…LIBRO I. La purificazione dell’anima o la via purgativa. Che cosa si ha da intendere per incipienti? Lo scopo a cui mirare. Divisione del primo libro….
PARTE SECONDA
LIBRO I
La purificazione dell’anima o la via purgativa
INTRODUZIONE[1]
635. Ciò che costituisce la via purgativa, o lo stato degli incipienti, è la Purificazione dell’anima nell’intento di giungere all’intima unione con Dio.
Spieghiamo dunque: 1° che cosa intendiamo per incipienti e 2° lo scopo cui debbono mirare.
I. CHE COSA SI HA DA INTENDERE PER INCIPIENTI?
636. 1° Caratteri essenziali. Gl’incipienti nella vita spirituale sono quelli che, vivendo abitualmente nello stato di grazia, hanno un certo desiderio di perfezione ma. conservano affetto al peccato veniale e sono esposti a ricadere di tanto in tanto in alcune colpe gravi. Spieghiamo queste tre condizioni.
a) Vivono abitualmente nello stato di grazia, e quindi ordinariamente lottano con buon esito contro le tentazioni gravi. Escludiamo quindi coloro che cadono spesso in peccato mortale e non ne fuggono le occasioni, che hanno delle velleità di convertirsi ma non volontà ferma ed efficace di farlo. Costoro non sono in via verso la perfezione; sono peccatori, sono mondani che bisogna prima di tutto staccar dal peccato mortale e dalle occasioni di commetterlo[2].
b) Hanno un certo desiderio di perfezione o di progresso spirituale, quantunque questo desiderio possa essere ancor debole ed imperfetto. Con ciò escludiamo quei mondani, purtroppo numerosi, la cui sola ambizione è di schivare il peccato mortale, ma che non hanno alcun sincero desiderio di progredire. Infatti questo desiderio, come abbiamo dimostrato al n. 414, è il primo passo verso la perfezione.
c) Conservano però alcuni affetti al peccato veniale deliberato e ne commettono quindi con frequenza; si distinguono così dalle anime proficienti, le quali si sforzano di troncare ogni affetto ai peccati veniali, benché di tanto in tanto volontariamente ne commettano. La ragione di questi affetti sta nel fatto che le loro passioni non sono ancora ben padroneggiate; onde nascono frequenti e acconsentiti moti di sensualità, di superbia, di vanità, di collera, d’invidia, di gelosia, parole e atti contrari alla carità, ecc. Quante persone, che si dicono devote, conservano di tali affetti, che fanno loro commettere colpe veniali deliberate, e le espongono quindi a cadere di tanto in tanto in colpe gravi!
637. 2° Varie categorie. Vi sono dunque varie categorie di incipienti:
a) Le anime innocenti che desiderano progredire nella via spirituale: fanciulli, giovinetti, giovanette, persone del mondo che, non contenti di schivare il peccato grave, vogliono far qualche cosa di più per Dio e bramano perfezionarsi. Ce ne sarebbero anche di più, se i sacerdoti si dessero premura di svegliare in loro questo desiderio di perfezione, al catechismo, nel patronato, nei vari circoli parrocchiali. Si rilegga quindi quanto abbiamo detto su questo argomento al n. 409-430.
b) I convertiti, che, dopo commessi gravi peccati, ritornano sinceramente a Dio, e per allontanarsi più efficacemente dall’abisso, vogliono andare avanti nelle vie della perfezione. Anche qui possiamo dire che ve ne sarebbero assai più se i confessori badassero a rammentare ai penitenti che, per non indietreggiare, è necessario avanzare, e che il solo mezzo efficace di schivare il peccato mortale è di tendere alla perfezione (cf. n. 354‑361).
c) Gli intiepiditi, che, dopo essersi dati una prima volta a Dio e aver fatto qualche progresso, caddero poi nel rilassamento e nella tiepidezza: costoro hanno bisogno, quand’anche fossero già pervenuti alla via illuminativa, di rifarsi alle pratiche austere della via purgativa e riprendere da capo il lavoro della perfezione. Per aiutarli nei loro sforzi, si dovrà studiosamente premunirli contro i pericoli del rilassamento e della tiepidezza, combattendone le cause che ordinariamente sono la storditaggine o la leggerezza, l’apatia e una certa infingardaggine.
638. 3° Due classi di incipienti. Tra gl’incipienti gli uni mostrano generosità maggiore e gli altri molto minore: onde le due classi che S. Teresa distingue tra loro.
a) Nella prima mansione del Castello interiore[3] descrive queste anime che, pur trovandosi ancora molto legate al mondo, hanno nondimeno dei buoni desideri, recitano alcune preghiere, ma ordinariamente con la mente piena di mille affari che ne sopraffanno i pensieri. Hanno ancora molti attacchi ma si sforzano di quando in quando di liberarsene. In virtù di questi sforzi, entrano nelle prime più basse stanze del Castello, ma entra con loro una folla di rettili e d’animali velenosi (le loro passioni), che impediscono di ammirar la bellezza del castello e dimorarvi tranquille. Questa mansione, benché la meno alta, è già di grande ricchezza; ma terribili sono le astuzie e gli artifici del demonio per impedire a queste anime di avanzarsi; il mondo, in cui sono ancora ingolfate, le sollecita coi suoi piaceri e coi suoi onori; ed esse ne sono facilmente vinte, ma pure desiderano di schivare il peccato e fanno opere degne di lode. Insomma queste anime tentano di associar la pietà con la vita mondana; la loro fede non è così illuminata e la volontà così forte e generosa da farle rinunziare non solo al peccato ma anche a certe occasioni pericolose; non capiscono abbastanza la necessità della frequente preghiera, né d’una rigorosa penitenza o mortificazione. Ma pur vogliono non solo salvarsi l’anima, sì anche progredire nell’amor di Dio, facendo qualche sacrificio.
639. b) La seconda classe di incipienti è descritta (la S. Teresa nella seconda mansione. Sono le persone che fanno già orazione e intendono meglio che bisogna far sacrifici per progredire, ma che intanto, per mancanza di coraggio, ritornano talora alle prime mansioni esponendosi di nuovo alle occasioni di peccato: amano ancora i piaceri e le seduzioni del mondo, e cadono talora in qualche colpa grave, rialzandosene però subito, perché ascoltano la voce di Dio che le chiama al pentimento. Non ostante le sollecitazioni del mondo e del demonio, meditano sulla fragilità dei falsi beni della terra e sulla morte che presto verrà a separarnele. Amano allora sempre più Colui da cui ricevono così numerose testimonianze d’amore; capiscono che fuori di lui non possono trovar né pace né sicurezza, e bramano schivare i traviamenti del figliuol prodigo. È dunque uno stato di lotta, in cui soffrono molte tentazioni che le assalgono, ma dove pure Dio si degna di consolarle e di fortificarle. Conformandosi alla volontà di Dio, che è il gran mezzo di perfezione finiranno con l’uscire da quelle mansioni ove circolano ancora le bestie velenose, per giungere a quella regione ove saranno al riparo dai loro morsi.
640. Non tratteremo successivamente di queste due classi, perché i mezzi da suggerire sono poi gli stessi. Ma il direttore ne terrà conto nei consigli particolari che dovrà dare. Così volgerà specialmente l’attenzione delle anime della prima classe sulla malizia e sugli effetti del peccato; sulla necessità di schivarne le occasioni, ed ecciterà in esse vivo desiderio di pregare, di far penitenza e di mortificarsi; alle anime più generose consiglierà inoltre più lunga meditazione e la lotta contro i vizi capitali, vale a dire contro quelle profonde inclinazioni che sono la,sorgente di tutti i nostri peccati.
II. LO SCOPO A CUI MIRARE.
641. Abbiamo detto, n. 309, che la perfezione essenzialmente consiste nell’unione con Dia per della carità. Ma, essendo Dio la stessa santità, non possiamo essergli uniti se non possedendo la purità di cuore. che abbraccia un doppio elemento: l’espiazione del passato e il distacco dal Peccato e dalle sue occasioni per l’avvenire.
La purificazione dell’anima è dunque il primo lavoro degli incipienti.
Si può anche aggiungere che l’anima tanto più intimamente si unirà a Dio quanto più sarà pura e distaccata. Ora la purificazione è più o meno perfetta secondo i motivi che la ispirano e gli effetti che produce.
A) La purificazione rimane imperfetta se è ispirata principalmente da motivi di timore e di speranza, timore dell’inferno e speranza del cielo e dei beni celesti. Gli effetti ne sono incompleti: si rinunzia certo al peccato mortale che ci priverebbe del cielo, ma non si rinunzia ai peccati veniali, anche deliberati, perché questi non impediscono l’eterna salvezza.
B) Vi è dunque una purificazione più perfetta, la quale, senza escludere il timore e la speranza, ha per motivo principale l’amor di Dio, il desiderio di piacergli e quindi di schivare tutto ciò che anche leggermente l’offende. Si avvera allora la parola del Salvatore alla donna peccatrice: “Le sono rimessi i molti suoi peccati perché molto ella ha amato “[4].
A questa seconda purificazione devono mirare le anime buone; il direttore però sì ricordi che molti incipienti non sono subito capaci di levarsi tant’alto, e, pur parlando dell’amor di Dio, proponga anche quei motivi di timore e di speranza che operano più fortemente sull’anima loro.
DIVISIONE DEL PRIMO LIBRO.
642. Conosciuto il fine, bisogna determinare i mezzi necessari a conseguirlo, che si riducono poi a due: la preghiera, che ci ottiene la grazia, e la mortificazione con cui alla grazia corrispondiamo. Ma la mortificazione prende vari nomi secondo gli aspetti sotto cui si considera: si chiama penitenza, quando ci fa espiare le colpe passate; mortificazione Propriamente detta, quando prende di mira l’amor del piacere per diminuire il numero delle colpe nel presente e nel futuro; lotta contro i vizi capitali, quando combatte le profonde inclinazioni che ci portano al peccato; lotta contro le tentazioni, quando resiste agli assalti dei nostri nemici spirituali. Onde cinque capitoli:
Cap. I. La preghiera degl’incipienti.
Cap. II. La penitenza per riparare il passato.
Cap. III. La mortificazione per assicurar l’avvenire.
Cap. IV. La lotta contro i vizi capitali.
Cap. V. La lotta contro le tentazioni.
Tutti questi mezzi suppongono chiaramente la pratica delle virtù teologali e delle virtù morali nel primo loro grado: non si può infatti pregare, far penitenza e mortificarsi, senza credere fermamente alle verità rivelate, senza sperare i beni del cielo e senza amar Dio, senza esercitarsi nella prudenza, nella giustizia, nella fortezza e nella temperanza. Ma noi tratteremo di queste virtù nella via illuminativa, ove conseguono il pieno loro sviluppo,
Note:
[1] A. SAUDREAU, I gradi, Via purgativa, 1. I-II (Marietti, Torino); SCHRYVERS Les Principes, II P. c. II.
[2] Vi sono alcuni autori che, col P. Marchetti, (Rev. d’Ascet. et de Mystique, gen. 1920, P. 36-47), pensano che si debba estendere la via purgativa anche ai peccatori per convertirli, ma confessa che in ciò si allontana dalla dottrina comune. La conversione dei peccatori e i mezzi da suggerire per perseverare nello stato di grazia fanno parte della Morale più che dell’Ascetica. Aggiungiamo tuttavia che i motivi che presto proporremo per schivare il peccato mortale, confermeranno quelli insegnati dalla Morale.
[3] Il Castello interiore è la corona e la sintesi di tutte le opere di S. Teresa e fu da lei composto nel 1577, nel monastero di Toledo, cinque anni prima di morire, pregatane dai Padri Graziano e Velasquez. Vengono in esso chiaramente ed esattamente descritti i sette principali gradi di orazione corrispondenti a sette stati della vita spirituale. Mentre la Santa stava pensando, la vigilia della festa della SS. Trinità, quale avrebbe dovuto essere l’idea fondamentale. di questo Trattato, Dio si degnò di suggerirgliela egli stesso, mostrandole l’anima in grazia sotto il simbolo di un magnifico globo di cristallo in forma di castello con sette grandi abitazioni. Nella settima, che è nel centro, abita Dici stesso, cinto di mirabile fulgore che illumina tutte le altre divisioni a proporzione della loro prossimità al centro. Fuori del castello tenebre, immondezze e bestie velenose, che s’avventano a coloro che s’avventurano in quelle regioni. Porta d’ingresso ne è l’orazione, che ci fa rientrare in noi stessi e trovar Dio. Porta d’uscita il peccato mortale, di cui la Santa fa una terribile descrizione.
Delle sette grandi concentriche abitazioni, le prime due corrispondono alla via purgativa, la terza alla via illuminativa, colla quarta comincia la contemplazione infusa.
(I primi traduttori italiani delle opere di S. Teresa tradussero il vocabolo spagnuolo moradas, indicante le sette grandi abitazioni del Castello, con mansioni; parola bene scelta, perché non si tratta propriamente di sette stanze o sale o aule che si voglia dire, ma di sette grandi spazii ideali. Infatti, scrive S. Teresa nel secondo capitolo della prima mansione: « Di queste prime mansioni non dovete considerarne poche, ma un milione di stanze, perché di molte maniere entrano qui anime e tutte con buona intenzione”. Questo vocabolo anche noi riterremo nelle citazioni. N. d. T.)
[4] Luc., VII, 47.