Per sete di lucro, le autorità civili della colonia (Canada) non fecero cessare il nefasto commercio di bevande alcoliche con gli indigeni i quali, quando erano ubriachi, trasformavano i loro villaggi in "una vera immagine dell\’inferno". I rapporti tra il vescovo e le autorità civili al riguardo divennero molto tesi tanto che, nel novembre del 1678, Mons. de Laval ritenne necessario, nonostante il suo cattivo stato di salute, recarsi di nuovo in Francia per sostenere presso il re la necessità di proibire detto commercio. Luigi XIV preferì seguire una via di mezzo: vietare rigorosamente il commercio delle bevande alcoliche nei paesi e nelle città, permetterlo nelle selve lontane. Il beato ne accettò il decreto solamente per evitare mali maggiori, ma fino a che visse non cessò di contrastare l\’infausto commercio.
Apostolo del Canada e primo vescovo di Québec, il beato nacque in Francia a Montigny-sur-Avre, nella diocesi di Chartres (Eure-et-Loire), il 30-4-1623, terzo degli otto figli che Ugo de Montmorency-Laval, signore di Montigny, ebbe da Michela de Péricard, di cui due fratelli furono insigniti della dignità episcopale. In famiglia Francesco ricevette una buona educazione cristiana. Lo dimostra il fatto che un suo fratello si fece benedettino e una sua sorella entrò in monastero.
A otto anni i genitori posero il loro figlio nel collegio di La Flèche, diretto dai Padri Gesuiti, dove fece parte della Congregazione Mariana e, secondo la consuetudine del tempo, ricevette la tonsura e l\’abito talare (1631). Alla morte del padre, lo zio, vescovo di Evreux, lo aiutò negli studi facendolo canonico della cattedrale e concedendogli successivamente due benefìci ecclesiastici. Poiché si sentiva attratto alla vita sacerdotale, nel 1641 il beato passò al collegio di Clermont a Parigi, pure diretto dai Gesuiti, dove compì i corsi di teologia (1641-1645) e si iscrisse alla Società dei Buoni Amici, convenzionalmente chiamata Aa, composta da scelti gruppi di associati delle Congregazioni Mariane. Pare certo che la sua vocazione missionaria, la sua fervente devozione alla Madonna, alla Santa Famiglia e ai Santi Angeli Custodi, nonché il suo filiale attaccamento alla S. Sede, fossero frutto della formazione da lui ricevuta in detta associazione. Alla morte dei suoi due fratelli maggiori, come capo della famiglia e signore di Montigny, Francesco avrebbe potuto rinunciare alla vocazione sacerdotale, invece, nel 1645, si recò in famiglia, regolò i propri
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affari, e ritornò al più presto a Parigi per prepararsi al sacerdozio che ricevette il 1-5-1647.
L\’anno seguente il beato fu nominato grande arcivescovo della diocesi di Evreux. La carica importava certe mansioni di ministero quali la visita annuale alle parrocchie e la relativa predicazione. Per cinque anni Don Francesco adempì con diligenza il suo compito senza disinteressarsi del governo di Montigny, di cui era signore, e senza abbandonare la Società dei Buoni Amici. Anzi, nel 1651, per tendere più seriamente alla perfezione, con alcuni associati cominciò a condurre a Parigi vita in comune e a prendersi cura dei poveri e dei malati degenti negli ospedali.
Nel 1652 giunse a Parigi da Roma il P. Alessandro de Rodhes (+1660), missionario gesuita nel Tonchino, con l\’incarico da parte della S. Sede di presentare tre vicari apostolici; uno per la Cina, uno per la Cocincina e uno per il Tonchino. Il P. Bagot S.J., fondatore dell\’Aa, lo mise in relazione con il gruppo dei suoi ferventi sacerdoti. Per conto suo il beato, che aveva sempre sognato la vita missionaria, accettò subito di recarsi nel Tonchino. Il suo nome fu comunicato a Roma (1653) con la commendatizia di S. Vincenzo de\’ Paoli, che faceva parte del Consiglio di Coscienza della regina reggente, Anna d\’Austria. Francesco si liberò della signoria di Montigny, rinunciò al suo ufficio di arcidiacono di Evreux (1654), e si ritirò a diverse riprese nell\’eremitaggio di Caen, fondato da Giovanni de Bernières-Louvigny, tesoriere della Francia, per prepararsi nell\’orazione e nell\’esercizio delle opere di carità al futuro apostolato missionario.
Il Portogallo, al quale apparteneva il Tonchino, non accettò la candidatura di un Vicario Apostolico francese. I gesuiti, che in quel tempo erano gli unici missionari del Canada, proposero al governo francese che i loro territori fossero governati da un Vicario Apostolico. Luigi XIV, pur essendo ancora sotto la reggenza, chiese formalmente alla S. Sede che quel compito fosse affidato al beato. Alessandro VII accettò la proposta, e il 13-4-1658 nominò Mons. de Laval vescovo titolare di Petrea e Vicario Apostolico del Canada. Tale nomina incontrò l\’opposizione dell\’arcivescovo di Rouen che, fino a quel momento, aveva esercitato la sua giurisdizione sul Canada per mezzo di un vicario generale, ma Mons. Celio Piccolomini, nunzio a Parigi, per ordine del papa lo consacrò vescovo nell\’abbazia esente di St-Germain-des-Près l\’8-12-1658.
Pochi mesi prima il de Laval, insieme a Francesco Pallu e Pietro de la Mothe-Lambert, anch\’essi mèmbri della Società dei Buoni Amici, aveva chiesto alla S. Sede la fondazione a Parigi di un seminario per le missioni estere. L\’Istituto fu canonicamente eretto nel 1663.
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Mons. de Laval sbarcò a Porce, alla foce del San Lorenzo, nella Nuova Francia, il 16-5-1659 con alcuni missionari, e cresimò circa 130 uomini ivi convenuti sotto la guida dei missionari. "Un mese dopo raggiunse in barca Québec, centro della colonia francese, che si estendeva su tutta la vallata del fiume San Lorenzo fino a Montreal, e comprendeva anche la regione orientale dei grandi laghi, nonché una parte dell\’Acadia, sull\’Atlantico. Tutto l\’altro immenso territorio era sconosciuto agli Europei ed era popolato da tribù indiane. In tutta la Nuova Francia non c\’erano più di 2000 contadini, 500 dei quali risiedevano a Québec, fondata nel 1608 dal capitano Samuele de Champlain. La colonia era retta da un governatore quale rappresentante del rè di Francia, assistito da un Consiglio di cinque membri. Nel 1663, per influsso anche di Mons. de Laval, le compagnie di colonizzazione furono soppresse perché si erano occupate troppo poco del vero progresso della colonia. 11 Canada divenne provincia del regno. Al governatore, assistito dal Consiglio Sovrano, di cui il Vicario Apostolico era membro di diritto, fu aggiunto l\’intendente con poteri più ampi dello stesso governatore.
Quando il beato giunse in Canada, la popolazione era assistita soltanto da una ventina di sacerdoti, quindici dei quali appartenevano alla Compagnia di Gesù, e pochi altri alla Società dei Sulpiziani, i quali, due anni prima dell\’arrivo del Vicario Apostolico, avevano aperto una casa a Montreal. Le chiese od oratori aperti al culto erano in tutto undici. Per affiancare l\’opera di evangelizzazione nel 1639 la B. Maria dell\’Incarnazione, al secolo Maria Guyart (+1672), aveva stabilito a Québec un convento di Orsoline per l\’educazione della gioventù femminile, e le Ospedaliere di S. Agostino dì Dieppe vi avevano fondato il primo ospedale. Cinque anni dopo, una giovane infermiera francese, Giovanna Mance, aveva aperto anch\’essa un ospedale a Montreal, che passò nel 1659 sotto la direzione delle Ospedaliere di S. Giuseppe, fondate a La Flèche da un laico, il servo di Dio Girolamo Le Royer de la Dauversière (+1659). Nel 1653 era giunta a Montreal S. Margherita Bourgeoys (+1700) come istitutrice dei fanciulli della guarnigione, e nel 1658 vi aveva dato inizio alle Suore di Nostra Signora per l\’istruzione e l\’educazione della gioventù. Tutte queste opere, appena avviate, avevano bisogno di essere consolidate.
Il clima politico-religioso del Canada era impregnato di gallicanesimo. Di conseguenza Luigi XIV (+1715), interveniva, mediante i suoi rappresentanti, nelle questioni ecclesiastiche di ordine disciplinare, nella fondazione delle parrocchie, nell\’imposizione delle decime, nella
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regolamentazione degli onori dovuti ai magistrati e al vescovo nelle cerimonie religiose, ecc. Mons. de Laval, dotato di un forte attaccamento al papa, ritenne suo dovere difendere al massimo la propria autorità, nonostante i contrasti talvolta acuti e serrati. Nelle funzioni liturgiche fece uso del cerimoniale romano e, in alcune questioni, come in quella "della tratta dell\’acquavite con i selvaggi", certi suoi modi forti, ritenuti eccessivi, si manifestarono assolutamente necessari per impedire depravazioni e delitti senza numero. L\’abuso esisteva dagli inizi della colonia, ed era mantenuto in vita per una collusione di grossi interessi, con dei complici anche in Francia. Gli indiani andavano pazzi per gli alcoolici, che essi non sapevano fabbricare. I coloni si prevalevano di questa inclinazione per acquistare da essi preziosi quantitativi di pellicce in cambio di acquavite con cui si ubriacavano.
A Québec Mons. de Laval affrontò per amore di Dio tutte le asprezze della vita missionaria. Mancando di abitazione, per oltre tre anni trovò ospitalità nel collegio dei Gesuiti, nell\’ospedale e in una casa affittata presso il monastero delle Orsoline. Malgrado ciò, il 20-10-1659 scrisse in Francia a Renato d\’Argenson, fratello del governatore: "Non posso esprimervi la pace e la consolazione che provo nel vedermi nel luogo in cui sono sicuro che la santa volontà di Dio mi vuole, e in cui sono nell\’attesa del momento prezioso di sacrificargli la mia vita per la salvezza delle anime che sono state da tanti anni l\’oggetto del suo amore". Gli irochesi, i più crudeli selvaggi del Canada, avevano difatti preso la risoluzione di sterminare tutti i francesi della colonia.
Dopo sei mesi dal suo arrivo, Mons. de Laval cominciò, in pieno inverno, la prima visita pastorale del suo vicariato e la fece, a più riprese, a piedi, in rachette, con una coperta sulle spalle, noncurante del freddo, delle distanze e delle improvvise incursioni degli Irochesi. Resosi conto dei danni che il commercio degli alcoolici recava ai selvaggi, Io proibì senza indugio, nella festa dell\’Ascensione, sotto pena di scomunica. La reazione dei profittatori non si fece attendere e continuò, con periodi talvolta acuti, per tutto il tempo del suo episcopato.
Nel 1662 il beato decise di recarsi in Francia per esporre al re lo stato della colonia e chiedergli, come aveva già fatto con la S. Sede, l\’erezione in Canada di una diocesi allo scopo di togliere all\’arcivescovo di Rouen ogni ingerenza nella regione, per avere il suo appoggio nella lotta contro il commercio delle bevande alcoliche con gli indiani, e ottenere lettere patenti per l\’erezione di un seminario. Luigi XIV lo accolse con onore e benevolenza, e gli concesse quanto desiderava dopo avere invano cercato di trattenerlo in Francia.
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Rientrato a Québec nel settembre del 1663, Mons. de Laval pose mano alla costruzione del seminario, che concepì in maniera rispondente alle necessità pastorali della missione, e che fu l\’opera sua più grandiosa e fruttuosa. Esso era costituito anzitutto da una specie di comunità del clero secolare, addetto ai vari ministeri sotto la dipendenza del vescovo, accanto alla quale sorse, in seguito, il seminario vero e proprio per la formazione del giovane clero non escluso quello indigeno. I sacerdoti che chiedevano di fame parte s\’impegnavano, a modo di religiosi, di vivere nella povertà e nella vita comune. Il vescovo considerò l\’istituzione come la pupilla degli occhi suoi, e ad essa dedicò le sue cure più assidue. Quando fu ultimata vi stabilì la sua dimora e cedette ad essa tutti i suoi beni, come del resto facevano gli altri sacerdoti di vita comune. Più tardi, nel 1852, diede luogo a quel grande organismo accademico che è l\’Università cattolica Laval.
Per mettere fine alle difficoltà sorte tra Mons. de Laval e l\’arcivescovo di Rouen, Luigi XIV, nel 1662 e nel 1664, fece richiesta ad Alessandro VII dell\’erezione in Canada della diocesi di Québec. Anche il beato nel settembre del 1663 raccomandò ai cardinali di Propaganda Fide di prendere in seria considerazione il progetto. Le trattative furono lunghe. Solamente alla fine del 1666 la S. Sede ritenne opportuna l\’erezione di una diocesi in Canada ma, la Corte di Parigi, per due volte rinviò le bolle alla Congregazione Concistoriale con proposta di correzione. Tra l\’altro esigeva che la nuova sede vescovile fosse dichiarata suffraganea dell\’arcivescovo di Rouen, ciò che la S. Sede non voleva accettare. Clemente X il 9-10-1670 decretò l\’erezione della diocesi di Québec, ma i giuristi francesi, ai quali era stato comunicato il testo delle bolle, insistevano affinchè fossero conservate le libertà e i diritti della Chiesa gallicana.
Vedendo che il negoziato andava per le lunghe, Mons. de Laval nel 1671 decise di tornare in Francia. A Parigi riprese le trattative, complicate anche dai monaci dell\’abbazia d\’Estrée, di cui era stato fatto commendatario dal re affinchè, con i redditi, fosse in grado di costituire il capitolo della cattedrale di Québec. Le bolle furono emanate solamente il 1-10-1674, ma non furono spedite subito perché Mons. de Laval non aveva la somma necessaria per pagare i diritti di cancelleria. Aveva speso tutti i suoi averi per sostenere sacerdoti, fondare chiese e aiutare i poveri.
Ai primi di maggio del 1675 il beato poté finalmente avere le bolle desiderate da tredici anni, e fare ritorno in Canada per assicurare a
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Québec e al suo territorio, che andava estendendosi sempre più grazie alle scoperte di missionari e di esploratori francesi, un\’efficiente organizzazione. Difatti si preoccupò d\’istituire il tribunale ecclesiastico diocesano, di erigere tredici parrocchie, di stabilire le decime, di erigere il capitolo della cattedrale e assicurargli rendite fisse, d\’istituire le feste della Santa Famiglia e di S. Ludovico IX, re di Francia, titolari della cattedrale. Inoltre, per estirpare gli abusi, ebbe sempre viva la preoccupazione di fare la visita pastorale alle parrocchie e alle stazioni missionarie. Per sete di lucro, le autorità civili della colonia non fecero cessare il nefasto commercio di bevande alcoliche con il selvaggi i quali, quando erano ubriachi, trasformavano i loro villaggi in "una vera immagine dell\’inferno". I rapporti tra il vescovo e le autorità civili al riguardo divennero molto tesi tanto che, nel novembre del 1678, Mons. de Laval ritenne necessario, nonostante il suo cattivo stato di salute, recarsi di nuovo in Francia per sostenere presso il re la necessità di proibire detto commercio. Luigi XIV preferì seguire una via di mezzo: vietare rigorosamente il commercio delle bevande alcoliche nei paesi e nelle città, permetterlo nelle selve lontane. Il beato ne accettò il decreto solamente per evitare mali maggiori, ma fino a che visse non cessò di contrastare l\’infausto commercio.
Dopo la visita pastorale compiuta nel 1681 a 30 parrocchie o posti di missione, Mons. de Laval cadde in uno stato di tale prostrazione che per quindici giorni fece temere della propria vita. Poiché la sua robusta costituzione era rimasta fiaccata per sempre dalle fatiche apostoliche, nel 1684 si recò per l\’ultima volta in Francia e presentò a Luigi XIV le dimissioni, di cui diede notizia al B. Innocenzo XI il 20-5-1685. Il re designò quale suo successore il cappellano regio G. B. Chevrière de Saint-Vallier. Tuttavia, essendo allora molto tese le relazioni tra la corte di Parigi e la S. Sede, Luigi XIV non presentò subito al papa il nuovo candidato. Mons. de Laval lo inviò ugualmente in Canada come suo vicario generale. Costui fu preconizzato vescovo nel concistoro del 1687 e consacrato tale a Parigi il 25-1-1688. In quel tempo la diocesi di Québec contava circa 10.000 coloni, assistiti spiritualmente da 85 sacerdoti, di cui 42 secolari, in 35 chiese o cappelle, di cui 18 parrocchiali.
Il vescovo dimissionario a Québec prese posto nella comunità del seminario, e poiché era afflitto da un\’ernia e da piaghe alle gambe pensò di prepararsi alla morte vivendo come un monaco. La provvidenza invece gli riservò ancora vent\’anni di vita, ma furono pieni di amarezze di ogni genere. La croce più penosa fu quella di vedere Mons. de Saint-Vallier
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separare, in forza di un regolamento approvato dal re nel 1692, dalla comunità del seminario i parroci e i missionari che fino allora ne erano stati membri. Solo i sacerdoti dediti alla educazione degli aspiranti al sacerdozio continuarono a farne parte.
Mons de Laval cercò di tenersi lontano il più possibile dalla controversia, e quando fu richiesto di consiglio da parte di sacerdoti e superiori del seminario, suggerì franchezza, sincerità e rispetto. Altri grandi dolori per il beato furono gli incendi che nel 1701 e nel 1705 distrussero gran parte degli edifici da lui costruiti con grandi sacrifici. Mons de Laval diede esempio di fortezza d\’animo e di fiducia nella Provvidenza animando tutti a intraprendere i lavori di ricostruzione.
Negli ultimi vent\’anni dì vita il beato continuò ad alzarsi prestissimo la mattina, a trascorrere lunghe ore nella meditazione e nella preghiera, a digiunare, a fare uso di cilicio e di disciplina, a vivere poveramente e distaccato da tutto. Il suo stato di salute declinò rapidamente dopo la Pasqua del 1708. Un sacerdote del seminario lo pregò di lasciare le sue raccomandazioni al clero, come avevano fatto tanti grandi vescovi, ma declinò l\’invito dicendo; "Essi erano dei santi, io invece sono un peccatore".
Morì il 6-V-1708 mentre chi l\’assisteva recitava le litanie della S. Famiglia. La B. Maria dell\’Incarnazione lo chiamò "un uomo di grande merito e di singolare virtù" che "visse santamente e da apostolo". Fu sepolto nella cripta della cattedrale di Québec. Paolo VI ne riconobbe l\’eroicità delle virtù il 28-2-1960, e Giovanni Paolo II lo beatificò il 22-6-1980.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 106-112.
http://www.edizionisegno.it/