…di L. Beaudenom. Consigli per il buon esito di questi esercizi. Sguardo preliminare. L’umiltà, virtù speciale. L’umiltà è la virtù che ha l’ufficio di opporsi a questi deviamenti. Importanza della convinzione nell’umiltà. Importanza dell’inclinazione nell’umiltà. L’umiltà, influenza generale. L’umiltà è la verità. L’umiltà è la giustizia. L’umiltà trasformatrice….
Leopold Beaudenom
Formazione all’umiltà
e per essa all’insieme delle altre virtù
Marietti, Torino, XVII ed.
Nihil obstat, can.L. Baiano, rev. eccl. 20-11-1955
Imprimatur, can. L. Oddone, vic. gen., Casale, 22-11-1955
CONSIGLI PER IL BUON ESITO DI QUESTI ESERCIZI
1. Scegliete quel periodo di tempo nel quale potrete dedicarvi ad essi con maggior libertà e senza interruzione.
2. Vi consacrerete un mese intero, ed anche di più se ne sentite l’allettamento. V’è materia abbondante per due esercizi al giorno. Quel che è indicato come studio o spiegazione può servire di meditazione e in ogni caso deve esser letto con grandissima attenzione.
3. Date qualche solennità al vostro ingresso in questo grande lavoro di riforma. La sera della vigilia andate a bella posta in chiesa. Inginocchiatevi dinanzi a Gesù così umile nel tabernacolo. Recitate adagio il Veni Creator. Dopo, recatevi alla cappella della Madonna. Invocate anche quei santi la cui umiltà maggiormente vi colpisce: S. Francesco d’Assisi, San Antonio da Padova, S. Francesco di Sales, S. Vincenzo de’ Paoli, S. Benedetto Labre… e ad essi chiedete luce, volontà, perseveranza.
II.
1. Durante gli esercizi, tenetevi abitualmente sotto una impressione di umiltà, in modo particolare nelle vostre relazioni con il prossimo; rendete questa impressione più viva con frequenti aspirazioni durante il giorno; ne troverete materia in ciascuna meditazione, e più specialmente nel proposito e nell’affetto con cui termina. Distraetevi il meno possibile da quest’ordine di pensieri.
2. Moltiplicate gli atti esteriori d’umiliazione. Eccovene alcuni: baciar la terra – stare, durante la preghiera, a testa bassa, come un colpevole pieno di confusione – parlare a voce meno alta e più moderata – camminare in maniera più raccolta – coltivare lo spirito di povertà.
3. Cercate le occasioni, sia per obbedire, sia per essere condiscendenti, ma fatelo con grande semplicità. Evitate di contraddire, d’interrompere, di discutere. Accettate i dolori e perfino le più piccole contrarietà come cose pienamente meritate.
NOTA. – Servirsi di questi tre ultimi avvisi o d’uno d’essi come soggetto giornaliero d’esame particolare.
SGUARDO PRELIMINARE
L’umiltà! Tutta la tradizione cristiana è unanime nell’esaltarla, tutte le anime pie ne sono affamate; Gesù l’ha elevata all’altezza della redenzione associandola al dolore, ed inoltre, non la vuole e mantiene forse come un’aureola intorno all’Eucaristia? Dove essa manca, manca la virtù. Iddio penetra e riempie solo il vuoto che essa gli fa. Ma questa prodigalità di elogi apporta luce? E questa ammirazione generale forma la piena convinzione?
Oh! quanto vago resta nelle idee e nelle coscienze! Quanta insufficienza quasi dappertutto! E se la natura stessa dell’umiltà è poco conosciuta, la sua sfera d’influenza è conosciuta anche meno.
Le meditazioni lungamente pensate di questo libro sono preparate e dirette agli spiriti seri che vogliono comprendere ed alle anime pie che vogliono progredire.
Le grandi cose sono sempre nascoste nelle profondità; le ricchezze minerali giacciono sotto la crosta terrestre; prodigi di forza sembra che dormano nella inerte materia; meraviglie di meccanismo scherzano nei movimenti del mondo siderale, e si intravedono nelle viscere dell’essere vivente segreti così profondi che nessuno è capace di svelare. Osservate, osservate bene… in fondo all’umiltà regna un che d’infinito: noi siamo in pieno soprannaturale.
La virtù presa nel suo insieme è una vita; ciascuna virtù è uno dei suoi organi. Non vi è dubbio, ogni virtù ha le sue proprie bellezze, tuttavia ciascuna si riveste anche della bellezza delle sue sorelle per il fatto dell’unità della vita e della legge di ricambio. Ciò nonostante alcune vi partecipano più da vicino, più largamente e con maggiore continuità, in un modo più necessario; la vita stessa si muove in ogni parte dell’insieme, persino nella più infima, ma non vi si estende, e non vi brilla nella stessa guisa. Noi ci accingiamo a studiare la parte che spetta all’umiltà; e forse vi scopriremo un’umiltà che non conoscevamo.
Per avanzare però con passo sicuro dobbiamo andare adagio e con metodo; prima di giungere alle sommità bisogna attraversare delle regioni prive di ogni allettamento ed arrampicarsi su per erte difficili. Affinché la strada ci sia meno penosa la percorreremo con l’aiuto di vari mezzi: studi che ci presentano vedute generali; osservazioni più brevi che delucidano un punto oscuro; riflessioni pie che pongono in mostra i risultati d’una scoperta; ma, soprattutto, meditazioni profonde che immergono l’anima in un’atmosfera di verità sotto il gran sole della grazia.
Le anime di buon volere non si scoraggino dinanzi a queste sublimi verità giudicandosi impotenti a penetrarle; piuttosto tengano lo sguardo fisso nella luce dall’alto.
La scienza umana si comunica solo ai seguaci del mondo, ma la scienza di Dio è data con prodigalità ai piccoli ed agli umili: questi non hanno bisogno di lunghi ragionamenti.
Se, dunque, qualche parte di questo libro è oscura per essi, non si affliggano nè si perdano d’animo: la luce li attende forse allo svolto di una via, sotto una frase più semplice, ma pure piena di verità. Talvolta un semplice particolare può essere una rivelazione per certe anime.
Tuttavia, per appagare coloro che amano di sintetizzare daremo una rapida occhiata al cammino che dovremo percorrere in tutto questo libro. Basta che gettiamo un primo sguardo sull’umiltà come virtù speciale, ed un secondo sopra la sua sfera d’influenza.
I. L’umiltà, virtù speciale.
1. L’orgoglio non è altro che un deviamento di due tendenze legittime. Sentimento di superiorità, ricerca di preminenza, è forse l’orgoglio un ricordo della nostra originale grandezza? Allora il suo torto consisterebbe nel non essere più al suo posto. Re detronizzato per propria colpa, e altero sotto i suoi cenci, «Dio caduto che si rammenta dei cieli» ecco come ci si mostrerebbe l’uomo nella sua tendenza all’orgoglio. O, piuttosto, l’orgoglio disordine e vizio, invece di essere l’impronta d’una corona perduta, sarebbe forse il marchio d’una rivolta domata?
«Eritis sicut dii». Così la tentazione sarebbe passata nel sangue per turbarlo e sconvolgerlo. Questa doppia origine spiegherebbe il perché l’uomo si mostri ad un tempo e grande e abbietto.
Ciò non ostante, in realtà è più esatto considerare questo difetto come il deviamento di sentimenti utili messi da Dio stesso nella natura umana. Questi sentimenti, in ultima analisi, si riducono a due: stima di sé, desiderio della stima degli altri. La stima di sé è la base della dignità personale: il desiderio della stima degli altri è una delle basi della sociabilità.
Queste inclinazioni sono così profonde e così spontanee che appartengono, per un lato, alla classe degli istinti, e si rassomigliano a quello della conservazione. Del resto esse hanno uno stesso genere di funzioni: l’istinto della vita attacca l’uomo ad una esistenza d’ordinario miserabile; quello della stima di sé l’attacca alla propria personalità, quantunque sia di poco valore: l’istinto poi del desiderio della stima l’attacca al bene pubblico, malgrado la fragilità dei vantaggi che prodiga.
Queste due ultime tendenze sono soggette a deviamenti così facili e naturali che portano l’impronta della caduta originale; e per ciò spesso i moralisti le chiamano, senza distinzione, vizio.
2. L’umiltà è la virtù che ha l’ufficio di opporsi a questi deviamenti.
«Essa consolida lo spirito e gl’ impedisce di elevarsi in una maniera irragionevole (di sopraesaltarsi, superbia) (1). Essa riconosce e mantiene l’ordine nella stima di sè e nel desiderio della stima degli altri.
E’ dunque verità e giustizia. E’ verità, e, come tale, traccia la regola di direzione. E’ giustizia, e, come tale, inclina ad agire conforme a questa regola (2).
In quanto è verità, risiede nell’intelletto; in quanto giustizia, risiede nella volontà. E siccome queste due facoltà agiscono l’una sull’altra, ogni sviluppo di luce accresce la forza dell’inclinazione, ed ogni sviluppo d’inclinazione aiuta a meglio cercare e a meglio intendere i motivi e le regole dell’ umiltà.
Questo studio ha dunque per oggetto e l’una e l’altra di queste due facoltà per metterle in una condizione favorevolissima; ora la condizione più favorevole dell’intelletto è la convinzione, e la condizione più favorevole della volontà è la propensione.
Due lumi generano la convinzione; il lume della ragione quello della rivelazione. Due forze producono la propensione: quella della volontà e quella della grazia attuale. E’ da saggi il valersi di tutti questi aiuti. Quelli dell’ordine. soprannaturale sono i più efficaci ed anche i più nobili.
Contentarsi dei doni della ragione per valutare quanto meritiamo sarebbe lo stesso che stabilire una virtù incompleta ed insufficiente. Pretendere di acquistare l’inclinazione all’umiltà con le nostre forze varrebbe quanto incominciare con una proposizione eretica e finire con una delusione.
I pagani conobbero dell’umiltà solo la modestia, e quel che ne conobbero lo praticarono molto imperfettamente. La vera nozione di questa virtù rampolla dai nostri dogmi fondamentali, e la sua pratica completa dipende dalla grazia: essa è dunque eminentemente soprannaturale; ed il razionalista né saprebbe avere, e nemmeno ammettere l’umiltà così concepita.
Tuttavia devesi dare un campo vastissimo alle facoltà naturali nell’acquisto della virtù.
E per ben comprendere il valore di questa osservazione sarà bene ricordare qui alcune nozioni generali sulle virtù naturali e sulle virtù soprannaturali.
Il loro oggetto è identico: il bene; ed ogni virtù ha il medesimo speciale oggetto: il medesimo genere di bene.
Così l’umiltà, o sia naturale o soprannaturale, regola e mantiene l’ordine rispetto alla stima personale e al desiderio della lode.
Queste virtù risiedono nelle stesse facoltà che sono, per le une e per le altre; le facoltà naturali. Le virtù naturali le penetrano, le virtù soprannaturali le «perfezionano».
Ma queste differiscono totalmente per il modo onde sono prodotte e per il modo onde operano.
Le virtù soprannaturali sono poste in noi con una specie di creazione, che la teologia chiama infusione; quindi, virtù soprannaturale è sinonimo di virtù infusa.
Iddio le infonde nell’anima del fanciullo appena è battezzato, e le infonde tutte insieme. L’aumento d’una trae con sé l’aumento di tutte le altre, e tutte si perdono ad un tempo per il peccato mortale ad eccezione delle virtù della fede e della speranza. Rivivono poi tutte insieme per la giustificazione.
Le virtù naturali, al contrario, si formano lentamente mediante numerosi atti, e si perdono solo a lungo andare, di maniera che un peccato mortale non le distrugge.
E’ chiaro che il nome di abito, conviene solo a queste ultime. L’inclinazione, la forza, l’abilità vi si accumulano a poco a poco come in un membro che si esercita al lavoro.
Le virtù soprannaturali ricevono il loro incremento dal di fuori, e non dallo sviluppo; e in esse, ad un grado di aumento non corrisponde necessariamente un accrescimento di forza e d’inclinazione.
I teologi caratterizzano questa differenza con due espressioni che l’uso ha ormai consacrato. Le virtù infuse, essi dicono, danno il simpliciter posse, il semplice potere, come sarebbe a dire l’attitudine. L’abito dà il faciliter posse, la vera facilità. Le grazie attuali la danno ugualmente, ma in modo transitorio.
Un paragone porrà in chiaro queste distinzioni. Un tessuto può essere fine od ordinario, fitto o rado; dipende dal bagno speciale di porpora nel quale è stato immerso.
Il bagno nulla ha mutato della sua natura: il tessuto rimane fine od ordinario, fitto o rado; ma è asceso ad un grado di un ordine superiore. Il suo costo e l’uso che se ne farà non sono più gli stessi. Basta poi che un reagente chimico gli tolga il colore perché ritorni un tessuto volgare.
Le virtù soprannaturali fan passare il nostro essere dal suo ordine umano all’ordine soprannaturale; trasformano le nostre facoltà e loro comunicano con una bellezza speciale, l’attitudine, la semplice attitudine però a produrre atti soprannaturali. L’attività verrà dalle grazie attuali, dalle disposizioni della volontà e dagli abiti.
Da ciò appare che, in generale, negli adulti, la virtù sarà caratterizzata dallo sforzo: perché le virtù soprannaturali non sono fatte per lasciare inattive le forze naturali o per soppiantarle: ma sì per nobilitarle perfezionarle e alimentarle. Esse con la loro presenza le innalzano all’ordine soprannaturale; le perfezionano e le alimentano con le grazie attuali che attirano.
Queste grazie attuali ci offrono vantaggi inestimabili: Dio le centuplica nell’anima che ad esse corrisponde; e la preghiera Gli offre l’opportunità di prodigarle senza merito e senza misura. Sotto la loro onnipotente influenza, gli atti virtuosi si moltiplicano e si compiono con intensità; le facoltà naturali che li producono, si formano, si sviluppano e finalmente acquistano l’inclinazione la facilità e la spigliatezza a simili atti, addivenendo così le condizioni degli abiti un fatto compiuto.
Si troveranno spiegazioni più complete nel nostro libro intitolato: Pratica progressiva della confessione, t. II, cap. II (3).
3. Importanza della convinzione nell’umiltà.
1. Non è così facile determinare, anche teoricamente, che cos’è orgoglio e dignità personale! La premura per la propria reputazione, il dovere di tenere il proprio posto, o di difendere le proprie idee giuste legittimano un gran numero di atti che spiriti non bene illuminati prenderebbero facilmente per orgoglio. E, al contrario, qual razza d’orgoglio può annidarsi sotto queste delicate riserve!
2. Ma, se si considera nella pratica, è ancora più difficile discernerlo. Difatti, nulla è seducente come questo vizio il quale si dissimula e si trasforma, cresce e si stende adagio adagio; lo avvertiamo appena quando comincia, e tosto che si intravede, lo scusiamo.
3. L’orgoglio ispira poco orrore. La bruttezza della sua malizia ci colpisce meno della bruttezza e malizia degli altri vizi. Anche i suoi pericoli ci appaiono meno terribili, perché fra i cristiani, raramente l’orgoglio costituisce da sè solo un peccato mortale, ed infine perché pochi di noi spingono questo difetto all’estremo. E tuttavia è tale la sua perniciosa influenza che i santi lo chiamano il padre di tutti gli altri.
E’ dunque necessario stabilire in noi una convinzione chiara e che ci impressioni affine di concepire un orrore che ce ne allontani. Tale convinzione non è la virtù, ma la contiene alla stessa guisa delle forze fisiche condensate nei loro elementi e pronte ad operare. Nè essa si accontenta di considerazioni vaghe, deboli od esagerate. Proviamoci ad andare al fondo delle cose attraverso le frasi convenzionali che oscurano questo soggetto.
Tuttavia, non facciamo troppo assegnamento sul valore delle nostre considerazioni, nè sulla sicurezza delle nostre analisi: Dio solo è il dottore dell’umiltà. « Egli l’ha rivelata ai fanciulli, revelasti ea parvulis » (Matteo, 11, 25).
4. Importanza dell’inclinazione nell’umiltà.
L’orgoglio, difficile a conoscersi è anche più difficile a dominarsi. Le sue radici si spingono nel più profondo della nostra natura. La sua vitalità è massima: lo credete morto, e proprio allora rinasce. Si ciba parcamente, e perciò non è mai sazio. Dunque, per dominarlo è necessario stabilire in noi l’abito dell’umiltà; è necessario che tale inclinazione ci segua in tutti i giorni della vita per combattere senza posa l’inclinazione opposta che non muore mai.
Come si acquista e si sviluppa questa tendenza così contraria alla natura? Con l’esercizio.
1. Atti, atti: ecco il gran segreto, ecco l’imperioso bisogno! La perspicacia e la convinzione costituiscono l’avanguardia e illuminano il cammino, ma è l’esercizio che riporta la vittoria, l’esercizio degli atti e, soprattutto, degli atti generosi stabilendosi nella fortezza e facendo regnare l’umiltà.
Urge, adunque, il combattimento! Bisognerà inchinarsi davanti alla volontà degli altri, sovente poco ragionevole. Bisognerà essere dolci verso colui che ci avrà disprezzato. Bisognerà ripetere ogni qualvolta saremo umiliati: Ciò mi sta bene! La natura si ribellerà ma dominata da una umiltà risoluta si sforzerà di vincersi e riporrà la sua felicità nell’abbassarsi con Gesù «Mihi absit gloriari nisi in cruce Jesu Christi».
2. Mentre attendiamo queste occasioni che ci si presenteranno nel corso della vita noi abbiamo per prepararvici l’espediente inesauribile degli atti sia interni sia esterni che prescriviamo.
Gli atti interni, (desideri, risoluzioni, domande, accettazioni, ecc. ecc.), possono essere numerosissimi e nulla si oppone perchè siano intensi; l’anima può passare tutta intera per questi sforzi ed è appunto questo l’esercizio che ci studieremo di fare nelle seguenti meditazioni.
3. Le dimostrazioni esterne non debbono essere trascurate perchè danno ai sentimenti una consistenza speciale. Perchè non valersene anche nella preghiera? La posizione incurvata d’un colpevole, d’un supplicante, d’un povero si addice molto a chi prega. Baciare qualche volta la terra e utilissimo.
In grazia di tutti questi mezzi impiegati per lungo tempo, l’inclinazione non è più un semplice assenso dell’intelligenza alla verità, e una semplice determinazione della volontà per la giustizia; ma è questo assenso e questa determinazione convertiti in abito, penetrati nell’intimo delle nostre potenze sviluppate e consolidate. E’ una forza permanente che dà la facilità, il movimento, perfino il gusto; perchè è naturale che qualsiasi forza spinga all’azione e trovi gusto e gioia nel suo libero esercizio. Entriamo, dunque, con coraggio in questa formazione; impieghiamovi tutte le nostre forze; facciamo assegnamento sopra la grazia. Per diventare umile è necessario essere convinto e risoluto: è necessario riflettere ed è necessario pregare.
II. L’umiltà, influenza generale.
L’influenza dell’umiltà si deduce dalla sua stessa natura. L’abbiamo già detto, essa è verità e giustizia; ora, la verità illumina tutto l’ordine intellettuale, e la giustizia domina tutto l’ordine morale. In ciò è tutto l’uomo.
1. L’umiltà è la verità.
Formula accettata e incessantemente ripetuta, ma forse solo vagamente compresa!
La verità! La verità! Ottima cosa; ma quale verità dobbiamo qui ricercare? La verità intorno al nostro merito, al nostro valore. E che c’insegna essa? Che noi siamo esseri creati, esseri colpevoli, esseri che partecipano della vita divina. Eccovi tre grandi frasi; ma è necessario intenderle bene perchè non possono concepirsi per se stesse.
Affinchè io possa concepire il creato, è necessario che prima concepisca il Creatore; affinchè si possa conoscere il peccato, è necessario che conosca i diritti e la dignità di colui che ha offeso; affinchè questa frase stupenda: «partecipazione alla vita divina» mi dica qualche cosa, ho bisogno di evocare tutto intero l’ordine della grazia e della gloria. Ora da ogni parte in questa ricerca, Dio mi si presenta in un modo direi quasi ostinato, e , per comprendere me stesso, ho bisogno di comprendere Lui: io lo trovo nella mia origine e nel mio destino, nel mio interno e nei miei atti: assolutamente mi annienterei se dovessi separare da me ciò che appartiene a Lui; al contrario, io m’innalzo con vera magnificenza se tesoreggio ciò ch’Egli di buon grado vuol darmi.
Contrasto fecondo dal quale nascono due sentimenti che si completano per costituire la mia vita spirituale: la umiltà, quando considero ciò ch’io sono; l’adorazione, quando contemplo l’Essere per cui io sono. Con questo duplice sguardo io afferro e comprendo la verità tutta intera; dò a ciascuna cosa il suo posto e la sua misura; entro nella luce più bella, che sia al mondo: quella dell’infinito che irraggia e illumina il creato.
2. L’umiltà è la giustizia.
In quanto è verità, l’umiltà conduce al bello; in quanto è giustizia, conduce al bene. Con lo stabilire il posto che spetta a Dio ed all’uomo, la verità getta i fondamenti della giustizia; ma con l’affermare il dovere, la giustizia fa della verità una virtù morale. Ora, il dovere si sintetizza nella sommissione universale. La sommissione universale è l’accettazione di tutta la legge, la rassegnazione a tutte le pene la fedeltà a tutte le ispirazioni; essa fa passare Dio in tutti i nostri atti e li riconduce a Lui effettuando così piena giustizia. A Lui l’iniziativa di movente necessario; a noi l’obbedienza dell’essere personale e libero, ma subordinato. Che la divina carità figlia della verità e della giustizia, vibri i suoi raggi infuocati su questa umiltà fedele, e l’universale sommissione addiverrà l’amore universale: amore di riconoscenza per il supremo Benefattore; amore di compiacenza per l’essere adorato; amore di benevolenza per il Dio intimo che vuoi ricevere qualche cosa da noi; amore di zelo, infine, per l’opera della sua gloria in mezzo agli uomini. Così si capisce come la giustizia si confonda con la virtù intera, e perchè i Santi prendano nelle S. Scritture il nome di giusti: l’umiltà apre, quanto è larga, la via verso il perfetto.
3. L’umiltà trasformatrice.
Le due tendenze che l’umiltà ha il compito di regolare e guidare, la stima di sé e il desiderio della gloria, non possono forse proporsi delle ascensioni più alte del loro proprio fine? Esse sono una forza; ed ogni forza contiene, in potenza, del movimento. L’uomo s’impadronisce delle cascate dei fiumi e ne trae meraviglie sorprendenti di elettricità. Impadroniamoci, dunque, di questo vivo sentimento della stima personale e di questo desiderio non meno vivo della stima degli altri. Dirigiamo la loro attività verso un fine superiore. Presentiamo ad essi scopi più nobili da conseguire, approvazioni più deliziose da riscuotere: questa elevazione sublime le allontanerà ancora più da ogni orgoglio. Oh! quale ammirabile educazione da tentare!
Tutte le verità religiose, tutti i pii sentimenti, tutte le grazie dall’alto presteranno insieme il loro concorso a quest’opera che l’umiltà coronerà. Più bella, questa virtù rapirà il cuore di Dio; più penetrante, darà al nostro una pace divina, e forse gioie fin ora sconosciute.
Si presenti adesso Gesù Uomo-Dio, mio salvatore, mio amico, mio fratello, mia vita; m’inondi di luce con i suoi esempi, m’innalzi a Lui con la forza delle sue attrattive, ed io vivrò della sua vita di Dio Incarnato, che è essenzialmente e in tutti i suoi atti, una vita d’umiltà: spazio senza confini aperto alle mie legittime esigenze; via aerea che richiede delle ali, le ali dell’amore. Noi la percorriamo con la più perfetta delle creature, con Maria, trasformata, Lei sopra tutto, da Gesù umile.
O illustrazioni sante, o ardenti affetti, o grazie penetranti dall’alto, io vi desidero e v’invoco! Invadete l’anima mia che si apre alla vostra azione. Io non sono umile, e l’atmosfera del mondo è satura di orgoglio. O santa umiltà, forse, fino ad oggi, vi ho conosciuto solo di nome!
O Maria, insegnatemi l’umiltà di Gesù: essa contiene, io lo sento già fin d’ora, dolcezze nascoste! Oh! fate che io le gusti! Allora, finalmente, amerò l’umiltà, dirò meglio, l’umiliazione.
NOTE
(1) S. Thom. 2a 2ae, quaest. 161, art. 1.
(2) Questa parola giustizia presa qui in senso largo designa la disposizione virtuosa che assicura ad ogni cosa il posto che merita mentre la giustizia, nel suo stretto significato, ha in mira i diritti positivi degli uomini fra di loro.
(3) Trad. del Sac. G. Paolini, Marietti, Torino.