“Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica”. Adozione (soprannaturale): è menzionata esplicitamente più volte in S. Paolo con termine giuridico proprio del linguaggio del tempo. Così nella Lettera ai Romani, 8, 15: «Voi infatti non avete ricevuto lo spirito di servitù per temere ancora, ma avete ricevuto lo spirito di adozione di figli, in forza del quale invochiamo: Padre!» (cfr. Efes. 1, 5; Gal. 4. 5).
Adozione (soprannaturale): è menzionata esplicitamente più volte in S. Paolo con termine giuridico proprio del linguaggio del tempo. Così nella Lettera ai Romani, 8, 15: «Voi infatti non avete ricevuto lo spirito di servitù per temere ancora, ma avete ricevuto lo spirito di adozione di figli, in forza del quale invochiamo: Padre!» (cfr. Efes. 1, 5; Gal. 4. 5).
Il termine richiama il concetto dell\’adozione giuridica in uso, che suole definirsi: gratuita assunzione d\’una persona estranea come figlio con diritto d\’eredità. Quest\’adozione umana è un surrogato morale della filiazione naturale, che crea un diritto nell\’adottato, ma non ne muta la natura o la personalità fisica. L\’adozione di cui si parla nella S. Scrittura trascende l\’ordine naturale e quindi anche il concetto dell\’adozione comune, con la quale conviene solo analogicamente. Difatti l\’uomo che risponde con la fede all\’appello di Cristo, secondo i documenti della rivelazione, viene arricchito di grazia santificante. che stabilisce tra la creatura e Dio un rapporto di paternità e di figliolanza in forza di una rigenerazione spirituale, che si risolve in una partecipazione ineffabile della stessa natura di Dio. Cfr. Giov. (Prol. dell\’Ev.): «diede loro la facoltà di diventare figli di Dio… i quali sono nati da Dio»; 2 Petr., 1, 4: «Ci ha largito i più grandi e preziosi doni che ci aveva promesso per renderci con essi partecipi della natura divina». L\’adozione soprannaturale dunque importa un\’intrinseca trasformazione dell\’anima, una vitale comunicazione divina, che rende l\’uomo «domesticus Dei» cioè della famiglia divina (Efes. 2, 19); simile a Dio nell\’essere e nell\’agire. Nell\’antica liturgia e negli scritti dei Padri l\’adozione divina è un motivo dominante: I Greci specialmente (S. Atanasio, S. Basilio, S. Cirillo Alessandrino) mettono in luce il rapporto tra la nostra filiazione adottiva e la filiazione naturale di Gesù C. rispetto al Padre e provano che l\’una è effetto dell\’altra. Gli Scolastici approfondiscono questa verità (cf. S. Tommaso) e dopo il Conc. di Trento i Teologi ne fissano l\’espressione in questi termini: l\’adozione è un effetto formale della grazia santificante, per cui il fedele diventa figlio di Dio e quindi fratello di Gesù C., suo coerede per la vita eterna.
L’Adozianismo, invece, è un errore cristologico che presenta Cristo non come Figlio vero, naturale di Dio. ma come Figlio adottivo. Questo errore è intimamente connesso col Subordinazianismo (v. questa voce) e fu divulgato a Roma nel II secolo da Teodoto Bizantino, scomunicato da Papa Vittore nel 190, e ad Antiochia nel III secolo da Paolo di Samosata, anch\’egli condannato. L\’Adozianismo e il Subordinazianismo negano sostanzialmente la divinità del Verbo, preparando così la via all\’Arianesimo (v. questa voce). Ma nel sec. VIII, nella Spagna, due vescovi, Felice ed Elipando, pur ammettendo la divinità del Verbo. Figlio naturale del Padre, pensano che Cristo, secondo la sua Umanità santa, possa dirsi Figlio adottivo di Dio. E\’ l\’Adozianismo mitigato. che fu proscritto anch\’esso (cfr. Conc. Francoford. e Foroiul.; DB, 311 e 3007; e la lettera di Adriano I ai Vescovi spagnoli: DE, 290). In realtà Cristo è soltanto Figlio naturale di Dio e non Figlio adottivo per ragione della sua Umanità, perché la filiazione ha come termine la Persona, che in Cristo è una sola, quella del Verbo, vero Figlio di Dio (v. questa voce).