Nacque a Barcellona il 6 marzo 1880. Rimasta orfana fu catechista generosa delle giovani operaie e delle domestiche alle quali insegnava pure a leggere e scrivere. Nel 1905 entrò nella Compagnia di s. Teresa aggiungendo al suo nome Mercedes quello del s. Cuore di Gesù. Fece la sua professione il 10 maggio 1907.Nel 1920 venne trasferita a s. Gervasio di Barcellona e lì venne sorpresa dalla rivoluzione della guerra civile spagnola nel luglio 1936. Nella notte del 24 luglio fu portata insieme ad altri sulla via “Rebassada”, sempre nel circondario di Barcellona e lì fucilata. Ferita a morte sopravvisse alcune ore fra dolori immensi sopportati con la preghiera sulle labbra, l’ultima fu il ‘Padre nostro’ poi morì dissanguata per le ferite. E’ stata beatificata da papa Giovanni Paolo II il 29 aprile 1990.
È la protomartire della Compagnia di S. Teresa di Gesù, fondata dal B. Enrico de Osso y Cervello (11896) a Tarragona (Catalogna), nel 1876, per l'educazione e l'istruzione della gioventù. La beata nacque in Barcellona il 6-3-1880 da Giovanni Prat y Serra, e da Teresa Prat y Bordoy, titolari di un negozio di profumi e di acqua di Sor d'arancio. Primogenita di sei figli, fu battezzata il giorno dopo la nascita nella parrocchia di San Cucufate con i nomi di Maria Mercedes Teresa e Antonia. Ricevette un'educazione profondamente cristiana nel collegio della Compagnia di S. Teresa di Gesù in cui iniziò i suoi studi, e li continuò fino all'età di 15 anni, tempo in cui per la morte dei genitori dovette prendersi cura della formazione dei fratelli. Tuttavia non cessò di praticare la carità verso i bambini del catechismo, e le giovani domestiche e operaie che istruiva la sera perché non erano in grado di frequentare le scuole diurne.
Dopo due o tre anni, la beata frequentò il collegio soltanto di pomeriggio per un corso di perfezionamento in disegno e in lavori femminili in cui eccelleva. Si perfezionò pure in belle arti frequentando un'Accademia che in quel tempo esisteva in Via del Carmino. Pitturare per lei costituiva un passatempo, un sollievo. Teresa attestò della sorella: "Fu un'anima tutta dedita a Dio. Si confessava sovente, si comunicava ogni giorno e ogni giorno faceva il suo quarto d'ora di orazione. In casa partecipava con devozione alla recita del rosario e in particolare alle pratiche del mese di maggio e del S. Cuore di Gesù". Al suo profitto spirituale molto giovò l'appartenere all'Arciconfraternita di Maria Immacolata e di S. Teresa di Gesù, associazione di apostolato secolare, istituita a Barcellona nella parrocchia di Nostra Signora del Pino e fondata nel 1873 a Tortosa dal B. Enrico Osso y Cervello.
Non sappiamo quando la beata abbia concepito il desiderio di dedicare la sua vita a Dio nella Compagnia di S. Teresa. E probabile che ciò sia avvenuto nel 1901 quando ci fu l'inaugurazione a Tortosa del noviziato, alla quale ella aveva preso parte. Vi fu accolta a braccia aperte il 27-8-1904 quando aveva già 24 anni. Il 1-3-1905 vestì l'abito della Compagnia e due anni dopo, con il nome di Suor Maria Mercedes, emise la professione temporanea dei voti. Una sua connovizia rimase sorpresa "per l'inalterabilità che si notava in ogni sua parola o atto". Domandò "se quella novizia aveva un temperamento flemmatico", ma le fu risposto che "in essa non agiva la natura, ma la grazia".
Suor Maria Mercedes esercitò l'apostolato specifico dell'istruzione e dell'educazione della gioventù successivamente nei collegi di Barcellona (Via Bilbao), di Madrid (Puebla, 20), di San Geloni (prov. di Barcellona), di Barcellona (Rambla di Catalogna). Benché per le proprie attitudini fosse più adatta ai lavori artistici che intellettuali, grazie alla sua costanza ed operosità, insegnò le materie che le furono assegnate con soddisfazione di tutti, benché senza grandi successi. Come consigliera della provincia di S. Teresa dimorò più tardi nella casa del noviziato di Tortosa, dove si perfezionò nella pittura e continuò ad esercitare assiduamente l'apostolato della catechesi verso il quale sentì sempre una particolare attrazione. Ai bambini dei sobborghi più poveri della città inculcava l'amore alla legge del Signore e l'orrore al male. Li esortava a dire quando udivano qualche orribile bestemmia contro Dio o la Madonna: "Viva Gesù, muoia il peccato".
Verso il 1920 la beata fu destinata alla casa madre di Barcellona, in Via Ganduxer, dove collaborò alla rivista pedagogica "Gesù Maestro" come direttrice del supplemento "il Cucito". Per alcuni anni fu vice superiora nel collegio annesso alla Casa Madre e segretaria ausiliare della superiora generale.
Nella casa Madre c'era anche lo Juniorato. Suor Mercedes, poiché per la sua esemplarità, semplicità e bontà di tratto si faceva amare e rispettare da tutti, per molti anni fu incaricata dei passatempi delle giovani religiose studentesse, e dell'ufficio di sagrestana tant'era precisa nell'osservanza delle regole liturgiche.
Avendo riposto la sua speranza nel cielo, la beata si mostrava indifferente a tutto ciò che gli altri pensavano di lei. Nel suo amore per il nascondimento si preoccupava soltanto di piacere a Dio con la rettitudine e la lealtà del suo comportamento. Suo nipote, Don Giovanni Bragulat, disse di lei: "Quando riteneva di dover fare una cosa, niente e nessuno le facevano cambiare programma". La Madre generale Maria degli Angeli Foich il 29-11-1936 attestò di Suor M. Mercedes che nell'Istituto "si comportò in modo incensurabile ed esemplare dal 29-8-1904 fino al giorno in cui venne assassinata dai rossi", vale a dire sempre. Benché non eccellesse in bellezza, fosse di carattere riservato e poco espansivo, appariva simpatica e serenamente allegra a chi l'avvicinava. Con altre religiose aveva dato vita alla "lega dell'amicizia" con il proposito di accogliere sempre affabilmente le consorelle e aiutarle nei lavori domestici, scegliendo magari per sé quelli più umili e più pesanti.
L'operosità di Suor M. Mercedes venne interrotta dalla guerra civile spagnuola (1936-1939). Nelle Cronache della Compagnia di S. Teresa di Gesù la situazione di quei giorni è descritta il questi termini: "Dalle ultime elezioni del 16-2-1936 nelle quali il Fronte Popolare guadagnò alle urne elettorali la discutibile vittoria che sarebbe stata il disonore della Spagna, noi cattolici – e in particolare i religiosi e il clero – potemmo considerare perduta la nostra causa. Sembravamo un gregge di pecore vigilate da lupi sanguinari, che nei covi della C.N.T. (Confederazione Nazionale del Lavoro), della F.A.I. (Federazione Anarchica Internazionale) e della U.G.T. (Unione Generale dei Lavoratori), affilavano cupidamente le loro zanne per strangolarci a mansalva. Da allora gravò su di noi la sentenza di morte; sentenza che sarebbe stata eseguita a una scadenza più o meno lontana, ma certa".
L'odio contro la Chiesa scoppiò violento quando a Melilla, nel Marocco, iniziò l'insurrezione militare antirepubblicana, capeggiata poco dopo dal generale Francisco Franco (+1975). Le milizie operaie, sostenitrici dei repubblicani, si diedero immediatamente nelle città da loro dominate a una serie di incendi e di assassini senza il controllo delle legittime autorità. Alla Chiesa, al clero e ai religiosi attribuivano le ingiustizie sociali e tutti i mali da cui erano afflitti.
Il 19-7-1936 a Barcellona i rossi incendiarono la chiesa di N.S. di Buonanuova, situata vicino alla Casa Madre e al Collegio della Compagnia di S. Teresa di Gesù. Le religiose furono costrette a rifugiarsi presso famiglie che avevano offerto loro una generosa ospitalità. Suor M. Mercedes e Suor Gioacchina Miguel, portoghese analfabeta, si rifugiarono con una quarantina di consorelle nella casa di campagna del signor Giovanni Abel e, dopo quattro giorni, in una casa della signora Ester Sagrerà Bustamante, messicana. Siccome i miliziani effettuavano perquisizioni nelle vicinanze, la superiora diede alle suore l'ordine di disperdersi. A Suor M. Mercedes fu raccomandato di trasferirsi in casa di sua sorella, ved. Bragulat, nel quartiere di Horta, alla periferia di Barcellona, insieme con Suor Miguel. L'ultima preoccupazione di costei fu di inviare alla vicaria generale le chiavi della cassaforte in cui erano custoditi gli oggetti che erano appartenuti al fondatore e l'archivio.
La beata, come al solito, era disposta a conformarsi alla volontà di Dio e a soffrire con generosità quanto avrebbe disposto. Ripeteva sovente la frase catalana tanto espressiva: "Anem, xiqueta", che potrebbe tradursi: "Andiamo, bambina", oppure: "Su bambina", e la sua giaculatoria preferita: "S. Cuore di Gesù, confido in tè". Al comando di raggiungere la casa di sua sorella fece notare: "Uccideranno tanto mio fratello perché è sacerdote, quanto me perché sono una religiosa; tuttavia andiamo là, il Signore lo vuole". E a una consorella presente disse in seguito all'obbedienza ricevuta: "So che non giungeremo alla casa di mio fratello; si compia, però, la volontà di Dio". Si separò dalla sua comunità dicendo: "Arrivederci in cielo!".
La mattina del 23 luglio Suor Mercedes e la consorella portoghese lasciarono la casa della signora Ester, e si avviarono a piedi alla periferia della città perché i mezzi pubblici non funzionavano. Con la folta crocchia di capelli che non si era lasciata tagliare e il lungo soprabito di seta nera che aveva indossato, la poverina mostrava da lontano di essere una religiosa. Difatti, alcuni operai che le incrociarono, dissero in tono beffardo: "Dove andranno cedeste monache vestite così male?".
Dopo due ore di cammino, mentre percorrevano il viale del Santuario di N.S. del Coli (Vallcarca), le due fuggitive furono fermate da un miliziano, accompagnato da due giovanotti armati . La beata confessò che tanto lei quanto la sua compagna facevano parte di una congregazione di religiose dedite all'insegnamento, ma il miliziano, senza mezzi termini, le rispose che proprio per questo sarebbero state fucilate. Le condusse in casa sua e le fece perquisire da una donna. Non portavano con sé denaro, ma soltanto un crocifisso e la corona del rosario. Con un gesto di disprezzo gettarono sopra il tavolo soltanto il crocifisso.
Le due religiose furono quindi condotte sopra una terrazza recintata, sotto la quale passava la strada che conduceva al santuario di N.S. del Coli. Su di essa si trovavano già un giovane con le mani legate dietro la schiena, Fratel Paolo Noguera, dei Missionari dei Cuori di Gesù e di Maria di Maiorca; due religiose francescane, Suor Catalina e Suor Micaela, figlie della Misericordia di N.S. del Coli; e la signora Prudencia Canellas, la quale, nella sua casa estiva, aveva dato ospitalità a tre religiosi, custodi del santuario di N.S. del Coli, i quali furono fucilati la sera stessa. Per circa tre ore i miliziani presenti si divertirono a simulare una fucilazione puntando le mitragliatrici ora alla testa, ora al petto o ora allo stomaco delle loro vittime terrorizzate. Alle donne non recarono molestia, ma al giovane religioso riservarono cattivi trattamenti e burle.
Anche Suor M. Mercedes, come gli altri, era talmente convinta che li avrebbero uccisi tutti che, piena di paura, ogni tanto recitava l'atto di dolore. I rossi ne furono infastiditi al punto che la minacciarono dicendo: "Se non la smettete di pregare, vi cacceremo la baionetta in bocca". Essendo giunto al capo dei miliziani l'ordine di non fucilare i loro sei ostaggi, egli pensò a farli trasferire in tre diversi locali. Suor M. Mercedes e Suor Gioacchina furono affidate a due sposi comunisti, ma molto gentili con le religiose. Diedero difatti loro da mangiare, e le sistemarono in una stanza affinchè potessero riposare. Poiché ritenevano che presto sarebbero state uccise, le due prigioniere, invece di dormire, presero a recitare il rosario, a fare atti di pentimento e a moltiplicare le più ferventi giaculatorie. Verso le ore nove della sera sentirono bussare alla loro porta. Sussultarono dallo spavento. Ne avevano ben donde perché i caporioni dei miliziani avevano impartito l'ordine di trasferirle altrove, sopra un camion che stazionava nelle vicinanze, e di fucilarle. La signora che aveva dato loro ospitalità li supplicò, in lacrime, di non fare loro del male per il bene che avevano fatto alla gioventù con il loro insegnamento. I ribaldi le riposero che erano religiose, e che tale qualifica costituiva motivo sufficiente per sopprimerle.
Sul camion, attorniato da molti miliziani, le due suore trovarono le persone con le quali si erano già incontrate nel tardo mattino sulla terrazza del capo dei miliziani. L'autista partì subito a grande velocità, si diresse verso la strada che conduce al monte Tibidabo, chiamata della "Rabassada", e si fermò con il camion alla curva che trovò al quarto chilometro. Le sei persone votate alla morte furono fatte scendere e disporre per tre, di schiena, ai due lati della strada. I sei uomini che formavano il plotone di esecuzione, con le mitragliatrici per due volte fecero fuoco contro di loro. Le cinque donne e il religioso caddero al suolo tra grandi lamenti. Soltanto Suor Gioacchina, che rimase ferita non gravemente in sei parti del corpo, fu l'unica testimone dell'atroce morte che fece dopo circa quattro ore di agonia Suor M. Mercedes.
Alla martire i miliziani avevano perforato i polmoni. Difatti dalla sua spalla usciva un rumore simile a quello fatto dall'acqua bollente posta sul fuoco, e dalla bocca perdeva una sostanza bianca. Non potendo alzarsi prese a recitare ad alta voce il Padre nostro e le giaculatorie che Suor Gioacchina di quando in quando le suggeriva. Prevedendone prossima la fine, costei le chiese: "E io dove andrò?". Le rispose la morente: "Vada all'abitazione privata dove si trovano le Madri del Consiglio, o a casa di donna Ester, o chieda a qualcuno di aiutarla. Io non mi alzerò più da qui". Poiché continuava a gemere per i grandi dolori che la straziavano, un uomo che un po' più tardi fece un sopralluogo in macchina, le diede il colpo di grazia. Suor Gioacchina scampò alla morte perché aveva avuto l'avvertenza, al rumore della macchina, di fingersi già morta. Suor M. Mercedes a poco a poco perse le forze e rese a Dio la sua anima mentre recitava il Credo. Erano circa le due del 24 luglio.
Suor Gioacchina compose per terra la salma della consorella e poi si presentò a un casolare vicino in cerca di aiuto. La padrona, benché si trattasse di una suora, per timore di rappresaglie, non le aperse la porta.
Attraverso i campi la suora raggiunse una tenda di campagna. I villeggianti che l'occupavano l'avevano abbandonata. Per i timori degli spari erano andati a chieder ospitalità in una masseria vicina, appartenente al signor Sabino Jané il quale, tutti i giorni, scendeva a Barcellona per rifornire di latte i suoi clienti. Verso le quattro del mattino si era alzato per mungere le capre e informarsi di quanto era accaduto nella notte. Fu allora che, con i villeggianti, scese verso la tenda di campagna e scorse Suor Gioacchina tutta insanguinata. La fece soccorrere dalla moglie e per tre giorni la ospitò nel pagliaio della sua masseria. In seguito avvertì il console portoghese, il quale provvide subito a farla rimpatriare. Nel scendere in città, fu il primo a vedere stesi per terra i cadaveri dei fucilati.
La salma di Suor M. Mercedes fu seppellita nel cimitero di Las Corts di Barcellona. Le sue reliquie sono oggi venerate nel collegio della Compagnia di Santa Teresa di Gesù di Barcellona. Giovanni Paolo II ne riconobbe il martirio il 21-12-1989 e la beatificò il 29-4-1990.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 7, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 242-248
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