L’OSSERVATORE ROMANO, Lunedì – Martedì 21-22 Aprile 1997
Un cammino sulle orme di Cristo
FRANCIS KEIICHI SATO
Vescovo di Niigata
Il 5 febbraio scorso, presente l’inviato speciale del Santo Padre, Cardinale Szoka, è stato solennemente celebrato il 400° anniversario dei 26 Protomartiri del Giappone sul luogo stesso del martirio, a Nagasaki. Durante tutto quest’anno la Chiesa giapponese, nel ricordo del loro martirio, riceverà molti incoraggiamenti e consigli al fine d’imitarne l’esempio. Indubbiamente noi tutti dobbiamo imitare l’esempio dei martiri. Tuttavia il martirio c’insegna una cosa ancora più importante.
Cioè: che è la forza di Dio che ha creato i martiri. È vero che i martiri furono uomini di profonda fede. Tuttavia anch’essi erano uomini; inoltre, tra di loro, c’erano anche dei bambini. A Kyoto fu tagliato loro un orecchio. Vennero poi fatti camminare per più di un mese in mezzo alla neve fino a Nagasaki: questo fu veramente un viaggio crudele e doloroso. Tuttavia nessuno di loro disse: «voglio fermarmi». Anzi, lungo la strada se ne aggiunsero due.Non espressero odio e risentimento; anzi, rendendo lode a Dio con gioia, si lasciarono appendere alle croci e accettarono il martirio.
Anche per loro seguire Cristo fu molto difficile e il martirio una dura lotta. Ma riuscirono in questa impresa perché credevano in Gesù. Io sono convinto che il Signore fu molto soddisfatto di loro e diede loro la forza di superare le difficoltà e le sofferenze. È importante rendersi conto che quando la forza del Signore opera, l’uomo viene trasformato tanto e può diventare forte fino a quel punto. Bisogna far sapere alla gente che il martirio è più un’opera di Dio che uno sforzo dell’uomo. Paolo dice: «Se poi Cristo non è risuscitato, allora è vana anche la vostra predicazione, ed è pure vana la vostra fede» (1 Cor 15, 14). Cioè la fede nella Risurrezione è il fondamento del Cristianesimo. Il Cristo Risorto è tuttora con noi. Ci sostiene ci rinforza, ci sprona con la sua presenza. Lo prego perché la Chiesa del Giappone sia una Chiesa che ha più fiducia nella forza del Signore che nello sforzo e nel lavoro dell’uomo.
Religiosi e laici accomunati dalla suprema testimonianza di fede
SALVATORE ZAVARELLA
S. Pierbattista Blásquez nacque da Pietro e Maria Blásquez, tra le più nobili famiglie di Spagna a San Estéban del Valle diocesi di Avila nel 1549. Studiò grammatica e belle lettere in Avila e quindi studiò teologia nella celebre università di Salamanca. A 22 anni abbracciò l’Ordine Francescano professando la Regola nel 1567. Compiuti gli studi in vari Conventi dell’Ordine, venne nominato predicatore e quindi lettore di Filosofia e teologia con tale perizia da essere il più bel vanto della medesima Provincia. Nel 1580 abbandonò la Spagna per le Missioni al seguito del servo di Dio fr. Antonio di San Gregorio diretto verso le Filippine. Si fermò in Messico dandosi alla predicazione del Vangelo da diventare un nuovo apostolo. Dopo 3 anni mise mano alla fondazione della Provincia francescana di San Diego erigendovi in poco tempo tre Conventi che provvide di venti religiosi. Quindi passò a Michoácan a fondarvi un altro convento. Nel 1583 salpò alla volta delle Filippine, preceduto dalla fama delle sue virtù. A Manila eresse il famoso convento di San Francesco al Monte dove si ritirò in contemplazione.
Nel Capitolo della Provincia nel 1589 fu eletto Provinciale e durante il suo governo edificò molti conventi, specialmente lungo la riviera di Baí e nella vasta Provincia di Camarines. Si diede ad esercitare il ministero apostolico, sempre a piedi nudi, in tutte le isole del vasto arcipelago di cui fu l’angelo tutelare raccogliendo in pochi anni copiosissimi frutti spirituali.
La fama della sua santità fece il giro di tutte quelle isole e giunse perfino in Spagna, nella corte di re Filippo II, il quale lo presentò Vescovo della nuova Caceres, cioè Camarines.
Ma non solo fu illustre per santità e miracoli operati in vita, ma dottissimo, specie nelle scienze divine. Nel 1593 fu inviato in Giappone e subì il martirio il 5 febbraio 1597.
Fr. Francesco di S. Michele nacque nel 1543 nel castello chiamato «La Parrilla» in diocesi di Palenza a poca distanza da Valladolid, nella vecchia Castiglia, da Francesco de Andrada e Chiara d’Arco, ambedue ragguardevoli famiglie per nobiltà e per esercizio di virtù cristiane. A 16 anni di età entrò tra i Frati Minori della Provincia dell’Immacolata Concezione professando la Regola francescana nel 1560 nel Convento di Calaorra, in qualità di semplice Fratello laico.
Dopo 3 anni di vita penitente e devota, fu mandato nel Santuario di Abrojo che onorò con la sua santa vita. Desideroso di maggior perfezione nel 1567 passò alla più austera Provincia degli Scalzi di S. Giuseppe. In compagnia di S. Pierbattista, partì alla volta delle Missioni. Aiutò S. Pierbattista nella fondazione della nuova Provincia di San Diego e nell’evangelizzazione dei Chichimeci. Nel 1583 passò con lui nelle Filippine. Inviato ad evangelizzare la vasta Provincia di Camarines fu arricchito da Dio con il dono dei miracoli e l’apprendimento prodigioso della lingua locale mai studiata. Operò molte conversioni. Da Camarines passò a Manila ove esercitò l’ufficio di portinaio ed attese inoltre alla cura degli infermi nell’ospedale della città.
S. Gonzalo García nacque nel 1557 a Bazain, nelle Indie Orientali, a 400 Km. da Goa, da padre portoghese e da madre delle Isole Canarie. Dopo la fanciullezza fu inviato a studiare dai gesuiti dove si distinse per ingegno e virtù. Non aveva ancora 15 anni quando, abbandonando la patria in compagnia di alcuni missionari, raggiunse nel 1572 il Giappone dove si diede al commercio. Lasciò questo mestiere e divenne catechista dei Padri gesuiti nelle loro peregrinazioni apostoliche. Le sue argomentazioni e il suo zelo indussero molti ad abbracciare il Cristianesimo. Dopo circa dieci anni si mise nuovamente in mare alla volta delle Filippine, edificando tutti con la santità di vita. A Manila nel 1587 vestì l’abito di S. Francesco nel Convento degli Osservanti
Scalzi di S. Maria degli Angeli, della stessa città, dove l’anno seguente all’età di 31 anni ne professò la Regola alla presenza di S. Pierbattista allora Custode, con il quale avrebbe poi conseguito la palma del martirio. Dopo alcuni anni di vita penitente nel suddetto Convento e in servizio ai malati nell’ospedale di Manila, si guadagnò l’appellativo di santo. Ma i disegni imperscrutabili della Provvidenza lo condussero nuovamente nel Giappone insieme all’ambasciata di S. Pierbattista e compagni. Fr. García fece da interprete al suo santo superiore nell’esporre all’imperatore Taicosama i motivi della loro ambasciata. L’umiltà di quei messaggeri della Fede, più che i doni del governatore delle Filippine, accattivarono la benevolenza del tiranno ottenendo piena libertà di annunciare il Vangelo.
S. Martino Aguirre dell’Ascensione, Francescano, era nato a Guipuzcoa nella Spagna e aveva 30 anni. Era di una purezza di cuore straordinaria. Avvertito dai superiori di tenersi pronto per andare nelle Filippine, egli andò a piedi fino a Siviglia per poi imbarcarsi. Nel vecchio convento francescano egli soleva passare le notti in preghiera, facendo a turno con un altro frate. Il suo lavoro missionario in Giappone (Osaka) fu di breve durata.
S. Filippo di Gesù, messicano, aveva 24 anni. La sua giovane vita era stata tutto un dedalo di vie incrociate, una gara di forza tra Cristo e Filippo, in cui nessuno dei due voleva darsi per vinto.
Però alla fine Cristo emerse vincitore e Filippo è ora ansioso di riguadagnare il tempo perduto. Sarà il primo a morire.
S. Francesco Blanco era nato a Monterrey (Galizia-Spagna) ed era venuto in Giappone con S. Martino dell’Ascensione. Come questo, era anche lui andato a piedi fino a Siviglia prima d’imbarcarsi e arrivare così, via Messico, alle Filippine.
S. Paolo Miki era nato nel distretto di Tsunokuni. Figlio del valoroso soldato Miki Handayu, da bambino era stato educato nelle scuole dei gesuiti di Azuchi e Takatsuki. Conosceva le vicissitudini della Chiesa del Giappone. Stimava la sua vocazione di predicare il Vangelo più di ogni altra cosa ed era già quasi vicino all’ordinazione sacerdotale. Era il migliore predicatore della nazione. Rimase silenzioso solo quando il colpo dell’esecutore trapassò il suo cuore. Aveva solo 30 anni.
S. Diego Kisai, fratello coadiutore gesuita. Aveva una profonda devozione verso la Passione di Cristo. A 64 anni aveva conosciuto privazioni d’ogni genere. Nato a Okayama, gli era stato dato l’incarico di accudire agli ospiti della residenza dei gesuiti.
S. Giovanni da Goto, un vero ritratto d’innocenza e di gioia, impiegò la sua corta vita di 19 anni usandola nel servizio di Dio. Nato nelle Isole di Goto da genitori cristiani, aveva studiato con i gesuiti, prima a Nagasaki e poi nella scuola di Shiki (Amakusa), che era un centro di formazione per catechisti. Lavorava ad Osaka sotto la direzione del P. Morejon quando il Signore gli offrì la palma del martirio.
S. Ludovico Ibaraki, il più giovane del gruppo, aveva solo 12 anni. Era nato in Owari ed era nipote di Paolo Ibaraki e di Leone Karasumaru, suoi compagni di martirio. Lungo tutta la marcia verso Nagasaki ed anche sulla croce rivelò un coraggio ed un morale così alto, come riferisce il P. Blanco, da stupire tutti.
S. Antonio Cheng, era nato a Nagasaki da padre cinese e madre giapponese. Era un ingenuo bambino di 13 anni. Aveva ricevuto l’educazione primaria alla scuola dei gesuiti di Nagasaki. Andò poi nel convento dei francescani in Osaka. Per il ragazzo la cosa più dolorosa fu vedere la propria mamma che piangeva non lontano dalla sua croce. Morì martire cantando.
S. Paolo Ibaraki nacque in Owari da una famiglia di samurai. Battezzato dai gesuiti, la sua fede dovette attraversare un duro tempo di crisi e solo negli ultimi anni poté trovare la pace dell’anima, grazie ai francescani di Kyoto. Condusse una vita molto povera, vivendo accanto al convento francescano della Madonna degli Angeli, gestendo una piccola distilleria di vino, per poter aiutare la famiglia. Malgrado fosse povero, riusciva tuttavia a dare una mano ad altri più poveri di lui. Era anche attivo come predicatore.
S. Francesco da Kyoto era un falegname, risoluto e leale, che insistette nel voler seguire i Martiri, finché fu arrestato e poté seguire il gruppo.
S. Cosma Takeya, fabbricatore di spade della città di Owari, era stato battezzato dai gesuiti e aveva lavorato come catechista con i francescani di Osaka.
S. Pietro Sukejiro era un giovane di Kyoto, inviato dal P. Organtino per attendere ai Martiri nel loro viaggio verso Nagasaki. La sua devozione a questo dovere gli assicurò la grazia di aggiungersi al loro numero.
S. Michele Kozaki, nativo di Ise, aveva 40 anni. Era fabbricante di archi. Era già cristiano quando per la prima volta incontrò i frati. Per la sua abilità di falegname fu di grande aiuto nel costruire conventi e chiese francescane a Kyoto e a Osaka.
S. Francesco da Kyoto al tempo del martirio aveva 48 anni. Era dottore in medicina e zelante predicatore. Ancora pagano usava portare al collo un rosario appartenuto a Otomo Sorin, il signore cristiano di Bungo. La Divina Provvidenza lo mise a contatto con i francescani e, dopo il battesimo suo e la conversione della moglie, visse vicino al convento, curando gli ammalati gratis e portandoli a Cristo.
S. Tommaso Danki, farmacista, di carattere estremamente violento, con l’aiuto di Dio si addolcì e divenne un catechista dal cuore buono e gentile. Cristiano da molti anni, aveva aperto la sua farmacia accanto al convento francescano della Madonna degli Angeli.
S. Giovanni Kinuya, aveva 28 anni ed era originario di Kyoto. Tessitore e mercante di seta era stato da poco battezzato dai francescani. Le sue stoffe di seta liscia e dai colori brillanti, esprimevano bene le qualità delle preghiere e dell’amore di Giovanni.
Quella di S. Gabriele da Ise, fu un’altra giovane vita generosamente offerta al Signore a 19 anni. Paggio di un alto ufficiale di Kyoto, cambiò padrone per entrare nel servizio di Dio. Convertito da fr. Gonzalo Garcia, fece rapidi progressi nel cammino verso Dio.
S. Paolo Suzuki, era di Owari e aveva 49 anni. La sua croce era all’estremità della fila e la sua voce, infiammata di zelo, poteva udirsi distintamente. Di carattere focoso — e le varie cicatrici sul suo corpo l’avrebbero potuto attestare — eccelleva per lo zelo apostolico. Era uno dei migliori catechisti dei francescani e incaricato dell’ospedale di S. Giuseppe a Kyoto.
Di S. Mattia «adaucto» non sappiamo assolutamente nulla. I soldati erano in cerca di un altro Mattia, introvabile. Il nostro santo si offrì al suo posto per far onore al suo omonimo aggiunto al Collegio degli Apostoli al posto di Giuda. I soldati furono lieti d’accettarlo. L’accettò anche Dio!
S. Leone Karasumaru veniva da Owari. Bonzo in gioventù, era stato convertito da un gesuita giapponese. Quando arrivarono i francescani egli divenne il loro appoggio principale. Trattandosi di costruire una chiesa, di comprare un pezzo di terreno o aprire un ospedale, i frati potevano sempre contare su Leone. Zelante catechista e uomo di preghiera era la figura principale tra i martiri secolari.
La giovane vita di S. Bonaventura da Kyoto porta i segni delle imperscrutabili vie della Provvidenza. Battezzato da bambino, perse presto la mamma. Un giorno venne a sapere che era stato battezzato. Si recò subito dai francescani a Kyoto, suo luogo natale, ansioso di avere ulteriori informazioni. Lì ritrovò la pace dell’anima.
S. Gioacchino Sakakibara, nativo di Osaka, aveva 40 anni. Fu battezzato da un catechista gravemente ammalato e prestò la sua opera per la costruzione del convento dei francescani a Osaka dove rimase come cuoco. Pur avendo un carattere molto forte, eccelleva per la gentilezza e la prontezza nel servire la comunità.
S. Tommaso Kozaki era un giovane di 14 anni, dalle maniere rudi, che aveva tuttavia un cuore bello come le perle della sua nativa Ise. Era già cristiano quando, aiutando il padre come falegname, venne a contatto con i francescani. Al termine del suo lavoro, rimase con essi in convento, applicandosi totalmente al servizio divino.
La dura persecuzione e il martirio
I francescani giunsero in Giappone nel 1593. Pionieri furono Pierbattista Blásquez e Bartolomeo Ruiz. Si stabilirono a Kyoto, dove costruirono la chiesetta dedicata a Santa Maria degli Angeli, con evidente riferimento alla Porziuncola di Assisi. A loro si aggiunsero altri confratelli. Intorno alle loro residenza sorse un villaggio denominato «Gli Angeli». Ben presto si diffuse a Myako, Osaka, Nagasaki. Il loro ministero fu stroncato dalla persecuzione. Per loro, come per altri, la condanna a morte fu eseguita mediante crocifissione. La sentenza diceva: «Io Hideyoshi condanno costoro a morte perché, nonostante la mia proibizione, hanno predicato e abbracciato la dottrina cristiana; ordino che siano crocifissi a Nagasaki e che rimangano esposti in croce».
P. Pierbattista, come superiore della Missione, nell’impossibilità di potersi muovere, intensificò con la dovuta prudenza i contatti epistolari per confortare confratelli e cristiani e per esortarli alla pazienza e al coraggio e dando istruzioni perché in caso di un suo forzato allontanamento dal Giappone o della sua condanna a morte, la Missione non avesse a soffrire. I Martiri, dopo essere stati mutilati di parte dell’orecchio sinistro, caricati a tre a tre su carri attraversarono le città di Kyoto, Osaka e Sakay sopportando un tormentoso viaggio di 26 giorni, d’inverno, fino a Nagasaki. Al mattino del 5 febbraio 1597 i soldati li condussero su di una piccola altura che dominava il porto, li legarono alle Croci recanti la motivazione della loro condanna. Quella fila di croci lunga 70 metri su cui pendevano 26 eroi molto sereni e con il canto sulle labbra era uno spettacolo di terribile grandezza. Alcuni pregavano in silenzio, altri cantavano inni e salmi, altri perdonavano ad alta voce l’imperatore e i carnefici, i tre fanciulli facevano coraggio ai genitori esortandoli a non piangere, altri, convertendo la croce in pulpito, predicavano a quanti assistevano a perseverare nella Fede.
Tra le ore 11 e 12 i carnefici trafissero il loro petto con lance. Pierbattista e compagni avevano consumato il loro sacrificio. Sui loro corpi appesi alla croce furono visti globi luminosi, mentre molte meteore brillanti fendevano il buio della notte e con il sangue raccolto devotamente, si ottennero guarigioni improvvise e la risurrezione di un fanciullo.
Il loro trionfo fu riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa. Il 14 settembre del 1627 Urbano VIII li dichiarava Beati e Pio IX, l’8 giugno 1862, li canonizzava.
La presenza francescana nel Giappone di oggi.
MARIO T. CANDUCCI
L’Ordine francescano dei Frati Minori ha 800 anni di vita nel mondo e 400 in Giappone. Quattro anni dopo l’arrivo dei primi frati in questo paese, esattamente il 2 febbraio 1597, sei di essi e 17 fratelli dell’Ordine Francescano Secolare professarono in modo tragico la loro fede sul colle di Nishizaka a Nagasaki, l’unico porto aperto alle navi estere. Quest’anno si festeggia il 400° anniversario di quel martirio e perciò gli occhi dei cristiani di tutto il mondo fissano il «Calvario» giapponese.
La presenza francescana in questo paese si spense gradualmente verso la metà del 1600 a causa della persecuzione atroce scatenata dalla famiglia regnante (Shogun) dei Tokugawa e la politica di chiusura ermetica (Sakoku) del paese. Il governo, pressato a suon di bombe dalla «Kurobune» (nave nera) del commodoro Perry americano, concesse la riapertura (Kaikoku) del paese e, alla fine dell’800, anche la libertà religiosa.
Per cui i francescani ripresero a venire come le onde del mare a queste spiagge benedette. Circa 50 anni fa, causa la persecuzione comunista in Cina e l’espulsione dei missionari esteri, molte Province dell’Europa e dell’America scelsero d’inviare i loro religiosi nel vicino Giappone, per cui, secondo la Provincia d’origine, essi furono suddivisi in 12 distretti. Tutti sentivano la necessità di venire ad una forma più unitaria di queste forze, soprattutto quando i confratelli giapponesi sorpassarono il centinaio. Si formò quindi una Federazione delle 12 Missioni, fuse in seguito in un’unica Provincia che copriva tutta l’area del Paese. Nacque così la Provincia dei Santi Martiri del Giappone il 16 dicembre 1977 e come primo Provinciale fu eletto il P. Francesco Sato Keiichi.
L’Ordine dei Frati Minori alla fine del 1996 contava 168 frati, dei quali 102 giapponesi e 66 esteri. Di questi, 142 sono sacerdoti, tra cui il più eminente è Mons. Francesco Sato Keiici, Vescovo ordinario della Diocesi di Niigata.
I seminaristi sono 7. Il Seminario Maggiore S. Antonio di Tokyo ha ormai mezzo secolo di storia ed è frequentato anche da studenti di altri Istituti religiosi come i carmelitani, sa lesiani, trappisti, redentoristi, clarettiani, ecc.
Di grande importanza per la Chiesa giapponese è pure l’Istituto biblico, diretto dal P. Bernardin Schnider, presso il Seminario di S. Antonio, dove si sta per finire la traduzione della Bibbia in giapponese.
I frati, sparsi su tutta l’area del paese, rispondendo alle richieste dell’episcopato giapponese, assistono pastoralmente circa 90 parrocchie, sia nelle metropoli come in campagna, in luoghi generalmente abbandonati da altri istituti religiosi.
Circa 70 clarisse suddivise in cinque monasteri, vivono l’ideale clariano di povertà, di silenzio e di vita claustrale, attirando stima e apprezzamento da parte dei giapponesi.
L’Ordine Francescano Secolare è nato con l’arrivo dei primi missionari spagnoli nel 1500 e conta molti martiri.
Circa 20 anni fa sono stati capaci di dare alla luce nella città di Kawazaki, tra Tokyo e Yokohama, l’università di medicina di Santa Marianna e l’omonimo policlinico che godono di molta fama in tutto il Giappone.
I Frati Minori Conventuali hanno 89 membri, di cui 80 giapponesi in 13 conventi. I primi quattro missionari guidati da P. Massimiliano Maria Kolbe giunsero in Giappone dalla Polonia il 24 aprile 1930. Lavorano nelle parrocchie, nelle scuole, in istituti di attività sociale e specialmente nel campo pubblicitario, iniziato dallo stesso P. Kolbe. Egli è molto venerato dai Giapponesi anche non cristiani.
Tredici frati Cappuccini, di cui tre giapponesi, lavorano nell’arcipelago di Okinawa, prestandosi all’apostolato parrocchiale, all’insegnamento nelle scuole, al movimento carismatico, ecc.
I frati Francescani dell’Atonement, benché pochi di numero (nove), svolgono una preziosa attività nel campo dell’ecumenismo, come nelle parrocchie e nelle scuole. Altrettanto si dica delle Suore dell’Atonement che hanno un convento e sei suore.
Nel 1954 il vescovo cappuccino Felix Rey a Okinawa fondò un istituto religioso femminile basato sulla spiritualità francescana e fu chiamato «Suore Francescane del Cuore Immacolato di Maria». Le suore ora sono 38 in otto conventi, tutti nelle isole di Okinawa e hanno due missioni in Perù e in Brasile.
Altro Istituto religioso femminile «Made in Japan» è quello delle Suore francescane dell’Annunciazione fondato dal canadese P. Gabriel Jucherean Duchesnay il 25 marzo 1933.
Attualmente le suore sono 49 in otto conventi e si dedicano all’assistenza dei fanciulli abbandonati e alla catechesi parrocchiale.
Le Suore Ospedaliere del Terz’Ordine Regolare di San Francesco sono 62 e si dedicano specialmente all’assistenza degli infermi e degli anziani con istituti di alta qualità tecnica. Hanno appena inviato religiose in Corea per la fondazione del loro istituto in quel paese.
Le Suore Missionarie di S. Chiara provenienti dal Messico hanno cinque conventi con 40 suore impegnate specialmente nella catechesi parrocchiale e nell’assistenza della gioventù. Dirigono una grande casa per esercizi spirituali a Karuizawa.
Le Suore francescane di S. Giorgio presenti nel nord del Giappone e specialmente nell’isola di Hokkaido, sono 198 e hanno 18 conventi. L’istituto fu fondato in Germania da Anscima Bopp nel 1869. Le prime suore furono inviate in Giappone nel 1920. Sono molto attive nel campo educativo, dove dirigono ogni tipo di scuole, dalla scuola materna all’università.
Il più numeroso istituto francescano femminile in Giappone è quello delle Missionarie Francescane di Maria, con 336 religiose presenti in 38 comunità sparse su tutta l’area del Paese dall’Hokkaido a Okinawa. Hanno inoltre 36 suore missionarie che lavorano specialmente nell’Africa e nell’America Latina.