Alla morte del padre per colera ( +1894), la Beata fu costretta a chiamare a Varsavia la madre e mantenere agli studi il fratello minore Stefano, aspirante alla vita sacerdotale. Quando costui affogò nella Vistola nell’eroico tentativo di salvare un collega (1900), la sorella ne rimase sgomenta. Davanti al cadavere del fratello comprese che Dio voleva che abbandonasse il mondo e si facesse religiosa. Si era, difatti, sentito dire da una voce forte e chiara: “Io voglio non la sua, ma la tua vocazione”. Ne parlò al Beato Onorato sotto la cui guida ogni anno faceva gli esercizi spirituali.
La fondatrice delle Suore
Missionarie della Divina Provvidenza nacque il 3-7-1862 a Lowicz, cittadina
dell’archidiocesi di Varsavia, nel regno di Polonia, costituito dal Congresso
di Vienna nel 1815, primogenita degli 8 figli che Martino, mastro nel mestiere
di calzolaio, ebbe da Lucia Cyganowska, principale educatrice dei suoi figli in
qualità di ex-alunna delle Suore Bernardine. La Beata, per volere del padre, fu
battezzata soltanto due settimane dopo la nascita con i nomi di Boleslava e
Maria nella chiesa parrocchiale dello Spirito Santo. Crebbe esile, ma allegra e
molto tenace. A causa della sua bontà e ubbidienza il babbo l’additava ai
fratelli minori come esempio da imitare.
Ancora bambina, Boleslava
sviluppò gradualmente un grande amore verso i poveri e i sofferenti dando loro
le piccole somme di denaro che riceveva in dono da parenti e conoscenti. In
seguito al vaiolo che la colpì gravemente, con il passare del tempo si accentuò
in lei la menomazione dell’udito cosicché, nel discorrere, fu costretta talora
ad alzare la voce dando così la sensazione di essere un po’ impaziente.
Al termine della scuola
elementare, che frequentò con lode, e del proginnasio, la Beata preferì recarsi
a Varsavia per apprendere l’arte della sarta nell’intento di rendersi
autosufficiente. Appena consegui il diploma di maestra, con l’aiuto della
sorella Stanislava aprì a Lowicz una sartoria. Pur lavorando professionalmente,
sotto la direzione di Don Antonio Chmielowski, vicario della collegiata di
Lowicz, maestro in teologia ed eccellente predicatore, visse in profonda unione
con Dio. Nel 25° anno di fondazione alle suore dirà: “Avevo un confessore
e in lui vedevo Dio stesso che mi parlava, per questo motivo credevo che fosse
volontà di Dio compiere tutto quello che egli mi insegnava. Pertanto, per
guanto me lo permettevano le mie povere forze, compivo alle volte indicazioni
del confessore molto difficili vedendo in ciò la volontà di Dio… Quando avevo
vent’anni, durante gli esercizi spirituali, venni colpita proprio da queste
parole: che la nostra volontà dovrebbe fondersi con la volontà di Dio così come
due sfere di cera si fondono in un’unica sfera”.
Seguendo il consiglio del
confessore, Boleslava nel 1884 si trasferì con la sorella e il laboratorio a
Varsavia dove clandestinamente la congregazione delle Suore della Famiglia di
Maria, fondate a Pietroburgo nel 1857 da Sigismondo Felinski, professore e
direttore spirituale della locale Accademia Ecclesiastica, si dava
all’educazione e all’istruzione degli orfani come associazione di beneficenza
laica. In seguito alle esortazioni del clero locale, tanto Boleslava quanto
Stanislava si aggregarono alla Famiglia di Maria in cui si distinsero per la
devozione alla Passione di Gesù e al suo divin Cuore. Dopo il noviziato e la
professione, la Beata lavorò in varie città, anche della Russia, come maestra
di sartoria, come educatrice e insegnante. Pur apprezzando molto la vita
religiosa attiva, la Beata, anziché pronunziare i voti perpetui nella Famiglia
di Maria, verso il 1892 la lasciò per entrare a Cracovia nel monastero delle
Visitandine. Dopo sei anni che l’aveva fondata, l’arcivescovo di Varsavia, Mons.
Sigismondo Felinski ( +1895) era stato internato dai russi a Jaroslaw cosicché
gli era mancato il tempo di imprimere una migliore organizzazione interna alla
sua clandestina congregazione. A Boleslava, prima di entrare in convento, volle
fare gli esercizi spirituali sotto la guida del suo vicario, Sigismondo
Mscichowski, il quale le raccomandò di non andarsi a chiudere in un convento di
clausura, ma di svolgere attività religiosa e sociale tra i bambini e la
gioventù in pericolo di perdere la fede.
Dopo aver molto pregato, a 30
anni Boleslava si recò a Varsavia con la sorella minore Maria, aprì un
laboratorio di sartoria e si inserì nell’attività apostolica accettando di
dirigere, per una decina di anni, uno dei cinque dormitori pubblici, capaci di
100 letti, che sorgevano a Varsavia per i miserabili, sotto la guida spirituale
del Beato Onorato Kozminski, cappuccino, fondatore di numerose congregazioni
clandestine, residente a Nowe Miasto.
Bisognava prepararli ai
sacramenti, visitarli se malati, mettere la pace nelle loro famiglie per tutto
il tempo in cui rimaneva aperto, cioè dalla primavera al tardo autunno.
Alla morte del padre per
colera ( +1894), la Beata fu costretta a chiamare a Varsavia la madre e
mantenere agli studi il fratello minore Stefano, aspirante alla vita
sacerdotale. Quando costui affogò nella Vistola nell’eroico tentativo di
salvare un collega (1900), la sorella ne rimase sgomenta. Davanti al cadavere
del fratello comprese che Dio voleva che abbandonasse il mondo e si facesse
religiosa. Si era, difatti, sentito dire da una voce forte e chiara: “Io
voglio non la sua, ma la tua vocazione”. Ne parlò al Beato Onorato sotto
la cui guida ogni anno faceva gli esercizi spirituali. La signora Sianozecka,
ricca proprietaria terriera a Mogilev sul Dniepr in Bielorussia, dove i
cattolici erano soltanto una minoranza, lo aveva supplicato di mandarle delle
suore clandestine per l’istruzione e l’educazione della gioventù e la direzione
del Terz’Ordine secolare.
Il Beato la mise in relazione
con Boleslava. Ella accettò la proposta perché la metteva in condizione di
gettare le basi della congregazione alla quale pensava, anche senza la garanzia
di beni materiali.
A Mogilev Boleslava affitto
una casa di legno, l’adattò a laboratorio di sartoria e, con il Terz’Ordine
secolare, diresse anche una sede missionaria con l’intento di preservare la
fede nei bambini e nei giovani, costretti a prendere parte in chiesa alle
funzioni e alla catechesi ortodossa. Alla fondazione delle Suore Missionarie
della S. Famiglia nell’ottobre del 1905 contribuì direttamente il P. Felice
Wiercinski S.J., missionario apostolico clandestino in Russia, il quale ne
scrisse le costituzioni basate sulla regola di S. Ignazio di Loyola.
Dopo due anni la fondatrice
trasferì la sua piccola famiglia religiosa a Pietroburgo (1907-1921) perché a
Mogilev non disponeva di sufficienti mezzi di sostentamento. Nella capitale
dell’impero russo sarebbe stato più facile, per le suore, conseguire un grado
di istruzione superiore e ottenere l’approvazione dell’arcivescovo di Mogilev
che vi risiedeva dal 1873. A Pietroburgo la sua congregazione fu salvata dallo
sfacelo soltanto dall’assunzione della direzione dell’orfanotrofio della
parrocchia di San Casimiro e di due scuole parrocchiali, e con l’erezione di un
proprio proginnasio e di un ginnasio con convitto frequentato anche da molte
ragazze ortodosse, che cercò di condurre alla fede cattolica organizzando per
loro belle processioni e splendide rappresentazioni teatrali sacre.
La Beata stava facendo i
preparativi per costituire nella congregazione un ramo di suore di rito
orientale quando, dalla Rivoluzione Bolscevica dell’ottobre 1917, con la
confisca delle scuole e dei ginnasi privati, fu costretta nel 1921 a fare per
sempre ritorno in territorio polacco. Non possedendo né case, né documenti che
dimostrassero l’autenticità della sua fondazione, Madre Boleslava fu costretta
a bussare alla porta di diversi vescovadi prima di ottenere, nel 1922, di
stabilirsi a Cheimno, diocesi suffraganea di Gniezno, per la direzione di un
collegio di rimpatriati dalla Russia; il 25-6-1924 l’erezione canonica della
congregazione da parte dell’arcivescovo Edoardo Ropp, metropolita di Mogilev,
residente a Varsavia; nel 1925 il convento lasciato libero dai Bernardini a
Ratowo, nella diocesi di Pock in cui stabili, l’anno seguente, la sede della
direzione generale e la casa del noviziato.
Le Missionarie della S.
Famiglia sotto la guida della fondatrice, eletta superiora generale nel
capitolo del 1923, poterono vestire finalmente da suore; conformare le
costituzioni al nuovo codice di diritto canonico con l’approvazione temporanea,
nel 1925, dell’ordinario di Lomiza; di aprire in pochi anni una decina di case
e prendersi cura anche degli orfani in quel tempo ancora molto numerosi a causa
delle occupazioni straniere. Nei momenti più difficili la Beata si imponeva
numerose rinunce tanto per sostenere le attività intraprese, quanto per
accrescere nelle sue figlie le capacità didattiche, lo spirito di abnegazione e
la fedeltà alla propria vocazione. Non disponendo di mezzi finanziari, sovente
riservava a sé compiti propri delle suore converse: lavorare nell’orto,
sfaccendare in cucina, servire a mensa le suore sane e nell’infermeria le
malate, confezionare gli abiti, provvedere al restauro dei locali fatiscenti e
preparare le provviste per l’inverno.
Il 22-1-1931, in occasione
del 25° della congregazione, confidò alle sue suore: “È bene che nelle
vostre anime sia insito il rispetto per quest’opera, che siate compenetrate
della sua importanza… Questa è un’opera di Dio… Quello che è, non l’ho
fatto io e nessuna creatura umana, ma soltanto Dio misericordioso. Si è scelto
Dio un ciocco come strumento e l’ha usato per l’opera sua… Ho avuto nella mia
vita esperienze, molte sofferenze e amarezze, ma come Maria ho sempre detto:
“Sia fatta la tua volontà, o Signore”. Vi erano realmente dei momenti in
cui sembrava che non valesse più la pena di vivere per quest’opera, eppure Dio
con la sua onnipotenza la mantenne in vita e fece tutto perché ancora vivesse”.
Poiché abitava nella casa in
cui sorgeva anche il noviziato, la fondatrice garantiva personalmente la
continuità della formazione e delle novizie e delle suore con le conferenze sui
voti religiosi, le spiegazioni sulle letture spirituali e le esortazioni a
imitare ogni giorno la povertà, la pazienza e la laboriosità della S. Famiglia
di Nazareth. Dedicava molto tempo e assegnava molta importanza ai colloqui e
agli insegnamenti individuali con le suore in generale. Quando notava in esse
trascuratezze e negligenze le rimproverava e assegnava loro delle penitenze.
Esigeva da tutte un comportamento serio e disciplinato. Le suddite, invece di
badare a queste piccole deficienze umane, rivolgevano la loro attenzione alla
sua vita interiore e ne rimanevano edificate. Durante la giornata la trovavano
sovente in adorazione davanti al SS. Sacramento. Nella sua stanza la vedevano
sempre occupata a lavorare o a pregare il S. Cuore di Gesù di cui era molto
devota. Perciò era da tutte amata e ubbidita anche nell’organizzazione delle
zone missionarie più povere della Polonia orientale.
Mentre Madre Boleslava
formava all’apostolato le sue figlie spirituali ed apriva con il loro aiuto
altre case, formulò per la seconda volta il disegno di dare vita tra le sue
Missionarie anche a un ramo di Suore di rito orientale per facilitare la
riunione della Chiesa latina con quella ortodossa. Dovette rinunciarvi perché i
circoli governativi vedevano nella propagazione del rito orientale il pericolo
di una russificazione dei territori della nazione. Nella società polacca
inoltre dominava una generale ostilità per tutto ciò che aveva un legame con la
Russia e con la cultura dell’oriente. Madre Boleslava si limitò allora a
estendere l’attività delle sue religiose soprattutto ai confini della Russia,
dove i cattolici erano costretti a vivere tra una maggioranza di ortodossi e,
non sempre, potevano prendere parte alla Messa.
Tra il 1926 e il 1935 la
Beata riuscì ad aprire 19 case nell’archidiocesi di Vilna e nella diocesi di
Pirisk. Nel 1935 ne stabilì una anche in Estonia benché popolata in prevalenza
da protestanti. Conscia dei pericoli ai quali esponeva le sue religiose, prima
di mandarle sul campo di lavoro, con grande fede parlava loro delle enormi
difficoltà che le attendevano, e le invitava a fare tutto con magnanimità per
la gloria di Dio. Ogni anno, per due o tre mesi, ella visitava tutte le case
della congregazione a piedi o con l’ausilio di un carretto per esaminarne
l’andamento, le difficoltà e le necessità. Prima di lasciarle ricordava alle
suore che “la conversione delle anime è un’opera di Dio, un’opera della
sua grazia, che bisogna impetrare con la preghiera. .. Ricordiamoci che lo
spirito di preghiera nell’anima della Missionaria va sempre di pari passo con
il fervore, ed e il motivo principale del successo del lavoro intrapreso per il
bene delle anime e a lode di Dio”.
La fondatrice, quando si
avvide che le forze fisiche cominciavano a venirle meno, il 12-8-1935, dopo 30
anni di ininterrotto governo, si dimise dal compito di superiora generale. Fu
spiacente solo di non essere riuscita ad ottenere dalla S. Sede, per le sue 209
Missionarie della S. Famiglia, il decreto di lode a causa di pretese
ingiustizie da parte sua in quanto – secondo certe religiose – avrebbe arbitrariamente
inserito nel primo coro suore che, per il loro basso grado di istruzione,
avrebbero dovuto fare parte del secondo, cioè di quello delle converse.
Suor Leonarda e Suor Maria
Lamont, responsabili della casa di Bialystock, aperta appena da un anno, pregarono
la sorella Boleslava di andare ad aiutarle. La Beata accolse l’invito con gioia
perché sapeva che la nuova superiora non desiderava vederla tra i piedi. Poiché
possedeva il talento dell’organizzazione. in pochi anni ella accrebbe le suore
da tre a trenta, con le quali riuscì ad aprire due asili d’infanzia, corsi di
sartoria per ragazze, un ginnasio d’istruzione generale, una seconda casa
religiosa e. successivamente, due nuove sedi di lavoro: un convitto per ragazzi
e una mensa per l’intellighenzia povera. Assistette pure le donne che si
trovavano negli stabilimenti di pena, si occupò di chi era senza lavoro e adibì
alcune suore alla questua per l’erigenda chiesa di San Rocco.
Nel 1941, all’inizio della
sanguinosa seconda guerra mondiale, Dio mise Madre Boleslava alla prova
permettendo che fosse colpita da paralisi. La sua agonia durò cinque anni.
Senza perdersi d’animo approfittò della triste situazione per moltiplicare le
preghiere dal momento che disponeva di una cameretta a diretto contatto della cappella,
e per portare a termine il Direttorio o commento alle costituzioni, che
un po’ per giorno dettò alla sua segretaria.
Madre Boleslava morì il
29-1-1946 cosciente di avere sempre fatto in tutto la volontà di Dio. Fu
sepolta a Ratowo. Dal 1979 le sue reliquie sono venerate nella chiesa di
Sant’Antonio. Giovanni Paolo II ne riconobbe l’eroicità delle virtù il
22-1-1991 e la beatificò a Bialystock il 5.6.1991. Dagli scritti che lasciò
traspare quanto ritenesse massimo dono della divina Provvidenza la grazia della
vocazione missionaria ed ecumenica e quanto fosse radicata in lei l’idea
dell’intercessione e dell’espiazione a favore dei peccatori.
___________________
Sac. Guido Pettinati
SSP,
I Santi canonizzati del
giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno,
1991, pp. 374-379.
http://www.edizionisegno.it/