fondatore della Famiglia Marianista (1761-1850)
Zelo sacerdotale e anelito missionario di un grande educatore
FAUSTINO SAINZ MUÒOZ – Nunzio Apostolico presso le Comunità Europee
Ormai prossimo il giorno della beatificazione di Padre Guillaume-Joseph Chaminade, mi è stato chiesto di esporre – come ex alunno di due scuole della Compagnia di Maria da lui fondata – alcuni ricordi sull’educazione lì ricevuta. Ricordi che non sono scarsi in quanto il mio rapporto con i religiosi marianisti e la mia conoscenza della figura di Padre Chaminade sono iniziati nel 1942, nella scuola di Nostra Signora del Prado (Ciudad Real), sono continuati dal 1951 nella scuola di Nostra Signora del Pilar (Madrid), dove ho conseguito il diploma liceale nel 1953, e si sono consolidati per la mia appartenenza, come studente universitario, alla Congregazione Universitaria di Maria Immacolata (CUMI), un’altra forma di comunità marianista, a carattere strettamente laicale, anch’essa ideata da Padre Chaminade, che risorgeva allora fra ex alunni marianisti, e la cui denominazione attuale – Congregazione-Stato di Maria Immacolata (CE-MI) – riprende la denominazione originale di Padre Cheminade, senza restringere il suo ambito al mondo universitario.
Finora il mio rapporto con queste istituzioni, mediante le quali ho conosciuto le esperienze cristiane e gli istituti educativi del futuro Beato, si è mantenuto sempre vivo e profondo. Di fatto, in otto anni di scuola e in altri cinque nella CUMI, la vita di Padre Chaminade, con tutte le sue peripezie, le sue idee, il suo aspetto umano, il suo zelo sacerdotale e il suo anelito missionario, nato e rafforzato a Saragozza grazie alla sua devozione filiale alla Vergine del Pilar – In columna fortis stabo – e la Compagnia di Maria, sono divenuti per me familiari, mentre, anno dopo anno, l’approssimarsi della data della sua morte era contrassegnato dalla novena per chiedere a Dio la grazia di un riconoscimento pubblico da parte della Chiesa, riconoscimento che finalmente avverrà il prossimo 3 settembre.
Sentimenti di gratitudine per l’educazione ricevuta dai marianisti
I miei ricordi sono dominati da un sentimento di sincera gratitudine per l’educazione che ho ricevuto dai marianisti, in nessun modo offuscata da fatti, certamente meno positivi, che alcuni oggigiorno sono soliti generalizzare per deridere e persino stimmatizzare l’educazione impartita in quegli anni nelle scuole religiose. Fra i miei motivi di gratitudine cito in primo luogo il fatto che nelle due scuole ho trovato sempre un piacevole ambiente di condiscepoli e professori, simile a quello di una vera famiglia, che faceva sì che ci recassimo a scuola anche nei giorni di vacanza. Tale ambiente familiare ha presentato fin dall’inizio una singolarità rispetto all’esperienza che come bambino potevo fare nell’ambito, pieno di affetto e profondamente religioso, della mia famiglia e delle sue amicizie. Di fatto, fin dal mio ingresso nella scuola di Ciudad Real, quando avevo cinque anni, tutti i professori si rivolgevano a me, come al resto dei miei compagni, dandomi del «lei», fatto oggi sorprendente ma ancora di più in quell’epoca in cui quasi nessuno parlava di diritti umani e tanto meno di «diritti del bambino». Ora vedo in ciò il segno di un rispetto reale per la mia persona, per la mia personalità, allora in fiore ma già unica, il cui sviluppo, dovere fondamentale dei miei genitori, stavo affidando anche a quei formatori. Quella vita familiare la ricordo ora come maternamente seguita e orientata, nel suo aspetto religioso, da Maria, onorata come Mediatrice, con una devozione adattata alle varie esigenze dell’infanzia, dell’adolescenza e della gioventù. In questa devozione, simboleggiata dai motti «Omnia Amore – Maria Duce» e «Per matrem ad Filium», si sottolineano alcuni atteggiamenti esemplari di Maria, espressi nel suo «Fiat» dell’Annunciazione e nel suo «Fate quello che vi dirà» delle nozze di Cana, atteggiamenti di ascolto incondizionato, pronti a rompere gli schemi mentali precostituiti, e di totale disponibilità al servizio; atteggiamenti molto indicati, ancora oggi, per un modo di porsi migliore dell’uomo di fronte a Dio e nel mondo e, di conseguenza, per tutta quell’attività di rapporti umani che potremmo chiamare genericamente missionaria.
Penso che questo rispetto per la singolarità del bambino o dell’adolescente e questa devozione mariana siano fondamentali nel compito educativo dei religiosi marianisti, preoccupati sia dell’educazione umana sia della formazione dei loro studenti alla fede e ai principi cristiani. Credo, d’altro canto, che le difficili circostanze in cui si modellò la personalità umana, cristiana e sacerdotale di Padre Chaminade fecero crescere in lui un sempre più profondo senso di libertà e di responsabilità personale nella sua attività, valori significativi che i religiosi marianisti hanno cercato di coltivare nelle personalità in formazione dei miei compagni e mia.
Nel ricordare le parole di Gesù Cristo «la verità vi farà liberi», incise nell’arco della scalinata centrale della scuola del Pilar di Madrid, si potrebbe vedere in esse una sorta di sintesi, concisa e chiara, di questa esperienza di responsabilità e di libertà vissuta da padre Chaminade e lasciata in eredità ai suoi seguaci, come felice intuizione di una linea direttiva nella loro futura attività di formazione. In effetti, in quelle scuole mariniste si veniva educati prima di tutto a essere sinceri, dal punto di vista umano e religioso, insistendo sulla ricerca e sull’amore per la verità umana in sintonia con la verità di Dio rivelata in Gesù Cristo e offerta al mondo da Maria. In questa ricerca della Verità, l’aiuto e l’orientamento richiesti ai formatori inquadravano, ma non eliminavano né riducevano, la libertà dell’educando, che veniva così alimentata e al contempo aperta e indirizzata, più che limitata, da una chiamata al senso di responsabilità personale e al dovere di solidarietà, come corollario obbligatorio per prendere coscienza dell’abbondanza dei molti doni materiali ricevuti e delle molteplici carenze di tanti coetanei.
Libertà e responsabilità nella ricerca della verità
Conseguenza logica dell’importanza data alla libertà e alla responsabilità di ognuno nella ricerca della verità e nella formazione personale, umana e religiosa, con le sue qualità, i suoi difetti e i suoi frutti, era anche il fatto d’inculcare il rispetto per i compagni. Ognuno sviluppava la propria personalità in un ambiente familiare e di cameratismo, mostrava le proprie qualità, lasciava intravedere i propri difetti e raggiungeva i suoi obiettivi. Prova di ciò è stato ed è il fatto che si trovano sempre ex alunni marianisti nelle più diverse opzioni sociali, politiche, culturali e persino religiose, come risposta basata sul modo personale di percepire la realtà, di valutare le situazioni e di proporre possibili soluzioni. Così, ripassando mentalmente la lista dei miei condiscepoli di corso, li ritrovo membri di diverse formazioni politiche e vedo come la formazione religiosa ricevuta ha portato molti ad assumersi impegni laicali in diverse associazioni o movimenti della Chiesa, alcuni a seguire la vocazione sacerdotale o ad unirsi a diverse congregazioni religiose, e altri ancora, partendo da un atteggiamento di onestà personale, ad adottare un atteggiamento di dissenso rispetto alla fede cristiana. Come esperienza della mia vita trascorsa per la maggior parte del tempo all’estero, aggiungo che la sincerità e la forza dei vincoli di amicizia familiare stretti in quegli anni di convivenza si esprimono nella sintonia che si crea spontaneamente fra ex studenti marianisti quando s’incontrano per caso in qualche parte del mondo. La comunione di alcuni valori fondamentali non presuppone sempre, con il trascorrere degli anni, una comunanza di opinioni, ma coincide sempre nel ricordo, grato e gradito, della formazione ricevuta e in una certa predisposizione alla collaborazione fraterna che oggi chiameremmo solidale. È questa la mia opinione, quella di un «ex alunno» che ha cercato di delineare a partire dai suoi ricordi, con semplicità e senza pretese da studioso, alcuni tratti della realtà educativa marianista, intuita duecento anni fa da Padre Chaminade e ancora valida ai nostri giorni.
Un compito urgente
Sono d’altronde convinto del posto importante che corrisponde alle congregazioni religiose nate con la vocazione all’insegnamento nel mondo attuale dove uno sforzo per presentare e trasmettere i valori religiosi – a partire dal rispetto leale, ma mai timoroso o conciliante, verso altre concezioni del mondo – diviene sempre più necessario, se si vuole essere fedeli alle nostre radici cristiane e rendere testimonianza di una visione trascendente del mondo e della storia, basata sulla Verità rivelata in e da Gesù Cristo. Tutto ciò, sulla base del mio lavoro attuale, mi sembra un compito particolarmente urgente per il continente europeo, che procede verso nuove forme d’integrazione senza conferire a tali radici l’importanza che hanno per trovare valori comuni, saldi e permanenti, sui quali fondarsi.
La scarsità delle vocazioni
So che la situazione attuale in gran parte di queste congregazioni, inclusa la Compagnia di Maria, è abbastanza complicata, poiché la scarsità di vocazioni rende difficile il mantenimento dello spirito proprio nelle loro opere educative e fa temere per la sopravvivenza di alcune di esse. Voglia Dio che quanti devono prendere decisioni al riguardo non si lascino vincere dalla tentazione di abbandonare questo ambito di missione apostolica, proprio di coloro che, in quanto religiosi, sono seguaci diretti di Colui che è passato per questo mondo «insegnando e facendo il bene».
Un carisma che impegna a rinnovare nella società: lo spirito della fede
DAVID JOSEPH FLEMING – Superiore Generale, Società di Maria
Padre Guillaume-Joseph Chaminade ha dedicato la sua vita al rinnovamento della fede nella nuova società sorta dalla Rivoluzione Francese. Lavorando a Bordeaux dal 1800 fino al 1850, anno della sua morte, creò gradualmente la «Famiglia Marianista», una comunità di cristiani di tutte le condizioni sociali che individuano nel carisma mariano il vincolo che li unisce. Oggi la Famiglia Marianista è presente in 35 Stati in tutti i continenti e include comunità laicali, congregazioni religiose maschili e femminili e un gruppo che sta formando un istituto secolare.
Il fondatore non escludeva alcun tipo di lavoro dalla missione della sua Famiglia, sebbene prestasse chiaramente grande attenzione alla formazione: la formazione dei singoli cristiani e delle loro comunità in una fede viva che li avrebbe condotti a svolgere un ruolo attivo nella missione ecclesiale in ogni tempo e luogo. Insegnò che i marianisti potevano svolgere qualsiasi attività purché con caratteristiche tali da costituire quel dono o carisma che sentiva aver ricevuto dallo Spirito Santo. La prima di tali caratteristiche è uno spirito di fede profondo e attivo. Il beato Chaminade percepiva che nell’epoca moderna i cristiani avevano bisogno di un fondamento profondo, saldo e chiaro nella fede, di una comprensione limpida dei suoi insegnamenti e soprattutto della convinzione sincera dell’importanza delle verità di fede negli episodi della storia mondiale e della vita quotidiana. Parlava sempre della «fede del cuore». Desiderava che i marianisti meditassero sulle verità di fede in modo tale che esse illuminassero il loro sentiero e creassero una mentalità atta a prendere decisioni e ad affrontare la vita quotidiana. Una seconda caratteristica, conseguente allo spirito di fede, è la convinzione dell’importanza della Beata Vergine Maria nella vita di ogni cristiano e di tutta la Chiesa.
L’insegnamento di Chaminade era veramente incentrato sull’incarnazione, influenzato dalle opinioni della scuola francese di spiritualità. Egli desiderava che i membri della sua Famiglia Marianista vivessero sull’esempio di Maria, si facessero guidare da Lei a imitazione di Suo figlio Gesù e condividessero la Sua missione di portare Cristo al mondo in modo concreto.
La comunità cristiana è parte integrante del carisma di Chaminade. Egli intuì le ricche possibilità creative della comunità cristiana, sia laica sia religiosa, di approfondire la fede dei singoli membri e di sviluppare il servizio apostolico. Come le prime comunità dei Cristiani descritte negli Atti degli Apostoli, Chaminade sperava che le comunità marianiste recassero la testimonianza di un popolo di santi e mostrassero che il Vangelo venisse ancora vissuto in tutta la forza della sua lettera e del suo spirito. Una comunità poteva quindi divenire il grande strumento per «ricristianizzare» il mondo. Ovunque la famiglia marianista è presente, assume la forma di una comunità di persone che si incontrano per riflettere, pregare, discernere il disegno di Dio e per lavorano insieme per compierlo. Il fondatore considerava missionario il proprio carisma. «Voi siete tutti missionari» ripeteva ai suoi discepoli quando erano tentati di perdere di vista il loro scopo e si scoraggiavano. Considerava ogni comunità marianista una «Missione permanente», impegnata nella moltiplicazione dei cristiani e nella formazione di persone e di comunità in una fede viva ed utile al servizio delle esigenze del tempo. Questo impulso missionario porta i discepoli del beato Chaminade in molte parti del mondo e in molti ambiti di servizio: educazione, formale e non formale, guida spirituale e ministero sacramentale, servizio sociale, condivisione delle lotte di chi è povero materialmente e spiritualmente.
Infine, il carisma del beato Chaminade è caratterizzato dal desiderio attivo di includere tutti i tipi di persone e tutti i modi di vita cristiana. Non è riservato a un’élite ristretta e non richiede alcun tipo di particolare mentalità professionale o di specializzazione. I marianisti provengono da tutto il mondo. Possono essere sacerdoti, religiosi o laici, uomini o donne.
Possono essere molto colti o semplici lavoratori. Li unisce l’impegno comune a operare per rinnovare lo spirito di fede nella società contemporanea. Il Fondatore desiderava che dessero una «buona immagine della Chiesa», che fossero cristiani che si arricchiscono e si completano gli uni con gli altri in «unione senza confusione». Di certo, le caratteristiche appena menzionate non sono di esclusiva proprietà della Famiglia Marianista, ma prese insieme creano un modo di essere cristiani che risponde molto bene alle esigenze della nostra epoca. La beatificazione del Fondatore è da parte della Chiesa un segno dell’approvazione e della benedizione di questo patrimonio unico costituito dal carisma marianista.
L’indelebile impronta mariana dello stile pastorale
LUIGI GAMBERO
Guillaume-Joseph Chaminade nacque nel 1761. Sin dagli anni della fanciullezza, sviluppò una grande pietà e una tenera devozione verso la Madre del Signore, fatta di amore e di riconoscenza. A lei attribuì la sua guarigione dalle conseguenze di un incidente occorsogli nella prima adolescenza. Avviato agli studi, li coltivò con impegno, coronandoli con il dottorato in sacra teologia. Nel 1785 fu ordinato sacerdote nella Diocesi di Bordeaux e subito entrò come insegnante ed educatore nel collegio San Carlo di Mussidan. Scoppiata la Rivoluzione Francese, il Padre Chaminade ne visse le fasi più sanguinose come prete clandestino. Queste prove fortificarono il suo spirito di fede e lo abituarono a porre sempre la sua fiducia nella Vergine Santa. Uscito dalla clandestinità dopo la fine del cosiddetto Periodo del Terrore, egli si riteneva ormai al sicuro da ulteriori pericoli; ma nel Settembre del 1797, il colpo di stato del 18 Termidoro lo colse di sorpresa e questa volta non riuscì ad evitare la condanna all’esilio. Scelse allora di andare a Zaragoza (Spagna) e qui trascorse tre anni in silenzioso raccoglimento e preghiera, all’ombra del celebre Santuario di Nostra Signora del Pilar. Fu proprio ai piedi della Madre del Signore, nella santa capilla, che il Padre Chaminade ebbe le prime intuizioni ed ispirazioni circa le sue future fondazioni religiose.
Verso la fine del 1800 il Padre Chaminade poté rientrare in Francia. Si stabilì a Bordeaux e subito si mise all’opera per realizzare i piani ispiratigli dalla Provvidenza. Iniziò con alcuni giovani, istituendo per loro delle Congregazioni Mariane intese a formare i loro membri ad una seria spiritualità personale e ad un fattivo impegno apostolico. Le Congregazioni divennero ben presto accessibili a tutte le categorie di fedeli: ragazzi e ragazze, padri e madri di famiglia. Il fondatore si preoccupava non tanto di moltiplicare i membri o i gruppi, bensì di infondere nei congregati uno spirito dinamico, alimentato dalla fede e stimolato dalla volontà di amare con cuore filiale la Vergine Immacolata; di mettersi sotto la sua guida per le iniziative di apostolato di cui la nuova società, scristianizzata dalla Rivoluzione, aveva estremo bisogno. Il Padre Chaminade non si fermò qui. Si convinse che era giunta l’ora della Provvidenza quando alcuni suoi congregati, che vivevano i loro impegni con pedicolare intensità, si dichiararono disposti ad abbracciare una vita di totale consacrazione a Dio per la salvezza delle anime, sotto la protezione e la guida di Maria. In tale contesto di autentico entusiasmo e fervore apostolico mariano, il Padre Chaminade fondò le sue due congregazioni religiose, le Figlie di Maria Immacolata nel 1816 e i Marianisti nel 1817. I nuovi religiosi avrebbero continuato a curare, come «opera del cuore», le Congregazioni Mariane dalle quali del resto essi stessi erano provenuti; a far conoscere, amare e servire Maria educando i cristiani alla fede, specialmente le giovani generazioni. Da quel momento il Padre Chaminade dedicò le migliori energie e le cure affettuose di padre e di fondatore ai suoi due istituti religiosi. Era assolutamente certo che l’epoca finale della Chiesa sarebbe stata l’ora di Maria. Particolarmente impressionante suona qualche sua affermazione in proposito. Parlando dell’indifferenza religiosa, che egli considerava l’eresia dei tempi moderni, scriveva: «La Vergine debellerà anche questa eresia, come ha fatto per tutte le altre, perché oggi come sempre ella è la Donna incomparabile, la Donna promessa che deve schiacciare la testa del serpente infernale. Lo stesso Gesù, che nelle sue pubbliche dichiarazioni si è sempre rivolto a lei chiamandola con questo nome, ha voluto con ciò insegnarci che ella è la speranza, la gioia e la vita della Chiesa e il terrore dell’inferno. A lei pertanto è riservata una grande vittoria nel nostro tempo; e infatti a lei è stata riservata la gloria di salvare la fede dalla distruzione di cui è stata minacciata».
Se facciamo attenzione al ruolo rilevante che la Madre del Signore continua a svolgere anche oggi nella Chiesa, possiamo dire che il Padre Chaminade è stato un profeta lungimirante. In Maria egli ha sempre nutrito una fiducia incrollabile, sostenuta sia dall’amore e dal sentimento che dalla fede nella missione che Dio le ha affidato. Questa disposizione interiore emerse ancora meglio negli ultimi anni della sua vita, amareggiati da prove dolorose causate da incomprensioni e malintesi di alcuni suoi religiosi sui quali egli aveva maggiormente contato. Ma egli ben sapeva che anche nei momenti difficili e nel fluttuare degli atteggiamenti umani, Dio non cambia mai i suoi piani provvidenziali. Pur condannato alla solitudine e al silenzio nei suoi ultimi anni, il Padre Chaminade continuò a credere nel carattere provvidenziale delle sue fondazioni e ad aiutarle con il suo profondo spirito di fede, con la sua preghiera e con il suo amore di padre e fondatore, con la rassegnazione convinta alle prove dolorose che il Signore aveva permesso. Chiuse gli occhi il 22 Gennaio 1850.
Un maestro determinato alla ricerca del volere di Dio
BLANCA JAMAR – Superiora Generale, Figlie di Maria Immacolata
Il nostro Fondatore, Padre Guillaume-Joseph Chaminade, si contraddistinse per un costante atteggiamento di apertura allo Spirito, che in ogni fase della sua vita gli permise di scoprire e di accogliere i segni che la volontà di Dio gli manifestava. La sua fu una ricerca inesorabile del volere di Dio. Essere sacerdote ed esercitare il ministero sacerdotale costituirono una risposta data con grande rischio durante il periodo del Terrore. Tuttavia l‘esperienza di deserto vissuta nei tre anni di esilio a Saragozza e di fronte al roveto ardente, la Vergine del Pilar, gli infiammò il cuore e lo rese disponibile a vivere la sua vocazione a partire dal dono lì ricevuto, il carisma marianista, conformemente ai bisogni del suo tempo, nova bella elegit Dominus. Nei cinquant’anni che trascorsero fra quel fecondo deserto e la sua morte, Padre Chaminade completò e concretizzò l’intuizione che ebbe a Saragozza: formare nel seno della Chiesa e al suo servizio una famiglia, la Famiglia Marianista.
Oggi, nell’esaminare la traiettoria spirituale del nostro Fondatore e le convinzioni profonde che animarono la sua vita e la sua missione, trasmesse nei suoi numerosi scritti, possiamo fare nostro l’atteggiamento di un novizio del suo tempo: lui e tutti i suoi fratelli veneravano il loro padre comune come un santo. Siete tutti missionari, compite la vostra missione: fu questo il mandato che il nostro Fondatore ha dato a tutta la Famiglia Marianista e che costituisce una sfida prioritaria ai nostri giorni. Per una grazia speciale, un carisma, scoprì il ruolo di Maria nel piano salvifico. Condividere questo carisma e collaborare con Maria alla diffusione del Regno fu la sua grande missione. Padre Chaminade visse la santità giorno dopo giorno, nelle cose semplici e nelle grandi prove, soprattutto nell’ultima fase della sua vita. Ci ha indicato la santità come una meta da tenere sempre presente per rendere una testimonianza di un popolo di santi. Ad Adela de Trenquelleón, nostra Fondatrice, diede il seguente criterio: Con sante faremo molte cose, ma con religiose mediocri non faremo nulla o quasi nulla. La sua principale preoccupazione era la volontà di Dio; in essa risiedeva il segreto della sua pace. Sia fatta, lodata ed eternamente glorificata la volontà di Dio in tutte le cose: era questa la sua preghiera preferita che non si stancò mai di insegnare. In Padre Chaminade la serenità, che proveniva dalla sua fiducia in Dio e dalla sua umiltà, si traduceva in saggezza e moderazione in tutta la sua condotta. Non parlava mai per esigere qualche merito, per quanto legittimo fosse, e non aspirava al protagonismo. Il volere di Dio ricercato nella preghiera, nel dialogo e nel discernimento, lo proponeva con chiarezza e lo serbava con fermezza, superando grandi ostacoli se necessario. Era tenace nel correggere gli abusi ed esigente nell’esperienza vissuta del carisma. In tutte le sue lettere constatiamo un linguaggio moderato, senza giudizi avventati. La carità fu per lui la chiave per non interpretare male alcune allusioni fatte nei suoi riguardi, per non entrare nel campo della polemica. Padre Chaminade dimostrò una carità estrema, una carità eroica nel calvario che affrontò negli ultimi dieci anni della sua vita. Una serie di ingiustizie e di accuse furono attuate contro di lui, al punto da costringerlo a presentare le proprie dimissioni come Superiore generale. Fu questo il doloroso crogiolo di una lunga purificazione che Padre Chaminade visse in grande solitudine e con fede incrollabile. Oggi, alla vigilia della sua beatificazione, con tutta la Chiesa ci rallegriamo per l’opera compiuta dallo Spirito in Padre Chaminade, insigne apostolo di Maria.
© L’OSSERVATORE ROMANO Domenica 3 Settembre 2000