"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". BATTESIMO: (gr. = lavacro): è il sacramento della purificazione e rigenerazione spirituale.
Variamente prefigurato nella creazione, nel diluvio, nel passaggio del Mar Rosso, nella rupe percossa da Mosè, predetto più volte dai Profeti (Is. 44, 3-4; Ezech. 36, 25-26; Zach. 13, 1) e immediatamente preparato dal battesimo del Precursore fu direttamente istituito da Gesù Cristo con la progressiva determinazione degli elementi che lo costituiscono: ne indicò vagamente il rito nel suo battesimo del Giordano ove sull\’acqua (materia) apparve misteriosamente la SS. Trinità «Pater in voce, Filius in carne, Spiritus Sanctus in columba», nel cui nome doveva poi essere conferito (forma); ne inculcò la necessità nel colloquio con Nicodemo (Giov. 3,5); ne instaurò l\’uso particolare prima della passione (Giov. 9, 1-6 collo Giov. 4, 1-2): lo impose come legge universale nel giorno dell\’ascensione: «Euntes docete omnes gentes, baptizantes eos in nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti» (Mt. 28, 19).
Ministri, come risulta dall\’ultimo testo, sono gli Apostoli e i loro successori, i vescovi, che ben presto si fecero aiutare dai sacerdoti e, in casi particolari, dai diaconi (Atti 8, 12-16). Fin dai primi tempi fu riconosciuto valido il battesimo conferito (in caso di necessità) dai semplici fedeli, nel sec. III dagli eretici, più tardi dagli infedeli, onde il Conc. Lateranense IV (a. 1215) definì che questo sacramento è sempre valido da chiunque venga amministrato (DB, 696).
Nelle stesse parole di Mt. 28, 19 è indicata implicitamente l\’acqua (che era stata però esplicitamente designata in Giov. 3, 5) e chiaramente la formula trinitaria, come elementi costitutivi del rito esterno del battesimo. L\’acqua poi può essere applicata in tre maniere: o per immersione (uso antico, cfr. Rom. 6, 3-11) o per infusione (uso comune ora nella Chiesa Latina) o per aspersione (in caso di necessità).
Gli effetti del battesimo sono il carattere e la grazia della rigenerazione. Il carattere (v. questa voce) del battesimo è una partecipazione, sebbene minima, del sacerdozio di Cristo, in quanto conferisce le tre prerogative di ogni sacerdozio: l\’essere sacerdotale, è infatti una consacrazione ontologica ecc.; il potere sacerdotale, perché sebbene sia una potenza principalmente recettiva, è anche, per quanto secondariamente, una potenza attiva tanto nella mediazione ascendente, in quanto rende capaci tutti i fedeli di offrire mediatamente (per sacerdotem) il sacrificio eucaristico, quanto nella mediazione discendente, perché rende idonei i semplici cristiani ad amministrare il sacramento del matrimonio; il buon esercizio del potere sacerdotale, perché esige, amplifica e difende la grazia. Rispetto alla Chiesa poi è il primo e fondamentale segno distintivo dei fedeli dagli infedeli e insertivo nel corpo mistico di Cristo (cfr. CIC, can. 87).
La grazia del battesimo è la rigenerazione (Giov. 3, 5) che implica (Rom. 6, 3-11) da una parte la morte al peccato (originale e attuale,
mortale e veniale con tutte le loro conseguenze penali) ossia una separazione totale dal vecchio Adamo; e dall’altra una risurrezione a nuova vita, effettuata attraverso l\’inserzione in Cristo, novello Adamo. infondente la grazia santificante. In quanto Cristo influisce, nell’infusione della grazia, esercita l\’ufficio di capo costituendo i fedeli sue membra, in quanto l\’effetto di tale influsso è la grazia, configura i medesimi alla sua natura divina facendoli per similitudine suoi fratelli (Rm. 8, 29). Ora essendo Cristo nostro capo e nostro fratello maggiore, Figlio di Dio (naturale) in Lui e per Lui diventiamo figli adottivi del Padre, che manda in noi il suo Spirito «in quo clamamus: Abba, Pater» (Rom. 8, 15). Divenuti figli di Dio, abbiamo diritto agli aiuti (grazia attuale) agli alimenti (Eucaristia), all\’eredità del Padre (visione beatifica) (cfr. Rom. 8, 17). Finalmente essendo fratelli dello stesso Primogenito, figli dello stesso Padre, formiamo un\’unica famiglia, la Chiesa, nella quale vige la circolazione degli stessi beni spirituali, la «Comunione dei Santi».
Quest\’ultimo effetto si può ottenere, quasi in via eccezionale (quasi per baptismi supplementa) con un atto di carità (baptismus flaminis) o con il martirio (baptismus sanguinis), ma tutti, bambini (v. bambini morti senza battesimo) e adulti, ne devono essere in qualche modo partecipi per poter entrare nel regno di Dio (Giov. 3, 5; Mc. 16, 15).
BAMBINI (morti senza battesimo): Sulla sorte di queste creature alcuni si espressero con troppo rigore, altri con estrema indulgenza.
S. Agostino (seguito da S. Gregorio M., S. Anselmo, Gregorio da Rimini (tortor infantium), Bossuet, Berti) insegnò che andavano dannati, colpiti però da pena leggerissima. Molti teologi all\’opposto affacciarono le ipotesi più benigne. Il Gaetano insegnò che potevano salvarsi per un atto di fede emesso a loro nome dai genitori. Il Klee pensò che nel primo istante della separazione dell\’anima dal corpo venissero illuminati in modo da potersi determinare o verso il bene o verso il male. Lo Schell finalmente credette di rilevare nella loro morte una specie di martirio, dal momento che muoiono per causa del peccato di Adamo. Opinioni queste, che, a parte le lodevoli intenzioni degli autori, non armonizzano con i sani principi della Teologia cattolica.
La dottrina più comune, a cui la Chiesa ha mostrato costantemente il suo favore, ritiene che questi bambini non solo sono esenti da ogni sofferenza ma godono anche di una felicità naturale, non molto diversa da quella che avrebbe posseduto l\’uomo se non fosse stato elevato all\’ordine soprannaturale. Essi però sono soggetti alla pena dal danno, che è la privazione del possesso di Dio. V. Pena, Peccato originale.