Una vera grande grazia per la Chiesa di Genova
Card. DIONIGI TETTAMANZI
Arcivescovo di Genova
La Chiesa di Genova, insieme alle Chiese sorelle di Piacenza e di Roma, è nella gioia spirituale ritenendosi, ancora una volta, benedetta da Dio e fecondata dal suo Spirito: il Santo Padre, infatti, domenica 9 aprile proclama beata la Madre Rosa Gattorno, nata e cresciuta a Genova, e qui vissuta per 35 anni, prima di passare a Piacenza e concludere la sua vita terrena a Roma. Come ha scritto il Papa nella sua lettera di preparazione al Grande Giubileo: «Le canonizzazioni e le beatificazioni… manifestano la vivacità delle Chiese locali. Il più grande omaggio, che tutte le Chiese renderanno a Cristo alla soglia del terzo millennio, sarà la dimostrazione dell’onnipotente presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo nelle varie forme della vocazione cristiana» (Tertio Millennio adveniente, 37).
La Chiesa genovese, dunque, è riconoscente al Signore perché si è degnata di scegliere una sua figlia per mostrarsi Santo in mezzo a noi (cfr Siracide 36, 3) e per rivelarsi Consolatore di tutti, specialmente di quanti sono colpiti dalle diverse forme di sofferenza e di disagio, attraverso il carisma specifico che Madre Rosa ha ricevuto in dono: chinarsi amorevolmente sulle ferite e sulle piaghe dell’umano dolore con un servizio materno di consolazione e di aiuto concreto in favore dei poveri, dei malati e sofferenti, dei giovani, delle famiglie, degli emarginati, ovunque si trovino. La beatificazione di Madre Rosa nell’anno giubilare ripropone alla nostra comunità diocesana quel forte e affascinante richiamo al «vero anelito alla santità» che Giovanni Paolo II instancabilmente indica come obiettivo essenziale e primario dell’Anno Santo 2000 (cfr Tertio Millennio adveniente, 42). Nessun cristiano può dimenticare che la santità è la «misura» che Dio ha pensato per il cammino spirituale di tutti, senz’alcuna eccezione, come attesta la categorica espressione del Signore: «Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matteo 5, 48). Per questo il riconoscimento ufficiale della santità particolare di Madre Rosa è per la Chiesa genovese una vera grande grazia, un invito suadente e incoraggiante a riproporre a se stessa – ai singoli e alle comunità – l’ideale impegnativo di vivere e di operare nella quotidianità con una fede in Cristo Gesù nostro Signore più convinta, più gioiosa e più missionaria: perché la Chiesa cresca in santità e perché la società si rinnovi nell’amore e nella dedizione alla verità e al bene. «La Chiesa di Genova – scrivo nella lettera pastorale Resta con noi, Signore, del 1996-97 – deve continuare a operare nel solco della sua ricca storia di carità e di servizio alle diverse forme di povertà, seguendo la luminosa tradizione dei suoi santi e delle sue sante, che hanno saputo ascoltare con il cuore, discernere con l’intelletto della fede e rispondere con la forza dell’amore di Dio alle piaghe sociali più dolorose del loro tempo… Sono esempi che provocano i singoli e le comunità ecclesiali a verificare di continuo criteri, motivazioni, forme d’intervento nella luce della vera carità, che è, insieme, dono dello Spirito e comandamento del Signore». Abbiamo dunque un’eredità viva che ci è stata consegnata e che oggi ci arricchisce di una nuova «figura spirituale», in attesa di un ulteriore arricchimento con l’ormai vicina beatificazione dell’Arcivescovo genovese Tommaso Reggio, il 3 settembre prossimo. Non ci è lecito disperdere o lasciare inutilizzata una simile eredità. Siamo piuttosto chiamati a proseguirla con rinnovata determinazione. Madre Rosa non è morta. Continua a vivere in Dio, e in qualche modo è ritornata a vivere e operare nella sua Genova. Infatti, una piccola comunità di tre suore Figlie di s. Anna ha preso dimora proprio nell’antica casa – vicino alla Chiesa Cattedrale di san Lorenzo – in cui Rosa Gattorno ha avuto la prima visione-intuizione del nuovo Istituto e dalla quale partiva, spesso anche di notte, per recarsi a visitare e ad assistere i malati e i poveri. Queste sue Figlie, con l’adorazione nella loro casa e in cattedrale ogni pomeriggio e con la presenza a domicilio tra le persone anziane, sole e povere, rendono ancora presente in Genova la loro Fondatrice, ne prolungano in modo umile e convinto la missione nel tessuto travagliato del Centro storico e sono per tutti noi un costante richiamo a tradurre la fede e la preghiera in carità operosa e disinteressata «perché il mondo creda».
Quella «rosa» tra le spine
MARIO PICCHI
In questi giorni celebriamo il primo centenario della morte di Rosa Gattorno (6 maggio 1900) e, contemporaneamente, ne celebriamo la solenne beatificazione da parte del Santo Padre in Piazza San Pietro, domenica 9 aprile di questo Anno Giubilare. Rosa Gattorno, nata a Genova il 14 ottobre 1831, è stata sposa, madre di tre figli, vedova a 34 anni e, quindi, nel 1866 fondatrice a Piacenza dell’Istituto delle suore Figlie di s. Anna, da cui nel tempo sono germinati nuovi virgulti: il ramo di vita contemplativa, l’Associazione pubblica di fedeli Figli di s. Anna (ramo maschile della Congregazione), l’Istituto secolare delle Figlie di s. Anna e il Movimento laicale della Speranza. Nel 1980 ebbi a vivere personalmente un’esperienza molto forte nei miei rapporti con le suore Figlie di S. Anna. Cercavo una casa dove ospitare una quarantina di giovani e di ragazze che stavano percorrendo un cammino di reinserimento sociale dopo la drammatica esperienza della droga. Ero disperato, perché la mancanza di un appoggio concreto rischiava di vanificare il difficile lavoro svolto fin lì con quei ragazzi; quando, nello spirito del
Lo sguardo amoroso verso gli oppressi
«Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli» (Mt 5, 1). Mentre si fa forte l’invito di Gesù perché i suoi discepoli gli si stringano intorno, lui continua a rivolgere lo sguardo sul mondo che gli sta ai piedi. Il passo mi pare illumini sul carisma di Madre Rosa, sul suo sguardo amoroso verso i tanti oppressi dall’ingiustizia, dalla miseria, dall’intolleranza. Madre Rosa accolse gioiosamente l’invito di Gesù ad accostarsi a lui per capire fino in fondo il significato delle beatitudini, senza mai dimenticare la realtà circostante. Il percorso tracciato da Dio per questa sua creatura non si fermò sul monte delle beatitudini, ma la sospinse oltre, fino alle pendici del Golgota, già accostato con la perdita dello sposo e di un figlio, tra povertà e umiliazione. E sarà il Crocifisso a tracciare la via che Madre Rosa avrebbe percorso con le sue figlie spirituali. In un mondo contrassegnato dal calcolo e dal potere che tendono a spegnere le lampade della speranza, la Gattorno ha rivelato, nella sua femminile fragilità, tutta la forza della fede che la sosteneva. Come un‘anfora nelle mani del vasaio, è stata docile strumento del cuore di Dio in una società profondamente segnata dai fremiti rivoluzionari, dalle guerre, dalle ingiustizie del suo tempo.
Una splendida stagione di apostolato
Sotto la sua guida l’Istituto delle Figlie di s. Anna ha sperimentato una stagione splendida di sacrifici, stupori e trepidazioni, con uno spirito missionario che ha condotto la giovane congregazione a oltrepassare «come volo di colomba» le frontiere per una concreta e amorevole presenza in ogni parte del mondo, così come aveva profetizzato alla fondatrice papa Pio IX, nell’udienza del 1866. Dalle favelas dell’America Latina a sperduti villaggi nel cuore dell’Africa, dall’India all’Australia e alle Filippine, dall’Egitto alla Palestina e ad Israele, le
Madre mistica e vittima di amore sensibile verso i poveri ed i sofferenti
VIRGINIA SINAGRA – Superiora Generale delle Figlie di s. Anna
Espressione di un singolare disegno di Dio per la Chiesa e il mondo, Rosa fu preparata nell’ambito familiare, quale figlia obbediente, sorella attenta al bene di tutti i congiunti, e sensibile verso i poveri e i sofferenti, a divenire Madre, Ricettacolo di comunicazioni ineffabili di Dio, e a offrirsi vittima in Gesù, Vittima divina, per i peccatori. Il susseguirsi di dolori e sacrifici in un matrimonio, contratto per disposizione paterna ma vissuto con fede e amore tenero, rivelatosi però disastroso, anziché abbatterne lo spirito contribuì a fare di lei un modello di fortezza cristiana nelle prove. La maternità crocifiggente, a causa dell’handicap della prima figlia, della morte prematura del terzo figlio e del disorientamento spirituale del secondo, introducendola, oltre che nel mistero divino della creazione, nella gratuità misericordiosa di Dio, la preparò ad una più ampia e inaspettata maternità che doveva essere segno e strumento della maternità e paternità divina nel mondo. Lo Spirito Santo ve la preparò nel periodo di vedovanza, introducendola a un livello di vita cristica estremamente esigente, da non lasciare spazio ad altro che non fosse il suo «Bene» e il servizio alla Chiesa e ai poveri in molteplici forme. A questo livello di maturità, Dio le mostrò il progetto che doveva realizzare. Lasciandosi espropriare da Cristo in un divenire costante, come ella stessa testimonia: «il mio Crocifisso ha cambiato la mia volontà con la sua, ed è infinitamente dolce e piacevole il non possederla», dilatò il suo cuore alla maternità spirituale che in tutt’uno con la prima, premessa di umana crescita, ha la sua origine nell’unica fonte: la Paternità e Maternità divina che creando l’uomo non lo abbandona a se stesso nel bisogno, suscitando alcuni che, chinandosi verso di lui, gli rivelino il suo volto di Padre e di Madre. Rosa fu una di questi. Ella realizzò la sua vocazione missione materna nella donazione eroica per densità d’impegni, di responsabilità e sofferenze vissute nella partecipazione intima alla passione di Cristo, testimoniando in tal modo l’amore misericorioso di Dio, che contemplava anche nella missione materna di s. Anna, e di Maria,
Madre del Verbo. Rosa, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, ascese alle vertiginose altezze della perfezione cristiana.
Seppe, specialmente nell’ora della prova, orientare le sue potenzialità affettive in Cristo Crocifisso aprendosi all’irruzione dello Spirito. L’invasione del divino acquistò svariate forme:
esperienza unitiva con le tre Persone divine, colloqui filiali con Maria e sant’Anna sua madre, con s. Francesco d’Assisi e altri Santi protettori dell’Istituto; introspezione dei cuori, doni di guarigioni. Nel tessuto umano divino di tale esperienza si legge il processo della sua appassionata identificazione con Cristo, il dispiegarsi della missione ricevuta da Lui esplicitamente: «Da te voglio quest’Opera», e il crescente zelo missionario: «Potessi ottenere di farti conoscere da tutto il mondo» alimentato dalla contemplazione dell’Amore di Dio non corrisposto. Causa, centro e meta di tutto il pellegrinaggio di Rosa: il caro Crocifisso e l’Eucaristia sperimentata quale fonte di rinnovato vigore, sacramento unificante, partecipazione speciale con Cristo Crocifisso e Glorioso, presenza viva contemplata nei diversi aspetti della sua offerta. Incisiva, chiara e attuale è la prospettiva Cristocentrica in cui nell’età matura rilesse il suo itinerario: «Il mio Crocifisso! In una via mi condusse; ero deforme e con la sua grazia mi rese bella; m’insegnava a patire e, come il miele delle api mi conservava il patire; questo si cambiava in dolcezza; con lezioni sublimi mi faceva capire come si traeva tanta squisitezza dal
patire, mentre la natura ne era ribelle. Quando, in terra boccone per non avere più forza per l’oppressione del dolore, mi affogavo, mi rialzava. Così camminando, seguendo le sue pedate non mi accorgevo che, tutta punture ne stavo addolorata, ma una forza da gigante mi sentivo».
Entrata nella logica del Patire-Amare di Gesù, vi aderì pienamente facendo sua l’estrema donazione di Cristo, in cui si rivela anche la pienezza di dono del Padre nello Spirito: «L’amore di Dio per noi si è manifestato nel fatto che Lui ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1 Gv 4, 9 ss). Consegnata totalmente nelle mani del Padre, sperando contro ogni speranza nella sua fedeltà, facendo sua la supplica di Cristo: «Nella sua vita terrena Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a Colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà» (Eb 5, 7), poté realizzare la vocazione- missione di offrirsi vittima in Lui, secondo quanto Gesù stesso le aveva confidato: «Una vittima d’amore desideravo, assai me ne compiaccio». Sublimi illuminazioni che la disposero ad abbracciare con amore incondizionato la pesante croce, tutte le tentazioni, le desolazioni spirituali, gli assalti del maligno, le umiliazioni, incomprensioni e ingratitudini innumerevoli, che forgiarono in lei la vittima che Gesù volle associare a sè nell’offerta per i peccatori.
Modellata dall’Amore che genera amore
NATALINA SOTGIA
Quando Rosa Gattorno vede la luce, il 14 ottobre 1831, Genova è da poco emersa dalla sua lunga e gloriosa storia di libera repubblica ed è divenuta, dopo la temporanea riduzione a provincia dell’impero napoleonico, parte integrante del Regno di Sardegna; e la cittadinanza
Rosa, entrata ormai nella pensosa stagione delle scelte della vita, in quell’ambiente vivace ma moralmente corretto tempra il suo carattere e vaglia le sue inclinazioni. Guidata da un saggio direttore spirituale si orienta per il matrimonio. Le occasioni non mancano; sia per l’elevata posizione sociale, sia per la già brillantemente affermata carriera professionale, tra gli altri, l’avvocato Tito Orsini sembra, al signor Gattorno, costituire un ottimo partito per la figlia prediletta. Ma più attente considerazioni circa le idee religiose e forse anche i costumi dell’Orsini fanno rivolgere la preferenza al lontano cugino Gerolamo Custo le cui doti morali e la correttezza del comportamento assicurano a Rosa un meno brillante ma più solido e sereno avvenire. Il matrimonio viene celebrato il 5 novembre 1852 e la stessa sera gli sposi partono per Marsiglia dove Gerolamo ha la sua sede di commercio. Della vita coniugale di Rosa Gattorno
Già piissima da giovinetta e sinceramente incline alla pietà verso i poveri e i sofferenti, sostenuta ora dalla Comunione quotidiana, con Cristo nel cuore diventa madre, sorella, amica di tutti coloro che soffrono. Oltre la cura assidua dei suoi bambini Rosa si dedica al servizio dei poveri e alle opere di zelo che fioriscono nella Genova del suo tempo. Il Signore la vuole fondatrice di una nuova famiglia religiosa segnata in modo particolare dal sigillo della maternità. Fondatrice e madre, dunque. Anzi mamma prima che fondatrice. Ma mamma che, distrutte le inevitabili scorie dell’umano al fuoco della più dolorosa delle rinunce, potrà realizzare la duplice dimensione della maternità naturale-spirituale con la purezza di cuore di
Già informato della qualità della visitatrice e del motivo della visita, il Papa Pio IX l’ascolta a lungo in silenzio, poi, con voce ferma, sentenzia: «Non devi differire dal compiere la volontà di
L’iter della causa
ANGELA FLORIO – Postulatrice
Dodici anni appena dalla sua morte, il 27 luglio 1912, nella sede del Vicariato di Roma ebbe inizio il Processo diocesano informativo sulla sua fama di santità; esteso, per rogatoria, anche alle sedi di Napoli, Palermo, Piacenza e Genova, sua patria di origine, si concluse il 26 gennaio 1927. I testimoni complessivamente escussi furono 125 (inclusi 7 contesti); e solo tre per conoscenza indiretta. Il complesso delle prove testimoniali, corredato degli scritti della Fondatrice, fu consegnato alla competente Congregazione (allora) dei Riti, per l’introduzione della Causa. Ottenuto il Nulla osta (3 aprile 1979), furono riconosciuti validi i Processi informativi (con Decreto 19 settembre 1991); e in conformità alla nuova procedura del Dicastero ecclesiastico, si passò direttamente all’esame delle virtù attraverso lo studio della relativa Positio super virtutibus, che, completata da un congruo apparato documentale, fu consegnata alla Congregazione delle Cause dei Santi il 21 novembre 1991. Il vaglio dei Consultori Teologi, conclusosi il 22 maggio 1998, condusse al riconoscimento dell’esercizio eroico di tutte le virtù, praticate dalla Gattorno, e fu ratificato dalla Sessione ordinaria dei
I Consultori teologi, deputati alla convalida ecclesiale del giudizio prettamente tecnico-scientifico, sancivano ulteriormente «la qualifica di miracolo di III grado» onde potersi «procedere verso la Beatificazione» (9 aprile 1999). Analogamente si pronunciavano i Padri Cardinali e Vescovi riuniti nella Sessione Ordinaria del 25 giugno, così che il 28 successivo, alla presenza di Giovanni Paolo II, veniva pubblicato il Decreto sul miracolo.
© L’OSSERVATORE ROMANO Domenica 9 Aprile 2000