminario o nel noviziati; oppure quando si riceve il sacramento
del matrimonio. In tutte queste circostanze Dio concede grazie speciali e molto
importa il corrispondervi generosamente.
427. b) Vi è pure il tempo
degli Esercizi spirituali. Il raccoglimento prolungato che li accompagna,
le istruzioni che vi si ascoltano, le letture che vi si fanno accompagnate da
esami di coscienza e da preghiere, e principalmente le grazie più abbondanti che
vi si ricevono, contribuiscono a rinsaldare le nostre convinzioni, ci fanno
conoscere meglio lo stato della nostra coscienza e più cordialmente detestare i
nostri peccati e le loro cause, suggeriscono più pratiche e più generose
risoluzioni, e ci danno nuovo slancio verso la perfezione. A questo modo, l’uso,
da alcuni anni, degli esercizi spirituali chiuse 427-1 è riuscito a formare, così nel clero come
fra i secolari, una schiera di uomini scelti, che altra ambizione non hanno se
non quella di progredire nella vita spirituale. Anche i direttori dei Seminarii
sanno quali mirabili effetti producono nei giovani chierici i ritiri spirituali
che si fanno al principio di ogni anno e al tempo delle sacre ordinazioni; è
quello il momento in cui si formano o si rinnovano o s’intensificano i generosi
desideri di vita migliore. È quindi cosa importante l’approfittare di queste
occasioni per rispondere alla chiamata di Dio e cominciare o perfezionare la
riforma di se stesso.
428. c) Le
prove
provvidenziali, fisiche o morali, come le malattie, i lutti di famiglia, le
angustie dell’animo, i rovesci di fortuna, sono spesso accompagnate da grazie
interne che ci stimolano a vita più perfetta. Ci distaccano da tutto ciò che non
è Dio, purificano l’anima col dolore, ci fanno desiderare il cielo e la
perfezione che ne è la via, a patto però che l’anima si giovi di queste prove
per volgersi a Dio.
429. d) Vi sono poi dei
momenti in cui lo Spirito Santo produce nelle anime movimenti interiori
che le inclinano verso una vita più perfetta: le illumina sulla vanità delle
cose umane, sulla felicità di darsi più intieramente a Dio e le stimola a fare
sforzi più energici. È chiaro che si deve approfittare di queste grazie
interiori per accelerare il passo nella via della perfezione.
430. 3° Vi sono finalmente delle
Pratiche di pietà che tendono di lor natura a stimolare il nostro
desiderio di erfezione; e sono:
a) L’esame particolare, che ci obbliga ogni giorno a
interiormente concentrarci su un punto speciale, non solo per rilevare le nostre
mancanze o i nostri progressi ma anche e principalmente per rinnovare la voontà
di progredire nella pratica di questa o di quella virtù (n. 468).
b) La confessione ben fatta, con lo scopo di corregerci di
questo o quel difetto (n. 262).
c) Il ritiro mensile o i
ritiri annuali, che vangono
periodicamente a ritemprarci nel desiderio di far meglio.
CONCLUSIONE.
431. Coll’uso di questi vari mezzi,
serbiamo la volontà costantemente o almeno abitualmente rivolta al progresso
spirituale, Così, sorretti dalla grazia di Dio, trionfiamo più facilmente degli
ostacoli; avremo certamente talora qualche debolezza, ma, stimolati dal
desiderio di progredire, riprenderemo animosamente la marcia in avanti, e le
parciali sconfitte, esercitandoci nell’umiltà, non serviranno che a meglio
avvicinarci a Dio.
NOTE
409-1 S. Fr. de Sales, Teotimo, l. XII, c. 2-3;
Alvarez de Paz, De vitâ
spirit., t. I, l. V; Rodriguez, Prat. della Perf.,
P. I, Tr. I: Della stima della perfezione; Le Gaudier,
De perfect. vitæ spiritualis,
P. II, sez. 1ª.
411-1 È ciò che nota
S. Tommaso nella Iª IIæ, q. 30, a. I, ad 1:
“Appetitus sapientiæ vel aliorum spiritualium bonorum, intendum concupiscentia
nominatur… propter intensionem appetitûs superioris partis, ex quo fit
redundantia in appetitum inferiorem, ut simil etiam ipse inferior appetitus suo
modo tendat in siprituale bonum consequens appetitum superiorem… sicut
dicitur: Cor meum et anima mea exultaverunt in Deum vivum”.
412-1 Jerem., XXX, 3.
412-2 S. Agostino,
Le
confessioni, l. I, n. 1.
412-3 Ps. XLI, 2, LXII, 2.
416-1 Autobiografia,
c. XIII, p. 164.
417-1 Luc., I, 53.
418-1 Matth., VII, 8.
419-1 I Thess., IV, 3.
419-2 Sap., VII, 7; cfr.
Prov. I, 20-33.
419-3 Joan., VII, 37. Come
nota S. Tommaso (I, q. 12, a. 6), il desiderio rende l’anima più
atta e meglio disposta a ricevere l’oggetto desiderato: “desiderium quodammodo
facit desiderantem aptum et paratum ad susceptionem desiderati”.
420-1 Ps. CXVIII, 131; LXXX,
11.
422-1 Matth., VI, 33.
423-1 Luc., IX, 62.
423-2 Philip., III, 14.
423-3 S. Agostino,
Sermo 169, n. 18.
423-4 Questo aveva capito
E. Psichari, Les Voix qui crient dans le désert, quando,
prima della sua conversione definitiva, nel deserto della Mauritania, diceva del
santo quale egli lo concepiva: “Fino alla morte serba l’inquietudine della
perfezione, quello scontento di sè che altro non è che il sentimento della sua
reale impotenza. A misura ch’ei si affina nella vita morale, vede maggiormente
approfondirsi l’abisso che lo separa dal suo Dio. Quanto più si avvicina alla
perfezione, tanto più se la vede fuggir dinanzi. Così la sua vita è un perpetuo
ribollimento, un moto perpetuo, una gloriosa ascensione e come una scalata al
cielo che non lascia respiro”.
424-1 Luc., XVI, 10.
427-1 A. Boissel,
Retraites
fermées, pratique et théorie.