S. UGO IL GRANDE (1024-1109)

Ugo nacque dal conte Dalmazio, signore di Semur (Borgogna) e da Aremberga de Vergy, nel 1024. Il padre avrebbe voluto dargli un’educazione militare, ma il santo, incline alla carità e alla pace, al maneggio delle armi preferì lo studio nel monastero di San Marcello, di cui il vescovo di Chalon-sur-Saóne, suo zio, era abate. Vi fu ricevuto novizio. A quattordici anni, non volendo resistere alla chiamata di Dio e temendo la collera del padre che lo voleva ricondurre nel secolo, si recò direttamente all’abbazia di Cluny, fondata nel 910 da Guglielmo il Pio, conte d’Aquitania, presso Màcon, sotto la direzione dell’abate benedettino il B. Bernone di Baume.

Ugo fu ammesso nel 1039 alla professione monastica dall’abate S. Odilone, il quale non tardò a scorgere i rari talenti con cui Dio aveva arricchito quella nuova recluta. Non stupisce quindi che a vent’anni lo facesse ordinare sacerdote, a ventiquattro lo facesse eleggere Priore e a venticinque lo nominasse al suo posto nella carica di Abate. Sotto il suo governo, che durerà ininterrottamente per oltre sessant’anni, Cluny toccherà l’apogeo grazie alla capacità di governo e al saggio equilibrio di lui nell’interpretazione della regola benedettina, adattata ai tempi nello spirito di S. Benedetto Aniane.


Ai talenti fisici e intellettuali, Ugo il Grande univa una calma inalterabile e una carità inesauribile, che avvincevano quanti entravano in relazione con lui. Con i ribelli e gl’indisciplinati era inflessibile, ma con i docili e i sottomessi era di una sovrumana bontà. Precedeva i monaci con l’esempio in tutte le virtù. Di notte prendeva il suo riposo nel dormitorio comune. Nessuno lo eguagliava nelle astinenze e nei digiuni.  Tuttavia, ai suoi discepoli non impose mai le eccezionali austerità che prescriveva a se stesso. La preghiera fu veramente la sua vita, e la continua contemplazione, la sua occupazione anche nei viaggi e nelle attività intraprese per il bene della Chiesa.


È incalcolabile l’influsso moderatore che S. Ugo esercitò presso imperatori e re, da lui ripetutamente visitati, e i nove papi con cui fu in relazione. Quando morì Odilone egli si trovava alla dieta di Worms, incaricato di una missione presso Enrico III.


V’incontrò Brunone, vescovo di Toul, che fu eletto papa dall’imperatore il quale, insieme con il patriziato ereditario, aveva ricevuto dai romani il diritto di designare i pontefici. In seguito ai consigli di Ugo e Ildebrando, il futuro Leone IX si presentò a Roma come un semplice pellegrino, e il 12-2-1049 fece ratificare dai cardinali la scelta del potere laico. Qualche mese dopo, Ugo ritrovò il papa alla dedicazione della basilica di San Remigio a Reims, e al concilio che vi tenne contro la simonia e il concubinato del clero. Seguì quindi il Pontefice a Roma, dove fu uno dei membri più attivi del concilio che vi si tenne nella Pasqua del 1050 contro i mali della Chiesa e gli errori di Berengario di Tours sull’Eucaristia.


Uomo di bell’aspetto, diplomatico nato, ebbe facile acceso presso i grandi della terra. Nel 1051, Enrico III lo pregò di recarsi a Colonia perché facesse da padrino a suo figlio, e lo nominò suo ambasciatore presso Andrea, re d’Ungheria, perché negoziasse con lui la pace. Nel 1054 sostenne l’azione diplomatica di Ildebrando in Francia, e nel concilio di Tours persuase, con gli altri, Berengario a dichiarare che il pane e il vino sull’altare, dopo la consacrazione, sono corpo e sangue di Cristo. Federico dei Duchi di Lorena, zio della contessa Matilde e abate di Montecassino, eletto papa con il nome di Stefano X, avrebbe voluto che Ugo venisse a Roma come suo consigliere insieme con S. Pier Damiani. Lo assistette invece nel 1058 a Firenze sul letto di morte.


Con Niccolo II, che gli successe, partecipò a Roma al sinodo del 1059, in cui fu decretato che l’elezione del sommo pontefice sarebbe stata effettuata esclusivamente dai cardinali. Nominato legato in Aquitania perché vi riformasse la vita ecclesiastica, nel 1060 presiedette il concilio di Tolosa. Da Alessandro II ottenne la mitigazione delle pene stabilite per il delitto di fratricidio, allora frequentissimo, per il timore che il colpevole si ostinasse nell’impenitenza. Sotto questo pontefice, Ugo dovette difendere le esenzioni civili ed ecclesiastiche di cui godeva la sua abbazia, contro le violenze e le scomuniche di Drogone, vescovo di Màcon. S. Pier Damiani chiese di esservi inviato come legato nel 1063. In un concilio sottopose il prepotente Drogone a penitenza. Era la prima volta che l’irruente e austero cardinale varcava la soglia della celebre abbazia di Cluny. Egli restò ammirato e sorpreso, è vero, dello splendore dei suoi edifici, dell’abbondanza della mensa dei monaci, ma anche edificato della disciplina che Ugo i1 Grande vi aveva introdotto: “A Cluny, gli scrisse dopo la partenza, come nella chiesa primitiva, regna la carità, trabocca la gioia spirituale, la pace è il bene comune, la pazienza fa tutto accettare, la longanimità tutto sopportare. La speranza coraggiosa, la fede solida, la carità senza macchia, si allenano all’umile ubbidienza che lava i peccati e all’osservanza delle leggi veramente monastiche”.


In quel tempo l’abbazia di Cluny moltiplicava i suoi priorati un po’ dovunque. La prima casa filiale era stata fondata nel 1056 a La Charité-sur-Loire. Nel 1061 S. Ugo fondò pure, per le donne, il monastero di Marcigny, di cui sua sorella Ermengarda fu la prima priora, e in cui professò sua madre dopo l’assassinio del marito da parte di Roberto il Vecchio, duca di Borgogna e suo genero. Nel 1065 nel sinodo di Autun il santo diresse, in persona, le deliberazioni dei congregati contro le vessazioni di Roberto. Con la sua dolcezza sottopose il cognato a penitenza e gli fece giurare di conservare la pace con il vescovo della città.


Nel 1068 S. Ugo fece redigere dai monaci Bernardo e Udalrico le  Consuetudines Cluniacenses con cui fu possibile propagare la loro riforma in tutta Europa. All’abate generale erano sottoposti i priori delle varie case, che egli ogni tanto visitava, in cui celebrava i capitoli per togliere abusi, deporre od eleggere nuovi priori. All’inizio del secolo XII la Congregazione Cluniancense confederava circa 2.000 monasteri o priorati. Molti di essi erano immediatamente sottoposti, altri soltanto incorporati e altri ancora soltanto sorvegliati, in vista della riforma da attuare in essi.


Mitigando il rigorismo anteriore, le nuove leggi ripartivano equamente tra i monaci, gli oblati e i servi, il lavoro sia manuale che intellettuale e artistico. La liturgia e il canto, specialmente dei salmi, raggiunsero la loro perfezione nell’ambiente raccolto della grandiosa basilica romanica di San Pietro, fatta edificare da S. Ugo a cominciare dal 1089, a cinque navate, tagliate da due transetti, con sette cappelle absidali e la volta della navata maggiore elevantesi a 34 metri dal suolo. Per la sua bellezza, per la magnificenza, la solennità e la durata dei riti era detta deambulatorium angelorum (passeggiata degli angeli).


Ugo, intuitivo e profondo conoscitore del cuore umano, organizzò dunque un vera monarchia monastica, libera dalle giurisdizioni episcopali e dalle ingerenze feudali, dipendente soltanto dalla S. Sede, e quindi efficace strumento di riforma ecclesiastica. Chi maggiormente ne approfittò fu S. Gregorio (+1085) che raccomandò al suo amico alleato e collaboratore, di adoperarsi per riaccendere ovunque lo zelo dei fedeli per il sommo pontefice, in lotta contro le ingerenze del potere secolare nella Chiesa. S. Ugo, però, svolse soprattutto un’azione conciliatrice tra il papa e l’imperatore Enrico IV, suo figlioccio. Al momento della scomunica si trovava al suo fianco. A Canossa intercesse per lui, e Gregorio VII concesse allo scaltro imperatore l’assoluzione dalle censure. Anche quando la lotta si riaccese violenta tra il sacerdozio e l’impero, pur parteggiando per il papa, S. Ugo non mutò sostanzialmente atteggiamento. Per volere di Gregorio VII, accompagnò Ugo de Die, suo legato, nella maggior parte dei concili che egli tenne in Francia per estirpare la simonia e la clerogamia, e lavorò per ottenere da Berengario la definitiva ritrattazione dei suoi errori. Andò pure in Spagna, legato del papa presso Alfonso VI di Castiglia, da cui ottenne che il rito mozarabico fosse sostituito con quello romano.


Ugo continuò a godere il favore dei successori di Gregorio VII, specialmente di Urbano II, antico Priore di Cluny che, nel 1095, vi ritornò per consacrare l’altare maggiore della basilica e partecipare con S. Ugo al concilio di Clermont in cui furono rinnovati i decreti contro la simonia, il matrimonio degli ecclesiastici, l’investitura da parte dei laici, e vi fu proclamata la prima crociata. Pasquale II, egli pure cluniacense, soggiornò nell’abbazia nel Natale del 1106. S. Ugo lo acompagnò poi nei suoi spostamenti attraverso la Franca. Nel Natale del 1097 vi era stato preceduto da S. Anselmo di Canterbury, esiliato dal re d’Inghilterra.


Ugo il Grande morì a Cluny il 29-4-1109 nella chiesa della Vergine, dinanzi all’altare, disteso sulla cenere e il cilicio. Canonizzato nel 1120 da Callisto II, le sue ossa furono disperse dagli ugonotti nel 1562.


 


Sac. Guido Pettinati SSP,


I Santi canonizzati del giorno, vol. 4, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 356-360.


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