…Fr. Candido delle Scuole Cristiane, “Lasciate che i fanciulli vengano a me”: come formare i bambini al soprannaturale…
Fr. Candido delle Scuole Cristiane LASCIATE CHE I FANCIULLI VENGANO A ME COME FORMARE I BAMBINI AL SOPRANNATURALE |
Fr. Candido delle Scuole Cristiane
LASCIATE CHE I FANCIULLI VENGANO A ME*
COME FORMARE I BAMBINI AL SOPRANNATURALE
Semplice, bello e davvero prezioso questo libretto! Il Signore benedica l’Autore e i suoi lettori. Possano i nostri bambini trovare sul loro cammino genitori ed educatori capaci di portarli ad amare la vita cristiana, per la quale soltanto è aperta la via alla vera felicità in questa vita e nell’eternità. + A. Card. RICHELMY |
CONSTATAZIONE PREOCCUPANTE
Ci sentiamo talvolta sfiduciati nel constatare i magri risultati in fatto di educazione cristiana.
Generalmente i bambini pregano volentieri, sono naturalmente religiosi e portati alla pietà. Ma poi, divenuti ragazzi, molti di loro diventano indifferenti alle pratiche religiose: non pregano più, non credono più! E questo porterà certo gravi conseguenze nella loro vita e non solo…
Non si può non pensare a un difetto di formazione.
Troppi oggi “allevano” i loro bambini senza Dio, senza metterli in contatto con Lui. Perciò, già appena adolescenti, quando si avviano verso la vita, questi ragazzi si trovano vuoti e soli, in balia delle loro passioni e devono sostenere dure lotte interiori da cui è normale che escano sconfitti. Non hanno infatti l’amico più vero, anche se invisibile, a cui confidare le loro preoccupazioni e il loro smarrimento interiore. Gesù ci avverte: “senza di me non potete far nulla” (Gv. 15, 5).
Dio e solo Dio può essere questo amico intimo di cui ha bisogno l’uomo. Può esserlo e vuole esserlo! “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11, 28).
C’è il confessore, è vero, ma non sempre è facile ricorrere a lui, e non sempre basta. L’uomo ha bisogno non solo di perdono e di consiglio, ma anche di aiuto e di un conforto continuo, sempre disponibile ed efficace. In certi momenti il ragazzo si ripiega su se stesso nella speranza di risolvere i suoi problemi e, se non ha confidenza con Dio, si affloscia pian piano nella sfiducia e quasi sicuramente arriverà a perdere la luce della fede.
Quante sconfitte si potrebbero evitare! Se c’è Dio nella formazione del bambino… difficilmente mancherà poi nel cuore del ragazzo, e più tardi, nel cuore dell’uomo.
UN RUOLO IRRINUNCIABILE
A tutti gli educatori, e in particolare a voi genitori, il Signore ha affidato un compito importantissimo: quello di formare il bambino per prepararlo al suo alto destino soprannaturale ed eterno. Perciò è vostro preciso e grave dovere:
far sentire al bambino il bisogno di Dio;
orientare e incamminare il bambino verso Dio;
dare Dio al bambino e il bambino a Dio;
coltivare nel bambino il gusto delle cose di Dio;
insegnare al bambino a parlare con Dio;
portare il bambino a Gesù Eucaristia.
UNA MAMMA ESEMPLARE
Nei dintorni di Laval (Francia) incontrai un giorno un bambino seduto lungo la strada, in campagna. Lo avvicinai, e gli chiesi: “Sai fare il segno della Croce?”. Il bambino sorrise, e lo fece molto bene. Intanto si avvicinò sua madre e mi disse: “Lo interroghi sul catechismo, vedrà che sa rispondere” Gli rivolsi qualche domanda elementare, a cui rispose con esattezza e disinvoltura. La madre riprese: “Gli chieda pure cose più difficili”. Con mia meraviglia constatai che quel bambino era molto ben istruito in campo religioso.
“Quanti anni ha?”, chiesi alla madre. “Sei fra due mesi. È molto buono e prega volentieri”.
-Con chi parli quando preghi?
–Parlo col Signore.
-Come fai a parlare col Signore?
–Come quando parlo con la mamma
-E chi preghi?
–Prego Dio, Gesù, la Madonna, gli Angeli, i Santi.
-Cosa farai da grande?
–Quello che vorrà il Signore.
-E come farai a sapere ciò che vuole il Signore da te?
–Me lo dirà al cuore, o me lo farà dire dalla mamma, o dal parroco che mi confessa.
-Tu, così piccolo, ti confessi? E che cosa confessi?
–I peccati.
-Ma tu, così piccolo, non fai peccati! Il bambino abbasso gli occhi e disse piano:
–Faccio delle mancanze, ma le confesso, e Dio mi perdona…
Chiesi alla mamma da chi suo figlio avesse imparato quelle cose a quell’età. Mi rispose: “Poco per volta, un po’ tutti i giorni, mentre si veste, mentre fa colazione, quando alla sera tarda ad addormentarsi, o quando lo porto con me, gli parlo di Dio, e così, pian piano, impara ad amare il Signore”.
Lodai quella mamma, diedi un’immaginetta al bambino, e me ne andai tra il confuso e il commosso, dicendo in cuor mio: “Fortunato te, caro bambino, che hai una mamma così!”. Se tutte le mamme e i papà sapessero insegnare ai bambini le cose dl Dio, come insegnano altre cose della vita, la società sarebbe salva.
RIFLETTIAMO
I bambini pensano a tante cose: la loro mente si sviluppa acquistando ed elaborando sempre nuove conoscenze. Si formano così un patrimonio di convinzioni che guiderà poi la loro condotta per tutta la vita.
In continuo contatto con la natura, ne scrutano le leggi, ne indovinano a poco a poco i segreti. In questo lavoro il bambino è guidato da tutti quelli che lo circondano e, in particolare, da quelli che curano la sua educazione.
Questo bambino, la cui mente non riposa mai, neanche quando dorme, e che pensa continuamente a qualche cosa, pensa anche a Dio? Non c’è invece il pericolo che passi la sua infanzia senza mai pensare realmente ai Signore, senza trattenersi e parlare con Lui familiarmente come fa con i suoi cari? E che poi per tutta la vita risenta di questa lacuna, e non avverta il bisogno di Dio, e non se ne occupi più di tanto, o lo veda come un essere che non ha nulla da spartire con lui?
Ci sono purtroppo tanti uomini che, pur non essendo cattivi, non pensano mai a Dio. Ci sono in giro molti uomini d’affari, ma pochi uomini di Dio.
DIRE PREGHIERE E PREGARE
Ma il bambino parla davvero con Dio nella preghiera? Si può dubitarne. Di molti bambini che pregano, cioè che dicono delle formule di preghiere imparate a memoria perché sentite dalla mamma, non si può dire che parlino col Signore, e cioè che preghino veramente.
Spesso ci si limita a insegnare delle formule di preghiere, ma non si insegna a pregare, a parlare con Dio come si fa tra persone amiche.
Che cosa vuol dire pregare?
Vuoi dire trattenersi con Dio e conversare con Lui, per dirgli che Lo amiamo, che Lo adoriamo, che Lo ringraziamo, che vogliamo vivere per Lui, che da Lui speriamo ogni bene, che è Lui la nostra vita, la nostra guida, la nostra forza, la nostra speranza, la nostra ricompensa in eterno… per chiedergli che ci conceda quanto ci occorre, che ci perdoni i peccati commessi… Vuol dire riconoscere che ci sentiamo in tutto dipendenti da Lui, vuol dire chiamarlo in nostro aiuto, invocarlo nei bisogni ordinari e straordinari, in una parola, significa: star bene con Lui.
Se questo è pregare… possiamo pensare che i nostri bambini, limitandosi a ripetere solo materialmente delle formule che insegniamo loro, provino questi sentimenti?
Non ci sarà invece il pericolo che la loro mente e il loro cuore rimangano aridi, perché non “sentono” nulla di quanto esprimono con la bocca? E che Dio, non essendo più al centro della loro attenzione all’infuori di quel momento, diventi un essere estraneo alla loro esistenza?
Purtroppo, è quello che succede a tanti.
SUGGERIMENTI SPICCIOLI
Le semplici formule di preghiere, per quanto necessarie, non possono bastare, perché la mente non riesce sempre a soffermarsi sulle idee espresse dalle parole e allora l’intelligenza, il cuore e la volontà non partecipano e restano vuoti, freddi e lontani.
Per questo, invece di dirgli semplicemente “Di’ le tue preghiere”, sarebbe opportuno dirgli: “Parla col Signore… adora il Signore… onora il Signore… chiedigli quello che desideri… Vieni che parliamo con la Madonna… Ora parla col tuo Angelo Custode… Parliamo un po’ con San Giuseppe…”. Invece di dirgli: “Recita l’atto di dolore”, diciamogli: “Domanda perdono al Signore dei peccati che hai fatto”. Domandiamogli qualche volta: “Hai parlato col Signore? Chiedi al Signore se è contento di te. Dopo la Comunione, ti sei confidato con Gesù? Hai ascoltato cosa voleva dirti? Gli hai promesso il tuo impegno?…”
Così il bambino impara concretamente a parlare con Dio, con Gesù, con Maria SS.ma, con i Santi e non ricorrerà più solo a formule imparate a memoria, ma al linguaggio della conversazione, che è il linguaggio del cuore.
VERA PREGHIERA
Ecco una preghiera di un bambino di otto anni; c’è tutta la freschezza dell’innocenza e della spontaneità di un piccolo cuore che sa amare: “Mio Dio, fa’ che presto diventi grande, così posso aiutare il papà e la mamma. Fammi diventare buono, sai che qualche volta non ci riesco. Fa’ che non manchi la legna per accendere il fuoco, lo sai che fa freddo nella nostra soffitta. E fa’ anche che lo zucchero non costi troppo, perché mi piace e mi fa bene. Signore, perché il papà non dice le preghiere alla mattina e alla sera? Forse le ha dimenticate o non ha tempo? Pregherò io per lui. Fa’ che il papà abbia sempre lavoro e che non si ammali come l’anno scorso, perché allora non avrebbe la paga. Signore, fa’ che mio fratello ritorni presto dal fronte; perché la mamma piange sempre, e ha paura che non tomi più. Fa’ che non sia ucciso, e non sia nemmeno ferito alle braccia se no non può più lavorare. Fammi stare buono a scuola, e di’ al mio compagno di banco che non mi disturbi quando il maestro spiega. E poi fa’ che venga in Paradiso col papà, con la mamma, col fratello, col parroco, col maestro, con tutti i compagni, e anche con la signora Lena che vende le castagne sull’angolo della via, perché quando vado a comperarne, me ne dà sempre qualcuna in più”.
Non si trova certo in alcun libro questa preghiera sicuramente tanto gradita dal Signore. Ogni bambino, se fosse aiutato, sarebbe capace di esprimere i suoi piccoli desideri, i suoi bisogni e le sue debolezze. Ogni bambino sarebbe capace di fare la “sua” preghiera e di modificarla, secondo le circostanze.
UNA PRIMA CONCLUSIONE
Le formule, da sole, dunque, non possono esprimere tutti i bisogni e i sentimenti dell’anima, tutto ciò che può preoccuparla quando prega. E questo perché le formule sono preghiere spesso composte molto tempo fa, e quindi non sempre adatte allo stato d’animo di chi in seguito le avrebbe recitate. Si è scivolati così, pian piano, in un modo di pregare sbagliato. C’è chi dice un “Padre nostro” o un’“Ave Maria”… a Sant’Antonio. Sarebbe più giusto dire: “Sant’Antonio, aiutami in questa mia necessità…”, oppure: “Signore, Madonna mia, aiutatemi…”.
Molti hanno un’idea confusa della preghiera, che per loro si limita a qualche formula di cui non capiscono il senso, non sanno conversare con Dio ed esporgli i loro bisogni con parole proprie, dettate dal cuore.
Non comprendendo queste formule, non ne provano alcun conforto e non ne traggono alcuna fiducia; così se la loro preghiera, mancando delle dovute condizioni, non è esaudita, perdono la voglia di pregare e, pian piano, perdono anche la fede nella preghiera e non pregano più.
IL LINGUAGGIO PIÙ ADATTO
Un bambino che recita a memoria una poesia o copia per i genitori una letterina di augurio, non esprime sentimenti suoi: ripete o scrive ciò che altri hanno pensato, ma non usa parole sue, non esprime sentimenti sbocciati dal suo cuore, e proprio per questo si dà a quelle espressioni di affetto un valore molto relativo.
Ma il bambino generalmente non si serve di un linguaggio preso a prestito, ha il suo linguaggio spontaneo, vero, sincero, ed è quello che piace di più ai genitori.
Se un bambino desidera un oggetto che ha visto in mano a un compagno o in una vetrina, non va a cercare in un libro una formula per domandarlo al papà o alla mamma, ma esprime il suo desiderio con parole sue, cos’, come gli viene più facile. E perché col Signore non si dovrebbe fare altrettanto? Perché con Lui si usano sempre e solo formule di preghiere? Perché non abituare il bambino a esprimere al Signore i suoi stati d’animo con parole sue come fa con il papà e con la mamma?
OTTIMA RISPOSTA
A un gruppo di bambini è stato chiesto: “Se voleste ottenere una grazia e non trovaste sui libri una preghiera adatta per chiederla, come fareste?”. Molti rimasero imbarazzati; chi rispose in un modo, chi in un altro. Uno solo disse: “Si inventa”, gli altri non avevano mai pensato di parlare al Signore con parole loro.
Spesso diciamo delle formule di preghiere, ma non preghiamo, perché ci limitiamo a ripetere ciò che altri hanno scritto nei libri di devozione.
Una bambina, incaricata di recitare a voce alta una consacrazione al Sacro Cuore, giunta alle parole: “Mio Dio, perdono di tanti peccati che ho commessi…” si interruppe e, rivolta al parroco, piangendo, disse: “Ma io non ho fatto tanti peccati…”.
Povera bimba, sentiva che stava usando un linguaggio non suo, che non corrispondeva ai suoi desideri e ai suoi bisogni. Volevano farle esprimere sentimenti non suoi.
È CAPACE IL BAMBINO Dl PARLARE CON DIO?
Come è capace di parlare ai genitori, ai nonni, agli zii, per ottenere da loro ciò che desidera e per esprimere loro il suo affetto, così il bambino ha la capacità di parlare con Dio e di esprimergli ciò che ha nel cuore. Ma anche in questo bisogna formarlo e guidarlo.
Quando viene lo zio o il nonno… gli si dice: “Saluta, domandagli se sta bene domanda come sta la zia, manda i saluti alla nonna… “. E il bambino, formulando il suo saluto o la sua domanda, si educa alla vita sociale. Divenuto più grande, continuerà, con un linguaggio più adatto all’età, il dialogo con i suoi cari.
Ci sono invece dei bambini che sembrano come intontiti, non sanno dire due parole, o scappano e vanno a nascondersi appena vedono l’ombra di qualcuno. E questo perché nessuno li ha mai educati alla vita sociale, spontanea e cordiale.
Il bambino va dunque formato alla preghiera, si deve insegnargli a parlare col Signore, a esporgli i suoi sentimenti di amore, di riconoscenza, di fiducia, ecc…
E non è difficile. Infatti, quando riceve un regalo da qualcuno, diciamo al bambino: “Ringrazia”; quando ha fatto qualche mancanza verso uno della famiglia, gli diciamo: “Domanda perdono, prometti di non farlo più”. E il bambino impara a dire le parole più adatte per le varie occasioni, certamente senza ricorrere ad alcuna formula stampata.
Così a volte diciamo al bambino: “Va’ a tener compagnia al papà, alla mamma, alla nonna… Sta’ qui con me, parliamo un po’”. E il bambino fa come gli si dice e, a suo modo, parla e trova sempre qualcosa da dire.
Se gli diciamo: “Venendo a casa, passa dalla nonna a salutarla, domandale se sta meglio… Passando vicino alla casa dello zio, digli che venga a trovarci, che il papà ha bisogno di parlargli, ecc… “, il bambino esegue, e non ha difficoltà a esprimere il messaggio con parole sue.
Così qualche volta potremmo anche dirgli: “Va’ di là e parla un po’ con il Signore, con Gesù, con la Madonna… Venendo a casa, passa da Gesù in chiesa, e salutalo per tutti noi; digli che guarisca la sorellina, che protegga il papà in viaggio, che lo faccia ritornare presto… Domandagli perdono delle tue mancanze, e promettigli che sarai più buono… Prima di veni via di chiesa manda un bacio a Gesù nel Tabernacolo…”.
Tutte cose che il bambino può fare e farebbe volentieri ma bisogna educarlo, come si fa per altre cose della vita.
Bisogna saper cogliere ogni occasione per insegnargli a parlare con Dio, come farebbe con i genitori, con un parente, con un amico. Dio deve essere tutto questo agli occhi e al cuore del bambino.
E non crediamo che questo sia difficile per il fatto che il bambino non vede né Dio, né la Madonna né i Santi.
UNO ZIO LONTANO… EPPUR VICINO
Un giorno un bimbo di quattro anni stava scribacchiando a suo modo, su un pezzo di carta.
-Che fai?
-Scrivo allo zio Francesco.
-Lo conosci?
-No, ma mi manda sempre dei bei regali.
Lo zio Francesco lavorava all’estero e non aveva mai visto questo suo nipotino, ma gli mandava spesso dei doni. Quando i genitori gli davano qualche regalo che veniva dallo zio, gli dicevano: “Te lo manda lo zio Francesco mandagli un bacio”. E il bambino mandava i baci allo zio che non aveva mai visto; ed ora gli era venuto in mente di scrivergli una letterina. La riconoscenza e l’affetto, pian piano, si facevano strada in quel piccolo cuore.
Dio manda continuamente dei regali ai nostri bambini; facciamoli riflettere sui doni che ricevono e su Chi li manda. Parliamo spesso di Dio, di Gesù, di Maria SS.ma, degli Angeli, dei Santi… e il bambino, anche senza averli mai visti, se ne farà un’idea e, a poco a poco, il pensiero di queste Persone gli diventerà familiare: anche se invisibili, le sentirà vicine e saprà invocarle.
Un bambino sta tranquillo e dorme anche al buio, se è certo che la mamma è in casa: anche se non la vede, nulla lo intimorisce. Diciamo spesso al bambino che Dio è sempre presente e pronto ad aiutarlo nel bisogno, a premiarlo se fa bene, ma ricordiamogli anche che è rattristato se fa il male… e che, in ogni situazione, non ha che da chiamarlo, perché subito Lui si faccia sentire al suo cuore.
DIO ESAUDISCE I BAMBINI
Un ragazzino di 11 anni era stato escluso da un concorso, perché sembrava gli mancasse una condizione. Ne fu molto addolorato. Il giorno della prova, al mattino, rimase a lungo nella sua stanza… Quando andò dal papa gli chiese:
–Non è venuto nessuno a chiamarmi?
–Perché cosa?
–Per il concorso.
–Ma se non sei stato ammesso!?
Il bambino abbasso gli occhi, triste, e disse: “Eppure… ho pregato tanto!..”. Gli pareva impossibile che il Signore non avesse esaudito la sua preghiera tanto insistente e fiduciosa.
In quel momento arrivo un compagno di scuola e gli disse: “Il preside ha riesaminato bene la pratica e ti ha ammesso; vieni, fa’ presto, fra poco comincia l’esame…”
Al papà che gli chiese come avesse pregato, rispose: “Ho detto tante volte al Signore: ‘Fammi la grazia di essere ammesso al concorso, fammi questo piacere, sarò sempre buono, fammi il piacere, non negarmelo. Ho studiato tanto e studierò anche di più per far piacere a Te, Signore, e ai miei, ma fammi questa grazia!'”.
Linguaggio infantile… dirà qualcuno. Non così la pensa Gesù, che chiamava i bambini attorno a sé e parlava con loro familiarmente e li accarezzava. Questo è appunto il linguaggio che piace a Lui: “Lasciate che i bambini vengano a me… perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Lc 18, 16).
Racconta un parroco che un bambino povero, avendo la mamma ammalata in una misera soffitta, scrisse una lettera al suo Papà del Cielo e la imbuco nella cassetta delle elemosine. Tra i soldi delle offerte il parroco trovò quella lettera. Commosso da tanta ingenuità, andò all’indirizzo segnato sulla busta per portare un po’ di aiuto. Fu così che il buon Dio esaudì la preghiera di quel bambino, che ebbe sempre più fiducia nel Signore e nell’efficacia della preghiera.
Un altro povero bambino di sette anni, credendo di essere solo in chiesa, stando vicino al Tabernacolo ripeteva: “Gesù, sii Tu mio padre. Gesù, sii Tu mio padre”. Un signore che, non visto dal bambino, stava pregando li vicino, gli si avvicinò e gli disse:
-Perché chiedi a Gesù di farti da padre?
-Sono rimasto orfano, non ho più nessuno. Pochi giorni fa è morto mio papà, e morendo mi ha raccomandato: “Prega Gesù perché ti faccia da papà”.
Quel signore, commosso, gli disse:
-Il Signore ha esaudito la tua preghiera. Tu hai perduto il papà e io ho perduto il mio unico figlio. Se vuoi venire con me, io sarò il tuo papà, in nome di Gesù!
LA SAPIENZA DEI BAMBINI
Il bambino innocente tende naturalmente a Dio: è un’inclinazione che gli è stata messa nell’anima da Dio stesso nel Battesimo. Il bambino sente Dio, gusta Dio e, se lo si fa riflettere, se si eleva la sua mente e il suo cuore a Dio, ascolta volentieri quando si parla di Lui, e sarà portato a parlargli più spesso di quanto immaginiamo.
Un giorno vidi una bimba mandare dei baci attorno a sé, in tutte le direzioni. “Che fai?”, le chiesi. “Mando dei bacini al Signore che è dappertutto.”
Un sacerdote chiese a un bambino: “Ci possono essere due Dio?” Rispose prontamente: “E dove metterlo un altro Dio, se ce n’è già uno dappertutto?”.
In questo linguaggio semplice di un bambino c’è tutta la sapienza di un teologo.
IL RISCHIO DI PERDERE DIO
A un papà o a una mamma fa piacere vedere il loro bambino che si avvicina spontaneamente, non per recitare un complimento imparato a memoria, ma per dire parole di affetto che gli escono dal cuore: “Mamma, quanto sei buona; ti voglio tanto bene… Papà, grazie per il bel giocattolo che mi hai comperato…”.
Un papà mi raccontava, commosso, che suo figlio, al quale in occasione del suo compleanno aveva regalato un orologio, ogni tanto, durante il pranzo, si alzava e gli saltava al collo con mille espressioni affettuose come il cuore gli dettava, per esprimergli la sua gioia e la sua riconoscenza per il dono ricevuto.
Anche il Signore regala continuamente ai bambini, suoi figli carissimi, molti doni. E come potrebbe non gioire nel sentirsi ripetere da loro espressioni affettuose di riconoscenza che partono dal cuore, spontanee, e non sempre e solo delle formule imparate a memoria?
Che diremmo di un bambino che si limitasse a ripetere espressioni imparate a memoria da un libro, e non avesse mai una parola tutta sua, neanche in casa con i familiari?
Se non educhiamo i nostri bambini alla preghiera spontanea li priviamo, e con loro priviamo il Signore, di una grande gioia e lasciamo in essi una lacuna che rischia di non colmarsi più. Fatti adulti, troveranno come ostacoli sul loro cammino gli affari e le passioni… e se non sono stati abituati fin da piccoli a usare un linguaggio familiare con Dio, non ne sentiranno il bisogno e consumeranno i loro giorni nella freddezza verso il Signore, “arrangiandosi” come potranno, vivendo da illusi o da disperati, ma comunque in modo sterile e dannoso. E quanti ce ne sono in queste condizioni…!
Se si comincia a studiare una lingua da adulti, non si arriverà mai a una pronuncia perfetta. così, se con Dio non si impara il linguaggio del cuore fin da bambini, è molto difficile impararlo da adulti.
INSEGNIAMO LA PREGHIERA SPONTANEA
Quando il bambino ha qualche pena, va spontaneamente dalla mamma e in lei cerca aiuto e conforto. Talvolta la mamma lo invita a rivolgersi al papà, se questi può fare qualcosa di più che lei non può fare.
E perché allora non suggerire al bambino di ricorrere anche al Signore e alla Madonna quando ha qualche bisogno, specialmente spirituale, qualche grazia da chiedere o qualche difficoltà da superare? Suggeriamo al bambino di pregare, di domandare ciò che desidera. Così più tardi, da adulto, quando avrà bisogno di qualunque cosa, di riuscire in qualche impresa, saprà a Chi rivolgersi per ottenere luce e forza nei suoi problemi.
Se invece, come già detto, è stato solo educato a dire meccanicamente qualche formula, senza mai conversare intimamente con Dio, a tu per tu, con espressioni sue, più tardi o lascerà del tutto quelle formule, a cui non ha mai dato grande importanza, e che ritiene cose da bambini o da vecchi, o continuerà a dirle senza attenzione, perché non gli ispirano alcuna fiducia, né elevano il suo cuore a Dio, a cui non è mai stato abituato a parlare con la confidenza di un figlio.
E così abbiamo uomini e donne che, mentre da bambini sulle ginocchia della mamma hanno pregato, nell’uso comune dell’espressione, cioè hanno detto delle preghiere, da adulti non pregano più, e vivono senza Dio! Le formule che dicevano da bambini, senza riflettervi, mancavano di calore, e per questo sono rimaste lettera morta per il loro cuore, e non hanno dato vita all’anima. È così che, pian piano, si è spento il gusto di Dio, donato da Dio stesso nel giorno del Battesimo.
Ecco perché ci sono uomini e donne che affrontano tutti i problemi della loro vita senza tener conto di Dio e del suo diritto d’intervenire noi loro affari! Si sentono perfino dire con arroganza frasi blasfeme del tipo: “Dio faccia gli affari suoi e io mi faccio i miei. Io non gli chiedo niente, perché non ho bisogno di Lui…”.
INSEGNIAMO A PREGARE CON LE FORMULE
Che fare dunque? Non insegnare più ai bambini le solite formule di preghiere? No, sarebbe una conclusione sbagliata. La preghiera usuale, espressa con le formule è utile, anche perché può fornire un’ottima base alla preghiera spontanea.
Gesù ci ha insegnato la più sublime formula di preghiera. La Chiesa, nostra Madre e Maestra, prega per tutti, con formule comuni, e ci esorta a ripeterle con i suoi ministri.
Dobbiamo dunque far imparare e far dire le preghiere tradizionali, cercando, ovviamente, che non si riducano ad essere solo parole ripetute meccanicamente.
Bisogna far riflettere i bambini sul significato di quelle parole, perché, quando le recitano, accompagnino con la mente e col cuore ciò che dicono con la bocca.
Un po’ alla volta è bene far imparare tutte le preghiere e spiegarne il significato. Per esempio: “Padre nostro che sei nei Cieli… Dov’è il Signore? È solamente in Cielo? Con chi parli ora? Ti sente? Ti ascolta? Ti vuole bene? E tu vuoi bene a questo Padre?… Rimetti a noi i nostri debiti… Che debiti abbiamo con Dio? E noi verso gli altri come dobbiamo comportarci? Possiamo vendicarci?… Ave, Maria… Con chi parli ora? Chi è Maria? Di chi è Madre? è solamente Madre di Gesù?…”.
Certamente i bambini capiscono più di quello che noi pensiamo. Un bambino, mentre faceva il segno della Croce, arrivato alle parole: “del Figlio”, s’interruppe e domando alla mamma: “E la Madre non c’è? Ci sono solo il Padre e il Figlio?”. Un altro bambino, che stava imparando il “Confesso a Dio onnipotente” in preparazione alla sua prima Confessione, arrivato alle parole: “ai Santi Apostoli Pietro e Paolo e a tutti i Santi”, si fermo e domando “Ma devo confessarmi a tutta questa gente? Io mi vergogno!”
Un giorno un bambino povero, dicendo il “Padre nostro”, alle parole: “Dacci oggi, il nostro pane quotidiano”, chiese alla mamma se, oltre al pane, non poteva domandare anche qualcos’altro da mangiare.
Parliamo al bambino di Dio, e il bambino ci capirà!
PREGHIERA DEI GENITORI
O Signore Dio, fonte della vita, da cui trae origine la nostra paternità e maternità verso i figli che ci hai dato, fa’ che sappiamo guardare sempre con stupore al mistero che hai compiuto in noi e per mezzo nostro, che sappiamo esserti riconoscenti per il dono immenso che ci hai offerto e che, consapevoli della missione che ci hai affidato, sappiamo spenderci con tutta la generosità possibile per far crescere questi tuoi e nostri figli nella tua vita divina.
Fa’ che non ci accontentiamo di vederli ben riusciti nella vita terrena, ma che, con una passione di amore che attinge dai Cuori Santissimi di Gesù e Maria, li prepariamo ad essere, per l’eternità, come Tu li vuoi cittadini del Cielo. Amen.