Giovanni Paolo II il 7-3-1992 ha riconosciuto il martirio di 22 sacerdoti e tre laici messicani, uccisi tutti in odio alla Chiesa Cattolica sotto la Presidenza di Plutarco Elias Callas (1924-1928), fatta eccezione del B. David Galvàn, fucilato il 30-1-1915 per aver prestato assistenza ai feriti in uno scontro tra soldati per la conquista del potere.
Giovanni Paolo II il 7-3-1992 ha riconosciuto il martirio di 22 sacerdoti e tre laici messicani, uccisi tutti in odio alla Chiesa Cattolica sotto la Presidenza di Plutarco Elias Callas (1924-1928), fatta eccezione del B. David Galvàn, indio, professore di filosofia nel seminario maggiore di Guadalajara (Jalisco), ivi nato il 29-1-1881 e fucilato il 30-1-1915 per aver prestato assistenza ai feriti in uno scontro, durato sei ore, tra soldati del generale Francesco Villa (+1923) e quelli di Venustiano Carranza (+1920), per la conquista del potere.
Il Messico nel 1821 si rese indipendente dalla Spagna, e godette di una relativa tranquillità finché cadde sotto un governo composto prevalentemente da liberali. Il Presidente Porfirio Diaz, che dal 1867 al 1911 fu dittatore del paese, non applicò le leggi antireligiose imposte ai cattolici per volere del Nord-America protestante e della massoneria, ma con la Costituzione anticlericale formulata il 5-2-1917 a Querelare, e approvata dal Carranza, cattolico di nome ma non di fatto, di fronte allo stato la Chiesa venne a trovarsi priva di ogni personalità giuridica, quindi alla completa mercé delle autorità civili.
Il generale Alvaro Obregón, che occupò la presidenza del Messico dal 1920 al 1924, non volle assumere il volto di persecutore. Tuttavia, con una politica tortuosa, permise che operai, favorevoli al comunismo, facessero impunemente esplodere bombe in luoghi di culto per intimorire gli organismi di Azione Cattolica Messicana. I vescovi reagirono come poterono organizzando congressi eucaristici, festività religiose e settimane sociali.
Chi fece il proposito di distruggere in Messico la Chiesa Cattolica fu il Presidente Plutarco Elìas Callas, giornalista e politico fedele alla massoneria. Nel corso della sua campagna elettorale aveva fatto un illogica distinzione tra clero e religione: "Io sono – disse – un liberale di spirito ampio. Dentro il mio cervello mi do conto di tutte le credenze e le giustifico perché le considero buone per il programma morale che includono. Sono nemico della casta sacerdotale, del parroco intrigante, del parroco sfruttatore, del parroco che pretende di tener sottomesso il nostro popolo nell\’ignoranza, con il consenso dello sfruttatore, del lavoratore. Io dichiaro di rispettare tutte le religioni e tutte le credenze, a condizione che i ministri del culto non si mescolino nelle nostre contese politiche con disprezzo delle nostre leggi".
Calles da poco tempo aveva preso possesso della Presidenza quando cominciò a brigare per la formazione di una "Chiesa Cattolica Messicana" separata da Roma. Ne fu proclamato "patriarca" Don Gioacchino Pérez, sacerdote mediocre e di dubbia condotta, con sede presso la chiesa chiamata "La Soledad". Nessuno lo seguì. Secondo la costituzione del 1917 per esercitare il culto nella repubblica occorreva essere messicani di nascita. Calles ne approfittò. Nell\’aprile del 1926 aveva già espulso dal paese con la violenza oltre 200 sacerdoti, quasi tutti spagnuoli.
La pubblicazione di "Le Riforme al Codice Penale", detta anche "Legge Calles" (14-6-1926), segnò il definitivo atto persecutorio contro la Chiesa Cattolica in Messico. I sacerdoti vennero considerati come dei semplici professionisti soggetti, nell\’esercizio del loro ministero, soltanto al parere dei governanti. Un mese dopo, per laicizzare l\’educazione della gioventù, fece pubblicare il Regolamento della Legge sui collegi privati.
Nel febbraio del 1927 ne aveva già fatti chiudere 157.1 vescovi protestarono pubblicamente, ma il persecutore non ne fece caso. Allora, con l\’approvazione di Pio XI, il 25-7-1926 essi disposero, con rammarico, che fosse sospeso l\’esercizio del culto pubblico. Le chiese non furono chiuse, ma affidate soltanto alla cura dei fedeli che rappresentavano il 90% della popolazione. La Camera dei Deputati ne discusse tra grida, applausi e vituperi senza fine contro la Chiesa e il clero. Il perìodico Excelsior così commentò quella seduta; "Ci sentiamo obbligati a protestare contro un simile spettacolo che, per la sua intemperanza, ci riempì di vergogna".
A difesa della gerarchia ecclesiastica, il 14-3-1935, numerosi cattolici diedero spontaneamente origine alla Lega Difensiva della Libertà Religiosa. Al grido di "Dio e il mio diritto" essi proposero prima il blocco economico e sociale per costringere il governo a mettere fine all\’oppressione legale contro il clero, e poi si costituirono in movimento armato chiamato dei "cristeros", ma senza il concorso dei vescovi.
Il governo, bene al corrente dell\’influsso che i sacerdoti esercitavano sul popolo, ordinò loro di abbandonare le campagne e di sistemarsi nelle città. Il Messico contava allora circa 4000 preti. Di essi 110 preferirono vivere alla macchia, travestiti, piuttosto di lasciare i loro fedeli senza assistenza religiosa. Chi venne scoperto fu considerato un sedizioso. 125 martiri di cui facciamo memoria furono fucilati o impiccati a un albero dopo insulti e maltrattamenti. Il B. Giuseppe I. Flores (1866-1927), parroco di Zapotlanejo (Jalisco), in carcere fu seviziato e nel cimitero addirittura scannato. Al moltiplicarsi delle sollevazioni armate la caccia al prete continuò implacabile fino al 21-6-1929, giorno in cui si venne ad un soddisfacente accordo tra la S. Sede e il governo messicano.
Dei 25 martiri elevati all\’onore degli altari, 17 facevano parte dell\’archidiocesi di Guadalajara, i restanti di altre diocesi. Ne ricordiamo soltanto alcuni avendo praticamente tutti condotto una vita zelante nel compimento del loro ministero.
Il B. Cristoforo Magallanes nacque nella parrocchia di Totatiche (Jalisco) il 30-7-1869 da umili contadini. A 19 anni fu posto dal parroco nel seminario di Guadalajara perché aveva notato in lui una viva intelligenza. Dopo l\’ordinazione sacerdotale, che ricevette nel 1899, fu successivamente nominato cappellano della Scuola di Arti dello Spirito Santo, e quindi parroco del paese natale (1909). Nel suo zelo stabilì per bambini e adulti centri di catechismo e li rifornì di quanto avevano bisogno. Educò i fedeli al canto, al teatro, promosse tra loro l\’agricoltura e la piccola industria, stabilì una Società di Mutuo Soccorso e, quando le autorità civili ordinarono la chiusura del seminario diocesano, egli fondò in parrocchia per 20 ragazzi un piccolo seminario che soprannominò "Famiglia Agreste" di cui, nel 1923, fu nominato prefetto il B. Agostino Caloca, novello sacerdote, nato il 5-5-1898 a Teùl (Zacatecas).
Il 28-11-1926 anche nelle vicinanze di Totatiche alcuni cristeros insorsero contro il governo. Don Magallanes riprovò subito il ricorso alle armi, in pubblico e in privato, a viva voce e mediante il bollettino parrocchiale intitolato Il Rosario. "La religione – scrisse – né si propagò, né si deve conservare per mezzo delle armi. Gesù Cristo, gli Apostoli e la Chiesa non hanno fatto uso della violenza con questo fine. Le armi della Chiesa sono il convincimento e la persuasione, ottenuti per mezzo della parola".
Nell\’aprile del 1927 scrisse a un giovane sacerdote: "La mia vita, già da 4 mesi, è consistita nell\’andare per monti e burroni, fuggendo dalla persecuzione gratuita dei nostri nemici e dei ribelli, tra cui il nostro governo ci ha posti soltanto perché ci è toccato vivere nella regione dei rivoltosi. Tuttavia, migliaia e migliaia di abitanti di questi paesi, che ci stanno a guardare e ci conoscono da molti anni, sanno che siamo innocenti e, ciò nonostante, calunniati in maniera infame".
Don Cristoforo fu arrestato dall\’esercito federale il 21-5-1927 mentre si recava, a dorso di una mula, al villaggio di Santa Rita per la celebrazione di un festa religiosa. "Chi sei?" – gli domandarono a bruciapelo i soldati. – "Sono Cristoforo Magallanes, parroco di Totaliche" – rispose loro senza batter ciglio l\’intrepido pastore. Lo stesso giorno fu pure arrestato Don A. Caloca il quale fu rinchiuso, con Don Cristoforo, prima nel carcere di Totatiche e poi in quello di Momax (Zacatecas).
Il 25 maggio i due sacerdoti furono trasferiti al municipio dì Colotlàn (Jalisco) senza nessun giudizio né ordinario, né sommario, né militare.
Appena giunti nel primo cortile interno della casa della presidenza municipale, Don Cristoforo chiese quali soldati lo avrebbero fucilato. Gliene presentarono tre. A uno egli regalò alcune monete, a un altro il suo orologio, al terzo la propria corona del rosario. Dal Caloca ottenne l\’assoluzione di tutti i suoi peccati, e dal comandante il permesso di parlare. Disse con voce ferma; "Io sono e muoio innocente. Perdono di cuore agli autori della mia morte, e chiedo a Dio che il mio sangue serva per la pace dei messicani disuniti". Si rivolse quindi a Don Caloca, di appena 27 anni, che gli apparve afflitto in volto; "Rianimati, Dio vuole martiri; un momento, padre, e ci troveremo in cielo!". Don Caloca gli ripose che intendeva fare proprie le di lui parole, e aggiunse; "Noi, per Dio viviamo e con lui moriamo". I presenti ne vollero raccogliere con batuffoli di cotone tutto il sangue. Nel 1933 i loro resti furono traslati nella chiesa parrocchiale di Totatiche. Il cuore del B. Agostino Caloca fu trovato inspiegabilmente incorrotto.
Degni di ricordo sono anche i 4 martiri fucilati il 15-8-1926 nei pressi di Chalchihuites, nell\’archidiocesi di Durango (Zacatecas): 1) Il B. Luigi Batis, nato a Miguel Auza nel 1870, ordinato sacerdote nel 1894, nominato direttore spirituale dei seminaristi ai quali inculcò molto la devozione all\’Eucaristia e alla Madre di Dio, e quindi parroco di Chalchihuites. Lo stesso giorno furono arrestati pure tre suoi parrocchiani: 2) il B. Emmanuele Morales, nato nel 1898 in Mesillas (Zacatecas), sposatesi nel 1921 a Chalchihuites, e braccio destro del parroco quale membro dell\’Azione Cattolica e assistente della locale Lega Nazionale di Difesa Religiosa. Fu arrestato e maltrattato nella casa in cui si tenevano le riunioni dell\’associazione con 3) il B. Salvatore Lara, nato nel 1905 a Suchil (Durango), vissuto a Chalchihiutes come impiegato della miniera "El Conjuro", presidente della locale sezione di A. C. e segretario della LNDR, nonché 4) il B. Davide Roldàn, nato nel 1902 nella parrocchia in cui fu arrestato, segretario del padrone della miniera, membro dell\’A. C. e vicepresidente della LNDR.
In mattinata i soldati avevano già arrestato il parroco, Don Batis, nella propria abitazione. Un certo R. Garcia, segretario del paese, aveva accusato tanto lui quanto i suoi più stretti collaboratori di complottare contro il governo del generale Calles. L\’accusa era soltanto un pretesto per occultare l\’odio che le autorità civili specialmente nutrivano verso la Chiesa, i suoi ministri e i suoi fedeli. Difatti, il capo delle Operazioni Militari di Zacatecas, il generale Eulogio Ortiz, veniva chiamato dal popolo: "Eulogio il crudele".
Verso mezzogiorno i 4 martiri, dal municipio in cui erano stati rinchiusi, furono fatti salire sopra due automobili e condotti nella località detta "Puerto di Santa Teresa". Appena giunsero sul posto stabilito il comandante del plotone di esecuzione, formato da 12 soldati, disse a Don Batis che sarebbero stati fucilati tutti. Il parroco allora gli si inginocchiò davanti e gli disse: "Io vi offro la mia vita, disponetene come volete, però, vi scongiuro, per amor di Dio, non fate del male ai miei compagni. Pensate che costui, Emmanuele Morales, ha moglie e tre figli ancora in tenera età. Gli altri due giovani sono il sostegno della famiglia, e lasciano in terra senza appoggio le loro anziane madri". La sua implorazione cadde nel vuoto. Il Morales, sereno, esclamò: "Padre, con molto piacere dò la mia vita. Io muoio, ma Dio non muore. Egli proteggerà la mia sposa e i miei figli". Salvatore Lara e Davide Roldàn, che formavano un gruppo a parte alla distanza di circa 20 metri, aggiunsero: "Signor parroco, noi vogliamo morire con lei perché sappiamo che muore per Cristo". Riboccante di gioia, Don Batis, esclamò: "Moriamo per la causa del Signore. La nostra morte poco importa. Altri vedranno il trionfo. Dio non muore. Viva Cristo Re".
Le esequie dei 4 protomartiri dell\’Azione Cattolica Messicana furono una vera apoteosi. Le loro reliquie sono oggi venerate nella chiesa parrocchiale di Chalchihiutes.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 313-317
http://www.edizionisegno.it/