Aprì il «secolo d’oro» della storia della Polonia cristiana
Le fonti storiche del XIV e XV secolo ci consentono di delineare il profilo della beata Edvige d’Angiò (1374-1399), e di cogliere gli essenziali tratti della sua personalità e spiritualità. Le suddette fonti, presentando Edvige quale sovrana che regnava servendo, ne sottolineano la maturità cristiana, basata sulla sua profonda vita interiore in totale adesione di fede e di carità.
Indipendentemente dalla venerazione che i contemporanei ebbero per lei, quale donna grande e santa, esiste un evento storico indiscusso e documentato che induce a meditare: l’ammirazione ininterrotta di tutto il popolo verso Edvige, con relativo culto, consolidato per sei secoli è oggi ancora vivo. C’era infatti in lei un intreccio di doti e virtù, che, unito alla religiosità e devozione, irradiavano santità all’intero complesso dei suoi interessi e del suo agire quotidiano.
L’autocontrollo, derivato dall’ascesi cristiana, dominava il suo temperamento vivace e il forte carattere.
Gli sponsalia de futuro di Edvige a quattro anni con Guglielmo di Asburgo di otto (tipica prassi medievale), stipulati dai loro genitori nel 1378, furono revocati da lei, ormai maggiorenne, per sposare il 18 febbraio 1386 Jagello, granduca lituano, il quale aveva promesso di ricevere il battesimo insieme con tutta la Lituania, ultimo paese pagano in Europa, e di unirla alla Polonia. Come vuole la tradizione, Edvige giunse a tale decisione nuziale dopo un lungo travaglio interiore, preghiere ai piedi del Crocifisso di Wawel e consultazioni con l’Arcivescovo gnesniense Bodzanta, con il Vescovo di Cracovia Jan Radlica e con gli altri nobili del Regno polacco.
Il «sì» di Edvige a Jagello cambiò la storia d’Europa, portando la frontiera della civiltà occidentale ai confini orientali del Regno polacco-lituano e pose lei fra i protagonisti dell’evangelizzazione europea. La beata Edvige può essere quindi considerata la patrona del nostro continente, il quale oggi, non meno che nei suoi tempi, avverte l’esigenza di una nuova evangelizzazione e la riscoperta dei valori religiosi nella vita sociale e internazionale.
La premura nel trasmettere e nel vivere il Vangelo
Una volta aperta la strada verso la cristianizzazione della Lituania, Edvige, coerente nell’agire, si adoperò per assicurare al neobattezzato popolo la formazione religiosa. A tale scopo fondò a Praga un Collegio per i futuri sacerdoti della Lituania. La fondazione fu preceduta da lunghe consultazioni e preghiere, come lei stessa scrisse nel documento protocollare dell’atto di fondazione.
La regina si prodigò assiduamente per questa causa, ritenendo che anche l’Università cracoviense dovesse partecipare all’opera di evangelizzazione, tramite la fondazione di una Facoltà di Teologia (11 gennaio 1397), alla quale diede il consenso il Papa Bonifacio IX. Anzi, Edvige ebbe tanto a cuore questo Ateneo che nel testamento lasciò le sue gemme e gli altri beni personali per sostenerne il futuro ampliamento e funzionamento.
La sua sollecitudine per l’Università cracoviense non fu solo espressione di mecenatismo, ma derivò dalla sua fede matura e lungimirante.
Dall’infanzia Edvige era stata educata alla lettura religiosa classica. Leggeva la Sacra Scrittura, il Salterio, le Omelie dei Padri della Chiesa, le meditazioni e le orazioni di San Bernardo, i Sermoni e le Passioni dei Santi, ecc. Alcune di queste opere vennero tradotte in lingua polacca proprio per lei e la sua corte. A questo scopo la regina ordinò un salterio in tre versioni linguistiche, chiamato il Salterio Floriano, il quale è custodito oggi nella Biblioteca Nazionale di Varsavia. Inoltre la beata cercava di assicurare agli uomini di Chiesa e di cultura e ai suoi cortigiani guide spirituali di grande pregio come Giovanni Štìkna, Stanislao di Scarbimiria, Enrico di Bitterfeld, alle quali porgeva attenzione devota.
Richiedeva al clero un alto livello spirituale e culturale. Ai suoi tempi, nei quali si amalgamarono varie credenze, dottrine e prassi, Edvige fu esempio di fedeltà alla tradizione e di filiale aderenza alla Sede Apostolica. Contemporaneamente fu tollerante nei confronti di altre religioni e confessioni, attribuendo una grande importanza al dialogo ecumenico.
Sotto tale aspetto, va ricordata la sua fondazione a Cracovia della Chiesa e del Convento dei Benedettini slavi, che avrebbero dovuto recarsi nella Rus’ Rossa, restituita pacificamente da Edvige alla Polonia, per celebrarvi la liturgia nel rito slavo, al fine di giungere ad un fiducioso avvicinamento fra i culti.
Come sovrana cristiana, nell’ambito della sua specifica attività (fondazione di chiese, conventi, altari, ospedali, donazioni, ecc.) seppe esprimere la testimonianza della sua fede con irrepetibile sensibilità; ad esempio, per ravviare il culto divino nella cattedrale cracoviense, fondò nel 1393 il Collegio dei 16 Salmisti, perché giorno e notte vi risuonasse la gloria di Dio. Per avvicinare i sudditi polacchi, lituani e ruteni ai frutti spirituali della Chiesa, si rivolse, come uno dei primi re europei, al Papa Bonifacio IX, chiedendo la grazia di poter celebrare il Giubileo dell’Anno Santo 1390 nel proprio paese. La sua richiesta fu motivata dai grandi disagi di natura politica e sociale, ai quali sarebbero stati esposti i pellegrini durante il viaggio per Roma.
Il Papa esaudì la sua domanda, inviando nel 1392 il suo legato, Giovanni da Pontremoli, con la bolla e le relative istruzioni.
Incoronata Regina della Polonia, con l’andar del tempo prese parte sempre più attiva agli affari pubblici dello Stato polacco – lituano, grazie alla sua prudenza e saggezza politica. Più volte, a partire dal 1389, fece da mediatrice nelle questioni conflittuali fra la Polonia e l’Ordine teutonico. Anche Vitoldo, duca lituano, chiese il suo aiuto nel risolvere delle controversie con i cugini Jagello e Skirgello.
Consapevole del pericolo per la cristianità, rappresentato dai Turchi, Edvige cercò di dissuadere l’ambizioso Vitoldo dal disperdere in una spedizione bellica contro i Tartari le forze dell’esercito polaccolituano, che poi di fatto fu sconfitto.
Gli affari dello Stato non le impedivano di accorgersi dei bisogni quotidiani dei suoi sudditi. Molti fatti al riguardo sono testimoniati dai registri dei conti reali. Ci limitiamo qui a sottolineare l’acuto senso, non soltanto di giustizia, ma di rispetto per ogni essere umano. Un episodio in particolare, dimostra in modo inequivocabile la sua fermezza nel difendere i deboli e gli oppressi. Nel 1386, avendo appreso che i cittadini di un villaggio della Grande Polonia erano stati privati dei beni da parte dei cavalieri del re, volle che fossero risarciti non solo dei danni materiali, ma, preoccupata della loro dignità umana ferita, disse con dolore: «Se pure abbiamo restituito il bestiame ai coloni, chi restituirà loro le lacrime?». Questa domanda, percepita dal suo corteo e tramandata dai cronisti, mette in rilievo il suo sempre vigile «genio del cuore», tanto che Konrad Górski, storico della spiritualità polacca, l’ha definita come «l’espressione più profonda della cultura cristiana».
Cristo era al centro della vita di Edvige.
Contemplando il Salvatore nell’immagine del Crocifisso Nero di Wawel, la Regina attingeva l’amore e la forza per regnare servendo, lo slancio missionario, l’umiltà di cuore, l’altruismo e la pace nel soffrire e nell’agire. Diverse fonti riportano che volendo rispondere con zelo alla vocazione cristiana, assisteva alla Messa nei giorni feriali, anche durante viaggi, brevi e lunghi.
La croce l’accompagnava sempre nella vita: la prematura morte del padre, il distacco dalla casa paterna a Buda, l’incoronazione a Regina all’età di dieci anni nel Regno polacco a lei sconosciuto, la rassegnazione circa i progetti matrimoniali d’infanzia; la tragica morte della madre nel 1387 e più tardi, nel 1395, dell’ultima sorella; le calunnie diffuse nel mondo europeo nei suoi riguardi; il tentativo di creare dissenso fra lei e suo marito Ladislao Jagello, tanto più anziano di lei; numerose e complesse difficoltà politiche e umane, nei quali s’impegnava con tutto l’amore.
Una di queste fu rappresentata dalla lunga attesa del futuro erede al trono.
Nel Medioevo, infatti, la sterilità della donna era considerata un segno visibile del castigo di Dio: perciò Edvige ne soffriva, tanto più che sperava di rafforzare l’unione polacco – lituana e di continuare l’opera di cristianizzazione con la nascita di un figlio.
La sofferenza fu interrotta solo per breve tempo dalla lieta novella della gravidanza.
All’approssimarsi del parto Jagello le raccomandava di addobbare sontuosamente la stanza del nascituro.
Grazie a Jan Dlugosz, noto cronista polacco, conosciamo lo stato d’animo della Regina in questo periodo, attraverso la sua risposta al re: «Da lungo tempo ho allontanato da me il fasto del secolo e non lo voglio seguire in prossimità della morte, che, abbastanza spesso, il parto è solito causare, ma piuttosto voglio piacere a Dio, il quale mi ha donato la fecondità, tolto l’obbrobrio della sterilità, non per lo splendore dell’oro e delle gemme, ma nella mansuetudine dell’umiltà».
Gioì pochissimo della maternità fisica, perché l’erede al trono, Elisabetta Bonifacia, morì poco dopo. A distanza di quattro giorni, si spense anche Edvige, all’età di 25 anni e 5 mesi. Premurosa della sorte del coniuge, preoccupata per la solidità dello Stato e per la continuità della dinastia Jagellonica, prima di morire consigliò al marito di sposare Anna di Cilli, figlia di Guglielmo, conte di Cilli in Stiria e nipote del re Casimiro il Grande.
MICHA£ JAGOSZ
Il miracolo attribuito alla beata
In vista della canonizzazione, la Postulazione ha presentato all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi la guarigione miracolosa della Sig.ra Anna Romiszowska da «otomastoidite purulenta destra cronicizzata con ipoacusia a labirintito».
La Sig.ra Anna Romiszowska nacque il 10 marzo 1924 a Varsavia. All’età di 2 anni, dopo una scarlattina, soffrì di un primo episodio flogistico all’orecchio medio di destra. Successivamente, nel dicembre 1949, all’età di 26 anni, a seguito di un’angina, fu colpita nuovamente all’orecchio medio di destra da una otite acuta, curata con la penicillina. Purtroppo la paziente trasse scarso giovamento dal trattamento, per la comparsa di un acuto dolore in sede retroauricolare e stato febbrile. Fu trattata con i raggi ultravioletti; dopo fu ricoverata nella clinica otoiatrica dell’Università di Varsavia, dove rimase per due settimane. Durante il ricovero ebbe otorrea purulenta. Gli accertamenti radiologici evidenziarono osteite dell’apofisi mastoidea.
Per i rischi dell’intervento e dell’anestesia, la Sig.ra Romiszowska fu curata con la penicillina, ma peggiorò per comparsa di vertigini e di nausea.
In seguito fu sottoposta a nuovi e più approfonditi esami ambulatoriali, che confermarono l’otomastoidite purulenta con chiara sofferenza uditiva e vestibolare, vertigini e vomito. Siccome si temevano delle complicazioni endocraniche, alla paziente fu prescritto l’intervento chirurgico (trapanazione del cranio).
Il 16 agosto 1950 la Sig.ra Romiszowska fu ricoverata nella Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Cracovia, per essere operata il giorno successivo. Ma il 17 agosto la paziente riferì un netto miglioramento della sintomatologia dolorosa. Perciò fu sottoposta a nuovi accertamenti radiologici e otofunzionali, i quali rivelarono condizioni tali da escludere la necessità di un intervento. La paziente, guarita, fu dimessa il 18 agosto. Successivamente fu sottoposta a nuovi controlli, che evidenziarono una piccola perforazione, tessuto di granulazione e un netto miglioramento degli esami funzionali.
La guarigione avvenne in poche ore il 17 agosto 1950, nel quarto giorno della novena alla Beata Edvige, alla quale parteciparono la sanata e la sua famiglia.
Inoltre durante la novena la malata applicò sulla parte dolente un pezzo di stoffa, in cui erano state avvolte le ossa della Beata Edvige durante l’esumazione, il riconoscimento e la traslazione delle reliquie al nuovo sarcofago nella Cattedrale di Cracovia (14 luglio 1949).
Il culto della Regina era vivo in questa famiglia da tre generazioni.
Il 19 dicembre 1996 la Consulta Medica all’unanimità dichiarò tale guarigione come estremamente rapida, definitiva e scientificamente inspiegabile.
Il 7 febbraio 1997 anche tutti i Membri teologi hanno espresso il voto affermativo riguardo a questa guarigione, riconoscendo la preternaturalità dell’evento, attribuendolo alla sola intercessione della Beata Edvige e valutandolo come miracolo di III grado. ll 4 marzo alla stessa conclusione sono giunti i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi. (m.j.)
L’OSSERVATORE ROMANO Lunedì-Martedì 9-10 Giugno 1997
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L’omelia di Giovanni Paolo II durante la solenne Concelebrazione Eucaristica a Cracovia per la canonizzazione della Regina di Polonia
Da Edvige un compito nuovo: amare e servire
Edvige, Regina di Polonia, vissuta nel XIV secolo, è stata proclamata santa da Giovanni Paolo II nel corso della Celebrazione Eucaristica presieduta, nella mattina di domenica 8 giugno, nella spianata di B³onia a Cracovia.
Alla Santa Messa erano presenti due milioni di fedeli. Questa, in una nostra traduzione, l’omelia del Santo Padre:
1. Gaude, mater Polonia! Ripeto oggi questa esortazione alla gioia, che per secoli i Polacchi cantavano in ricordo di san Stanislao. La ripeto, poiché il luogo e la circostanza predispongono a questo in modo particolare. Dobbiamo, infatti, di nuovo tornare al colle di Wawel, alla cattedrale regale e metterci lì davanti alle reliquie della Regina, Signora di Wawel.
Ecco è giunto il grande giorno della sua canonizzazione. E dunque: Gaude, mater Polonia, Prole fecunda nobili, Summi Regis magnalia Laude frequenta vigili.
vige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. “Gaude, mater Polonia”»
Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. Sono trascorsi quasi seicento anni dalla tua morte in giovane età.
Amata da tutta la Nazione, tu, che stai agli inizi dell’epoca degli Iagelloni, fondatrice della dinastia, fondatrice dell’Università Iagellonica nell’antichissima Cracovia, hai atteso per molto tempo il giorno della tua canonizzazione — il giorno in cui la Chiesa avrebbe proclamato solennemente che tu sei la santa patrona della Polonia nella sua dimensione ereditaria — della Polonia unita per opera tua con la Lituania e con la Rus’: della Repubblica di tre nazioni.
Oggi è giunto questo giorno. Tanti hanno desiderato di arrivare a questo momento e non vi sono riusciti. Sono trascorsi gli anni e i secoli, e sembrava che la tua canonizzazione fosse ormai addirittura impossibile. Sia questo giorno un giorno di gioia non soltanto per noi, che viviamo in questi tempi, ma anche per tutti coloro che non sono giunti ad esso su questa terra. Sia esso il grande giorno della comunione dei santi. Gaude, mater Polonia!
«La canonizzazione della Regina Edvige completamento del millennio del battesimo della Polonia»
2. Il Vangelo di oggi volge i nostri pensieri e i nostri cuori verso il battesimo. Ecco, siamo ancora una volta in Galilea, da dove Cristo invia i suoi apostoli in tutto il mondo: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato.
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 1820): è il mandato missionario che gli Apostoli hanno preso su di sé cominciando dal giorno della Pentecoste. Lo hanno preso su di sé e lo hanno trasmesso ai loro successori. Per loro tramite, il messaggio apostolico raggiunse gradualmente il mondo intero. E, verso il termine del primo millennio, arrivò il tempo in cui gli apostoli di Cristo giunsero nelle terre dei Piast. Allora Mieszko ricevette il battesimo, e ciò — secondo la convinzione di allora — costituiva allo stesso tempo il battesimo della Polonia. Nel 1966 abbiamo celebrato il millennio di quel battesimo.
Come avrebbe gioito oggi il Primate del Millennio, il Servo di Dio Cardinale Stefan Wyszyñski, se gli fosse stato dato di prendere parte, insieme a noi, a questo grande giorno della canonizzazione.
Essa gli stava a cuore come ai grandi metropoliti di Cracovia, come al Principe Cardinale Adam Stefan Sapieha e a tutto l’Episcopato della Polonia. Tutti intuivano che la canonizzazione della Regina Edvige sarebbe stata il completamento del millennio del battesimo della Polonia. Lo è anche perché, per opera della Regina Edvige, i Polacchi, battezzati nel X secolo, quattro secoli dopo in trapresero la missione apostolica e contribuirono all’evangelizzazione e al battesimo dei loro vicini. Edvige era consapevole che la sua missione era quella di portare il Vangelo ai fratelli Lituani. E lo fece insieme al suo consorte, il re Ladislao Iagellone. Sul Baltico sorse un nuovo paese cristiano, rinato nell’acqua del battesimo, come nel X secolo la stessa acqua aveva fatto rinascere i figli e le figlie della Nazione polacca.
«Rendiamo grazie per la tua saggezza»
Sit Trinitati gloria, laus, honor, iubilatio…
Oggi rendiamo grazie alla Santissima Trinità per la tua saggezza, Edvige.
L’autore del Libro della Sapienza domanda: «Chi avrebbe conosciuto il tuo pensiero, o Dio, se tu non gli avessi concesso la sapienza, e non gli avessi inviato il tuo Santo Spirito dall’alto?» (cfr Sap 9, 17). Rendiamo dunque grazie a Dio Padre, al Figlio e allo Spirito Santo per la tua saggezza, Edvige; perché hai riconosciuto il disegno di Dio non soltanto riguardo alla tua propria vocazione, ma anche riguardo a quella delle nazioni: della nostra vocazione storica e della vocazione dell’Europa che, per opera tua, ha completato il quadro dell’evangelizzazione nel proprio continente, per poter dopo intraprendere l’evangelizzazione di altri paesi e di altri continenti in tutto il mondo. Cristo infatti aveva detto: «Andate…, ammaestrate tutte le nazioni» (Mt 28, 19). Oggi gioiamo per la tua elevazione agli altari. Ci rallegriamo a nome di tutte quelle nazioni, di cui sei diventata madre nella fede. Siamo lieti per la grande opera di saggezza. E rendiamo grazie a Dio per la tua santità, per la missione che hai compiuto nella nostra storia; per il tuo amore per la Nazione e per la Chiesa, per il tuo amore a Cristo crocifisso e risorto.
Gaude, mater Polonia!
«Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso di Wawel per apprendere da Cristo stesso che la cosa più grande è l’amore»
3. La cosa più grande è l’amore.
«Noi sappiamo — scrive san Giovanni — che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte» (1Gv 3, 14). E, dunque, chi ama partecipa alla vita, a quella vita che è da Dio. «Da questo abbiamo conosciuto l’amore — continua san Giovanni —. Egli [Cristo] ha dato la sua vita per noi» (1Gv 3, 16). Perciò anche noi dovremmo dare la vita per i fratelli (cfr ibid.). Cristo ha indicato che in questo modo, donando la vita per i fratelli, manifestiamo l’amore. E questo è il più grande amore (cfr 1Cor 13, 13).
E noi oggi, mettendoci in ascolto delle parole degli Apostoli, vogliamo dirti, nostra santa Regina, che tu, come pochi, avevi compreso questo insegnamento di Cristo e degli Apostoli. Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso di Wawel per apprendere da Cristo stesso questo generoso amore. E l’hai imparato.
Hai saputo dimostrare con la tua vita che la cosa più grande è l’amore. Non cantiamo noi così in un antichissimo canto polacco?
«O Croce santa, albero più nobile di ogni altra cosa, un altro non v’è uguale in nessun altro bosco, eccetto quello che porta Dio stesso.
(…)
Inaudita bontà è morire in croce per un altro.
Chi può farlo oggi, per chi dare la propria anima?
Il Signore Gesù solo lo fece, perché ci amò fedelmente» (cfr Crux fidelis, XVI secolo).
E da Lui, proprio dal Cristo di Wawel, presso questo Crocifisso nero, al quale gli abitanti di Cracovia vengono ogni anno in pellegrinaggio il Venerdì Santo, hai appreso, Regina Edvige, a dare la vita per i fratelli. La tua profonda saggezza e la tua intensa attività scaturivano dalla contemplazione, dal legame personale con il Crocifisso. Qui contem platio et vita activa trovavano il giusto equilibrio. Perciò mai perdesti la «parte migliore», la presenza di Cristo. Oggi vogliamo inginocchiarci con te, Edvige, ai piedi del Crocifisso di Wawel, per sentire l’eco di quella lezione d’amore, che tu ascoltavi. Vogliamo imparare da te come attuarla ai nostri tempi.
«La più profonda caratteristica della sua breve vita e, allo stesso tempo, la misura della sua grandezza fu lo spirito di servizio»
4. «I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo» (Mt 20, 2526). Queste parole di Cristo penetrarono profondamente nella coscienza della giovane sovrana della stirpe degli Angioini. La più profonda caratteristica della sua breve vita e, allo stesso tempo, la misura della sua grandezza fu lo spirito di servizio. La sua posizione sociale, i suoi talenti, tutta la sua vita privata ella offrì completamente al servizio di Cristo e, quando dovette regnare, dedicò la sua vita anche al servizio del popolo affidatole.
Lo spirito di servizio animava il suo impegno sociale. Con slancio si impegnò nella vita politica della sua epoca. E poi lei, figlia del re di Ungheria, sapeva unire la fedeltà ai principi cristiani con la coerenza nella difesa della ragion di stato polacca. Intraprendendo grandi opere nell’ambito dello Stato ed in quello internazionale, nulla desiderava per sé.
Arricchiva con liberalità la sua seconda patria con ogni bene materiale e spirituale.
Esperta nell’arte della diplomazia, pose le fondamenta della grandezza della Polonia del XV secolo. Animò la cooperazione religiosa e culturale tra le nazioni e la sua sensibilità riguardo ai torti sociali fu molte volte lodata dai sudditi.
Con una chiarezza che fino ad oggi illumina tutta la Polonia, sapeva che, sia la forza dello Stato, sia quella della Chiesa hanno la loro fonte in un’accurata istruzione della Nazione; che la via al benessere dello Stato, alla sua sovranità e al suo riconoscimento nel mondo, passa attraverso le operose Università.
Edvige sapeva bene anche che la fede cerca la comprensione razionale, che la fede ha bisogno della cultura e forma la cultura, che la fede vive nello spazio della cultura. E nulla risparmiava per arricchire la Polonia di tutto il patrimonio spirituale sia dei tempi antichi, sia di quelli del medioevo.
«Diede all’Università perfino il suo scettro d’oro»
Diede all’Università perfino il suo scettro d’oro, servendosi invece di quello di legno dorato. Questo fatto, pur avendo un significato concreto, è soprattutto un grande simbolo. Durante la sua vita il suo prestigio e il credito di cui godeva venivano non dalle insegne regali, ma dalla forza dello spirito, dalla profondità della mente e dalla sensibilità del cuore.
Dopo la morte, la sua opera continuò a fruttificare con la ricchezza della sapienza e con la fioritura di una cultura radicata nel Vangelo. Per tutto questo noi diciamo alla Regina Edvige il nostro grazie, mentre torniamo con orgoglio a quei seicento anni che ci separano dalla fondazione della Facoltà di Teologia e dal rinnovamento dell’Università di Cracovia, gli anni, si può dire, di un incessante splendore della scienza polacca.
E se ci fosse dato di visitare gli ospedali medioevali a Biecz, a Sandomierz, a S¹cz, a Stradom, noteremmo con ammirazione le numerose opere di misericordia fondate dalla sovrana polacca. In esse, forse, nel modo più eloquente si realizzò l’esortazione ad amare con i fatti e nella verità (cfr 1Gv 3, 18).
«Rallegrati oggi, Cracovia»!
5. Ergo, felix Cracovia, Sacro dotata corpore, Deum, qui fecit omnia, Benedic omni tempore.
«Rallegrati oggi, Cracovia»! Gioisci, perché è giunto finalmente il momento in cui tutte le generazioni dei tuoi abitanti possono rendere un omaggio di gratitudine alla santa Signora di Wawel.
Tu, sede regale, devi alla profondità della sua mente di essere diventata in Europa un importante centro del pensiero, la culla della cultura polacca e il ponte tra l’Occidente cristiano e l’Oriente, portando un inalienabile contributo al formarsi dello spirito europeo. All’Università Iagellonica si educavano ed insegnavano coloro che resero famoso in tutto il mondo il nome della Polonia e di questa città, inserendosi con perizia nei più importanti dibattiti della loro epoca. Basti ricordare il grande Rettore dell’Ateneo Cracoviense, Pawe³ W³odkowic, il quale già all’inizio del XV secolo poneva le basi della teoria moderna dei diritti dell’uomo, o Nicolò Copernico, le cui scoperte diedero inizio ad una nuova visione del mondo creato.
Non dovrebbe Cracovia, e con essa tutta la Polonia, ringraziare per quell’opera che portò magnifici frutti, i frutti della vita di santi studenti e professori?
Si presentano, dunque, oggi dinanzi a noi queste grandi figure di uomini e di donne di Dio, appartenenti ad ogni generazione, da Giovanni di Kêty e Stanislao Kazimierczyk, fino al beato Giuseppe Sebastiano Pelczar e al servo di Dio Józef Bilczewski, per inserirsi nel nostro inno di lode a Dio perché, grazie all’opera generosa della Regina Edvige, questa città è diventata culla di santi.
Rallegrati, Cracovia! Sono lieto perché posso condividere oggi la tua gioia, essendo qui, a B³onia Krakowskie, insieme al tuo Arcivescovo, il Cardinale Franciszek Macharski, con i Vescovi Ausiliari ed i Vescovi Emeriti, con i Capitoli della Cattedrale e della Collegiata di sant’Anna, con i Sacerdoti, le persone di vita consacrata e con tutto il Popolo di Dio. Come desideravo di venire qui e, a nome della Chiesa, assicurarti solennemente, Cracovia, mia amata città, che non sbagliavi venerando da secoli Edvige come santa. Rendo grazie alla Divina Provvidenza che questo mi viene dato, che mi viene concesso di fissare lo sguardo, insieme con voi, su questa figura che risplende dello splendore di Cristo ed imparare che cosa vuol dire che «la cosa più grande è l’amore».
Ringrazio tutti i Vescovi polacchi, l’intero episcopato con a capo il Cardinale Primate e tutti i Vescovi nostri ospiti.
Ringrazio i Cardinali e i Vescovi giunti da Roma e dai Paesi vicini, in particolare dall’Ungheria, dalla Repubblica Ceca, dalla Slovacchia, dalla Lituania. Cari fratelli, la vostra presenza in questo giorno è per noi molto preziosa.
«Riflettiamo sulla “verità polacca”» «Riflettiamo sulla “prassi polacca”»
6. «… non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità», così scrive l’Apostolo (1Gv 3, 18). Fratelli e Sorelle, impariamo alla scuola di santa Edvige Regina come attuare il comandamento dell’amore. Riflettiamo sulla «verità polacca». Riflettiamo se è rispettata nelle nostre case, nei mezzi di comunicazione sociale, negli uffici pubblici, nelle parrocchie. Non ci sfugge essa a volte sotto la pressione delle circostanze?
Non viene distorta, semplificata? È sempre al servizio dell’amore?
Riflettiamo sulla «prassi polacca». Meditiamo se viene attuata con prudenza.
È sistematica e perseverante? È coraggiosa e magnanima? Unisce oppure divide gli uomini? Non colpisce qualcuno con odio, o con disprezzo? O forse di una prassi d’amore, d’amore cristiano, c’è troppo poco? (cfr St. Wyspiañski, Wesele [Nozze]).
«…non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità»!
«Un compito nuovo: amare e servire»
Dieci anni fa, in un’Enciclica sui problemi del mondo contemporaneo, scrissi che ogni Nazione «deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà» (Sollicitudo rei socialis, 44).
Allora avevamo davanti a noi il problema della «scoperta della libertà». Adesso la Divina Provvidenza ci pone dinanzi un compito nuovo: amare e servire.
Amare con i fatti e nella verità. Santa Edvige Regina ci insegna ad usare proprio così il dono della libertà. Lei sapeva che il compimento della libertà è l’amore, grazie al quale l’uomo è disposto ad affidare se stesso a Dio e ai fratelli, ad appartenere a loro. Affidò, dunque, la sua vita ed il suo regnare a Cristo e alle nazioni, che voleva condurre a Lui. Diede a tutta la Nazione l’esempio dell’amore di Cristo e dell’uomo, di un uomo assetato sia di fede che di scienza, come anche di pane quotidiano e di vestiario.
Voglia Iddio che anche oggi si attinga a questo esempio, perché la gioia del dono della libertà sia piena.
Santa nostra Regina Edvige, insegnaci oggi, alla soglia del terzo millennio, quella saggezza e quell’amore di cui hai fatto la via della tua santità. Conduci tutti noi, Edvige, davanti al Crocifisso di Wawel, perché, come te, conosciamo che cosa vuol dire amare con i fatti e nella verità, che cosa vuol dire essere veramente liberi. Prendi sotto la tua protezione la tua Nazione e la Chiesa che la serve, ed intercedi per noi presso Dio, affinché non cessi in noi la gioia.
Gioisci, madre Polonia! Gaude, mater Polonia!