La Gran Bretagna arbitra dell’equilibrio europeo


Prof. A. Torresani. 5. 1 La restaurazione della monarchia inglese – 5. 2 la “gloriosa rivoluzione” del 1688 – 5. 3 La guerra di successione spagnola – 5. 4 La Gran Bretagna di Robert Walpole – 5. 5 I conflitti coloniali – 5. 6 Cronologia essenziale – 5. 7 Il documento storico – 5. 8 In biblioteca


Cap. 5 La Gran Bretagna arbitra dell’equilibrio europeo



Dopo la guerra della lega d’Augusta, nel 1697, Luigi XIV aveva firmato una pace di compromesso, atteggiandosi a vincitore e arbitro d’Europa, ma in realtà aveva ceduto sulla questione delle tariffe doganali che apriva la Francia all’ingresso di merci olandesi e britanniche. Nei confronti dell’impero, per riaffermare la sua superiorità, la Francia continuava a sborsare denaro, impiegato dai principi tedeschi per rafforzare il loro esercito. Tutto il sistema ideato dal Re Sole appariva privo di dinamismo, condannato a esser superato dalla più vivace politica britannica.


Le guerre del XVIII secolo furono dettate dalla volontà francese di riaffermare le sua potenza e dalla volontà simmetrica della Gran Bretagna di mantenere l’equilibrio. Il pretesto più frequente cui ricorse la politica del tempo furono le successioni al trono, perché quando una dinastia si estingueva c’era la possibilità di ridisegnare la carta politica del continente. Il caso più clamoroso, a lungo atteso, fu la fine del ramo absburgico di Spagna: alla morte di Carlo II, privo di discendenti, la lotta si accese tra gli eredi che potevano vantare qualche titolo.


Nel 1740 si aprì un nuovo conflitto, questa volta provocato dalla Prussia di Federico II che mirava alla conquista della regione mineraria della Slesia, prendendo a pretesto la successione, giudicata irregolare, di Maria Teresa sul trono imperiale.


I nuovi rapporti di forza affermati sul continente europeo spinsero la Gran Bretagna a un clamoroso rovesciamento delle alleanze: non più l’impero, bensì la Prussia di Federico II andava sostenuta per battere le velleità di egemonia francesi. Infatti l’esercito di Federico II sembrava più efficiente dell’esercito absburgico per opporsi alla Francia e alla Russia. Le conseguenze di quel rovesciamento furono il riavvicinamento tra le posizioni francesi e imperiali. Federico II decise di giocare d’anticipo, scatenando la guerra dei Sette anni che determinò i rapporti di forza sul continente europeo fino alla rivoluzione francese.



5. 1 La restaurazione della monarchia inglese



Dopo la morte di Cromwell, nel 1658, i generali lottarono per la supremazia, finché all’inizio del 1660 il più astuto, George Monck, lasciò la Scozia e discese in Inghilterra. Acquartierò l’esercito e poi radunò ciò che rimaneva del Long Parliament di Cromwell. Il Monck riammise in Parlamento i presbiteriani, epurati nel 1648, per equilibrare la presenza di numerosi repubblicani; fece proclamare i diritti della Camera dei Lord e infine sciolse la Camera dei Comuni indicendo nuove elezioni.


I monarchici risultano in maggioranza Il nuovo Parlamento aveva una maggioranza di monarchici e perciò Carlo II Stuart ritornò in Inghilterra e assunse il potere, dopo aver decretato il principio secondo cui i poteri dello Stato risiedono congiuntamente nel re, nei Lord e nei Comuni. La restaurazione fu opera del Monck, presbiteriano, fautore di una monarchia temperata dal Parlamento, da una forte aristocrazia e dalla Chiesa di Stato. Tuttavia i presbiteriani non ottennero la tolleranza effettiva e il sistema costituzionale britannico rimase ambiguo.


Carlo II alla ricerca dell’autonomia finanziaria Per prima cosa Carlo II cercò di fare a meno del Parlamento, necessario per votare i sussidi alla corona. A Carlo II furono assicurati gli introiti delle dogane, delle imposte di consumo e della tassa di bollo, sufficienti in tempo di pace. La crescente prosperità del paese fece aumentare le entrate della corona da 1.200.000 a circa 2.000.000 di sterline annue, sufficienti a mantenere, oltre la flotta e un piccolo esercito, la diplomazia e la casa reale.


Orientamento filofrancese di Carlo II Carlo II era cugino di primo grado di Luigi XIV nei cui confronti mantenne un atteggiamento di benevola neutralità. Dopo il 1674 l’Inghilterra fu libera da conflitti e ciò permise il suo successo economico, perché la marineria britannica sostituì sui mercati più fiorenti quella olandese impegnata dalle guerre di Luigi XIV. Nel 1662 Carlo II sposò Caterina di Braganza, portoghese e cattolica, che recò in dote il territorio di Bombay, il primo nucleo di penetrazione britannica nell’India occidentale: il matrimonio fu favorito da Luigi XIV per procurarsi l’alleanza inglese contro Filippo IV di Spagna, ma la presenza di una cattolica a corte non piacque agli inglesi che iniziarono un’ostinata azione contro i cattolici esclusi dalla vita politica mediante due Test Act (1673 e 1678) a norma dei quali occorreva ricevere la comunione secondo il rito anglicano per accedere alle cariche pubbliche.


Continuano le tensioni religiose Il problema religioso rimaneva acuto: in Irlanda i cattolici erano discriminati; in Scozia i presbiteriani non furono aiutati dal re che pure avevano riportato al potere; nell’Inghilterra i calvinisti lottavano contro la Chiesa anglicana; il re, infine, era filocattolico non per convinzioni personali, bensì perché l’alleanza con Luigi XIV poteva schiacciare le Province Unite con la speranza di ereditarne i profitti commerciali.


La Dichiarazione d’indulgenza Nel marzo 1672 Carlo II fece promulgare una Dichiarazione di indulgenza, che sospendeva le leggi penali contro i dissidenti dalla Chiesa anglicana, permettendo ai cattolici di praticare il culto nelle loro case. Due giorni dopo il re dichiarava guerra alle Province Unite. Nel 1673 il Parlamento si riunì imponendo al re la revoca della Dichiarazione di indulgenza, affermando che solo il Parlamento aveva il diritto di sospendere le leggi penali. Si coglie qui il nucleo di una corrente di opinione che poi dette vita al partito Whig, mentre il partito della corona fu chiamato Tory.


Il duca di York si converte al cattolicesimo Nel 1673 un altro avvenimento aveva contribuito a surriscaldare l’ambiente: la conversione al cattolicesimo di Giacomo Stuart, duca di York, fratello del re, seguito dal suo matrimonio con Maria Beatrice d’Este, cattolica e in grado di dargli figli. Dal matrimonio precedente, Giacomo Stuart aveva avuto due figlie, Maria e Anna; si sapeva, inoltre, che Carlo II non avrebbe avuto figli e perciò l’erede al trono era Giacomo. C’era la possibilità che Giacomo potesse avere un figlio maschio che avrebbe perpetuato il cattolicesimo a corte. Il Parlamento britannico corse ai ripari col Test Act e con la revoca della Dichiarazione di indulgenza che da una parte ribadivano la subordinazione di Scozia e Irlanda all’Inghilterra, e dall’altra imponevano un limite al tentativo di assolutismo di Carlo II. Nel 1678 accadde un singolare caso di panico collettivo, la cosiddetta “congiura papista”.


La Congiura papista Nella legislazione britannica esisteva una strana asimmetria nelle pene inflitte dai tribunali, perché il furto di un oggetto era punito con la condanna a morte, mentre lo spergiuro, anche quando provocava la condanna a morte di un innocente, era considerato un reato non grave. Tale asimmetria permetteva di inventare congiure che coivolgevano personaggi potenti, nella speranza che venissero condannati a morte. Se poi costoro riuscivano a dimostrare la propria innocenza, il falso accusatore poteva cavarsela con qualche anno di prigione. Titus Oates fu l’eroe negativo di un caso clamoroso: fece la strabiliante dichiarazione giurata al giudice protestante Godfrey circa l’esistenza di una congiura diretta dal papa e dai Gesuiti ai danni del re per portare il fratello Giacomo al trono. Godfrey fu trovato morto nei pressi di Hamstead nell’ottobre 1678. Tutti si convinsero della realtà della congiura e Godfrey fu dichiarato vittima dei Gesuiti: il conte di Shaftesbury collaborò con Oates per montare il processo che condannò a morte una ventina di cattolici, decretando per gli altri una sorta di infamia perenne.


Si formano i partiti Tory e Whig Anche nel corso di questo processo i due potenziali partiti Tory e Whig ebbero occasione di contrapporsi, perché il primo sosteneva la tesi del diritto divino dei re, mentre il secondo elaborava una più sottile prassi politica. Molti in Inghilterra si erano convinti dell’inutilità della condanna a morte di Carlo I, ma mentre i Tory spingevano la loro obbedienza fino al punto di eseguire anche gli ordini del re ritenuti errati, i Whig rimisero in onore la vecchia teoria del diritto comune secondo cui il re non può sbagliare e l’intesero nel senso che può sbagliare il ministro, ovvero l’organo tecnico che ha preso una decisione per il re: in altri termini, il re non è responsabile, mentre lo sono i suoi ministri, che rispondono al Parlamento del loro operato (di qui la necessità che il Parlamento sia sempre aperto). I Whig erano dunque i sostenitori del protestantesimo, del governo parlamentare e della responsabilità dei ministri, ossia di una svolta costituzionale che sanciva il potere acquisito dalla borghesia nei confronti della nobiltà.


Il problema della successione Sull’onda della “congiura papista”, i Whig vollero affrontare il problema della successione, presentando in Parlamento l’Atto di esclusione, per negare il diritto alla successione di Giacomo Stuart e dei figli nati dal secondo matrimonio, a favore di Maria e Anna, le figlie protestanti di Giacomo. La Camera dei Lord respinse il progetto e il Parlamento nel 1681 fu sciolto. Carlo II poté disfarsi di alcuni dei suoi avversari: Shaftesbury andò in esilio col segretario che in seguito diventerà famoso, John Locke; Titus Oates andò in prigione, ma non per falsa testimonianza, bensì per non aver pagato la multa di 100.000 sterline inflittagli per calunnia nei confronti di Giacomo duca di York.



5. 2 La “gloriosa rivoluzione” del 1688



Carlo II morì nel 1685 dopo un regno di pace per la Gran Bretagna e di evidenti buoni affari operati da una marineria capace e intraprendente.


Ricostruzione di Londra Londra era stata distrutta dal fuoco nel 1666, ma fu ricostruita sulla base di un piano regolatore che prevedeva strade larghe e piazze maestose, in luogo dei vicoli maleodoranti della Londra medievale. L’attività prevalente era ancora quella agricola, ma ormai si stava affermando una borghesia industriale, risoluta a far valere la sua visione del mondo.


Politica di Giacomo II Mentre Carlo II era stato elastico, venale, opportunista, Giacomo II era onesto, caparbio, ostinato. Volle affermare il potere assoluto della monarchia e assicurare ai cattolici libertà di culto. Cambiò i collaboratori, congedando i consiglieri di Carlo II, ma non fu felice nelle scelte. Il re tentò di far abrogare il Test Act e di far entrare nell’esercito ufficiali cattolici, ma il Parlamento non si piegò e nell’esercito cominciò a serpeggiare il dissenso. Quando Luigi XIV revocò in Francia l’editto di Nantes, in Inghilterra fu indetta una colletta per aiutare i profughi francesi: era un chiaro segnale di tempesta. Nel febbraio 1686 il re emanò la Dichiarazione di indulgenza per la Scozia e sondò i parlamentari per fare la stessa cosa in Inghilterra.


Guglielmo d’Orange Guglielmo d’Orange, marito di Maria, la figlia protestante di Giacomo II, inviò in Inghilterra un fiduciario. Questi ebbe contatti con gli oppositori del re per formare un fronte comune contro Giacomo II, che dopo aver costatato l’opposizione del Parlamento all’abrogazione del Test Act, lo sciolse. Nel 1687 il re fece aprire al culto una cappella cattolica nel palazzo di Whitehall, un gesto interpretato come provocazione. Ancora più grave fu il ricevimento solenne del nunzio papale e la nomina di un Gesuita nel Consiglio privato della corona.


Guglielmo d’Orange interviene nella politica inglese Guglielmo d’Orange e Maria resero pubbliche le loro critiche all’operato di Giacomo II, dichiarandosi favorevoli a mantenere il Test Act. Guglielmo era spinto anche dalla difficile situazione politica europea che si stava avviando alla guerra della Lega d’Augusta (1688-1697) e cercava di impedire che l’Inghilterra scendesse in guerra a fianco della Francia.


Dichiarazione di indulgenza Nel maggio 1688 Giacomo II promulgò la Dichiarazione di indulgenza anche per l’Inghilterra: i vescovi anglicani si rifiutarono di leggerla ai fedeli nelle chiese e perciò furono arrestati e imprigionati nella Torre. A Giacomo II nacque anche l’erede maschio, Giacomo III: probabilmente questa circostanza dette la spinta finale alla ribellione. Anche esercito e marina mostravano segni di scontentezza: emissari segreti inviati a Guglielmo d’Orange gli fecero capire che il momento del colpo di Stato era giunto.


Preparativi di sbarco in Inghilterra Le Province Unite fecero assoldare marinai e soldati. Le forze navali francesi non intervennero, forse perché Luigi XIV voleva rendere più malleabile Giacomo II facendogli correre qualche rischio. Il 15 novembre la flotta olandese gettò le ancore e i soldati iniziarono la marcia su Londra.


L’esercito di Giacomo II si sbanda Nell’esercito di Giacomo II iniziarono le diserzioni: la più famosa è quella di John Churchill, più tardi duca di Marlborough, il generale più capace dell’esercito del re. Il re decise la fuga in Francia.


La “gloriosa rivoluzione” Guglielmo d’Orange rimase stupito della rapidità e facilità del suo successo in quella che la pubblicistica successiva chiamò “gloriosa rivoluzione”, ottenuta senza spargimento di sangue: ora doveva trovare una soluzione interna perché Luigi XIV aveva scatenato la guerra contro le Province Unite, e Guglielmo d’Orange era comandante delle truppe del suo paese. L’Irlanda stava proclamando l’indipendenza e in Scozia erano numerosi i partigiani di Giacomo II.


Il Parlamento dichiara vacante il trono Il Parlamento decise che “Giacomo II, avendo tentato di sovvertire la costituzione di questo regno, infrangendo il contratto originario tra monarchia e popolo, e avendo per consiglio di Gesuiti e di altre persone malvage violato le leggi fondamentali, ed essendosi allontanato da questo regno, ha abdicato al governo, per cui il trono è vacante”. I Lord si opposero a quest’ultima affermazione, che il trono fosse vacante: Guglielmo d’Orange minacciò di andarsene se non gli avessero concesso il titolo di re a pieno diritto.


Guglielmo III re d’Inghilterra Le Camere si accordarono proclamando re sia Guglielmo III sia Maria. La successione fu assegnata in seconda linea ad Anna, perché i sovrani non avevano figli. Il 23 febbraio Guglielmo III e Maria sottoscrissero la Dichiarazione dei diritti che delimitava i loro poteri.


L’Inghilterra a capo della lega antifrancese Questi eventi hanno avuto, nella storia successiva, un’importanza decisiva. L’Inghilterra sotto la guida di Guglielmo III, oltre a esser divenuta la maggiore potenza economica, si mise alla testa della coalizione europea contro Luigi XIV, che col denaro olandese e britannico era invincibile.


Giuramento di fedeltà ai sovrani Alcuni rappresentanti della Chiesa anglicana resistettero per non esser confusi coi non conformisti, ma furono una minoranza. Grande successo, invece, ebbe il Toleration Act a favore dei non conformisti protestanti. Esclusi dalla tolleranza furono i cattolici e gli antitrinitari: Locke fornì la famosa giustificazione, ossia che i cattolici erano sudditi di un sovrano straniero e quindi potenziali traditori; gli antitrinitari furono assimilati agli atei, potenziali spergiuri perché, non ammettendo l’esistenza di Dio, non si sentivano obbligati in coscienza ad alcunché. D’altra parte i cattolici erano ora identificati con i giacobiti ossia con i partigiani di un pretendente al trono che si proponeva di rovesciare il governo dello Stato e le sue leggi.



5. 3 La guerra di successione spagnola



La Spagna, alla fine del XVII secolo, si trovava in una situazione tragica. Le forze del re Carlo II d’Absburgo declinavano e non c’era un erede: in casi del genere la successione era pericolosa per l’integrità dello Stato.


I pretendenti al trono di Spagna Le corti europee, in primo luogo Luigi XIV che vantava i diritti più consistenti, preparavano progetti segreti di spartizione del regno di Spagna. Carlo II e il Consiglio di Stato, al contrario, cercavano la soluzione in grado di mantenere intatti i possedimenti di quella che era stata una grande potenza. Nel 1698 i consiglieri di Carlo II ritennero d’aver trovato la soluzione, nominando erede il giovanissimo Francesco Ferdinando, pronipote di Carlo II. Questa soluzione era inappuntabile, ma fu frustrata dalla morte del principe.


Il testamento di Carlo II Carlo II di Spagna firmò un nuovo testamento che prevedeva quattro possibilità di successione legittima, escludenti ogni tipo di spartizione: in primo luogo Filippo d’Angiò, pronipote di Luigi XIV, a patto che rinunciasse al diritto di successione al trono francese; il duca di Berry, fratello del precedente, alle stesse condizioni; in terzo luogo veniva il figlio dell’imperatore Leopoldo I, Carlo; infine, il duca di Savoia. Il testamento fu reso noto il 1° novembre 1700 alla morte di Carlo II di Spagna.


Filippo d’Angiò re di Spagna La notizia giunse a Versailles il 9 novembre e una settimana dopo Luigi XIV accettò a nome di Filippo d’Angiò, subito proclamato re di Spagna e spedito con buona scorta a Madrid. Nel 1701, Luigi XIV fece proclamare dal Parlamento di Parigi che Filippo V di Spagna conservava i diritti di successione al trono di Francia; poi, mediante una procura di Filippo V, si fece concedere il diritto di governare i Paesi Bassi spagnoli: l’esercito francese si affrettò a occupare le piazzeforti della barriera, sloggiando le truppe olandesi. Gran Bretagna e Province Unite riconobbero la successione di Filippo V al trono spagnolo, ma subito dopo presero accordi con l’imperatore Leopoldo I per formare una coalizione europea contro Francia e Spagna per evitare la possibilità di un sovrano a capo dei due regni.


Inizia la guerra di successione spagnola Fin dal 1701, prima ancora della dichiarazione di guerra, l’imperatore Leopoldo I inviò in Lombardia il principe Eugenio di Savoia per farvi sloggiare il generale francese Catinat. Nel 1702 in Gran Bretagna morì Guglielmo III e iniziò il regno della regina Anna. Il governo Whig accelerò i preparativi della guerra contro la Francia con una determinazione senza precedenti. Nel maggio 1702 le tre potenze – impero, Gran Bretagna, Province Unite – dichiararono guerra alla Francia.


Le forze militari contrapposte Il rapporto di forze, nel 1702, sembrava più favorevole a Luigi XIV che nella guerra precedente, perché questa volta accanto a lui c’era il nipote Filippo V re di Spagna, il duca di Savoia, l’elettore di Colonia, la Baviera e il Portogallo. È chiaro che era la Francia a dover finanziare i suoi alleati: il suo esercito era il più potente, ben addestrato e ben diretto dal Vendôme e dal Villars. L’esercito di terra dei coalizzati era formato di molti contingenti, ma il nucleo più forte era l’esercito imperiale, uscito vittorioso dalla guerra coi Turchi e guidato da un generale di eccezionale valore, il principe Eugenio di Savoia. Anche l’Inghilterra trovò in John Churchill duca di Marlborough un grande generale e un politico fine. La flotta francese, invece, era nettamente inferiore a quella degli alleati.


Piano di guerra di Luigi XIV La strategia di Luigi XIV era di entrare in Germania, congiungere il suo esercito con quello bavarese, richiamare in Germania l’esercito che operava in Piemonte e spingersi su Vienna. La prima parte del piano riuscì e il Villars riuscì a battere le truppe imperiali a Höchstädt sul Danubio nel settembre 1703, ma l’esercito francese operante in Italia fu bloccato dal principe Eugenio.


Defezione del Portogallo e della Savoia Nel 1703 Luigi XIV fu abbandonato da due alleati minori, i cui territori avevano tuttavia notevole importanza strategica: il Portogallo che temeva l’unione con la Spagna, si affidò alla protezione britannica e ciò permise l’ingresso del commercio britannico nel Brasile. La seconda defezione fu quella del duca di Savoia Vittorio Amedeo che si alleò con l’imperatore in cambio dell’assicurazione del sicuro possesso dei suoi territori.


Sollevazione degli ugonotti delle Cevenne Nell’anno 1704 il Villars fu costretto a lasciare l’armata del Danubio e a ritornare in patria per reprimere l’insurrezione delle Cevenne, dove i famosi camisard ugonotti praticavano la guerriglia partigiana pericolosa per Luigi XIV.


Vittoria del Marlborough a Blenheim In Germania, il duca di Marlborough si congiunse col principe Eugenio, comandante delle truppe imperiali. La battaglia avvenne nei pressi di Blenheim nell’agosto 1704: al termine del combattimento i franco-bavaresi avevano lasciato sul campo 30.000 soldati, tra morti, feriti e prigionieri. Nello stesso anno i coalizzati sbarcarono il candidato imperiale al trono di Spagna, l’arciduca Carlo, a Gibilterra: da allora la famosa rocca è rimasta in mani britanniche. L’unico successo di Luigi XIV fu l’occupazione della Savoia.


La guerra in Piemonte, in Spagna, nei Paesi Bassi Nel 1705 gli Inglesi passarono all’attacco in Spagna, bloccando dal mare la Catalogna insorta contro la Castiglia: Barcellona capitolò nell’ottobre di quell’anno e l’arciduca Carlo si insediò in quella città. Il Vendôme scese in Piemonte e pose l’assedio intorno a Torino, resistendo all’attacco del principe Eugenio. Nel 1706 nuovi insuccessi di Luigi XIV: Filippo V, mentre tentava di conquistare la Catalogna, perse Madrid, occupata da un’armata anglo-portoghese: Carlo fu proclamato re di Spagna. Qualche settimana prima un’altra vittoria del Marlborough a Ramillies aveva permesso l’occupazione dei Paesi Bassi. I rappresentanti delle Fiandre e del Brabante riconobbero Carlo come re di Spagna. Presto, tuttavia, il Marlborough fu bloccato dal generale francese Vendôme, passato dall’Italia ai Paesi Bassi, mentre il suo successore in Italia, la Feuillade, fu sconfitto a Torino dalle truppe del principe Eugenio nel 1706. Anche se Filippo V riuscì a recuperare Madrid, la situazione generale era critica per Luigi XIV.


La guerra del Nord Come si è detto, la situazione delle guerra del Nord era favorevole a Carlo XII di Svezia, che nel 1708 riuscì a insediare sul trono di Polonia Stanislao Leszczynski e a inseguire in Sassonia Augusto II, battendolo nei pressi di Lipsia. Carlo XII ottenne il riconoscimento di Stanislao e la permanenza delle sue truppe in Sassonia. Proprio in quel momento Pietro di Russia attaccò a fondo in Polonia, costringendo Carlo XII a dirigersi verso est col suo esercito, lasciando liberi gli alleati antifrancesi di riunire i loro eserciti. Il principe Eugenio e il duca di Marlborough sconfissero nelle Fiandre le truppe francesi al comando del Vendôme conquistando la città di Lille.


Ancora guerra nelle Fiandre Nel giugno 1709, vicino a Denain, il principe Eugenio e il duca di Marlborough furono sconfitti; la battaglia riprese a settembre presso Malplaquet e fu una vittoria alleata, sia pure a un prezzo tanto alto da non poter inseguire i Francesi. Di fatto si rese necessaria una tregua nel corso della quale Luigi XIV fece compiere alla Francia una sforzo disperato per reclutare un’armata di 250.000 uomini per il cui mantenimento il re fece fondere il vasellame d’oro e d’argento di Versailles.


Declino del potere del Marlborough Nel 1710 i Tory andarono al potere in Gran Bretagna e il duca di Marlborough non trovò più l’appoggio incondizionato del nuovo governo alla sua politica bellicosa. In Spagna le truppe francesi colsero, invece, un significativo successo, dopo una serie di sconfitte, quando un’armata di soccorso guidata dal Vendôme entrò in Spagna e sconfisse le truppe inglesi e imperiali (dicembre 1710).


Lento avvio dei negoziati di pace Nel 1711 cominciarono i negoziati di pace, accelerati dalla morte di Giuseppe I, figlio dell’imperatore Leopoldo. Non lasciando eredi, il trono imperiale passò al fratello minore Carlo, in quel momento pretendente al trono di Spagna, una circostanza che nessuno degli alleati accettava perché avrebbe significato la ricostituzione dell’impero di Carlo V. All’est, la guerra del Nord conobbe la tragedia di Carlo XII.


Trattative tra Francia e Gran Bretagna Le trattative di pace per porre fine alla guerra di successione spagnola durarono circa due anni, condotte con puntigliosa costanza da Luigi XIV, e concluse per volontà del governo britannico. Luigi XIV riconosceva la legittimità della successione al trono inglese di Guglielmo III, della regina Anna e di Giorgio I di Hannover; in secondo luogo prometteva un trattamento privilegiato al commercio inglese e si impegnava a fargli avere l’asiento, ossia il monopolio del commercio degli schiavi con le colonie spagnole d’America. Luigi XIV, infine, si impegnava a separare la corona di Francia da quella di Spagna.


La pace di Utrecht Dopo questi preliminari il congresso si riunì a Utrecht dove la distanza tra le parti in conflitto apparve ancora grande. Nel luglio 1712 il principe Eugenio ricevette dall’imperatore l’ordine di riprendere le ostilità, essendo insoddisfatto delle condizioni a lui fatte. Il Villars, tuttavia, riuscì a mettere in difficoltà l’esercito imperiale, costringendolo a ritirarsi nei Paesi Bassi. Tra il 1712 e il 1713 il governo britannico fece pressioni sugli alleati minori inducendoli ad accettare la pace: solo l’imperatore Carlo VI rifiutò di partecipare alle trattative.


Le clausole della pace di Utrecht Nell’aprile 1713 i rappresentanti della Francia da una parte, della Gran Bretagna, delle Province Unite, del Portogallo e della Prussia dall’altra firmavano la pace di Utrecht. Fu ridisegnata la carta d’Europa, tenendo presente la nuova bilancia delle forze.


1. Le frontiere della Francia rimangono quelle precedenti la guerra.


2. Filippo V è riconosciuto re di Spagna con le colonie d’America, ma la Spagna si impegna a escludere la possibilità di unione dei due regni borbonici.


3. La Gran Bretagna ottiene la fine di ogni impegno francese a favore degli Stuart: Giacomo III deve esser espulso dalla Lorena. Inoltre è riconosciuta l’occupazione britannica di Gibilterra e di Minorca; dell’Acadia e di Terranova in Canada. Ancora più importanti le concessioni commerciali: la Francia si impegna a privilegiare i rapporti commerciali con la Gran Bretagna, accordandole il trattamento di nazione amica; l’asiento ossia il monopolio degli schiavi africani da introdurre in America; l’istituzione del vascello di permesso in base al quale una nave inglese può trasportare ogni anno 500 tonnellate di merci nel Messico.


4. Le Province Unite ottengono solo la conferma del possesso delle fortezze formanti la barriera.


5. Il duca di Savoia ottiene la conferma dei suoi territori e la Sicilia che gli assicura il titolo di re (poco più tardi, nel 1718, la Sicilia verrà permutata con la Sardegna, certamente più povera, ma più facile da controllare).


6. All’elettore di Brandeburgo si riconosce il titolo di re di Prussia, con un piccolo territorio nella Gheldria, e il principato di Neuchâtel in Svizzera.


7. L’imperatore Carlo VI, solo dopo aver tentato ancora una volta la sorte delle armi, riceve nella pace firmata nel castello di Rastatt nel Baden, i domini esterni della Spagna: il ducato di Milano, i Presidi in Toscana (Piombino, Talamone, Orbetello ecc.), il regno di Napoli e la Sardegna (poi scambiata con la Sicilia).


8. L’elettore di Baviera è ristabilito nel suo Stato.


La guerra del Nord continuò ancora per alcuni anni, ma nel 1714 era già chiaro il fallimento dell’egemonia svedese sul Baltico, anche là con sostanziali vantaggi per il commercio britannico.



5. 4 La Gran Bretagna di Robert Walpole



La regina Anna morì nel 1714. Si poneva il problema della successione, risolto rapidamente dai Whig, assegnando il trono a Giorgio I di Hannover, pronipote di Giacomo I.


Fallisce un tentativo di sollevazione in Scozia Nel 1715 ci fu un tentativo di sollevazione in Scozia attuato dal pretendente al trono Giacomo III Stuart, ma la ribellione fu prontamente stroncata. La vittoria dei Whig fu completa.


Trionfo del parlamentarismo britannico La caduta degli Stuart e dei Tory che ne erano i naturali sostenitori produsse anche la caduta della concezione dell’origine divina del potere dei re, dell’ideologia che fungeva ancora da supporto della monarchia francese. In Gran Bretagna si affermò definitivamente la teoria per cui il potere del re è moderato dal Parlamento, che esprime un premier dotato di ampi poteri.


Robert Walpole Robert Walpole giunse al potere nel 1720 e vi rimase fino al 1742. Egli comprese che doveva rafforzare la stabilità della monarchia hannoveriana, conciliandole la nobiltà di campagna, giudicata un fattore di stabilità; ampliare il commercio internazionale; evitare conflitti religiosi e tener lontana la Gran Bretagna da guerre sul continente europeo.


Potenza economica della Gran Bretagna La Gran Bretagna, uscita rafforzata dalla guerra di successione spagnola, aveva esuberanza di capitali da investire nel commercio e lo fece con una passione in qualche caso eccessiva come avvenne nel caso delle Compagnia dei mari del sud. Questa compagnia aveva rilevato il commercio col Brasile e con le colonie spagnole d’America.


Fallimento della Compagnia dei mari del sud Volendo accaparrarsi la maggior parte del mercato azionario, la Compagnia propose al governo di rilevare l’ingente debito pubblico britannico al tasso del 4% annuo con l’intenzione di rifondere i creditori dello Stato con azioni della Compagnia. All’inizio le cose andarono bene e le azioni della Compagnia dei mari del sud arrivarono a esser quotate fino a dieci volte il loro valore nominale, poi i principali possessori di azioni cominciarono a vendere, e il mercato azionario crollò. La più solida Compagnia delle Indie orientali e la Banca d’Inghilterra operarono il salvataggio della situazione accettando di rilevare due terzi del debito pubblico britannico.


Disordine finanziario in Francia Anche in Francia esisteva un immenso debito pubblico e il reggente Filippo d’Orléans, che governò dal 1715 al 1722 in nome del giovanissimo Luigi XV, cercava i modi per ridurlo. Il reggente credette d’aver trovato l’uomo adatto in John Law, figlio di un banchiere di Edimburgo. Anche in Francia esistevano grandi capitali finanziari nelle mani di privati che anelavano a moltiplicare il loro denaro. Il Law era convinto che il denaro fosse un mezzo di scambio, e che la ricchezza di una nazione si basasse sulla popolazione e sulla disponibilità di merci. Il Law individuò nella scarsità di moneta la causa del ristagno commerciale francese, e progettò l’emissione di carta-moneta da parte di una banca garantita dal credito della real casa. Il Law assicurava che questa era la via battuta dalle Province Unite e dall’Inghilterra che, pur avendo enormi debiti pubblici, riuscivano a pagare gli interessi passivi con i profitti del commercio internazionale.


La Compagnia d’Occidente Il reggente Filippo d’Orléans rimase convinto e concesse al Law le patenti per aprire nel 1716 una banca privata che subito si affermò. L’anno dopo il Law ottenne la patente regia per fondare la Compagnia d’Occidente col compito di aprire al commercio la Luisiana, le Indie occidentali e il Canada. Nel 1718 la Compagnia occidentale fu garantita dallo Stato, e assorbì le Compagnie francesi di commercio col Senegal, con le Indie orientali, con la Cina, con l’Africa. Il nuovo colosso finanziario entrò in conflitto con gli appaltatori generali che pagavano allo Stato una somma forfettaria e poi passavano alla riscossione delle imposte indirette. Il Law fece allo Stato un’offerta superiore a quella degli appaltatori generali, assicurandosi anche la riscossione delle imposte. Non contento, il Law propose di addossarsi il debito della real casa al tasso d’interesse del 3%, offrendo ai creditori azioni della Compagnia d’Occidente il cui valore di mercato era superiore al valore nominale. La Francia ricca fu presa dalla frenesia di possedere quelle azioni miracolose.


Fallimento della Compagnia d’Occidente Tuttavia, la Compagnia d’Occidente fece pochi affari, almeno in rapporto all’eccessiva emissione di azioni – denaro di carta – e per qualche tempo si ricorse all’espediente di pagare i dividendi dei vecchi azionisti col denaro raccolto presso i nuovi sottoscrittori. Quando le azioni raggiunsero un valore pari a quaranta volte il valore nominale, i più furbi tra gli speculatori cominciarono a vendere. John Law tentò di frenare il movimento all’ingiù, ma nel dicembre 1720 il suo colosso finanziario dichiarò fallimento. Di riforme finanziarie e di carta moneta non si parlò fino al tempo della rivoluzione francese.


Solidità della struttura finanziaria britannica Questi due episodi, per certi aspetti analoghi, ma opposti nel loro esito, rivelano la solidità della struttura finanziaria e mercantile britannica, in grado di assorbire anche i passi falsi dei suoi finanzieri. La massima preoccupazione del Walpole fu di rendere razionale la politica fiscale del governo, di regolamentare il commercio internazionale senza incepparlo e di impedire ogni prelievo fiscale eccessivo, a vantaggio dei seguaci della sua politica, i medi e piccoli proprietari di campagna che avevano grande importanza elettorale. Infatti, i gentiluomini di campagna fornivano allo Stato gratuitamente la funzione di giudici di pace e molti deputati al Parlamento, mentre i grandi proprietari manovravano le elezioni nei loro villaggi in modo di assicurare la nomina di uomini di loro fiducia che in Parlamento si schieravano coi Tory. Nel 1742 Walpole si dimise, ma il sistema politico gli sopravvisse.



5. 5 I conflitti coloniali



La guerra di successione austriaca fu combattuta dalla Gran Bretagna con l’attenzione sempre rivolta agli sviluppi coloniali della vicenda bellica: il rifiuto britannico di aumentare i finanziamenti alle Province Unite e all’impero absburgico condusse alla composizione del conflitto in Europa con la pace di Aquisgrana del 1748.


Dal Walpole a William Pitt Il premier che prese il posto del Walpole, Henry Pelham, morì nel 1754 e il successore, il duca di Newcastle, rimase poco tempo al potere. Costui era un abile amministratore, ma si rivelò incapace di guidare la politica estera del paese in un momento di profondi rimescolamenti diplomatici (il rovesciamento delle alleanze). Senza che l’opinione pubblica britannica se ne rendesse conto, l’Inghilterra si trovò implicata nella guerra dei Sette anni, scatenata dal nuovo alleato continentale, Federico II di Prussia. Giorgio II fu costretto a nominare un personaggio a lui poco gradito, William Pitt il Vecchio che diresse la politica britannica nel corso della guerra, cogliendo successi strepitosi.


Giorgio III Nel 1760 Giorgio II morì e gli successe il nipote Giorgio III il quale si proponeva di guidare un governo prono alla sua volontà. William Pitt dette le dimissioni perché il re gli negò la dichiarazione di guerra alla Spagna. Fu attuata, al contrario, una politica di compromesso che condusse, all’inizio del 1763, alla firma dei trattati di Parigi e di Hubertusburg: la Francia cedette il Canada, ma riebbe le isole di Martinica e Guadalupe, ottime come basi navali per tentare in futuro di infrangere l’egemonia britannica sull’America settentrionale.


Le colonie spagnole d’America All’inizio del XVIII secolo la situazione delle colonie spagnole d’America era precaria. Benché ci fossero numerosi abitanti e i territori fossero giudicati ricchi, tutti erano scontenti: la madrepatria perché trovava le spese di amministrazione troppo elevate, e i coloni perché non ricevevano ciò di cui avevano bisogno.


Decadenza dell’amministrazione coloniale spagnola Sotto il governo degli ultimi re d’Absburgo, l’amministrazione delle colonie decadde in misura pari alla decadenza politica della madrepatria: molti viceré, governatori, giudici ecc. avevano acquistato la carica e andavano in colonia per rifarsi delle spese sostenute. Dopo il 1648 l’esercito e la flotta spagnola non riuscirono più a difendere coste troppo esposte ai pirati e al contrabbando.


Inglesi, Francesi, Olandesi nelle Antille Inglesi, Francesi e Olandesi si erano insediati, accanto agli Spagnoli, nelle grandi e piccole Antille. Cuba rappresentava l’area più importante a causa dei cantieri navali; sull’isola era coltivato molto tabacco e canna da zucchero. Le Antille erano considerate il paradiso dei mercanti che vi portavano schiavi scambiandoli con tabacco, zucchero, rum.


Il commercio con gli indiani del continente L’introduzione dei superalcolici tra gli indiani fu, nel XVIII secolo, un flagello non inferiore alle epidemie del XVI secolo. Pur di avere alcolici, armi da fuoco, coltelli, chincaglierie ecc., gli indiani non esitavano a stabilire una dipendenza dai mercanti europei, impedendo l’evoluzione della loro società dalla struttura tribale a quella statale, adattandosi alla condizione di cacciatori di castori e di volpi per avere in cambio armi da impiegare nelle guerre tribali.


L’esperimento delle Reducciones I Gesuiti percepirono chiaramente il pericolo di estinzione degli indiani e cercarono di evangelizzarli tenendoli lontano dal contatto con i mercanti bianchi, nel Canada, nella California e lungo il fiume Paranà (è il noto esperimento delle Reducciones), ma l’avvento della dinastia dei Borbone in Spagna comportò l’estensione a quel paese e ai suoi domini americani di una decisa politica di limitazione della proprietà ecclesiastica e di ostilità al clero regolare culminata nel 1773 con l’espulsione dei Gesuiti dai territori dominati dalle dinastie borboniche. Il processo di distruzione della società indiana crebbe insieme con gli affari dei mercanti europei.


Ripresa della pirateria britannica Per mantenere il controllo delle Antille, alla Spagna sarebbe occorsa una flotta stabile in quell’area geografica, rifornita con continuità di viveri e di uomini. Ma le Antille non producevano grano o carne in misura sufficiente per gli equipaggi. La Gran Bretagna, al contrario, poteva contare sull’agricoltura delle Tredici colonie: la Carolina produceva molto riso, il Massachussetts forniva pesce secco e salato, e molti porti da Charleston a New York offrivano rifugio e rifornimenti alla flotta britannica.


I problemi dell’industria mineraria Le finanze spagnole dipendevano dalle periodiche rimesse di argento americano, trasportato da un’intera flotta per far fronte ai pirati. Anche l’industria mineraria non si sviluppò in misura soddisfacente e non fece da volano delle attività economiche. Bastava un naufragio per ridurre i profitti e far fallire gli imprenditori che non avevano un sistema assicurativo simile a quello britannico.


Contrabbando britannico Il governo spagnolo pubblicava a ripetizione grida volte a proibire il commercio di stranieri nelle colonie spagnole, ma esso stesso si trovava nell’impossibilità di rifornire i propri sudditi. Il contrabbando assunse grandi dimensioni e per reprimerlo sarebbero occorse forze di polizia impensabili.


Riforma del sistema coloniale In realtà, nel XVIII secolo furono promosse nell’America latina, soprattutto al tempo di Filippo V e di Carlo III, alcune riforme amministrative di indubbia efficacia. Il vicereame del Perù fu diviso in tre vicereami: Nuova Granata con capitale La Paz (ora Bogotà); Rio de la Plata con capitale Buenos Aires; Perù con capitale Lima. L’immenso vicereame della Nuova Spagna non fu diviso perché i territori aridi del nord – dal Texas alla California, inclusi negli USA a partire dal 1846 – non avevano la densità di popolazione e le risorse per far fronte alle spese di amministrazione.


Sorge il problema dei creoli Dal punto di vista sociale, la Spagna non seppe valorizzare il ceto emergente dei creoli (gli spagnoli nati in America): le cariche principali nell’esercito e nella burocrazia erano conferite solo a spagnoli provenienti dalla madrepatria. Dopo la dichiarazione d’indipendenza delle colonie britanniche (1776), i creoli si orientarono verso l’indipendenza che avrebbe permesso al loro ceto di accedere al potere politico.


Le Tredici colonie d’America Nel 1714 le colonie britanniche della costa atlantica erano ancora abbarbicate alla fascia costiera fino alla catena degli Appalachi, per una profondità di circa 200 chilometri. La caratteristica principale era l’incessante aumento della popolazione, passata da 400.000 abitanti del 1715 a oltre 1.250.000 nel 1750, per arrivare a circa 2.000.000 nel 1763.


Inizia la marcia verso ovest Gli ultimi arrivati cominciarono a risalire le valli orientali degli Appalachi e degli Allegheny e a discendere un poco alla volta nelle valli del Tennessee e dell’Ohio, fino a raggiungere la valle del Mississippi e la zona dei grandi laghi. I nuovi immigrati giungevano con le famiglie, disboscavano ampie zone di terreno, scacciando gli animali selvatici e i cacciatori indiani dai territori occupati.


Lo spazio attenua i contrasti religiosi Non mancavano i contrasti religiosi perché i nuovi venuti erano in maggioranza presbiteriani, quaccheri e più tardi metodisti che avevano abbandonato la Gran Bretagna per non sottostare al Test Act, tuttavia l’immenso spazio che era possibile occupare permetteva ai vari gruppi religiosi di praticare il loro culto in libertà.


Industria e commercio nella Nuova Inghilterra Gli Stati della Nuova Inghilterra, a causa del clima, non si prestavano all’agricoltura, bensì svilupparono la pesca e il commercio, potendo contare sui banchi di pesce intorno all’isola di Terranova e su buoni porti intorno ai quali fiorirono numerosi cantieri navali.


Prodotti coloniali del sud Gli Stati meridionali – Georgia, Virginia, Carolina del nord e del sud – avevano un clima subtropicale che favoriva le coltivazioni di riso, indaco, cotone, tabacco. Il clima non era favorevole ai bianchi che spesso soffrivano di malaria e febbre gialla, ma l’introduzione di schiavi negri risolse i problemi più acuti della manodopera.


Insediamento francese nella Luisiana Tuttavia, alla metà del XVIII secolo, la marcia verso ovest incontrò i Francesi che si erano insediati nella valle del San Lorenzo, nella baia di Hudson e nella valle del Mississippi fino alla foce nel Golfo del Messico. L’insediamento francese, tuttavia, era scarso di numero (circa 50.000 abitanti) e molto disperso.


La politica nei confronti degli indiani Si è accennato alla diversa politica adottata dalle due potenze coloniali nei confronti degli indiani. Mentre i Francesi inviarono subito missionari che tentarono, talora con successo, la conversione degli indiani, mirando ad averli alleati nella penetrazione in nuovi territori di caccia; gli Inglesi, al contrario, non cercarono alcun approccio con gli indiani sul piano religioso. Distruggendo i boschi, toglievano agli indigeni il loro tradizionale ambiente di vita senza integrazione o convivenza pacifica. Questo fondamentale dualismo tra il Canada che, in cambio di pellicce chiedeva i prodotti industriali dell’Europa, e le Tredici colonie che già miravano all’autosufficienza, spiega perché il Canada non si unì alle Tredici colonie al tempo della dichiarazione d’indipendenza nel 1776, quando entrambe quelle aree si trovavano sotto la dominazione britannica.


Le colonie come detonatore delle guerre europee Le guerre di successione austriaca e dei Sette anni furono condotte sul continente europeo da eserciti che contavano decine di migliaia di soldati, mentre le guerre in America furono combattute da piccoli avamposti che contavano i soldati a centinaia: ma i veri obiettivi di quei conflitti vanno cercati nel nuovo mondo.


Guerra coloniale anglo-francese Nel 1744 scoppiò la guerra tra Gran Bretagna e Francia avente come obiettivo il commercio dello zucchero, sfuggito di mano ai Francesi perché la loro flotta non poteva venir rifornita. Il trattato di Aquisgrana (1748) sopraggiunse senza che i nodi politici e commerciali fossero stati risolti e tutto rimase come prima.



5. 6 Cronologia essenziale



1660 Il generale Monk restaura la monarchia in Gran Bretagna riportando sul trono Carlo II Stuart.


1673 Col Test Act il parlamento britannico esclude i cattolici e i non conformisti dalle cariche politiche.


1687 Guglielmo d’Orange e Maria Stuart si dichiarano a favore del mantenimento del Test Act.


1688 Trionfa la “gloriosa rivoluzione”: Giacomo II fugge in Francia.


1689 Guglielmo III d’Orange e Maria sono proclamati re e sottoscrivono la Dichiarazione dei diritti a favore del Parlamento.


1702 Inizia la guerra di successione spagnola combattuta da Austria, Province Unite, Gran Bretagna da una parte, Francia e Spagna dall’altra.


1704 Il duca di Marlborough sconfigge i francesi a Blenheim.


1706 L’arciduca Carlo è proclamato re di Spagna. Il duca di Marlborough occupa i Paesi Bassi spagnoli e il principe Eugenio di Savoia sconfigge i Francesi a Torino.


1709 Austriaci e Inglesi sono sconfitti dai Francesi a Denain ma si riprendono con la vittoria di Malplaquet.


1709 I Russi sconfiggono gli Svedesi nella battaglia di Poltava.


1713 Con la pace di Utrecht si conclude la guerra di successione spagnola.



5. 7 Il documento storico



Il Bill of Rights del 1689 segna il trionfo definitivo del Parlamento inglese sulla monarchia. Si tratta di una data importante nella storia del parlamentarismo perché a partire da quel momento nessun re inglese cercherà di togliere potere al Parlamento. Come risulterà chiaro dalla lettura del documento che segue, si tratta della vittoria del partito Whig che vede accolte tutte le sue richieste.



“In queste circostanze i detti Lords spirituali e temporali e i Comuni, oggi riuniti in virtù delle loro lettere ed elezioni, costituendo insieme la rappresentanza piena e libera della Nazione, e considerando gravemente i mezzi migliori per raggiungere lo scopo suddetto, dichiarano anzitutto (come i loro antenati hanno sempre fatto in simili casi), per assicurare i loro antichi diritti e libertà:


1. Che il preteso potere dell’autorità reale di sospendere le leggi o l’esecuzione delle leggi, senza il consenso del Parlamento, è illegale.


2. Che il preteso potere regio di dispensare dalle leggi o dall’esecuzione delle leggi, come è stato usurpato ed esercitato per il passato, è illegale.


3. Che la commissione che ha eretto l’ex corte dei commissari per le cause ecclesiastiche, e tutte le altre commissioni e corti della stessa natura, sono illegali e perniciose.


4. Che una esazione di denaro per la corona o al suo uso, sotto pretesto di prerogativa, senza il consenso del Parlamento, per un tempo più lungo o in una maniera diversa da quella che è o sarà consentita dal Parlamento, è illegale.


5. Che è un diritto dei sudditi presentare delle petizioni al re, e che gli imprigionamenti e processi a causa di queste petizioni, sono illegali.


6. Che la leva o il mantenimento di un’armata nel regno, in tempo di pace, senza il consenso del Parlamento, è contraria alla legge.


7. Che i sudditi protestanti possono avere per loro difesa delle armi conformi alla loro condizione e permesse dalla legge.


8. Che le elezioni dei membri del Parlamento devono essere libere.


9. Che la libertà di parola, di discussione o di procedura in seno al Parlamento, non può essere intralciata o messa in discussione in nessuna corte o altro luogo fuor che il Parlamento stesso.


10. Che non si possono esigere cauzioni, né imporre ammende eccessive, né infliggere pene crudeli e inusitate.


11. Che la lista dei giurati scelti deve essere stesa in buona e dovuta forma ed essere notificata; che i giurati i quali, nei processi di alto tradimento, decidono sulla sorte delle persone, devono essere dei liberi proprietari.


12. Che i condoni e le promesse di ammende e confische, fatte a persone particolari, prima che sia raggiunta la convinzione del delitto, sono illegali e nulle.


13. Che infine, per rimediare a tutti i torti, e per il miglioramento, il rafforzamento, la difesa delle leggi, il Parlamento dovrà essere frequentemente riunito”.



Fonte: Le carte dei diritti, a cura di F. BATTAGLIA, Firenze 1946, pp. 27-28.



5. 8 In biblioteca



Per la storia di questo periodo si consulti di M.S. ANDERSON, L’Europa del Settecento, Ed. di Comunità, Milano 1972. Per la storia della scienza si consulti di A. KOYRÉ, Dal mondo del pressapoco all’universo della precisione, Einaudi, Torino 1967.