Mariam Baouardy nacque ad Abellin in Galilea il 5 gennaio 1846, da genitori molto poveri ma altrettanto onesti e pii cristiani greco-cattolici. A tredici anni rifiuta con fortezza il matrimonio che, secondo le consuetudini orientali, le aveva preparato lo zio. Dopo essere entrata, ma senza restarvi a lungo, in alcuni istituti religiosi, il 14 giugno 1867 arrivò al Carmelo di Pau da dove partì con altre religiose nell'agosto 1875 per Betlemme, per la fondazione del primo Carmelo in terra di Palestina. Morì il 26 agosto 1878 a Betlemme. Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 13 novembre 1983.
Colei che abitualmente veniva chiamata "la piccola araba", che personalmente amava definirsi "il piccolo nulla", nacque il 5-1-1846 ad Abellin, squallido villaggio poco lontano da Nazareth, nella Galilea, da Giorgio, povero fabbricante di polvere da sparo, e da Mariam Chahyn, di rito greco melchita cattolico come il marito. Dopo la perdita di dodici figli, i genitori si recarono in pellegrinaggio alla grotta della Natività di Betlemme per implorare da Dio una bambina. Le loro preghiere furono esaudite. Alla figlia che ebbero imposero nel battesimo il nome di Maria. Due anni dopo ebbero ancora un figlio, Paolo, ma non lo poterono allevare insieme alla sorellina perché entrambi morirono a pochi giorni di distanza l'uno dall'altra.
Gli zii si presero cura degli orfani. Come tutte le bambine arabe, anche Maria crebbe analfabeta. Era intelligente, molto incline all'impazienza, ma dedita di più ai beni del cielo che alle vanità della terra. Lo Spirito Santo la educherà direttamente, e la trasformerà in un ricettacolo di vari e strabilianti doni. All'età di cinque anni la beata cominciò a digiunare ogni sabato in onore della Madonna, e a cogliere nella campagna i fiori più belli da mettere davanti alla di lei icona. Un giorno ebbe la sorpresa di costatare che i fiori recisi avevano messo radici dentro il vaso in cui li aveva collocati.
A otto anni Maria fu costretta a trasferirsi con lo zio nei dintorni di Alessandria di Egitto. Quando fece la prima comunione vide Gesù andare a lei sotto le sembianze di un bellissimo fanciullo e quando, tredicenne, i parenti la fidanzarono senza consultarla, udì una voce misteriosa dirle in fondo all'anima: "Tutto passa! Se vuoi darmi il tuo cuore, io resterò sempre con te!". Decise perciò che Gesù crocifisso sarebbe stato per sempre l'unico sposo della sua vita. Si recise i capelli come segno certo del suo proposito di verginità, accettò di essere trattata come una schiava dal tutore e di essere privata per tre mesi della comunione dal confessore. Un vecchio domestico musulmano di suo zio la esortò ad abbandonare quella religione che rendeva tanto impietosi coloro che la praticavano, ma ella protestò: "Musulmana io? No, mai. Sono figlia della Chiesa Cattolica, e spero, con la grazia di Dio, di perseverare fino alla morte nella mia religione, che è l'unica vera". Il musulmano non sopportò l'affronto. In preda al fanatismo colpì Maria alla gola con la scimitarra, e credendo di averla uccisa, la trasportò avvolta in un velo in una viuzza solitaria della città. La beata quando riacquistò i sensi si trovò in una grotta, accanto ad una religiosa sconosciuta, dalle vesti azzurre, la quale le curò la ferita, le preparò una vivanda deliziosa, e dopo un mese le predisse tutto quello che le sarebbe capitato nella vita. Appena la ferita si rimarginò, la celeste infermiera la condusse nella chiesa di S. Cristina officiata dai francescani, le fece chiamare un confessore e scomparve. Era la Madonna in persona.
La beata trascorse l'adolescenza tra instabilità e incertezze senza numero. Rimasta sola a tredici anni, senza casa e senza genitori, fu sistemata da un francescano come domestica presso una famiglia cristiana. Temendo di non riuscire a realizzare la propria vocazione per il buon trattamento che vi riceveva, ben presto si licenziò e, per sei mesi, si pose al servizio di un'altra famiglia cercando di restare sconosciuta e di vivere da povera. Donò le proprie vesti e il proprio salario ai bisognosi, e per dedicarsi completamente all'assistenza di una famiglia caduta in miseria, lasciò anche il servizio di cui si era fatto carico presso una ricca signora di Alessandria finché, assalita dal desiderio di rivedere il fratello residente con una zia a Tarshisha, s'imbarcò per S. Giovanni d'Acri, ma presso Giaffa la nave che la trasportava naufragò.
A Gerusalemme, dove la beata si era trasferita con una carovana di pellegrini per venerare il santo sepolcro, un sacerdote le trovò una occupazione presso un'ottima famiglia. Nel visitare i luoghi santi, un giorno, per le vie della città, fu avvicinata da un bellissimo giovane il quale cominciò a farle l'elogio della castità perfetta. Ne rimase tanto entusiasta che, pochi giorno dopo, nella chiesa del santo sepolcro, emisero insieme il voto perpetuo di verginità. Dieci anni più tardi, nel carmelo di Mangalore (India), la beata rivedrà il giovane. Era un angelo del paradiso. Anche lui le aveva predetto quali sarebbero state le principali tappe della sua vita.
Al termine del pellegrinaggio Maria si rimise in viaggio per raggiungere il fratello nella Galilea, ma la nave su cui si era imbarcata, per le avverse condizioni del mare, fu costretta a rifugiarsi nel porto di Beirut. Come al solito si rifugiò in una chiesa. Il sacerdote al quale chiese aiuto le trovò un lavoro presso una buona signora. Fu allora che, per intercessione della Madonna, la giovane ricuperò la vista dopo quaranta giorni di assoluta cecità, e guarì istantaneamente dalle fratture alle ossa riportate nella caduta da una terrazza. Dalla sua immagine Maria SS. le raccomandò obbedienza, carità e fiducia in Dio.
Assalita ancora una volta dal desiderio di rivedere il fratello, la beata si rimise in viaggio, ma i disegni di Dio non coincidevano con i suoi. I signori Naggiar a Marsiglia avevano una figlia la quale desiderava di avere al suo servizio una giovane in cui riporre tutta la sua fiducia. La beata faceva proprio al caso suo. Nel mese di maggio 1863 i genitori riuscirono a condurgliela. Nella chiesa di S. Nicola di rito greco-cattolico Maria trovò pascolo alla sua devozione. Un mattina, dopo la comunione, andò in estasi e vi rimase per quatto giorni. I medici, chiamati al suo capezzale, non compresero il suo stato. Ignoravano che era stata trasportata nei regni d'oltre tomba, e che riceveva l'ordine di digiunare per un anno a pane ed acqua in espiazione dei peccati di gola, e di vestire il più poveramente possibile in espiazione dei peccati di immodestia e di vanità.
Da quel momento Maria cominciò ad avvertire una nuova forte attrazione per la vita religiosa. Le Suore di S. Giuseppe dell'Apparizione, fondate da S. Emilia de Vialar (+1856), l'ammisero tra le loro postulanti e la chiamarono "la piccola araba". Rimase presso di loro due anni edificando la comunità con la semplicità della vita e la prontezza nel prestare i servizi più gravosi e più umili nell'orto, nella lavanderia e in cucina. Madre Onorina Piques, maestra delle novizie, non tardò ad accorgersi che nella piccola postulante araba, allora ventenne, si verificavano estasi e fatti meravigliosi. Una mattina del gennaio 1866 la sorprese con la faccia a terra e con la mano sinistra insanguinata. In seguito, ogni settimana, dal mercoledì sera al venerdì mattina, le estasi si associavano in lei alle stimmate. Quando le piaghe si cicatrizzavano la beata era nella gioia perché, inabissata nell'umiltà e nella semplicità, le considerava non un carisma, ma piuttosto una malattia. Madre Onorina ritenne suo dovere proibire formalmente a Maria, l'araba, di avere delle estasi durante il giorno e di alzarsi di notte per pregare per la conversione dei peccatori e il trionfo della Chiesa. Essendosi verificato alla lettera quanto aveva richiesto, ella rimase così convinta della provenienza soprannaturale di quei fenomeni, che ne volle lasciare memoria per scritto. Le suore più anziane, però, giunsero a dubitare della loro autenticità e il consiglio dell'Istituto, scaduto il tempo del postulandato, non ammise la giovane al noviziato perché la considerò inadatta alla vita attiva propria della congregazione. Madre Veronica, nuova maestra del noviziato, dopo diciassette anni di vita religiosa era stata autorizzata a entrare nel Carmelo di Pau, nei Bassi Pirenei. Fu ella che tolse la beata dall'incertezza del figuro proponendole di farsi carmelitana pure lei. Si trasferirono insieme a Pau il 15-6-1867.
Maria era di costituzione sana, ma tanto piccola, ingenua, ignorante di lettere che le suore, seri vera Madre Veronica, non riuscirono "a indicarla se non con l'appellativo di 'sorellina'. Ma era davvero sorprendente costatare come ella congiungesse a questa semplicità estrema una grande saggezza, un animo retto, uno squisito buon senso e una spiccata capacità di discernimento insieme a una precoce maturità". Il suo spirito era quindi ricco di quei doni che fanno veramente grandi le anime. Due mesi dopo venne ammessa al noviziato con il nome di Suor Maria di Gesù Crocifisso. Durante l'anno di prova coltivò la devozione allo Spirito Santo e fu felice di restare nella condizione di "piccolo nulla", come lei stessa amava definirsi.
Nel carmelo di Pau la beata fu ben compresa da Madre Elia di Gesù, maestra delle novizie molto esperta nella guida delle anime. Di lei Suor Maria sarà la confidente. Il vescovo di Bayonne, Mons. Lacroix, appena fu informato dei fenomeni straordinari che si verificavano nella "piccola araba" stigmatizzata, sottopose subito ogni cosa ad accurato esame, raccomandò alle religiose la segretezza e dispose che fosse raccolta la più completa documentazione possibile a edificante ricordo dei carismi di cui appariva ricolma.
Il P. Estrate (+1910), dei Padri del S. Cuore di Gesù di Bétharram, suo direttore spirituale dal 1872 al 1875, scriverà di lei che "tutta la sua vita, dalla nascita alla morte, non è stato altro che un tessuto di cose meravigliose". La nostra "piccola araba" è stata infatti un'estatica nel senso più pieno della parola. Nel monastero di Mangalore avrà fino a cinque estasi al giorno in cappella , in cella, in ricreazione, in cucina e in lavanderia, durante le quali sovente canterà improvvisando parole e musica. Nel suo candore e nella sua umiltà ne parlava come si trattasse soltanto di un "colpo di sonno". Faceva sforzi sovrumani per evitare di "addormentarsi", ma inutilmente. Alle varie domande che le venivano poste mentre si trovava in quello stato, dava risposte piene di senno o infuocate come queste: "Sono nell'Amore", "possiedo l'Amore", "mi sento ardere e consumare dall'Amore". Da quello stato si riusciva a smuoverla soltanto con un ordine datele per obbedienza. Ritornata in sé, la "sorellina" non ricordava più nulla.
Nella vita di tanti santi si contano a centinaia i casi di levitazione durante le estasi. La B. Maria di Gesù Crocifisso è la sola, però, con S. Giuseppe da Copertino (+1663), che durante almeno otto delle estasi avute nel carmelo di Pau abbia compiuto dei voli veri e propri. Il primo avvenne il 22-6-1873 nel giardino del convento. All'ora del pranzo, non essendo comparsa in refettorio, fu cercata invano nell'orto e nel chiostro. A un tratto una consorella sentì cantare: "Amore, Amore!". Alzò la testa e vide la "piccola araba" in bilico sulla cima di un gigantesco tiglio. Alle sue grida accorse la Priora la quale ingiunse all'estatica di scendere dall'albero con volto raggiante e perfetta modestia. Non solo ella obbedì immediatamente, ma appena toccò terra corse ad abbracciare con una specie di ebbrezza quante furono testimoni del prodigio quasi a compensarle dell'angoscia che aveva loro causato.
Oltre le estasi e le stimmate che di quando in quando le facevano rivivere la Passione del Signore specialmente nei venerdì di quaresima, il 24-5-1868 la beata ricevette nel romitorio del carmelo il dono della transverberazione del cuore mentre, con alcune consorelle, stava recitando il rosario. In estasi fu udita esclamare tra l'altro: "Basta, basta, o Gesù!… Non resisto più… Mi sento morire di gioia e di dolore". Da quel giorno il cuore le sanguinò con frequenza e su parecchi pannolini di cui si servì per detergere il sangue rimasero impresse la croce e le iniziali del nome di Gesù. Nel giorno della morte un chirurgo le estrarrà il cuore e lo troverà realmente ferito con una grossa punta di ferro. E conservato nel convento del carmelo di Pau. Nel 1929 ne fu fatta la ricognizione canonica.
La vita dei Suor Maria fu tutta popolata da apparizioni di Gesù, della Madonna e dei santi, specialmente di quelli carmelitani. Gli angeli le furono addirittura familiari, anche quelli preposti alla custodia delle sue consorelle, e le apparivano sotto le sembianze di fanciulli in coro e in ricreazione. Se ne serviva da intermediari nelle estasi. A contatto del divino la beata ebbe sovente delle visioni simili a quelle degli antichi profeti, compì gesti simbolici secondo lo stile degli orientali e predisse avvenimenti futuri riguardanti la sua persona, la fondazione di altri Carmeli, il pontificato di Pio IX (+1878). Chiamava questo papa "mio padre", lo vedeva sovente in spirito e gli faceva pervenire messaggi concernenti gli interessi della Chiesa o i luoghi della Città Eterna minati dai sovversivi, le guerre, le persecuzioni e le stragi. Di lui preannunciò la morte e del Card. Pecci la successione nella sede di Pietro.
Nel mese di giugno 1877 fece giungere a Pio IX un messaggio per esortarlo a propagare nel mondo la devozione allo Spirito Santo. Soltanto vent'anni dopo Leone XIII vi darà una risposta con l'enciclica Divinum illud munus 11897 .
Al dono della profezia nella beata si trovava strettamente unito anche quello della conoscenza dei cuori non solo delle persone con le quali viveva, ma anche dei loro parenti e amici. A Mons. Lecroix disse cose che Dio solo conosceva, e di alcuni suoi sacerdoti, che non aveva mai visto, rivelò mancanze che non doveva ignorare. Benché non fosse mai riuscita a leggere e a scrivere correttamente né l'arabo, né il francese, nelle estasi improvvisava racconti, poemetti, canti e poesie che destavano ammirazione nei letterati per la profondità del pensiero, l'elevatezza dei sentimenti e la varietà delle immagini.
Per purificare la sua diletta "sposa" il Signore permise che nel 1868 a Pau e nel 1872 a Mangalore, per quaranta giorni satana prendesse possesso del suo corpo, e la tormentasse in mille diverse maniere mediante legioni di diavoli che ogni settimana si davano il cambio. Non riuscirono però a farle alcun male perché era protetta dalla Vergine SS. Satana cercò persino di soffocarla facendole inghiottire grossi spilli e frammenti di vetro, ma la beata nei momenti di sollievo ripeteva: "Soffrire fino alla fine del mondo, se è la tua volontà, o mio Dio! Io non desidero altro che far piacere a Te! Gesù, aiutami a fare la tua volontà". E univa le proprie sofferenze a quelle patite da Gesù nella sua ignominiosa Passione. Al termine dell'orrenda possessione diabolica, da cui non riuscirono a liberarla neppure gli esorcismi di Mons. Manaudas, rettore del seminario di Bayonne, la beata fu vista sollevarsi di qualche palmo sopra il letto, trasformarsi in volto e lasciarsi possedere da uno spirito buono che, per quaranta giorni, si servì di lei per fare delle sagge raccomandazioni alle religiose e purificare il giardino del Carmelo dall'azione di Satana con l'aspersione dell'acqua benedetta. Soltanto prima di lasciarla soddisferà la sua curiosità dichiarandole: "Sono lo spirito buono di Maria, sono il suo angelo".
Il demonio promise a Suor Maria che si sarebbe vendicato della disfatta subita: "Il piccolo nulla sarà tentato per tre anni così violentemente e spaventosamente, che non sarà più capace di obbedire". Mantenne la sua parola. Difatti la beata fu ossessionata da crisi di scoraggiamento, di disgusto per la sua vocazione, di tentazioni di fuga, persino di suicidio e di ostilità alle autorità religiose ed ecclesiastiche, anche quando giunse nel convento di Mangalore (India), fondato nel 1870 in seguito alla richiesta di Mons. Maria Efrem del S. Cuore, OCD., (+1837), vicario apostolico della città.
Come conversa Suor Maria si dedicò con impegno al lavoro in cucina, nell'orto e nella lavanderia, sotto la direzione spirituale del P. Lazzaro, vicario generale dell'ordinario del luogo. Ciò nonostante per sei mesi digiunò nutrendosi soltanto di una scodella di riso bollito e di un po' di pesce. Il demonio non cessò di molestarla, ma anche lei non cessò di far giungere a Dio i gemiti della sua anima. Il 21-11-1871, dopo un ritiro durato ventuno giorni tutti pieni di estasi, visioni e apparizioni, fu ammessa alla professione solenne dei voti.
Dio, però, aiutò la sua fedele sposa a discendere più profondamente nel suo nulla proibendole di dire alla Priora e alla maestra quanto riguardava la sua anima. Mons. Maria Efrem non tardò a persuadersi che tale atteggiamento era dovuto a suggestione diabolica. In quelle ore di angoscia la beata fu compresa soltanto dal P. Lazzaro, eppure Dio permise che il 21-1-1872 fosse destinato dai superiori a un altro convento.
Era volontà del Signore che la beata non restasse un solo istante senza sofferenze in riparazione dei peccati del mondo, in suffragio delle anime del purgatorio e per la prosperità della Chiesa. Mons. Lacroix non si lasciò impressionare dal severo ''Memoriale" che Mons. M. Efrem gli aveva mandato riguardo alla "piccola araba". Essendo per la seconda volta rimasta vittima di ossessione diabolica, fu spinta, suo malgrado, a commettere errori come quello di varcare per due volte la soglia della clausura per fuggire. Il 23-9-1872 Suor Maria fu rimandata nel convento di Pau. Nel suo cuore rifiorì la gioia, nella sua persona si moltiplicarono le estasi e le levitazioni. Ne rimase lei stessa tanto meravigliata che affermò: "Non desidero niente, non domando niente, neppure le croci. Quando ne ho avute, non sono stata capace di approfittarne, ora, dunque, nulla. Solo Gesù, la sua volontà e il silenzio". Invece Mons. M. Efrem visse fino al 10-4-1873 nel timore di essersi ingannato. Suor Maria lo vide diverse volte in purgatorio e lo udì esclamare: "Ho peccato contro la gloria di Dio". Salirà al cielo solamente quando nel nuovo carmelo di Betlemme verrà celebrata la prima Messa.
Alla beata era già stato rivelato che quella sua seconda permanenza a Pau doveva servire come preparazione alla fondazione del Carmelo di Betlemme, dove sarebbe morta prima che fosse terminato. Ebbe la certezza che la fondazione sarebbe stata fatta dopo un prodigio chiesto a Dio: che la foglia quasi secca di geranio che teneva in mano mettesse radici. Il 20-8-1875 Suor Maria lasciò Pau con una decina di consorelle. Si mise in viaggio alla volta della Galilea passando per Lourdes, Tolosa, Montpellier, dove ebbe la consolazione di rivedere il P. Lazzaro. Mons. Lacroix da Bayonne ne diede notizia a Mons. Vincenzo Bracco, Patriarca di Gerusalemme, in questi termini: "Lei possiede ora delle perle preziose, e fra queste una più splendente di tutte, Suor Maria di Gesù Crocifisso…Costei è un mirabile tesoro di ogni virtù… un miracolo della grazia di Dio".
A Betlemme la beata, coadiuvata dal parroco, il P. Matteo Lescik, fu l'architetto del convento Lo fece costruire secondo il disegno che Dio le aveva rivelato. Essendo la sola a conoscere l'arabo, le fu affidato anche il controllo degli operai sovente ladri e bugiardi. Al centro del chiostro fu scavato un pozzo, e tutto attorno a poco a poco fu innalzato il monastero a pianta circolare, come una torre, in assoluta povertà. Nel suo ingrato compito con la sua pazienza e laboriosità si guadagnò talmente la stima di tutti da essere considerata loro "maestra" e loro "madre". Le carmelitane ne presero possesso il 21-11-1876 benché non fosse ancora terminato. Fu in questo convento che il Signore donò alla beata l'anello nuziale, simbolo della sua totale unione mistica, che le costò atroci desolazioni e cocenti pene inferiori.
Fin dal suo arrivo a Betlemme il Signore fece comprendere a Suor Maria che un convento del Carmelo doveva essere fondato anche a Nazareth. Vi si recò con alcune consorelle il 7-5-1878 per scegliere il luogo. A Emmaus le fu rivelato il posto in cui, con i due discepoli, Gesù aveva spezzato il pane. Al ritorno le fu consentito di visitare per l'ultima volta il paese natio.
Il desiderio della morte si faceva frattanto sempre più vivo nella beata. Nel luglio del 1878, alla ripresa dei lavori nel convento con un ritmo più accelerato, Suor Maria fu assalita da tosse, da soffocamenti, da gonfiori al petto e ai piedi. Nonostante tante infermità continuò a svolgere con ammirevole pazienza il proprio compito. Nei contrasti, sapeva dominare il proprio temperamento focoso e accettare in silenzio le umiliazioni alle quali le superiore erano molto attente a sottoporla ogni volta che se ne presentava l'occasione. Voci misteriose frattanto le ricordavano che non avrebbe terminato il suo terzo anno al Carmelo di Betlemme.
Il 22 agosto 1878, mentre Suor Maria portava due pesanti inaffiatoi di acqua fresca per gli operai su per una rampa, inciampò e cadde sopra una cassetta di gerani. Fu trasportata in infermeria con il braccio sinistro spezzato in più punti. Alla Priora disse: "Madre, è la fine; è il segnale della partenza" e, alle consorelle: "Sono sulla via del cielo… Sto per andare da Gesù". Il braccio andò in cancrena con la spalla e il collo. Chi andava a trovare l'inferma la udiva ogni tanto sospirare: "Vieni, Signore Gesù, vieni!". Mons. Bracco (+1889), come gli aveva profetizzato, le amministrò la santa unzione, e rimase molto ammirato della sua bella morte avvenuta il 26 agosto serenamente, dopo atroci sofferenze. Le fu estratto il cuore. Dalla ferita sommariamente ricucita sgorgò per tutto il giorno un rivolo di sangue, e le braccia, rimaste flessibili, furono viste più volte distendersi in forma di croce. Le sue reliquie sono venerate nella cappella del convento di Betlemme. Giovanni Paolo II ne riconobbe l'eroicità delle virtù il 27-11-1981 e la beatificò il 13-11-1983.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 302-310.
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