Estanislao Cantero Nunez, La concezione dei diritti umani in Giovanni Paolo II
[Tratto da: http://utenti.lycos.it/armeria/CANTEROD_00.html ] CAPITOLO I – GIOVANNI PAOLO II E IL CROLLO DEL COMUNISMO
Senza ombra di dubbio, l’avvenimento più sorprendente di questi anni è il cambiamento, apparentemente radicale, che si sta producendo con il crollo del comunismo e del marxismo. Essendo ormai quest’ultimo in ribasso da circa tre lustri – grazie, in parte, a Solgenitzin (1), le cui opere videro un successo editoriale in tutto il mondo occidentale con la concessione del premio Nobel, che contribuì a una lenta, ma efficace divulgazione degli orrori del Gulag, la cui penetrazione nella cosiddetta opinione pubblica fu il motivo per cui, sotto pena di perdere ogni credibilità, talune attitudini cessarono di essere mantenute -, il turno è adesso toccato al comunismo. I cambiamenti che si stanno producendo nei paesi dell’Est, impensabili pochissimi anni fa, innegabilmente si devono in gran parte al lavoro svolto da un papa come Giovanni Paolo II, che non ha cessato di predicare in ogni luogo il messaggio evangelico, la dottrina cattolica, di fronte alla quale nessun’altra forza nulla può fare nel cuore dell’uomo. L’appoggio che questo Papa ha dato, tanto con la sua attività e la sua predicazione, quanto per il fatto di essere compatriota di san Stanislao, al sindacato Solidarnosc e a Leck Walesa, rende manifesto come la pietra più dura finisca sempre per essere perforata e che il Vaticano, la Chiesa, non ha bisogno di contare sulle divisioni degli eserciti per trionfare (2). Naturalmente non mancheranno storici e analisti sociali che, minimizzando il lavoro dei grandi uomini, attribuiranno questi cambiamenti alla congiuntura economica, alla mancanza di adattamento dell’URSS, nell’assimilare le nuove tecnologie e i sistemi di gestione e di organizzazione o ad altre cause, che relegheranno l’opera di Giovanni Paolo II a una causa storica piuttosto secondaria, o addirittura a una mera coincidenza temporale, ma senza vere conseguenze reali in questi mutamenti radicali (3).
Rispetto alle dottrine del marxismo e al modo orrendo con cui si sono realizzate nel comunismo, Giovanni Paolo II non ha certamente predicato nè insegnato le dottrine o i pretesi valori di un mondo denominato occidentale, nel quale il laicismo, il liberalismo e il permissivismo morale hanno fatto del mondo cristiano un’ombra deformata di se stesso. Tutt’al contrario, poichè, traendo spunto da questo ribaltamento spettacolare e insperato pressochè da tutti, il Papa è tornato a mettere in guardia dai pericoli di quello che Michele Federico Sciacca chiamò l'”occidentalismo” (4), continuando senza incrinature la linea dottrinale e pastorale del suo pontificato.
Nell’Allocuzione al Corpo Diplomatico accreditato presso il Vaticano, il 13 gennaio 1990, fa questo avvertimento: “Varsavia, Mosca, Budapest, Berlino, Praga, Sofia e Bucarest, per citare solo le capitali, sono diventate praticamente le tappe di un lungo pellegrinaggio verso la libertà. Dobbiamo rendere omaggio ai popoli che, al prezzo di sacrifici immensi, hanno coraggiosamente intrapreso questo pellegrinaggio ed ai responsabili politici che l’hanno favorito […]. Troppo spesso, purtroppo, le democrazie occidentali non hanno saputo fare uso della libertà conquistata in passato al prezzo di duri sacrifici. Non si può fare a meno di rammaricarsi della deliberata assenza di ogni riferimento morale trascendente nella gestione delle società dette “sviluppate”. Accanto agli slanci generosi di solidarietà, ad una reale preoccupazione per la promozione della giustizia e ad una costante preoccupazione per il rispetto effettivo dei diritti dell’uomo, è necessario constatare la presenza e la diffusione di controvalori quali l’egoismo, l’edonismo, il razzismo e il materialismo pratico. Non bisogna che i nuovi arrivati alla libertà e alla democrazia siano delusi da coloro che, in qualche modo ne sono i “veterani”“. E nel suo Discorso all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la cultura, il 12 gennaio 1990, oltre a segnalare che “Alcuni muri sono crollati. Alcune frontiere si sono aperte […]. Un messianismo terreno è crollato e sorge nel mondo la sete di una nuova giustizia […]. Tutti chiedono una nuova civiltà pienamente umana, in quest’ora privilegiata che stiamo vivendo” e che “quest’immensa speranza dell’umanità non deve essere disattesa“, avverte che “Non mancano nuovi rischi di illusione e di delusione. L’etica laica ha sperimentato i suoi limiti e si scopre impotente dinanzi ai terribili esperimenti che si effettuano su esseri umani considerati come semplici oggetti di laboratorio. L’uomo si sente minacciato in modo radicale dinanzi a politiche che decidono arbitrariamente sul diritto alla vita o sul momento della morte, mentre le leggi del sistema economico gravano pesantemente sulla sua vita familiare. La scienza dichiara la sua impotenza nel rispondere alle grandi domande sul senso della vita, dell’amore, della vita sociale, della morte. E gli stessi uomini di Stato sembrano esitare su quali cammini intraprendere per costruire questo mondo fraterno e solidale che tutti i nostri contemporanei chiedono a viva voce; sia all’interno delle nazioni che su scala continentale“. Perciò, “E’ compito delle donne e degli uomini di cultura di pensare questo avvenire alla luce della fede cristiana da cui sono ispirati“. E nell’Omelia della Messa celebrata nel santuario di Velehrad, domenica 22 aprile 1990, indica: “la notte è passata, è arrivato di nuovo il giorno. Il vostro pellegrinaggio verso la libertà deve continuare. Camminate come figli della luce (cfr. Ef. 5,8). La libertà soltanto esterna, senza la liberazione interiore, produce il caos. Rimanete nella libertà per la quale vi ha liberati il Cristo (cfr. Gal. 5,1)! L’unione tra la libertà esterna ed interna deve costruire l’Europa del domani, la civiltà dell’amore e della verità; e questa unione si fonda su Cristo, pietra angolare. Continuate a camminare verso la piena libertà“.
Perciò, il modello da seguire non è quello delle democrazie moderne basate sull’agnosticismo e sul relativismo. La Chiesa cattolica è sempre rispettosa verso tutte le forme di governo quando sono davvero tali, cioè quando cercano il bene comune, mentre al contrario non ha mai ammesso la democrazia moderna (5), tra l’altro perchè questa democrazia non lascia nulla al di fuori della cornice dell’opinabile.
Giovanni Paolo II, nell’Enciclica Centesimus annus lo ha detto con tutta chiarezza: “Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. […] Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti son convinti di conoscere la verità e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perchè non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida ed orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia” (6).
Il futuro dipende dal ritorno dell’Europa e delle nazioni che la integrano alle loro radici cristiane: “Tutta l’Europa s’interroga sul suo avvenire, quando il crollo di sistemi totalitari esige un profondo rinnovamento delle politiche e provoca un vigoroso ritorno delle aspirazioni spirituali dei popoli. L’Europa, per necessità, cerca di ridefinire la sua identità al di là dei sistemi politici e delle alleanze militari. Essa si riscopre continente di cultura, terra irrigata dalla millenaria fede cristiana” (7). Il processo della nuova unità dell’Europa, “non è e non può essere un evento soltanto politico ed economico: essa ha una profonda dimensione culturale, spirituale e morale. L’unità culturale d’Europa vive nelle e dalle culture diverse, che a vicenda si compenetrano e si arricchiscono. Questa particolarità caratterizza l’originalità e l’autonomia della vita nel nostro Continente. La ricerca dell’identità europea ci conduce alle sorgenti. Se la memoria storica dell’Europa non si spingerà oltre gli ideali dell’illuminismo, la sua nuova unità avrà fondamenti superficiali e instabili. Il cristianesimo, portato in questo Continente dagli Apostoli e fatto penetrare nelle varie sue parti dall’azione di Benedetto, Cirillo, Metodio, Adalberto e di una innumerevole schiera di Santi, è alle radici stesse della cultura europea. Il processo verso una nuova unità dell’Europa non potrà non tenerne conto!” (8).
E’ tornato a ripeterlo nell’incontro con gli intellettuali nella chiesa di St. Julian’s a Sliema del 27 maggio 1990: “In larga misura il futuro dipende dalla prospettiva culturale nella quale gli individui ed i popoli hanno la possibilità di sviluppare e progettare il proprio destino. La storia recente ha drasticamente alterato il quadro culturale di riferimento. In particolare, la serie di eventi in Europa negli ultimi pochi mesi mostra chiaramente l’inadeguatezza ed il fallimento di una cultura che non era costruita sul primato della dimensione spirituale della persona umana. Naturalmente gli aspetti economico, politico e sociale della vita, richiedono una sollecita attenzione ed un decisivo impegno da parte di tutti. Ma allo stesso tempo è necessario affermare in modo chiaro il primato dell’etica sulla tecnologia, il primato dell'”essere” sull'”avere”. Questo diventa uno speciale imperativo quando siamo immersi in una falsa cultura di “apparenze”, il risultato di una sfrenata mentalità del consumo nociva ai bisogni più profondi degli individui e delle comunità. La sfida che ora si presenta all’Europa è quella di riscoprire le sue radici più profonde. Nell’accettare questa sfida, la cultura europea è necessariamente chiamata a rendere conto della fede cristiana che ha dato forma ai suoi popoli”.
Come aveva messo in guardia ed esortato nell’Atto europeistico nella cattedrale di Santiago di Compostella, il 9 novembre 1982, “la storia della formazione delle nazioni europee va alla pari con la loro evangelizzazione; fino al punto che le frontiere europee coincidono con quelle della penetrazione del Vangelo“; per questo “[…] l’identità europea è incomprensibile senza il cristianesimo, e precisamente in esso si trovano quelle radici comuni, dalle quali è giunta a maturazione la civiltà del continente, la sua cultura, il suo dinamismo, la sua attività, la sua capacità di espansione costruttiva anche negli altri continenti; in una parola, tutto quello che costituisce la sua gloria“.
“Per questo, io, Giovanni Paolo II […] ti lancio, vecchia Europa, un grido pieno di amore: torna a incontrarti. Sii te stessa. Scopri le tue origini. Ravviva le tue radici. Rivivi quei valori autentici che fecero gloriosa la tua storia e benefica la tua presenza negli altri continenti. Ricostruisci la tua unità spirituale…” (9).
Perciò, è necessario che i cambiamenti a cui prima si alludeva non si limitino soltanto alla scomparsa del marxismo e del comunismo, sostituiti dalle forme di vita e dai “valori” del mondo occidentale assimilati come l’ideale e la panacea che porrà rimedio ai suoi mali. Che la predicazione di Giovanni Paolo II non lasci spazio a dubbi su tale questione, si manifesta con chiarezza in un tema come quello dei diritti umani, apparentemente tanto amato oggi, rispetto al quale Giovanni Paolo II ha mantenuto una posizione senza equivoci, sviluppando tutto un insegnamento che, seppure con un linguaggio innovativo nella Chiesa, è incastonato nella perenne dottrina cattolica.
NOTE
- Cfr. in particolare il Discorso tenuto ad Harvard, sommamente interessante per le sue riflessioni sul mondo occidentale, in Aleksandr Solzenicyn, La verità è amara. Scritti, discorsi e interviste (1974-1995), con un saggio introduttivo di Aldo Ferrari, Maurizio Minchella editore, Milano 1995, pp. 9-27.
- Infatti, come Giovanni Paolo II ha segnalato riferendosi ai cambiamenti avvenuti nell’Europa dell’est, non c’è nulla di più lontano dal vero che il considerare la religione come elemento di alienazione, come ha fatto il marxismo; al contrario, “Si può dire che l’esperienza del periodo ora conclusosi ha dimostrato esattamente l’opposto: la religione e la Chiesa si sono rivelate tra i fattori più efficaci nella liberazione dell’uomo da un sistema di asservimento totale” (Discorso per l’apertura dei lavori dell’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, del 5-6-1990).
- Giovanni Paolo II non attribuisce a sè questa vittoria e neppure ne da il merito direttamente alla Chiesa, perchè considera che “tra i numerosi fattori della caduta dei regimi oppressivi” “il fattore decisivo” è stato costituito da “la violazione dei diritti del lavoro” e “il secondo fattore […] l’inefficienza del sistema economico”, ma non in quanto “problema soltanto tecnico, ma piuttosto come conseguenza della violazione dei diritti umani all’iniziativa, alla proprietà ed alla libertà nel settore dell’economia” (Enciclica Centesimus Annus, del 1-5-1991, n. 24). Ciononostante, “la vera causa” è stata “il vuoto spirituale provocato dall’ateismo, il quale ha lasciato prive di orientamento le giovani generazioni e in non rari casi le ha indotte, nell’insopprimibile ricerca della propria identità e del senso della vita a scoprire le radici religiose della cultura delle loro Nazioni e la stessa persona di Cristo, come risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo” (Centesimus Annus, n. 24). Il fatto è che, per quella trasformazione, “un contributo importante, anzi decisivo, ha dato l’impegno della Chiesa per la difesa e la promozione dei diritti dell’uomo: in ambienti fortemente ideologicizzati, in cui lo schieramento di parte offuscava la consapevolezza della comune dignità umana, la Chiesa ha affermato con semplicità ed energia che ogni uomo […] porta in sè l’immagine di Dio e, quindi, merita rispetto. In tale affermazione si è spesso riconosciuta la grande naggioranza del popolo, e ciò ha portato alla ricerca di forme di lotta e di soluzioni politiche più rispettose della dignità della persona” (Enciclica Centesimus Annus, n. 22).
- Cfr. Michele Federico Sciacca, L’oscuramento dell’intelligenza, Marzorati, Milano 1970, parte seconda, pp. 91 ss.; Il magnifico oggi, a cura di Maria Manganelli, Città Nuova Editrice, Roma 1976, cap. XLIII.
- Cfr. Il mio Evoluzione del concetto di democrazia, in Quaderni di Cristianità, anno I, n. 3, 1985, pp. 14-33.
- Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus annus, n. 46.
- Idem, Discorso alla Plenaria del Pontificio Consiglio per la Cultura, del 12-1-1990.
- Idem, Discorso con il mondo della cultura nel Castello di Praga, del 21-4-1990.
- Cfr. Juan Vallet de Goytiloso, Europa desde la perspectiva de Juan Pablo II, in Verbo n. 257-258 (1987), pp. 901-954; e la compilazione di testi di Giovanni Paolo II raccolti nella rivista Verbo n. 211-212 (1983) – col titolo Europa, su identidad cristiana y su actual crisis -, che rimandano ai seguenti interventi: Allocuzione a pellegrini provenienti dalla Croazia e dalla Slovenia, del 21-3-1981- Allocuzione al Colloquio su “Le comuni radici cristiane delle nazioni europee”, del 6-11-1981- Allocuzione al Congresso su “La crisi dell’Occidente e il compito spirituale dell’Europa”, del 12-11-1981- Allocuzione all’Abbazia di Montecassino, del 18-5-1979- Allocuzione all’Episcopato Polacco a Jasna Gòra, del 5-6-1979- Allocuzione all’Ufficio di Presidenza del Parlamamento Europeo, del 5-4-1979- Discorso ad un Simposio sulla pastorale familiare in Europa, del 26-11-1982- Discorso ai vescovi d’Europa, del 5-10-1982- Discorso all’atto europeistico a Santiago di Compostella, del 9-11-1982- Omelia alla Concelebracion con i nuovi Cardinali, del 1-7-1979- Omelia nel pellegrinaggio a Norcia, del 23-3-1980- Omelia nella Basilica Vaticana, del 1-1-1980.