Morì il 23 febbraio 1945 riempiendo di vero dolore tanti cuori, per i quali diede la sua vita. Dopo la sua morte accadde qualcosa di straordinario, che non era mai accaduto prima…
di MIROSLAW MRÓZ
Don Stefano Vincenzo Frelichowski nacque il 22 gennaio 1913 a Chelmza, da Ludwik Frelichowski e da Marta Olszewska. Diversi anni dopo, ormai in veste di seminarista, scrisse brevemente nel suo «Diario»: «la mia famiglia mi ha dato una sana visione della vita. Ha inculcato nel mio spirito questo elemento divino, l’amore universale per gli uomini oppressi e poveri e mi ha dato il rispetto per il lavoro».
Il desiderio del servizio si sviluppò già negli anni scolastici e soprattutto nel ginnasio, quando nel 1927 decise di far parte della formazione degli scout, dedicata a Zawisza Czarny. Queste furono le sue prime decisioni indipendenti e responsabili. Questo servizio di scoutismo modellò in gran parte il suo carattere e influenzò la personalità del futuro sacerdote. Qui imparò il primo servizio alla gente e a Dio, e anche il sacrificio per la patria: «Io stesso credo fortemente che il paese di cui tutti i cittadini fossero gli scout, sarebbe il più potente di tutti. Poiché lo scoutismo ha i mezzi per formare attraverso la sua scuola, il tipo di uomo di cui la nostra società ha bisogno».
Dopo l’esame di maturità, come ogni giovane, si trovò davanti a un bivio. Dovette scegliere e scelse il servizio sacerdotale. Nel «Diario» scrisse: «Ho già fatto la scelta decisiva e l’ho detto a Cristo: divento un sacerdote. Voglio seguire solo Cristo, essere il Suo unico servo». Nel Seminario a Pelplin il chierico
Sono venuto per diventare il sacerdote secondo il Cuore di Dio». Era cosciente che doveva molto lavorare su se stesso e combattere contro le tentazioni del mondo. Nei momenti di debolezza si confidava ai Sacratissimo Cuore di Gesù, vedendo solo in Lui la salvezza e l’aiuto spirituale. «Il primo venerdì del mese ho cominciato la novena in nome del Sacratissimo Cuore di Gesù con l’intenzione di ricevere la chiara e ardente vocazione. Durante i primi nove venerdì del mese voglio chiedere a Gesù
E infatti, dopo non molto, arrivò la Croce di Gesù. Il 7 settembre 1939 entrarono i reparti della Wermacht a Toruñ e cominciò l’occupazione. Per don Frelichowski questa sarebbe stata l’ultima tappa verso la conoscenza della passione di Cristo e dell’amore del Cuore di Gesù. L’11 settembre vennero arrestati tutti i sacerdoti della parrocchia della Beata Vergine Maria e vennero rinchiusi nella prigione di Toruñ. Tutti, tranne don Frelichowski, vennero rilasciati il giorno dopo. Da qui presero il via le altre tappe della sua «Via Crucis», che finirà a Dachau. Nonostante l’atmosfera fosse tragica nel campo di concentramento, don Frelichowski compiva la sua missione della vita, quando cercava le persone più deboli, bisognose di cibo e di medicine, quando dava loro l’ultimo pezzo del suo pane, donando con tutto ciò non soltanto la possibilità di sopravvivere, ma molto di più, il cuore e la fede in Cristo e nella forza del Vangelo. Spesso, quando poteva farlo inosservato, andava all’ospedale per svolgere lì il suo
Alla fine del 1944 e nelle prime settimane del 1945, quando a Dachau arrivarono i prigionieri da svariate destinazioni – fra essi tanti malati e perfino morenti – don Frelichowski non soltanto non si sentì irresoluto, ma fu perfino rinvigorito da una nuova forza. Non avendo paura delle malattie che diffondevano il mortale tifo, con maggior forza aiutò i sofferenti. «Il sacerdote significa tanto in quanto significa per Dio. Né di più né di meno, sebbene la gente parlasse di lui chi sa come. Offrimmo le nostre opere a Dio. Tutte. La gloria di Dio è il midollo della nostra vita». Non era facile la decisione di recarsi nelle baracche infettate dal tifo. Non esitò, e con il suo comportamento testimoniò che la vita vera è la vita eterna. Non vide il momento della liberazione del campo di concentramento a Dachau. Prendendosi cura dei malati si ammalò anche lui di tifo. Morì il 23 febbraio 1945 riempiendo di vero dolore tanti cuori, per i quali diede la sua vita. Dopo la sua morte accadde qualcosa di straordinario, che non era mai accaduto prima nel campo. Le autorità del campo diedero il permesso di mostrare la sua salma al pubblico. Il testimone oculare ricorda: «In silenzio e in solenne concentrazione di preghiera la folla dei prigionieri si muoveva nell’ossario. Passavano giovani e vecchi, Polacchi e stranieri. Lo conoscevano tutti. In quel momento tante intense preghiere erano rivolte al Creatore per lui, tante lacrime si versavano sulle guance. Se ne è andato da sacerdote amato e santo. Era morto un uomo che aveva depositato la sua vita sull’altare dell’amore e della misericordia verso il prossimo».
Andava via colui che era veramente il sacerdote del Cuore di Dio.
(c) L’Osservatore romano, 4-5 giugno 1999
RITO DI BEATIFICAZIONE
La cerimonia presieduta da Giovanni Paolo II nella spianata dell’Aeroclub di Toruñ
Wincenty Frelichowski: un pastore di anime operatore di pace fino al martirio.
Quanto sangue innocente è stato versato nel XX secolo in Europa e in tutto il mondo, perché alcuni sistemi politici e sociali hanno abbandonato i principi di Cristo che garantiscono una giusta pace. Quanto sangue innocente si sta versando davanti ai nostri occhi. I tragici eventi in Kosovo lo hanno dimostrato e lo stanno dimostrando in modo molto doloroso. Siamo testimoni di come la gente invoca e desidera la pace. Nel dramma della guerra Stefan Wincenty Frelichowski iscriveva un susseguirsi di capitoli del servizio della pace… Donò la sua vita sacerdotale a Dio e agli uomini, portando la pace alle vittime della guerra… E fu una forza così grande che perfino la morte da martire non riuscì ad annientarla.
Nel pomeriggio di lunedì 7 giugno, il Papa ha presieduto il Rito per la beatificazione di don Stefan Wincenty Frelichowski. Durante la cerimonia, svoltasi sulla spianata dell’Aeroclub di Toruñ, il Santo Padre ha presieduto l’Atto di devozione al Sacro Cuore di Gesù. All’inizio della Celebrazione il Vescovo di Toruñ, Mons. Andrzej Wojciech Suski, ha rivolto al Santo Padre un indirizzo d’omaggio. Questa è una nostra traduzione in italiano dell’omelia del Papa:
1. «Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione, abbi pietà di noi».
Ci inchiniamo con fede davanti al grande mistero dell’amore del Divin Cuore e vogliamo rendergli onore e gloria. Ave, Gesù, ave Cuore Divino del Figlio dell’uomo, che ha tanto amato gli uomini.
Rendo grazie a Dio perché oggi mi viene dato di visitare la giovane diocesi di Toruñ e lodare, insieme
Un’eloquenza particolare acquistano qui le parole del Salmista: «Per il bene dei miei fratelli e i miei
2. «Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione».
Ecco il Cuore del Redentore – segno leggibile del suo invincibile amore e fonte inesauribile di una
La Chiesa vive incessantemente del Vangelo della pace. L’annunzia a tutti i popoli e a tutte le nazioni.
Instancabilmente indica le vie della pace e della riconciliazione. Introduce la pace abbattendo le mura di pregiudizi e di ostilità tra gli uomini. Lo fa prima di tutto tramite il Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione: portando la grazia della divina misericordia e del perdono, arriva alle radici stesse delle angosce umane, guarisce le coscienze ferite dal peccato, in modo che l’uomo provi conforto interiore e diventi portatore di pace. La Chiesa condivide anche la pace che essa stessa sperimenta ogni giorno nell’Eucaristia. L’Eucaristia è il culmine della nostra pace. In essa si compie il sacrificio della riconciliazione con Dio e con i fratelli, risuona la parola di Dio che annuncia la pace, si eleva senza mai cessare la preghiera: «Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi». Nell’Eucaristia riceviamo il dono di Cristo stesso, che si offre e diventa la nostra pace. Allora, con una particolare chiarezza sperimentiamo il fatto che tale pace non la può dare il mondo, perché non la conosce (cfr Gv 14, 27).
Lodiamo oggi la pace del nostro Signore Gesù Cristo; la pace che egli ha concesso a tutti coloro che
3. «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9).
Così ci dice Cristo nel discorso della montagna. Dal profondo del suo Cuore che ama, esprime il desiderio della nostra felicità. Cristo sa che somma felicità è l’unione con Dio che fa dell’uomo un figlio
«Beati gli operatori di pace». La dignità di tale qualifica spetta giustamente a Don Stefan Wincenty
4. Cari Fratelli e Sorelle, senza il rinnovamento interiore e senza l’impegno di sconfiggere il male e il
Condividiamo con altri questa pace di Dio, come lo faceva il beato sacerdote e martire Wincenty
Chiedo a voi, educatori, che siete chiamati ad inculcare nella giovane generazione i valori autentici
Le società e le nazioni hanno bisogno di uomini di pace, autentici seminatori della concordia e del rispetto reciproco. Uomini, che colmino i propri cuori con la pace di Cristo e la portino agli altri, la portino nelle case, negli uffici e nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro, nel mondo intero. La storia e i nostri giorni dimostrano che il mondo non può dare la pace. Il mondo è spesso impotente. Perciò occorre indicargli Gesù Cristo, che mediante la morte in croce ha lasciato la sua pace agli uomini, garantendo per noi la sua presenza per tutti i secoli (cfr Gv 14, 7-31). Quanto sangue innocente è stato versato nel XX secolo in Europa e in tutto il mondo, perché alcuni sistemi politici e sociali hanno abbandonato i principi di Cristo che garantiscono una giusta pace. Quanto sangue innocente si sta versando davanti ai nostri occhi. I tragici eventi in Kosovo lo hanno dimostrato e lo stanno dimostrando in modo molto doloroso. Siamo testimoni del come la gente invoca e desidera la pace.
Pronuncio queste parole in una terra che nella sua storia sperimentò i tragici effetti della mancanza
5. Accogliamo con grande riconoscenza la testimonianza della vita del beato Wincenty Frelichowski, eroe dei nostri tempi, sacerdote e uomo di pace, come una chiamata per la nostra generazione. Voglio affidare il dono di questa beatificazione in modo particolare alla Chiesa di Toruñ, perché custodisca e diffonda la memoria delle grandi opere di Dio, compiutesi nella breve vita di questo sacerdote. Affido questo dono soprattutto ai sacerdoti di questa diocesi e di tutta la Polonia. Don Frelichowski scrisse già all’inizio del suo cammino sacerdotale: «Devo essere un sacerdote secondo il Cuore di Cristo». Se questa beatificazione è un grande rendimento di grazie a Dio per il suo sacerdozio, è anche una lode a Dio per le meraviglie della sua grazia, che si compiono attraverso le mani di tutti i sacerdoti – anche attraverso le vostre mani. Voglio rivolgermi anche a tutta la famiglia degli scout polacchi, alla quale il neo beato era profondamente legato. Diventi il vostro patrono, maestro di nobiltà d’animo e intercessore di pace e di riconciliazione.
Tra pochi giorni cade il centesimo anniversario della consacrazione dell’umanità al Sacratissimo Cuore di Gesù. Ciò fu fatto in tutte le diocesi per opera del Papa Leone XIII, il quale a questo fine pubblicò l’Enciclica Annum sacrum. Scrisse in essa: «Il Divin Cuore è simbolo e viva immagine dell’infinito amore di Gesù Cristo, che ci sollecita a ricambiarlo a nostra volta con l’amore» (n. 2). Poc’anzi abbiamo rinnovato insieme l’atto di consacrazione al Sacratissimo Cuore di Gesù. In questo modo abbiamo espresso il sommo omaggio, e anche la nostra fede in Cristo Redentore dell’uomo. Egli è «l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine» (Ap 21, 6), a Lui appartiene questo mondo e il suo destino.
Oggi, mentre adoriamo il suo Sacratissimo Cuore, preghiamo con ardore per la pace. Prima di tutto
(C) L’OSSERVATORE ROMANO Mercoledì 9 Giugno 1999