…Del prof. Giuseppe Romano, della Pont. Univ. della Santa Croce: Purtroppo sul Web la parola “garantire” è fra le meno gettonate. Internet è nata ed è dilagata come un enorme bacino, un vero e proprio mare, dove in definitiva non esistono soglie e confini. Al di là dei luoghi comuni, infatti, si può affermare che la grande maggioranza delle famiglie italiane oggi è coinvolta dalla Rete (quantomeno perché i figli ne sono incuriositi e chiedono approfondimenti), e al tempo stesso non possiede gli strumenti per navigare con sicurezza….
Chi ha paura della rete?
di Giuseppe Romano, studioso di mass media
Stati Uniti, domenica mattina. L’Home page del sito Internet della Disney è fra le mete predilette dei bambini non solo americani, che la frequentano per la qualità dei giochi e delle informazioni sui loro fumetti preferiti.
In questa particolare domenica ,però, qualcuno ha silenziosamente alterato un link, un collegamento. Fino a pochi istanti prima, chi appoggiava il mouse sul faccione di Pippo poteva accedere alle divertenti pagine Web predisposte per l’allampanato amico di Topolino. Ma ora tutto è cambiato: facendo click si precipita in un sito violento, offensivo, che di divertente non ha proprio nulla. E’ una vera e propria trappola, allestita in maniera che cadervi sia inevitabile.
Chi è stato? E perché costui si diverte a sottoporre i bambini a uno shock brutale? Non c’è modo di saperlo: ma intanto, dal momento in cui l’intruso ha agito a quello in cui Disney ha ripristinato il collegamento corretto, sono passate due ore. E quanti bambini di tutto il mondo, in quelle due ore, saranno caduti nella trappola della violenza, tanto più odiosa quanto più si sentivano al sicuro in un “luogo” amico e protetto?
L’episodio che risale a qualche mese fa, è emblematico di alcuni connotati che, attualmente, sono caratteristici di Internet. E’ per queste ragioni che la Rete delle reti ci affascina e nello stesso tempo ci spaventa, ci attira e ci respinge: come fare a orientarsi, a garantirsi spazi sicuri?
Purtroppo sul Web la parola “garantire” è fra le meno gettonate. Internet è nata ed è dilagata come un enorme bacino, un vero e proprio mare, dove in definitiva non esistono soglie e confini. In linea di massima niente impedisce a uno squalo di nuotare dall’oceano fino a una spiaggia assolata dove persone e famiglie prendono il sole. Accade di rado, ma accade. Tanto più accade in questo altro mare digitale dove gli squali non hanno gli ostacoli di temperatura e di profondità che li frenano in natura. L’esperienza nata da frequenti incontri con genitori e insegnanti, per ragionare insieme sulle tematiche educative in rapporto al nuovo mondo della comunicazione, mi porta a pensare che il capitolo “Internet e famiglia” sia tutt’altro che scritto.
Al di là dei luoghi comuni, infatti, si può affermare che la grande maggioranza delle famiglie italiane oggi è coinvolta dalla Rete (quantomeno perché i figli ne sono incuriositi e chiedono approfondimenti), e al tempo stesso non possiede gli strumenti per navigare con sicurezza.
Esiste, ad esempio, un ampio dibattito sull’efficacia dei cosiddetti “filtri”: programmi da montare sul proprio computer per bloccare intrusioni indesiderate e per impedire ai bambini l’accesso a siti considerati inopportuni. In queste pagine, per esempio, si parla di Davide.it, che è la risposta italiana più felice in materia.
II problema dei filtri, tuttavia, è che possono migliorare la situazione in un singolo computer, in un singolo momento. Ma, così come in spiaggia è possibile tuffarsi da infiniti luoghi, allo stesso modo in Internet ormai si accede da infinite postazioni: da scuola, da casa propria, dal compagno di classe o dagli zii, dall’albergo o dalla pensione dove si è in vacanza, dal bar dell’angolo, dalla libreria, dal cellulare e dal computer palmare…
Per giunta alcuni filtri possono essere sbloccati, aggirati o disattivati; alcuni fermano un certo tipo di informazioni e non altre; altri ancora sono assai meno efficaci con i siti in lingue diverse dall’inglese, e via dicendo.
Isolarsi dal mondo non è il modo migliore per conoscerlo; ma d’altra parte tutti noi chiudiamo a chiave la porta di casa per impedire intrusioni indesiderate.
Internet è certamente una risorsa preziosa e sempre più insostituibile per il lavoro, lo studio e il tempo libero. Ma come fare se, oltre a informarci e divertirci, ci aggredisce?
Perché è proprio vero: Internet ci aggredisce. Diversamente dalla televisione, che demanda a noi la scelta del canale (la qualità dei contenuti resta un’altra questione… ), nel Web a volte sono i canali che cercano noi. Internet è davvero interattiva: e questo non vuol dire soltanto che dobbiamo puntare il mouse e cliccare per ottenere i dati richiesti, ma anche che tutto ciò in cui ci imbattiamo ci “porta”, letteralmente, da qualche parte: se per esempio faccio click su un riquadro pubblicitario (un banner), finisco subito altrove, cioè nel mondo indicato da quell’annuncio: un altro sito, con contenuti completamente diversi da quelli del sito di partenza.
E non è tutto, perché gli “squali” cui prima accennavamo sono abilissimi a camuffarsi per venirci a nuotare davanti. A chi fosse capitato, negli ultimi mesi, di ricercare in Internet due termini innocenti come “orario dei treni” e “agriturismo” potrebbe essere successo di trovare, fra le risposte apparse nella pagina del motore di ricerca, numerosi siti pornografici che si erano autodenominati con quegli stessi termini.
Evidentemente i gestori di quei siti avevano pensato di allargare il proprio mercato facendosi incontrare anche da chi non li cercava, per sfruttare l’effetto sorpresa. Una violenza inaccettabile? Sì, ma anche una caratteristica di Internet che non va dimenticata.
Genitori e insegnanti sembrano spesso, invece, dimenticarla, o, almeno, farsi vincere da altri tipi di priorità. Da un lato sono numerosi i no digital, quelli che tagliano la testa al toro decidendo che Internet, i videogames, il computer, sono oggetti insidiosi e comunque poco educativi, da evitare. Dall’altro va crescendo il popolo dei no problem: tutte esagerazioni, basta mettere il bimbo davanti a un sito conosciuto e non accadrà nulla di male.
Come sempre la realtà è complessa e non è possibile dividerla a colpi di accetta. I no digital dovrebbero considerare che la nuova era inaugurata dal computer non riguarda tanto la tecnologia (che ne è solo la veste), quanto la comunicazione: da questo punto di vista il PC e il Web sono fatti umani e come tali vanno considerati. Di questo orizzonte di comunicazione già non possiamo più fare a meno: lo si voglia o no, esso è qui per restare e per coinvolgerci.
Quanto ai no problem, troppi di loro non hanno idea di ciò che accade quando ci si connette alla Rete, di quali siano il linguaggio e il modo di interagire che Internet richiede. Non va per esempio trascurato il fatto che l’evoluzione delle tecnologie induce un vero e proprio salto generazionale: rispetto a un computer, un bambino acquisisce presto una dimestichezza e una perizia che papa e mamma non avranno mai.
La “cultura digitale” sta facendosi strada. Esistono opere di grande qualità pedagogica, che potrebbero dare una valida mano all’educazione dei bambini; e seri studi mostrano che già a due anni un bambino può interagire utilmente con lo schermo, apprendendo nozioni utili in maniera armonica e non contraddittoria con le esperienze di altro tipo.
Tirando le somme, Internet è un universo in crescita imperiosa, dov’è possibile fare esperienze meravigliose o semplicemente utili; ed è, sempre più spesso, il luogo di informazioni insostituibili.
Chi scrive ha constatato la grande quantità e qualità di iniziative multimediali e interattive sorte in scuole italiane di ogni ordine, nelle più svariate località: splendidi esempi di collaborazione fra insegnanti e allievi, tanti più meritori perché spontanei e spesso non aiutati dalle strutture.
Ma queste considerazioni ci riportano obbligatoriamente al punto da cui eravamo partiti. Com’è possibile dare credito a un mondo in cui gli incontri più piacevoli e interessanti possono essere, senza preavviso, soppiantati da tranelli e aggressioni?
Qualsiasi risposta “tecnologica” a questa domanda è, da sola, un palliativo insufficiente. Filtri, blocchi e divieti non risolvono la questione alla radice. La risposta giunge invece sul piano culturale, umano, sociale, e sta nell’imparare questa lingua per usarla correttamente, e nell’imporre a questo mondo le regole della convivenza civile. Non è detto che Internet “debba” rimanere un territorio così accidentato; almeno, non è detto che tutta la Rete debba equivalersi sotto questo punto di vista. Già esistono interessanti esperimenti di “comunità virtuali” che al loro interno offrono – per quanto oggi è possibile – condizioni di relativa sicurezza.
Ma intanto – anche in attesa che persone di buona volontà approntino strumenti giuridici e sociali adeguati – c’è un consiglio antico che vale per Internet come per ogni altra esperienza. Non c’è nulla di così terribile che non possa essere affrontato e superato insieme alle persone amate. Siamo convinti che un bambino non subirà mai un trauma irrecuperabile se avrà al fianco qualcuno con cui parlarne, qualcuno in cui ripone la sua fiducia.
Alla nostra civiltà sono serviti più di trent’anni di televisione per capire che quel parallelepipedo accomodato nelle nostre cucine e nei nostri tinelli stava alterando i ritmi della comunicazione familiare. Quell’esperienza può farci risparmiare tempo rispetto a quest’altra, tanto più pervasiva e dilagante.
© NOI GENITORI E FIGLI, Mensile di vita familiare
Supplemento ad Avvenire del 24 novembre 2002, pagg. 12-17