B. FEDERIGO JANSOONE (1838-1916)

Federico nasce in Francia il 19 novembre 1838. A 26 anni entra nel seminario francescano di Amiens. Arriva al sacerdozio nel 1870 ed opera come cappellano militare nella guerra che Napoleone III ha scatenato contro la Prussia. Nel 1875 è in Palestina con la «Custodia di Terrasanta». Padre Federico va di persona a cercare soccorsi in Francia e in Canada. Dal Canada procura ed invia gli aiuti senza tuttavia trascurare la propria vocazione di evangelizzatore: in Canada egli predica, pubblica libri e dirige periodici religiosi. Muore a Montreal il 4 agosto 1916.

I francescani divennero i custodi della Terra Santa in nome della cristianità latino-cattolica da quando Roberto d'Angiò, re di Napoli, nel 1333-1335 ottenne per essi, dai musulmani, la donazione del Cenacolo con il diritto di ufficiare al S. Sepolcro, alla tomba della Vergine e alla grotta di Betlemme. Uno dei loro più illustri membri fu il B. Federico Jansoone, nato a Ghyvelde, in Francia, nella diocesi di Lille (Nord), il 19-11-1838, da Pietro Antonio, benestante e pio contadino, e da Maria Isabella Bollengier, la quale, a dire del figlio, "trovava le sue delizie nel visitare i malati, accogliere i poveri e assistere i morenti", nonostante i numerosi figli che aveva dato alla luce. Al fonte battesimale gli furono imposti i nomi di Federico e Cornelio. Da piccolo egli frequentò le scuole elementari del paese natale. Sotto la guida dei genitori crebbe pio, con una spiccata tendenza alla vita eremitica.
Dopo la prima comunione, che fece il 28-3-1852, il beato entrò nel collegio comunale di Hazebrouck, in cui si segnalò tanto per una precoce saggezza, quanto per i successi scolastici. La madre, rimasta vedova nel 1848, nel frattempo pregava molto perché il figlio diventasse sacerdote. Nel 1855 Federico studiò nel collegio di Nostra Signora di Dunes, nella città di Dunkerque, ma a causa delle critiche condizioni finanziarie in cui la sua famiglia venne a trovarsi, fu costretto a uscirne e a fare il commesso viaggiatore di tele a domicilio per mantenerli. Il mondo degli affari lo atterrì, motivo per cui nel 1859 si sentì spinto in modo particolare a farsi francescano. La sua inclinazione era fomentata dalle esortazioni e dalle preghiere della genitrice, la quale continuava ardentemente a desiderare che suo figlio diventasse sacerdote religioso.
Dopo la morte della mamma Federico visitò nel 1863 il convento dei Trappisti di Mont le Cats, presso la frontiera franco-belga, ma non vi si fermò. Riprese invece i suoi studi nel collegio di Hazebrouck. Dopo la morte del fratello, il 26-6-1864 chiese ai Francescani di Amiens (Somme) di essere ammesso al loro noviziato con il nome di Fra Federico da S. Ivo. All'aspirante alla vita religiosa non mancarono esitazioni durante l'anno di prova, ma le superò con l'esercizio delle virtù dell'umiltà e dell'ubbidienza. Fu ammesso quindi alla prima professione il 18-7-1875 con il parere unanime dei superiori e dopo che ebbe perfezionato i suoi studi nel convento di Limoges (Haute-Vienne) e dato prova di intensa pietà, il 26-12-1868 nel convento di Bourges (Cher) fu ammesso prima alla professione solenne e poi al sacerdozio il 17-8-1870.
Da quel giorno somma fu la disponibilità del P. Federico alla volontà dei superiori. Accettò, difatti, di assistere negli ospedali di Bourges, come cappellano militare, i soldati feriti nella guerra franco-prussiana; di aiutare il P. Leon de Clary nella composizione dell'opera in più volumi intitolata Aureola Serafica; di fare da vicemaestro dei novizi a Branday, quando, dopo il disastro di Sédan, fu firmata la pace (1871); di cooperare alla fondazione di un grande convento francescano a Bordeaux (1872); di esercitare in esso per alcuni mesi il compito di preside (1872) e di interessarsi della biblioteca della comunità.
Nel 1874 il beato fu trasferito a Parigi dove, fino al 1876, svolse un intenso lavoro a favore dell'Ordine. I superiori lo destinarono in seguito alla Palestina dove, dal 1878 al 1881, esercitò il compito di Vicario della Custodia di Terra Santa. I confratelli lo vedevano assiduo, composto e devoto a tutte le pratiche religiose della comunità, ogni volta che non era occupato nella sorveglianza della costruzione della chiesa di San Salvatore, o fuori sede per il ministero della predicazione nei vari conventi della Palestina e del Basso Egitto.
Nel 1881, dopo la promulgazione da parte di Leone XIII della bolla con cui invitava i cattolici ad aiutare generosamente i Custodi di Terra Santa, i superiori decisero di mandare il P. Federico nel Québec perché vi riorganizzasse il Terz'Ordine Francescano, scomparso dal paese con l'occupazione del Canada da parte dell'esercito inglese, e raccogliesse gli aiuti che i cattolici avrebbero fatto pervenire alla Custodia di Terra Santa, a sostegno delle sue opere caritative ed educative. Nella diocesi di Trois Rivières, dove stabilì la sua residenza, tra il clero e il popolo egli suscitò subito uno straordinario entusiasmo per il modo semplice, ma molto convinto con cui predicava i misteri della fede e, soprattutto, per la vita di intensa preghiera e di grande penitenza che conduceva.
Superata una grave infermità intestinale, nell'aprile del 1882 il beato fu richiamato a Gerusalemme, nel convento annesso alla chiesa di San Salvatore, dove, in qualità di Vicario della Custodia di Terra Santa, per 6 anni svolse un intenso ministero sacerdotale come aveva già precedentemente fatto. Nel 1888 i superiori lo rimandarono in Canada con gli stessi compiti della volta precedente, ed egli prontamente ubbidì perché nella volontà dei superiori vedeva espressa la volontà di Dio. Un testimone nel processo canonico affermò di lui che "nelle sue azioni andava diritto a Dio, e che lo spirito di fede sembrava che l'avesse penetrato fino al midollo delle ossa. La gloria di Dio e la salvezza delle anime erano gli unici moventi che lo spingevano ad operare".
Una settimana dopo il suo arrivo a Trois Rivières, il vescovo della diocesi, Mons. Luca Désilets (+1888), dedicò alla Madonna del Rosario, nella città di Cap de la Madeleine, alle foci del gran San Lorenzo, la nuova chiesa che era stata costruita accanto a quella vecchia, edificata nel 1720.
Nel discorso di circostanza che il P. Federico tenne, lodò l'iniziativa dell'Ordinario del luogo e predisse che quel santuario si sarebbe rivelato troppo piccolo per contenere i pellegrini che vi sarebbero giunti da tutte le parti del Canada. Verso sera fu condotto in presbiterio un malato tutto rattrappito. Mossi a compassione, tanto Mons. Désilets quanto il P. Federico lo presero sottobraccio e lo condussero nel santuario per raccomandarlo alla Madonna, la cui statua era stata posta sull'altare maggiore. Mentre pregavano per l'infelice, la statua all'improvviso si animò, la Madonna sollevò gli occhi che teneva abbassati e guardò fisso davanti a sé. In un primo momento il vescovo e il beato credettero di essere rimasti vittime di una illusione ottica, ma dovettero ricredersi all'evidenza del prodigio perché durò dai 5 ai 10 minuti. Senza dubbio era quello un celeste preavviso delle grazie che la Madonna del Rosario, tramite l'apostolato del B. Federico, avrebbe riversato nelle anime dei pellegrini, afflitti nel corpo e nello spirito.
Quando il beato era giunto per la prima volta in Canada, Mons. Désilets gli aveva donato un pezzo di terreno perché vi facesse costruire un modesto convento. Nello stesso tempo gli aveva fatto assegnare una camera nel presbiterio di Cap de la Madeleine, distante allora poche miglia da Trois Rivières, affinchè aiutasse il parroco nel servizio del santuario, e fosse in grado di raggiungere tutte le località della diocesi per lo svolgimento del suo apostolato. La camera di cui usufruiva era piccola e mal riscaldata. Benché fosse fornita di un letto, per un accentuato spirito di penitenza egli preferiva dormire per terra o sopra una panca, avvolto nel proprio mantello. Soltanto 6 anni prima della morte, a causa della malferma salute, si adatterà a dormire di notte su tre assi ricoperte di un pagliericcio e poste su due cavalletti di legno.
Anche riguardo al cibo P. Federico fu di una mortificazione inimitabile.
Finché visse, al mattino prese soltanto una mezza tazza di caffè standosene in piedi, a mezzogiorno e a sera si cibò quasi esclusivamente di alcune patate, un po' di sale e circa due once di pane. Non faceva uso di carne e non beveva vino o birra. Chi ne conosceva le abitudini non comprendeva come potesse compiere tanto lavoro e con tanta energia dormendo e mangiando quasi niente. Finché visse non modificò il suo genere di vita. Si ridusse ben presto a pelle ed ossa tanto che, per apparire più pingue, fu costretto talora a mettersi alcuni libri sotto la tonaca, e il giorno in cui dovette compiere un viaggio negli Stati Uniti in clergyman, per apparire un uomo normale fu costretto a indossare diverse paia di pantaloni.
Quando P. Federico si stabilì definitivamente in Canada, Mons. Laflèche, nuovo vescovo di Trois Rivières, lo pregò di continuare a prestare il suo servizio nel santuario della Madonna del Rosario. Il beato ne accolse l'invito con entusiasmo, e fu lieto di sovraspendersi per tanti anni nell'opera nascente dei pellegrinaggi, con l'assidua predicazione, l'ardente preghiera e la sollecita divulgazione dei libri che scriveva con intenti prevalentemente devozionali. Nel convento del Commissariato restava il tempo strettamente necessario per il disimpegno dei suoi compiti. Trascorreva la maggior parte della settimana presso il santuario per l'assistenza ai pellegrini che di continuo giungevano da tutte le diocesi del Canada, ma specialmente del Québec.
Per tutta la vita P. Federico tenne il pulpito con una assiduità e una costanza che hanno dello straordinario. Pur essendo sprovvisto di doti oratorie, Dio gli concesse in modo non comune il dono della parola. Il popolo andava a lui come per istinto e lo chiamava "santo Padre". Si sentiva avvinto da lui per il modo semplice, ma molto evangelico con cui parlava di Dio, della Madonna, dei misteri principali della fede, del "bel Paradiso". Fu un "predicatore popolare", nel miglior senso della parola, come S. Alfonso de' Liguori e S. Leonardo da Porto Maurizio che aveva preso a modello. La sua eloquenza era scarna, ma piena di concetti e di fatti estratti dalla S. Scrittura, dalle opere dei Padri della Chiesa e dal Catechismo Tridentino che sapeva a memoria. Non tutti approvavano la semplicità con cui predicava. Anziché adontarsene egli rispondeva con un sorriso. Il suo superiore, il P. Colombano Dreyer, nel processo attestò: "Si può celiare sui sermoni del P. Federico a causa della semplicità e familiarità; per conto mio affermo di non avere mai veduto un oratore esercitare un influsso sulle folle simile al suo. Egli quando voleva faceva ridere, e piangere nel medesimo sermone". "Le chiese erano sempre troppo piccole per contenere i fedeli. Per vederlo e udirlo certuni montavano fino sopra i confessionali".
Non meraviglia quindi che i parroci accorressero a Cap de la Madeleine per invitare il P. Federico a tenere nelle loro parrocchie missioni e novene, a predicare Quarantore o tridui in preparazione ai loro pellegrinaggi. Pur essendo timido e molto amante della solitudine, quando si trattava della salvezza delle anime il beato diventava di una sorprendente attività.
Quando partiva per i suoi incessanti viaggi portava con sé soltanto un sacchetto con il Breviario e i libri di cui aveva bisogno. Camminava d'ordinario a piedi scalzi, nonostante l'inclemenza della stagione, recitando la corona del rosario, che aveva fatto con grani grossolani, infilati in una cordicella di cotone.
Ovunque giungeva P. Federico, senza trascurare i compiti che i superiori gli avevano affidato in Canada, si preoccupava di fare conoscere il santuario della Madonna del Rosario di Cap de la Madeleine. Molte volte vi conduceva egli stesso schiere di pellegrini dalle diocesi di Montreal, Trois Rivières, Nicolet e Québec sui battelli di linea, attraverso le acque del gran San Lorenzo. Era quello il momento in cui ogni tanto si offriva vittima di espiazione a Dio per i poveri peccatori.
C'era chi riteneva il beato incapace di condurre a buon porto i pellegrinaggi che organizzava al santuario di Cap de la Madeleine e che duravano 24 ore, o i pellegrinaggi che organizzava al santuario di S. Anna de Beaupré, e che duravano 36 ore. I pellegrinaggi guidati dal P. Federico riuscirono sempre belli, edificanti e solenni perché, per tutta la loro durata, egli non prendeva ne cibo e ne riposo per assistere i pellegrini, spiegare loro i misteri del rosario, farglieli recitare ad alta voce con una unzione e una solennità inimitabile, intercalando canti appropriati, parlare loro della Passione del Signore e dei Luoghi Sacri, compiere con loro la pia pratica della Via Crucis. In questi santi esercizi il beato metteva tanta pietà e unzione che da nessuno erano disertati.
Nel santuario, prima e dopo la celebrazione della Messa, P. Federico riceveva gli afflitti, i poveri e i malati. Per tutti aveva una buona parola e una benedizione, non mancava mai chi cercava di avvicinarlo per raccomandarsi alle sue preghiere e persino per chiedergli la guarigione.
Con una fiducia straordinaria gli dicevano: "Se volete, padre mio, voi potete guarirmi! Basta che preghiate per me!". Nella sua umiltà il beato scherzava per le guarigioni di malati che gli venivano attribuite, oppure le attribuiva alle reliquie della Santa Croce e della Terra Santa che portava con sé. Con tutti, specialmente con i più noiosi, fu paziente, cortese e amabile sempre.
Dopo la celebrazione della Messa si può dire che il beato trascorreva la giornata restando sul pulpito del santuario per spiegare ai pellegrini le verità della fede, continuare a fare recitare loro il rosario e spiegare a tutti le varie stazioni della Via Crucis.
Nel parlare dei dolori del Figlio di Dio facilmente si commuoveva fino alle lacrime, e muoveva al pianto anche coloro che prendevano parte al pio esercizio. I pellegrini nel lasciare il santuario sovente esclamavano: "Che bel pellegrinaggio abbiamo fatto. Come abbiamo ben pregato! Ma questo P. Federico è un vero santo!".
Nel 1902 la direzione del Santuario della Madonna del Rosario di Cap de la Madeleine fu affidata ai Padri Oblati di Maria Immacolata. P. Federico continuò a diffonderne ugualmente la devozione e a guidarvi in pellegrinaggio i Terziari Francescani e altri fedeli, come del resto faceva con il santuario di S. Anna de Beaupré e di S. Giuseppe de Montreal, dove il B. Andrea Bessette (+1937), fratello laico della Congregazione della S. Croce, si sovraspendeva per la diffusione della devozione al grande patriarca. Il 12-10-1904, per volere di Pio X, la statua della Madonna di Cap de la Madeleine venne solennemente incoronata. P. Federico ebbe la felice sorte di portare in processione la corona d'oro che le venne posta sul capo. In quella circostanza esclamò: "Ora posso cantare il mio "Nunc dimittis"!
Nessuno come il P. Federico eccelleva nell'organizzare feste religiose per attirare i fedeli e farli pregare e cantare. Sono rimasti famosi i raduni da lui organizzati in occasione del secondo centenario dell'erezione della Confraternita del Rosario (1894), del Congresso dei Terziari Francescani di tutto il Québec (1895), della benedizione della Via Crucis da lui fatta erigere di rimpetto a Trois Rivières sul modello della Via Dolorosa di Gerusalemme (1896), della benedizione della ferrovia di cui aveva suggerita la costruzione per allacciare Cap de la Madeleine con il resto del paese (1897). Per diffondere tra i fedeli la devozione alla Passione del Signore egli fece erigere pure due altre Vie Crucis: una nella diocesi di Trois Rivières presso la montagna di S. Elia di Caxton e l'altra a Pointe aux Trembles, presso Montreal, chiamata ancora oggi La Riparazione.
Oltre che organizzare pellegrinaggi, predicare e pregare, il beato esercitava pure l'apostolato della stampa. Poiché di notte dormiva poco, occupava il tempo nel redigere gli Annali del SS. Rosario e nello scrivere articoli per la Rivista Eucaristica, vite di santi, opuscoli vari. All'occorrenza si serviva degli studi dei Bollandisti, delle opere dei Santi Padri e delle rivelazioni della Ven. Maria d'Agreda (+1665), mistica francescana scalza spagnuola, che integrava con la descrizione dei Luoghi Santi, che conosceva molto bene. Don Ludovico Eugenio Duguay, vicario del santuario di Cap de la Madeleine, asserì del suo infaticabile collaboratore, il P. Federico: "L'ho sorpreso più volte inginocchiato davanti al suo tavolo di lavoro, sormontato dal crocifisso, intento contemporaneamente a meditare e a scrivere… Che io sappia ha composto così una ventina di volumi".
Con la diffusione di tali opere nelle varie diocesi in cui si recava a predicare, il beato aiutava la Custodia di Terra Santa, e sovveniva pure alle necessità di altre famiglie religiose. Quando le Missionarie Francescane di Maria decisero di costruire a Québec una chiesa per l'adorazione perpetua del SS. Sacramento, egli le aiutò diffondendo in tutte le parrocchie della diocesi la Vita di Gesù che aveva scritto. Nello stesso modo aiutò le Clarisse della diocesi di Valleyfield a costruirsi il convento e le Suore del Preziosissimo Sangue della diocesi di Joliette a fondare una loro casa. Quando si trattava di un dovere da compiere o di un'opera di carità da sostenere egli non si tirava indietro. Nonostante le contrarietà e le difficoltà che incontrava non perdeva la calma e l'abituale allegria. Diceva sovente: "Che la volontà di Dio si compia".
Fino alla morte P. Federico fu il sacerdote e il religioso modello, il tipo perfetto del Frate Minore, esatto come "un orologio" nel compimento di tutti i doveri. Alle tre del mattino egli era già in chiesa per le sue pratiche di devozione. Diceva la Messa con grande raccoglimento. Ad essa faceva seguire una mezz'ora di ringraziamento con tale concentrazione che chi lo vedeva diceva: "E in estasi". Nel corso della giornata se ne stava per molte ore in coro, oppure prostrato davanti all'altare del SS. Sacramento con la testa avvolta nel proprio mantello specialmente quando riteneva di essere solo.
A causa di un cancro che da molti anni lo tormentava, le condizioni di salute del beato cominciarono a declinare rapidamente. Durante la sua degenza nell'infermeria del convento San Giuseppe di Montreal volle avere accanto a sé l'abito religioso, la santa regola, la corona del Rosario e il suo Crocifisso di Missionario che tante volte aveva deposto ai piedi degli infermi. Morì pienamente conformato alla volontà di Dio il 4-8-1916, ma venne sepolto tra una marea di gente nella cripta della chiesa dell'Addolorata di Trois Rivières. Giovanni Paolo II ne riconobbe l'eroicità delle virtù il 21-3-1985 e lo beatificò il 25-9-1988.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 41-48
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