L’OSSERVATORE ROMANO Sabato 6 Maggio 2000
Il 13 maggio la festa liturgica del santo fondatore dei religiosi Mercedari
di ALEJANDRO FERNANDEZ BARRAJÓN
Addentrarsi nei giorni passati del Medio Evo, quando gli albori del secolo XIII cominciavano a illuminare, dietro la spinta di forti ideali, i cammini sempre angusti della storia, può risultare appassionante ma anche rischioso. A prescindere dalla distanza che accumulano i secoli, perdurano intatti, fra tanti altri, gli esempi di fede, di carità e di eroismo di uomini come Francesco d’Assisi, Domenico di Guzman, Giovanni de Mata e Pietro Nolasco.
Quanto parleranno poi di loro i secoli futuri! Il Vangelo si fa strada con centinaia di gesti di dedizione e giunge con tutta la sua forza rinnovatrice agli angoli più nascosti dove l’uomo soffre, si dispera e muore. La festa di san Pietro Nolasco, il giorno 13 maggio, ci si presenta come una scusaprivilegiata per tornare con lo sguardo al passato e per riscoprire questa figura ricca di offerta, di eroismo e di una fede immensa nelle mani, negli occhi e nei passi di un uomo semplice, devoto di Maria, che vive e lavora, ancora oggi, per la libertà degli schiavi cristiani, nella persona di varie migliaia di uomini e donne che danno vita all’Ordine della Mercede, da lui fondato, e che percorrono i sentieri, spesso oscuri, del nostro mondo. Un anelito di libertà si inserisce in mezzo alle tante schiavitù, perché l’uomo è chiamato ad essere libero e la sua aspirazione non può essere altro che il desiderio più intenso, riconosciuto o no, di andare all’incontro con Cristo, il Redentore. «Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù» (Gal 5,1).
Gettando uno sguardo nella memoria
Nella città di Barcellona, borghese e comitale, c’è un continuo brulicare di uomini e donne per le sue strette stradine pavimentate di pietra, dal porto fino alla cattedrale. Era il 10 agosto del 1218. Le campane, avvolte in suoni di festa, invitano alla celebrazione tutti i fedeli di questa vecchia città europea. Avrebbe potuto essere una delle tante celebrazioni che finiscono per far parte delle pagine dell’oblìo, ricoperte dalla polvere del tempo e relegate nei sotterranei dell’indifferenza. Invece no! Fu una celebrazione gioiosa che, per l’impatto con la fede, finì per iscriversi con caratteri di amore inestinguibile nella coscienza, nel cuore e nelle mani della madre Chiesa. Si celebrava la Fondazione dell’Ordine della Mercede, nella Cattedrale di Barcellona, dinanzi al Vescovo della città, Berenguer de Palou, e davanti al giovane Re diAragona, Giacomo I, chiamato in seguito il Conquistatore. La Chiesa accoglieva nel suo seno di madre l’avventura divina che Pietro Nolasco volle intraprendere e proseguire fino a donare la propria vita, se questo fosse stato necessario. Pietro Nolasco nacque nella regione della Linguadoc francese, allora sotto la corona reale di Aragona, o forse nei dintorni della città di Barcellona, dove sembra che si sia stabilito fin da molto giovane; ma che importa? La Patria di Pietro Nolasco è la Chiesa, che lui ama appassionatamente, e, in essa, gli schiavi, nei quali scopre l’immagine più fedele di Cristo, il Redentore. La situazione sociale e politica del tempo è complessa, come quasi sempre. Le terre di Spagna sono luogo di passaggio di diverse genti e culture che cercano una loro sistemazione definitiva senza peraltro ottenerla. Romani e Cartaginesi, Greci e Giudei, Visigoti e Arabi, passano lasciando un qualche fondamento religioso e culturale che va ad arricchire sempre più l’evolversi delle genti iberiche. In questodesiderio di ricerca e di miscuglio di culture e religioni sorgono pure, com’era da aspettarsi, i conflitti. Nel secolo XIII c’è una guerra continua tra cristiani e arabi per abbattere le frontiere delle terre di Spagna; in battaglia, a perdere sono sempre gli stessi: i poveri. Centinaia, migliaiadi schiavi, in una o nell’altra fazione, sono strappati alle loro famiglie, alle loro terre e condannati come bottino di guerra al carcere o alla servitù obbligata. Questa situazione drammatica rimane impressa negli occhi e nel cuore di Pietro Nolasco come un pungolo doloroso. Attraverso i suoi viaggi nel sud della Spagna e nel nord Africa, nel suo lavoro di mercante, rimane colpito dalla sofferenza di tanti cristiani schiavi, sradicati con forza dalla loro terra e al punto di rinnegare la propria fede. Come cristiano fedele quale egli è, teneramente devoto della Madre di Dio, non smette di sentirsi tormentato dalla sorte di questi fratelli schiavi. La misericordia divina s’imbatte nel cuore del Nolasco. La Madre di Dio, piena di misericordia, avvolge tutte le sollecitudini più profonde dell’animo di questo giovane mercante cristiano. Il 2 agosto 1218 Pietro Nolasco, nella sua preghiera silenziosa e assidua, riscopre Maria come tenerezza immensa di Dio che si prodiga verso il dolore degli schiavi cristiani e vuole essere liberatrice, Lei la donna del Magnificat, attraverso le povere mani di quel mercante che sannosolo comprare e vendere. È nata la nuova vocazione del Nolasco, che vuole rinascere per un’impresa più grande: muterà la sua condizione di mercante di stoffe, per essere un mercante di uomini per la libertà. La Signora della Misericordia degli Schiavi glielo ha chiesto ed egli non ha potuto e non ha voluto dire di no. Lo Spirito di Dio ha posto ali di libertà all’ideale di questo giovane. Da questo momento egli consacrerà la sua vita agli schiavi, immagine di Cristo che soffre nella croce della schiavitù. E consacrerà la sua opera alla Vergine Madre, Signora dimisericordia, perché Ella è la Redentrice che sussurra all’orecchio del suo cuore: «Fa’ ciò che Lui ti dirà». Ciò che prima appariva un’opera personale, una iniziativa folle, si va rivelandopoco a poco come un’opera di Dio, come un carisma dello Spirito, come un impegno della Chiesa che vuole giungere ai più lontani, ai più sofferenti, perché ha viscere di misericordia. Il Vescovo della città, Berenguer de Palou, entusiasta dell’opera di Pietro Nolasco, la accoglie come sua nella Chiesa e la benedice. Il Papa Gregorio IX, in Perugia, con la Bolla Devotionis Vestrae del 17 gennaio 1235, approva quest’opera di redenzione, che scaturisce dalla Chiesa evuole essere sempre sua e vivere per lei. Una moltitudine di giovani, provenienti da Barcellona e da oltre i confini del Regno di Aragona, si avvicinano, animati dalla fede, per appoggiare e sospingere quest’opera redentrice che viene da Dio e porta la firma inconfondibile della Madredi Dio, che è Madre di Misericordia. È nato un Ordine religioso che passerà attraverso i sentieri dei secoli lasciando una scia immensa di eroismo nei suoi martiri, di bontà nei suoi santi, di sapienza nei suoi dottori e di generosità nell’offerta di sé, fino a dare la vita, se fosse necessario,come professano i suoi religiosi nel loro Quarto Voto, a imitazione di Cristo Redentore, che la diede per noi. «Il potere e il volere di Fr. Pietro Nolasco e di tutti gli altri Maestri Generali che gli sono succeduti, lo sforzo e l’opera dei religiosi e di tutto l’Ordine è consistito sempre in questo: che il Maestro Generale e i religiosi Professi di quest’Ordine, con fede in Gesù Cristo, con speranza della salvezza e con autentico amore di Colui che, prendendo carne in questo mondo dalla gloriosa Vergine Maria, vero Dio e vero uomo, in una sola persona, e soffrendo per noi passione e morte, ci visitò – infatti sempre visita i suoi amici – e liberò coloro che erano in potere dell’inferno, lavorino di buon animo e di buona volontà con ogni opera buona nel visitare e liberare i cristiani che sono in schiavitù e in potere dei Saraceni e di altri nemici della nostra Legge, secondo la buona disposizione e la buona volontà del Maestro Generale di quest’Ordine» (Prologo delle Costituzioni del 1272).
Pietro Nolasco, non dimentichiamolo, è un laico; un cavaliere di Dio al servizio della fede degli schiavi; un uomo di fede, impegnato nella Chiesa, il quale, al di là delle parole, vuole rendere concreto il suo impegno cristiano. La vocazione laicale nella Chiesa acquista una forza speciale in lui, in un tempo e in un ambiente in cui i laici operano soprattutto nella retroguardia. Pietro Nolasco, con la sua opera redentrice per la liberazione degli schiavi, è un laico che si lancia all’avanguardia della fede, convinto che la sua vocazione deve superare i limiti del conformismo e della comodità per giungere alla frontiera, alle prigioni nascoste, lì dove la fede è in pericolo e ha bisogno di sollievo e di fortezza. Questa iniziativa laicale, che coinvolge anche il clero, si protrarrà così nell’Ordine per un secolo. I mercedari sono cavalieri della pace, mercanti della libertà e, benché siano in origine militari della fede, non parteciperanno mai adoperazioni belliche di difesa o di conquista. L’impegno della Mercede, la sua battaglia più reale si svolgerà nel campo della schiavitù, nei sotterranei dell’oppressione, nei vicoli lugubri dove la fede è in pericolo perché agogna la luce del Sole che viene dall’Alto.
Un carisma di libertà nella Chiesa
L’originalità del Nolasco non sta nel suo aspetto redentore. Prima di lui, Juan de Mata, nel 1194, aveva fondato l’Ordine della Santissima Trinità, approvato da Innocenzo III nel 1198. Egli sa che il suo progetto liberatore non è nuovo; conosce il lavoro dei militari e degli alti ufficiali preposti agli schiavi i quali, per poche monete, si prestano per effettuare opere di liberazione in terre cristiane o musulmane e trasformano in stile di vita quest’opera sociale tanto urgente che molte famiglie richiedono per poter riavere i propri cari. L’originalità del Nolasco sta nella sua radicalità evangelica e nel totale dono di sé agli schiavi. La redenzione non è un’attività dell’Ordine, ma costituisce lo spirito stesso dell’Ordine. Fin dal principio tutti i beni, tutti gli impegni, tutti i progetti del Maestro Generale e dei suoi fratelli saranno destinati agli schiavi. Il modello supremo da imitare dei nuovi consacrati sarà Cristo Redentore nel momento in cui Egli annuncia, nella terra di Nazareth, l’inaugurazione di un tempo giubilare: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, per predicare un anno di grazia del Signore» (Lc 4, 18-19).
Il Medio Evo è un tempo di passione per la fede. Pietro Nolasco vive con trepidazione gli interessi di Dio e si sente attratto dai grandi ideali della carità. Non per niente il suo Ordine prenderà il nome di Mercede, vale a dire, di Misericordia. Non c’è, in questo momento, opera dimisericordia più grande della redenzione degli schiavi cristiani. Infatti, nessuno in quei tempi è tanto povero come gli schiavi che, per il fatto di non avere nulla, non sono padroni neppure di se stessi. La misericordia più vicina da cui Pietro Nolasco si sente più preso e sospinto, è quella di Maria, la Madre di Dio, la donna del Magnificat. Come Madre, ai piedi della Croce, Maria soffre la schiavitù dei suoi figli, li accompagna ai piedi della loro croce, che è il carcere tenebroso, e annunzia che il Signore «rovescia i potenti dai troni, innalza gli umili e colma di beni gli affamati». Perciò, dai tempi più remoti dell’Ordine, Nolasco mette nelle mani di Maria della Mercede o di Misericordia quest’opera di redenzione. L’Ordine prenderà il suo nome: «Ordine della Beata Vergine Maria della Mercede per la redenzione degli schiavi». L’amorealla Vergine Maria sarà sempre una bandiera issata nel cuore e nel messaggio mercedario di tutti i tempi. Il Papa Giovanni Paolo II lo ha ricordato recentemente in occasione del Capitolo Generale dell’Ordine del 1998: «Il vostro Ordine, fin dall’origine, ha venerato la Vergine Maria sotto il titolo di Madre della Mercede, e l’ha prescelta come modello della propria spiritualità e dell’azione apostolica. Sperimentando la sua presenza continua e imitando la sua disponibilità, i Mercedari hanno affrontato con coraggio e fiducia gli impegni, spesso gravosi e difficili, della missione redentrice» (Lettera al P. Generale ). Lì dove sono giunti i Mercedari con il loro impegno di liberazione rimane impresso nei cuori dei fedeli e dei popoli il nome eccelso di Maria, la Redentrice, la Madonna della Mercede. «Noi mercedari ci proponiamo di amare Maria con amore filiale e di onorarla come nostra Madre, in quanto Fondatrice spirituale dell’Ordine» (Cost. n. 81).
La luce che proiettano i secoli
Nell’anno 1317, a distanza di un secolo dalla fondazione, viene eletto Maestro Generale un Sacerdote. La struttura della Mercede si adatta alle nuove esigenze della società e inizia un periodo di assimilazione agli altri Ordini religiosi contemporanei: francescani e domenicani.
Anche i mercedari vogliono essere mendicanti; chiedono le elemosine in favore degli schiavi e a questi appartengono tutti i loro beni. Il Quarto Voto di redenzione è il segno inequivocabile della più genuina vocazione mercedaria. Con i nuovi orientamenti e con la guida dei Chierici, ireligiosi della Mercede si introducono in nuovi campi di apostolato, dove la Chiesa richiede la loro presenza. La evangelizzazione popolare e le Università sono adesso i nuovi orizzonti dell’azione mercedaria, senza mai dimenticare il suo compito fondamentale e la sua identitàredentrice. Il secolo XVI segna l’inizio del periodo aureo dell’Ordine. La scoperta delle nuove terre d’America e il desiderio evangelizzatore dei Papi spingono i Mercedari, già nel secondo viaggio di Colombo, alla evangelizzazione dei nuovi popoli. L’azione liberatrice si accentua perché sorgono nuove forme di schiavitù e di oppressione che compromettono la dignità dei figli di Dio. Questa presenza pionieristica e permanente della Mercede in America, spiega perché il titolo della Mercede sia uno dei più diffusi, anche oggi, in terre americane. Insieme ai principali conquistatori sono presenti i missionari mercedari che mitigano le durezze legate alla conquista, umanizzano i conflitti della guerra annunziando la Buona Novella di liberazione di Gesù Cristo. Nomi come quello di Bartolomeo di Olmedo, Francisco de Bobadilla, Hernando de Granada, Antonio Correa e Antonio Sarmiento, fra tanti altri, saranno sempre associati alle prime pagine della fede cristiana che si scrivono in Messico, Perú, Ecuador, Colombia, Cile e in tutta l’America centrale. E con essi la devozione filiale alla Madre della Mercede rimane radicata per sempre nei popoli d’America che uniscono il loro nome ai successivi progetti diliberazione in Paesi come l’Argentina, il Perú o l’Ecuador. Una ventata d’amore a Maria scuote le terre d’America al punto da lasciarle impregnate della sua Misericordia. La presenza mercedaria in America è una delle pagine più belle di eroismo e di spiritualità che sono state scritte nel cammino inarrestabile del tempo, pur con i difetti propri di tutte le opere che sonoanche umane. Si avvicinavano anche tempi di penuria e di oscurità per l’Ordine. La rivoluzionefrancese, le lotte intestine che segnano il secolo XIX, la forzata esclaustrazione spagnola di Mendizabal, riducono le possibilità dell’Ordine fino a estremi preoccupanti. Nel 1880 restano in Europa soltanto due Conventi: S. Adriano in Roma e il Santuario di Bonaria in Sardegna. D’altra parte, non è più possibile operare le redenzioni nella forma solita. L’ultima redenzione fu realizzata insieme da Mercedari e Trinitari, in Argel, nell’anno 1785. La nuova situazione che sancisce l’abolizione della schiavitù nel secolo XIX, mette in discussione l’ideale della Mercede e provoca un adattamento carismatico alle moderne forme di schiavitù che genera il peccato. L’esercizio della carità, l’impegno per la fede e lo spirito redentore saranno adesso i nuovi venti che spingono la nave redentrice del Nolasco nel mare della Chiesa. Il Concilio Vaticano II illumina lo sguardo redentore della Mercede affinché riscopra nuovamente la sua vocazione originaria e si lanci, inviata ancora una volta dalla Chiesa, nei nuovi campi di schiavitù, tanto drammatici e distruttori della persona umana e della sua fede come nel secolo XIII. Le nuove Costituzioni indicano le condizioni delle attuali schiavitù che devastano i nostri tempi impregnati di modernità e di tecnologia ma anoressici di Dio e affamati di umanità. «Le nuove forme di schiavitù, che costituiscono il campo proprio della missione e del Quarto Voto mercedario, si trovano lì dove si verifica una situazione sociale che comprende le seguenti condizioni: sia oppressiva e degradante della persona umana; derivi da principi e sistemi opposti al Vangelo; ponga in pericolo la fede dei cristiani; offra la possibilità di aiutare, visitare e redimere le persone che si trovano in tale situazione» (Cost. n. 16).
È stata abolita la schiavitù?
La dottrina sociale della Chiesa è stata, senza dubbio, ispiratrice delle leggi più avanzate in difesa della dignità della persona umana nel mondo intero. L’abolizione della schiavitù nel secolo XIX, il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e il Patto Internazionale sui DirittiEconomici, Sociali e Culturali del 1966, approvati dall’ONU, e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo proclamati dalla stessa Istituzione Internazionale nel 1948, suppongono un passo da gigante nella conquista dei diritti umani e nella difesa della libertà dell’uomo. La Mercede li celebra. Ma le leggi non sempre sono accompagnate dalle realtà desiderate. Nuove forme di schiavitù sociale, politica o psicologica, che derivano in ultima istanza dal peccato, sorgono ogni giorno e ci invitano alla battaglia evangelica della liberazione con nuovo entusiasmo e forze rinnovate. La Mercede si mette in cammino e spiega le sue migliori energie liberatrici rispondendo alla chiamata del Concilio Vaticano II che chiede di riscoprire con urgenza le nostre radici fondanti e il nostro impegno missionario e liberatore nella fedeltà al carisma che lo Spirito donò alla sua Chiesa al principio del secolo XIII. Questa urgenza liberatrice si manifesta in un nuovo impulso carismatico che fa sorgere nel seno della Chiesa e nell’ardore della devozione filiale alla Madre della Mercede nuovi Istituti Mercedari che contribuiscono ad arricchire l’azione liberatrice mercedaria, come un olivo frondoso che si apre in nuovi rami di spiritualità e di impegno redentore: nascono così i Mercedari Scalzi, nel secolo XVII, e le Mercedarie. Dai tempi di S. Maria di Cervellòn, monaca mercedaria del secolo XIII, fino ai nostri giorni, sono sorte tredici Congregazioni religiose femminili, che attingono alla spiritualità mercedaria e hanno Maria della Mercede come Patrona e Ispiratrice della loro consacrazione religiosa, per volontà esplicita dei propri Fondatori e delle Fondatrici: Monache dell’Ordine della Mercede, Monache contemplative dell’Ordine della Mercede, Monache Mercedarie Scalze, Religiose dell’Ordine di Nostra Signora della Mercede, Suore Mercedarie del SS. Sacramento, Istituto delle Religiose di Nostra Signora della Mercede di Barcellona, Suore Mercedarie della Carità, Suore di Nostra Signora della Mercede, Mercedarie Missionarie di Berriz, Congregazione delle Suore Mercedarie Missionarie, Suore Mercedarie del Bambino Gesù, Sisters of Mercy e Schiave Mercedarie del SS. Sacramento. Una immensa famiglia della Mercede, appassionata per la Chiesa, in intima comunione con i nostri Pastori, e disposta ad essere offerta liberatrice secondo il Vangelo per gli uomini e le donne, schiavi del nostro tempo.
Il Papa Giovanni Paolo II, in occasione del Capitolo Generale dell’Ordine del 1986, indirizzava una Lettera ai Padri Capitolari, nella quale esortava l’Ordine a coltivare l’originalità del proprio carisma e mantenere l’unità della famiglia mercedaria: «La fecondità dell’ispirazione del vostro Fondatore si è manifestata lungo i secoli, tra l’altro, per la sua capacità di incarnarsi non solo nella forma della vita religiosa maschile – sacerdotale o laicale-Š ma anche in quella femminile – di vita attiva e contemplativa – come è proprio dello stile di vita dei laici. Tutti questi modi e gradi diversi di vivere lo spirito di S. Pietro Nolasco trovano in tale spirito la loro necessaria unità e armonia, pur nella diversità con cui si adattano ad esso».
«Pertanto, esorto tutti voi, Sacerdoti e laici, Religiosi e Religiose, a sentirvi sempre uniti tra di voi, come figli e figlie di un medesimo Padre e Patrono, unendo sempre di più le vostre forze con autentico spirito di fraternità e di collaborazione, nello scambio e nella comunione dei doni propri di ciascuno, per realizzare più efficacemente la finalità comune della vostra diversificata famiglia spirituale».
La schiavitù è stata abolita ma persiste in mille forme, latente nelle più dolci illusioni di uomini e donne, che sono immagine di Dio e aspirano a vivere in libertà. La famiglia mercedaria, sparsa in molti paesi, vuol essere presenza liberatrice e segno di fraternità in mezzo ai solchi di questo mondo.
Costruendo il presente per un futuro in libertà
San Pietro Nolasco, dopo quasi 800 anni, tende le sue mani redentrici nell’impegno dei suoi figli e delle sue figlie al servizio dei poveri in tutti i Continenti. Un ampio ventaglio di schiavitù e di necessità si apre supplicante dinanzi ai figli della Mercede come un impatto nella loro coscienza di uomini e donne credenti. Verso queste spiagge dirige il suo naviglio la famiglia mercedaria ai nostri giorni per portare la Buona Novella liberatrice di Gesù Cristo, in quest’Anno Giubilare, interpellati dalla voce del Papa Giovanni Paolo II: «È noto che il Giubileo era un tempo dedicato in modo particolare a Dio. … Esso cadeva ogni settimo anno, secondo la legge di Mosè: era l’anno sabatico, durante il quale si lasciava riposare la terra e venivano liberati gli schiavi. L’obbligo della liberazione degli schiavi veniva regolato da prescrizioni dettagliate contenute nel Libro dell’Esodo (23, 10-11), del Levitico (25, 1-28), delDeuteronomio (15, 1-6) e cioè, praticamente, in tutta la Legislazione biblica, la quale acquista così questa peculiare dimensione» (TMA, 12). La presenza mercedaria si diffonde, senza condizionamenti, nelle carceri, dove la fede è in pericolo a causa della solitudine e della emarginazione sociale; nei profughi che si contano a migliaia nei diversi luoghi dell’Europa e dell’Africa, sopra tutto quelli ai quali la Mercede si dirige per offrire accoglienza e accompagnamento nella loro disperazione; nei drogati, schiavi delle proprie scelte e privi della propria libertà interiore che li renda capaci di decidere di intraprendere un cammino di realizzazione personale al posto di una dose di droga; nei bambini della strada di tanti Paesi, ai quali viene tolto il futuro, proprio mentre attraversano le vie dell’opulenza in cerca di briciole che cadono dalla mensa degli adulti, e minacciati dallo sfruttamento e dalla prostituzione; nei poveri del Terzo Mondo, privati della libertà di essere se stessi, allontanati dalle possibilità più elementari di vivere e di crescere; nei suburbi dell’emarginazione dove la libertà è un lusso a portata di mano di pochi. La nostra scommessa è la scommessa della Chiesa, che si esprime nella voce del Papa Giovanni Paolo II: «Ricordando che Gesù è venuto ad evangelizzare i poveri (Mt 11, 5; Lc 7, 22), come non sottolineare più decisamente l’opzione preferenziale della Chiesa per i poveri e gli emarginati»? (TMA, 51). La festa di san Pietro Nolasco, segnalata in altri tempi nel Calendario della Chiesa, merita di essere associata a quella di s. Juan de Mata, per il fatto di distinguersi come una opzione preferenziale della Chiesa in favore degli schiavi, i più poveri dei poveri. Un carisma tanto originale, che la Chiesa ha accolto da sempre come proprio, per la sua portata – e lo attesta la presenza di s. Pietro Nolasco nella Basilica di S. Pietro in Roma – si deve segnalare per la gioia di tutti e per l’incoraggiamento di molti. Sarà possibile, un giorno non lontano, celebrare la festa dei due santi redentori, s. Juan de Mata e s. Pietro Nolasco, come segni concreti della dimensione redentrice della Chiesa, che, nel nome di Gesù Cristo, vuole proclamare la libertà agli schiavi? È tempo di giubilo, di liberazione, discommessa esplicita verso i poveri. La Mercede si sente inviata dalla Chiesa ai nuovi schiavi dei nostri tempi. Il Papa Giovanni Paolo II lo ha ricordato così all’Ordine nella Lettera indirizzata per la circostanza del suo ultimo Capitolo Generale il 25 maggio 1998: «Il vostro carisma vi porta a guardare con sollecitudine le diverse forme di schiavitù presenti nella vita attuale dell’uomo con le sue miserie morali e materiali. Esso esige da voi un impegno sempre più grande per l’annuncio del Vangelo». Ad essi, agli schiavi, si rivolge la Buona Novella Giubilare di Gesù Cristo, il Redentore. Maria, la donna forte, piena di misericordia e di tenerezza, incoraggia le nostre migliori aspirazioni. La Mercede, Religiosi, Religiose e Laici, è disponibile ad accorrere sollecitamente là dove l’uomo e la donna patiscono la schiavitù delladisperazione, la lontananza di Dio, la mancanza di prospettive trascendenti. L’ultimo Capitolo Generale dell’Ordine del 1998 vuole ad ogni costo ravvivare in tutti i religiosi questo impegno liberatore nell’ambito delle moderne schiavitù, per essere pronti, sostenuti da un amore tenero a Maria, ad essere liberatori e portatori di fede, di speranza e di carità: «Il redentore mercedario di oggi non potrà identificarsi come tale se non si dirige alle vittime delle moderne schiavitù con Maria nel cuore, sulle labbra, e, soprattutto, nella propria vita. La passione per la difesa e propagazione della fede, l’ardore della carità che non indietreggia di fronte alle sofferenze e alla morte e, piena di misericordia, si muove a compassione del prossimo afflitto e la robustezza della speranza che, in mezzo alle difficoltà della vita terrena, rimane ancorata alla vita eterna, sono atteggiamenti imprescindibili nel redentore mercedario che deve sostenere la fede, infiammare la carità e mantenere viva la speranza nei destinatari della sua visita e della redenzione» (Messaggio Cap. Gen. 1998, n. 24, 7-8).
Dio è la Buona Novella di liberazione e vogliamo proclamarlo ad alta voce nei vicoli stretti della schiavitù, affinché, nell’oscurità di una esistenza senza amore i poveri possano riscoprire il Sole che nasce dall’Alto, Gesù Cristo, il Redentore, dono del Padre per tutta l’umanità.