San Giovanni Rotondo
OMELIA del 2 maggio 2002 nel III ANNIVERSARIO DELLA BEATIFICAZIONE DI PADRE PIO
CARD. ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO,
Presidente del PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA
I) L’intera vita del Beato Padre Pio è stata vissuta sotto il segno della croce. La sua santa esistenza costituisce una follia d’amore per il Signore Crocifisso. È questa la chiave che rivela il fenomeno straordinario della sua contagiosa popolarità, che mobilita anche fuori dell’Italia immense folle di pellegrini, che vengono come noi oggi a San Giovanni Rotondo. Nella ricorrenza del terzo anniversario della sua solenne beatificazione, sperimentiamo la sua presenza spirituale, la sua voce che parla al nostro cuore, non con le “parate”, ma con la sua umile testimonianza, che ci porta alla roccia del Calvario, dove si innalza il patibolo della croce: è una roccia da cui zampilla l’acqua della salvezza, l’acqua alla quale ci guida il Buon Pastore. È sulla croce che Gesù, l’Agnello innocente, emise l’ultimo respiro, dopo che un soldato colpì il suo fianco con la lancia – come è stato proclamato nel Vangelo – e “subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19, 34).
La Chiesa, nella sua tradizione, illuminata dalla fede, ha scoperto in quel fatto il più bel simbolo: è l’insieme della vita sacramentale con la capacità di dare la vita in una abbondanza meravigliosa. Il sangue ci parla dell’Eucaristia, centro e cuore della vita della Chiesa; l’acqua ci parla della rinascita alla vita di Dio, all’eminente dignità di figli di Dio, nel fonte battesimale.
Il Beato Padre Pio fece dell’Eucaristia il centro della sua vita nella Chiesa, da lui amata fedelmente, teneramente, anche nel dolore! Con tanta dedizione, il suo ministero della riconciliazione fu veramente il servizio di un pastore: “Cercherò le mie pecore e ne avrò cura” (Ez 34, 11). Il Libro del Profeta Ezechiele, nella Prima Lettura, ci offre, collegato al ministero del Beato Padre Pio, un aspetto particolare della sua figura. Quante pecore smarrite, ferite dal peccato, allontanatesi dal Dio dell’amore, sono state guarite dal Supremo Pastore, nel segreto del suo ricercatissimo confessionale. Liberati dalla schiavitù del peccato, dall’angoscia di vite vuote di senso, emergevano dalla disperazione, come figli prodighi, per ritornare alla casa del Padre, il Quale è sempre in attesa per correre ad abbracciare e colmare di pace coloro che sperimentano la miseria del vuoto d’amore. Già Bernanos diceva che l’inferno è non amare Dio.
Il beato Padre Pio, servitore del Signore della vita, guarisce nel sacramento della Confessione le ferite del peccato, come il Buon Samaritano. È strumento fedele nel comunicare l’amore misericordioso del Cristo che perdona. Sa che la più dolorosa malattia e la maggiore disgrazia è il peccato senza riconciliazione: è la morte eterna. Nel tribunale della penitenza, che era il suo luogo abituale, ricorda ai peccatori che non abbiamo qui dimora permanente, ma che siamo pellegrini verso il cielo, dove il Signore risorto ci ha preparato la dimora eterna.
Il Beato Padre Pio, con la sua vita, insegna ciò che la Chiesa annuncia: “Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno” (…) La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (CCC 1033 e 1035).
Liberati e riscattati nel perdono, i penitenti erano guidati, come pecorelle ritrovate, all’Eucaristia, banchetto e sacrificio, al pane della vita. Scrive il Profeta Ezechiele: “Le condurrò in ottime pasture e avranno rigogliosi pascoli” (Ez 34, 14).
II) Padre Pio ci avvicina alla Chiesa, Madre misericordiosa, nella quale troviamo l’amore di Dio che riconcilia. Ogni peccatore ritrova nel cuore trafitto di Cristo la sicurezza delle porte aperte alla speranza, alla vita nuova: “Non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa. “Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono”” (CCC 982). “Lasciatevi riconciliare con Dio”, esclama san Paolo (2 Cor 5, 20). Come lo sguardo di infinita misericordia provoca in Pietro le lacrime del pentimento, dopo la triplice negazione, così lo sguardo di tenerezza del suo servitore e la compassione per il peccatore dà la pace di Dio. Il cuore umano è capace di conversione, quando guarda il cuore aperto del Crocifisso per i nostri peccati (cfr Gv 19, 37).
In Gesù splende tutta la ricchezza di misericordia del Padre, quando siamo invitati a contemplarlo nella parabola del Padre misericordioso, che fa festa per il ritorno del figlio nella sua rinascita, perché “era morto ed è ritornato in vita (è la risurrezione spirituale!), era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15, 24). Soltanto in Cristo possiamo capire come è grande l’amore del Padre, “soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia, in una maniera così piena di semplicità e di bellezza” (CCC 1439).
Come il peccato spezza i legami, innanzitutto con Dio e poi con i fratelli, e quindi con la natura (come se tutto saltasse in aria), così nella conversione sacramentale c’è una catena di riconciliazioni, che iniziano con la riconciliazione con Dio: “Il penitente perdonato si riconcilia con se stesso nel fondo più intimo del proprio essere, in cui ricupera la propria verità interiore; si riconcilia con i fratelli, da lui in qualche modo aggrediti e lesi; si riconcilia con la Chiesa, si riconcilia con tutto il creato” (Riconciliatio et Paenitentia, 31).
I santi, come il beato Padre Pio, rendono palese il mistero della Chiesa, la quale, pur essendo peccatrice nei suoi membri e quindi bisognosa di conversione, è anche, io direi soprattutto, una Chiesa santa. Sono proprio i santi che mostrano la santità, la permanente fecondità della comunità dei credenti, la vitalità e la giovinezza della Chiesa, nel mistero della grazia, unita al Capo, il Signore che vuole la vita e non la morte!
III) Il beato Padre Pio ben poteva dire, con san Paolo: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6, 14). La sua saggezza fu quella della croce.
Altrove, nella lettera ai cristiani di Corinto, l’apostolo dei gentili esprime con particolare forza: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani, ma per i chiamati (…) è Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 23-24). Un Messia crocifisso era uno scandalo per la mentalità giudaica e fu molto arduo per Gesù far capire che il cuore della promessa non era un Messia trionfante, potente e pre-potente, ma il servo di Dio, che doveva soffrire, fino alla fine, nella tragedia della croce!
Sul Palatino, a Roma, è stato ritrovato un graffito (che ho visto personalmente) che mostra il rifiuto del crocifisso fino allo scherno sacrilego: invece di Gesù, sulla croce c’è una testa d’asino, e l’iscrizione dice, se ricordo bene: Anaximenos, adora il tuo dio! Ecco lo scandalo che colpì anche i discepoli. È l’atmosfera di sconfitta e di vergogna dei pellegrini di Emmaus: “Noi speravamo…!”. Per questo san Paolo ripeterà che non si vergogna del Vangelo (cfr Rom 1). Forse nella letteratura antica non c’è più significativo riflesso di quella vergogna di ciò che leggiamo nel Dialogo con Trifone (cap. 32), scritto verso il 150 d.C. Il grande apologeta Giustino mette queste parole in bocca al suo interlocutore: “Le scritture ci obbligano a sperare che sia glorioso e grande chi ricevette dall’antico dei giorni, come figlio dell’uomo, il regno eterno; invece costui che voi chiamate Cristo è vissuto disonorato e senza gloria fino al punto di sottostare all’estrema maledizione della legge di Dio: è stato infatti crocifisso”. La croce era una vergogna e una maledizione: “Maledetto l’uomo che pende dal legno” (Dt 21, 23). Per i greci, orgogliosi del loro pensiero, della loro ricercata saggezza, la croce era stoltezza. Alcuni scrittori coprono di sarcasmo sdegnoso il mistero! Anche oggi, quando si cerca di togliere via il crocifisso dalle scuole, in alcune nazioni d’Europa, e – come afferma il Papa – non si vuole accettare di introdurre neppure un cenno al cristianesimo nella costituzione dell’Europa unita, c’è ostilità e vergogna per la croce.
Si vuole eliminare il crocifisso dalla vita, dalle famiglie, e questa è una sfida alla verità. Si vuole nascondere la verità della fede, la verità che è Cristo! Perciò dice san Paolo, e nella sua scia, il beato Padre Pio: “Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale è diventato per noi, per opera di Dio, sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto, chi si gloria, si glori nel Signore” (1 Cor 1, 30).
La vita di Padre Pio ha il sigillo della croce nelle sue sofferenze: ha dovuto subire incomprensioni, proibizioni (accettate umilmente) e anche calunnie! Il popolo di Dio, il fiume dei credenti che lo seguirono nei suoi 52 anni di residenza qui, a San Giovanni Rotondo, che lo cercarono con affetto, non si sbagliarono. Nella vicinanza alla croce ci fu in lui una realtà, che era obbligato a mantenere nascosta; è ciò che dice la seconda Lettura, tratta dalla Lettera ai Galati: “Difatti io porto le stimmate di Gesù nel mio corpo”. Possiamo dire che il contemplare e l’assimilarsi al crocifisso, aprirono le ferite di Gesù nel suo corpo, nelle sue mani sanguinanti.
Qui, in questo santuario; qui in questo convento dei carissimi Padri Cappuccini, nella sua comunità, vicino alla sua tomba, il pellegrino raccoglie il messaggio formidabile della sua santità.
Questo terzo anniversario della beatificazione di Padre Pio coincide con la vicina grande celebrazione, il mese prossimo, della sua canonizzazione, dopo un nuovo e portentoso miracolo, che ci ha tutti colpiti, in seguito all’esame del caso nella Congregazione delle Cause dei Santi. La Chiesa è in festa per le grandi cose che il Signore ha fatto e continua a fare con i suoi santi, il cui esempio e stimolo è incoraggiante per tutti noi, che siamo ancora pellegrini nel tempo e nella storia.
Padre Pio è un gigante della santità, un dono prezioso per la Chiesa e per l’intero mondo bisognoso di luce, di verità e di pace.