Con la celebrazione dei santi misteri l’uomo si presenta dinanzi a Lui per rendergli grazie, consapevole che il suo essere non può trovare la sua pienezza senza lodarlo e compiere la sua volontà, nella costante ricerca del Regno. La Liturgia e la vita sono realtà indissociabili. Una Liturgia che non avesse un riflesso nella vita diventerebbe vuota e certamente non gradita a Dio
Direttorio su pietà popolare e Liturgia.
Principi e orientamenti
DAL «MESSAGGIO» DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II
All’Assemblea Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (21 settembre 2001)
2. La Sacra Liturgia, che la Costituzione Sacrosanctum Concilium qualifica come il culmine della vita ecclesiale, non può mai essere ridotta a semplice realtà estetica, ne può essere considerata come uno strumento con finalità meramente pedagogiche o ecumeniche. La celebrazione dei santi misteri è innanzitutto azione di lode alla sovrana maestà di Dio, Uno e Trino, ed espressione voluta da Dio stesso. Con essa l’uomo, in modo personale e comunitario, si presenta dinanzi a Lui per rendergli grazie, consapevole che il suo essere non può trovare la sua pienezza senza lodarlo e compiere la sua volontà, nella costante ricerca del Regno che è già presente, ma che verrà definitivamente nel giorno della Parusia del Signore Gesù. La Liturgia e la vita sono realtà indissociabili. Una Liturgia che non avesse un riflesso nella vita diventerebbe vuota e certamente non gradita a Dio.
3. La celebrazione liturgica è un atto della virtù di religione che, coerentemente con la sua natura, deve caratterizzarsi per un profondo senso del sacro. In essa l’uomo e la comunità devono essere consapevoli di trovarsi in modo speciale dinanzi a Colui che è tre volte santo e trascendente. Di conseguenza l’atteggiamento richiesto non può che essere permeato dalla riverenza e dal senso dello stupore che scaturisce dal sapersi alla presenza della maestà di Dio. Non voleva forse esprimere questo Dio nel comandare a Mosè di togliersi i sandali dinanzi al roveto ardente? Non nasceva forse da questa consapevolezza l’atteggiamento di Mosè e di Elia, che non osarono guardare Iddio facie ad faciem?
Il Popolo di Dio ha bisogno di vedere nei sacerdoti e nei diaconi un comportamento pieno di riverenza e di dignità, capace di aiutarlo a penetrare le cose invisibili, anche senza tante parole e spiegazioni. Nel Messale Romano, detto di San Pio V, come in diverse Liturgie orientali, vi sono bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri: esse rivelano la sostanza stessa di qualsiasi Liturgia.
La celebrazione liturgica presieduta dal sacerdote è un’assemblea orante, radunata nella fede e attenta alla Parola di Dio. Essa ha come scopo primario quello di presentare alla divina Maestà il Sacrificio vivo, puro e santo, offerto sul Calvario una volta per sempre dal Signore Gesù, che si fa presente ogni volta che la Chiesa celebra la Santa Messa per esprimere il culto dovuto a Dio in spirito e verità.
Mi è noto l’impegno profuso da codesta Congregazione per promuovere, insieme con i Vescovi, l’approfondimento della vita liturgica nella Chiesa. Nell’esprimere il mio apprezzamento, auspico che tale preziosa opera contribuisca a rendere le celebrazioni sempre più degne e fruttuose.
4. La vostra Plenaria, anche in vista della preparazione di un apposito Direttorio, ha scelto come tema centrale quello della religiosità popolare. Essa costituisce un’espressione della fede che si avvale di elementi culturali di un determinato ambiente, interpretando ed interpellando la sensibilità dei partecipanti in modo vivace ed efficace.
La religiosità popolare, che si esprime in forme diversificate e diffuse, quando è genuina, ha come sorgente la fede e dev’essere, pertanto, apprezzata e favorita. Essa, nelle sue manifestazioni più autentiche, non si contrappone alla centralità della Sacra Liturgia, ma, favorendo la fede del popolo che la considera una sua connaturale espressione religiosa, predispone alla celebrazione dei sacri misteri.
5. Il corretto rapporto tra queste due espressioni di fede deve tener presenti alcuni punti fermi e, tra questi, innanzitutto che la Liturgia è il centro della vita della Chiesa e nessun’altra espressione religiosa può sostituirla od essere considerata allo stesso livello.
E’ importante ribadire, inoltre, che la religiosità popolare ha il suo naturale coronamento nella celebrazione liturgica, verso la quale, pur non confluendovi abitualmente, deve idealmente orientarsi, e ciò deve essere illustrato con un’appropriata catechesi.
Le espressioni della religiosità popolare appaiono talora inquinate da elementi non coerenti con la dottrina cattolica. In tali casi esse vanno purificate con prudenza e pazienza, attraverso contatti con i responsabili e una catechesi attenta e rispettosa, a meno che incongruenze radicali non rendano necessarie misure chiare e immediate.
Queste valutazioni competono innanzitutto al Vescovo diocesano o ai Vescovi del territorio interessati a tali forme di religiosità. In questo caso è opportuno che i Pastori confrontino le loro esperienze per offrire orientamenti pastorali comuni, evitando contraddizioni dannose per il popolo cristiano. Tuttavia, a meno di palesi motivi contrari, i Vescovi abbiano nei confronti della religiosità popolare un atteggiamento positivo ed incoraggiante.
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI
Prot. N. 1532/00/L
DECRETO
Nell’affermare il primato della Liturgia, «culmine a cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, fonte da cui promana tutta la sua virtù» (Sacrosanctum Concilium 10), il Concilio Ecumenico Vaticano II ricorda tuttavia che «la vita spirituale non si esaurisce nella partecipazione alla sola Liturgia» (ibidem 12). Ad alimentare la vita spirituale dei fedeli vi sono, infatti, anche «i pii esercizi del popolo cristiano», specialmente quelli raccomandati dalla Sede Apostolica e praticati nelle Chiese particolari su mandato o con l’approvazione del Vescovo. Nel richiamare l’importanza che tali espressioni cultuali siano conformi alle leggi e alle norme della Chiesa, i Padri conciliari hanno tracciato l’ambito della loro comprensione teologica e pastorale: «i pii esercizi siano ordinati in modo da essere in armonia con la sacra Liturgia, da essa traggano in qualche modo ispirazione, e ad essa, data la sua natura di gran lunga superiore, conducano il popolo cristiano» (ibidem 13).
Alla luce di tale autorevole insegnamento e di altri pronunciamenti del Magistero della Chiesa circa le pratiche di pietà del popolo cristiano e raccogliendo le istanze pastorali emerse in questi anni, la Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, svoltasi nei giorni 26-28 settembre 2001, ha approvato il presente Direttorio. In esso vengono considerati, in forma organica, i nessi che intercorrono tra Liturgia e pietà popolare, richiamando i princìpi che guidano tale relazione e dando orientamenti al fine di una loro fruttuosa attuazione nelle Chiese particolari, secondo la peculiare tradizione di ciascuna. E dunque, a titolo speciale, compito dei Vescovi valorizzare la pietà popolare, i cui frutti sono stati e sono di grande valore per la conservazione della fede nel popolo cristiano, coltivando un atteggiamento pastoralmente positivo e incoraggiante verso di essa.
Ricevuta dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II l’approvazione a che questo Dicastero pubblichi il « Direttorio su pietà popolare e Liturgia. Principi e orientamenti» (Foglio della Segreteria di Stato del 14 dicembre 2001, Prot. N. 497.514), la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti è lieta di renderlo pubblico, con l’auspicio che, da questo strumento, Pastori e fedeli possano trarre giovamento per crescere in Cristo, per lui e con lui, nello Spirito Santo, a lode del Padre che sta nei cieli.
Nonostante qualsiasi cosa in contrario.
Dalla sede della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, il 17 dicembre 2001.
Jorge A. Card. Medina Estévez
Prefetto
Francesco Pio Tamburrino
Arcivescovo Segretario