fondatrice della Congregazione della Sacra Famiglia
Una figura luminosa per la santità di vita e il fulgore dei miracoli
Card. D. SIMON LOURDUSAMY
Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan è una figura luminosa molto venerata per la santità di vita e il fulgore dei favori miracolosi, per cui si affianca meritatamente alla sua connazionale indiana, Beata Alfonsa, elevata agli onori dell’altare da Giovanni Paolo II durante la sua visita apostolica in India nel 1986. Per la sua vita sacrificata nel servizio dei poveri e miserabili la Nostra si affianca anche alla serva di Dio Madre Teresa di Calcutta, anche se per quei tempi, meno esposti ai mass media, la sua fama non raggiunse il palcoscenico mondiale ma rimase confinata durante la sua vita alla sua regione, dove persino l’ufficio postale era lontano e l’automobile non ancora apparsa.
Profilo biografico
Gli eventi e fatti salienti della vita di Mariam Thresia Mankidiyan, figlia della Chiesa siro-malabarese, possono essere colti in un breve racconto. Nacque il 26 aprile 1876 a Puthenchira nella Eparchia (o Diocesi) di Trichur (Kerala, India) come terza di cinque figli della famiglia di Thoma e Thanda Chiramel Mankidiyan. Battezzata con il nome di Thresia (in onore di s. Teresa d’Avila), nel 1904, secondo la volontà espressa dalla Madonna in una apparizione, premetterà il nome di Mariam al suo nome battesimale. La famiglia era nobile, e una volta anche ricca e proprietaria di vasti terreni, ma divenne sempre più povera quando il nonno di Thresia dovette maritare sette figlie, ciascuna con una grosse dote. Di conseguenza il papà e il fratello maggiore di lei si dettero a bere per dimenticare la cattiva sorte toccata, la famiglia così impoverita. Thanda (=Maria), la mamma di Thresia, era una fervente cattolica e impartiva alla bambina una ottima educazione religiosa raccontando come il buon Dio, nel suo grande amore per il mondo, aveva inviato a noi il suo Figlio. Questa educazione religiosa ricevuta dalla pia madre segnò tutta la vita di Mariam Thresia, orientandola particolarmente verso il Cristo crocifisso. Si deve forse anche dire che costituiva la prima tappa della formazione della futura pioniera dell’apostolato della famiglia e intanto anche della fondatrice della Congregazione della Santa Famiglia. Precoce, già all’età di tre anni e mezzo, Thresia si è consacrata tutta a Dio e all’età di otto o nove anni ha scelto Gesù come suo Sposo e gli ha promesso di rimanere sempre vergine sposa (Summ. doc. 72, p. 333). Già a undici anni a incaricata dal parroco ad insegnare le preghiere del catechismo ai piccoli della parrocchia. A dodici anni, nel 1888, le morì la mamma. Era la fine della sua vita felice familiare e della sua educazione scolastica elementare.
Cercando di vivere in perfetta unione con Dio nella preghiera, chiese di essere ammessa come donna di servizio in un convento; ma l’hanno mandata via quando hanno saputo che era di famiglia nobile. Non riuscì in un’altro convento perché era troppo povera per pagare la dote. Progettò di fuggire nella foresta della montagna per condurre una vita eremitica, ma fallì anche questo piano. Rassegnatasi, si dedicava poi ai vari servizi nella chiesa parrocchiale insieme con tre amiche, e si prodigava nell’assistenza dei poveri e ammalati del villaggio. A 26 anni, nel 1902, trovò finalmente il suo padre spirituale nella persona di Don Joseph Vithayathil, nuovo parroco di Puthenchira, che la guiderà per tutta la vita. Mariam Thresia gli confiderà le sue esperienze mistiche, le sue prove, tentazioni, tribolazioni, e gli sarà perfettamente obbediente seguendo ogni suo consiglio. Gli anni 1902-1909 furono un periodo cruciale nella vita della Nostra. Come s. Gemma Galgani dovette anzitutto affrontare assalti e tentazioni diaboliche contro la fede, la speranza e la castità e perfino attacchi fisici dagli spiriti maligni. Lo stesso periodo è marcato anche da molte visioni strane e fenomeni straordinari: visioni della Madonna, di Gesù Bambino, della S. Famiglia, di Cristo Crocifisso, di Angeli; la santa Comunione portatale da un Angelo, visioni del cielo, del purgatorio, dell’inferno; visioni di diavoli in forma di animali; fenomeni mistici come lo sposalizio nuziale di santa Caterina da Siena e la «transverberazione» di s. Teresa d’Avila, e l’esperienza della crocifissione. Le stimmate, mai messe in mostra da Mariam Thresia sono state tuttavia viste a partire dal 1905 e descritte da vari testimoni (Positio, Informatio, p. 47). Mariam Thresia deve affrontare prove e umiliazioni anche da parte dell’autorità ecclesiastica. Per esempio, il Vescovo diocesano Mar John Menachery limita il regime alimentare della giovane (Summ. p. 368), ordina l’esorcismo (ibid. pp. 380-81) e le proibisce di ricevere la comunione quotidiana, restringendola ad una volta alla settimana. La giovane accetta tutto con grande umiltà e pazienza come doni dalla mano di Dio.
Nel 1912, obbedendo sempre al Vescovo, che voleva mettere alla prova la vocazione di Thresia, entrò nel Convento delle Suore Carmelitane ad Ollur. Ma non sentiva che era la sua strada, e ritornò dopo due mesi a casa. Allora il Vescovo autorizzò finalmente la costruzione di un tipo di romitaggio, una Casa di Preghiera appartata. Mariam Thresia si trasferì in tale casa il 7 ottobre dello stesso anno. Tre amiche si uniranno a lei nel mese di gennaio 1914 per vivere una vita di assidua preghiera e intensa penitenza, unitamente all’apostolato in favore delle povere famiglie. Il 14 maggio 1914 la piccola comunità venne eretta canonicamente come Congregazione religiosa femminile dedicata alla S. Famiglia. La Nostra fece la professione perpetua con il nome di Mariam Thresia e venne nominata superiora dal Vescovo. Don Joseph Vithayathil venne nominato cappellano. Il 22 luglio 1914 Mons. Menachery approvò le Costituzioni procurate dall’Istituto delle «Holy Family Sisters» di Jaffna e adattate da lui stesso per la nuova Congregazione. Scopo principale della nuova Congregazione era oltre la preghiera e la meditazione, la visita alle famiglie più bisognose, l’assistenza degli ammalati e l’educazione cristiana della gioventù femminile. Madre Mariam Thresia guidò la Congregazione della S. Famiglia nei primi anni resi particolarmente difficili dalla Prima Guerra Mondiale. Da fondatrice e prima superiora consegnò il suo carisma all’istituto, anche formando le novizie da Maestra delle novizie. In rapida successione furono fondati due altri conventi (1917 e 1922), due scuole (1915 e 1918), una specie di collegio per la formazione delle suore insegnanti (1918 a Trichur) e un orfanotrofio. Dopo varie malattie, Madre Mariam Thresia si spense in concetto di santità, esaurita da severe penitenze, a Kuzhikkattussery l’8 giugno 1926, all’età di 50 anni. Al tempo della sua morte, l’istituto contava 50 suore, ospitava 30 scolari e 10 orfani. Dopo la sua morte, sotto la guida del Padre Joseph Vithayathil, cofondatore e primo biografo della Madre, la Congregazione della S. Famiglia conobbe un notevole sviluppo. Oggi, nel 2000, è diffusa non solo in Kerala e nelle missioni dell’India del nord, ma in Italia, Germania, e Ghana, e conta 1.592 suore professe e 119 novizie – un aumento apprezzabile, in un anno dal 1999 al 2000, di 11 case e 57 suore professe. Dal 1° agosto 1978 la Congregazione è di «diritto pontificio». I consultori della Congregazione per le Cause dei Santi, 6 storici e 9 teologi e inoltre la commissione dei cardinali all’unanimità hanno riconosciuto l’eroicità delle virtù praticate da Madre Mariam Thresia. Salta agli occhi con molta chiarezza e splendore la pratica fuori del comune delle virtù principali della vita cristiana: la fede, la carità verso Dio e il prossimo, l’umiltà e la sottomissione all’autorità della Chiesa.
Una santa poliedrica
Innanzitutto bisogna mettere in risalto la linearità del suo impegno spirituale dalla prima infanzia quando si consacrò al Signore. Rimase sempre fedele a quella consacrazione, la quale potrebbe colpire come precoce, ma in realtà si rivela nella suddetta linearità come frutto della elezione divina, come si può intravedere nella vita di certe anime elette come la santa Therese de Lisieux. Le molteplici sofferenze che Mariam Thresia dovette subire, come pure tanti Santi, erano di una consistenza impressionante e di ogni genere: perdita della mamma a dodici anni, malintesi e derisioni della gente, sospetto gerarchico di essere una santona che si è lasciata illudere dal demonio, assalti di forze maligne non solo fisiche ma anche contro le virtù della fede, speranza e castità. Il suo caso ricorda ad un teologo la figura di s. Gemma Galgani, che tanto dovette soffrire per via di questo tipo di fenomeni. Nella sua profonda fede Mariam Thresia riuscì egregiamente a sfruttare queste sofferenze vedendole come occasioni per partecipare al mistero pasquale di Cristo. In questo senso un Teologo qualifica la sua spiritualità come «staurocentrica» (Relatio et Vota 2, p. 44), non diversamente dalla via di Gesù che era venuto a dare la sua vita in riscatto per tutti. Infatti, la S.d.D. poteva veramente fare sua la parola dell’apostolo Paolo, «Sono stato crocifisso con Cristo, e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2.20). Ed era letteralmente vero anche per certe esperienze mistiche che l’hanno fatta vedere appesa come un crocifisso dalla parete oppure come coronata da spine. Come san Francesco di Assisi, santa Caterina da Siena e il beato Padre Pio di Pietrelcina ha anche portate le stimmate sul suo corpo, ma le nascondeva con molta cura. Era abituata alla preghiera giaculatoria: «Imprime in me, Domine, Passionem tuam et crucis mortem» (Summ., p. 248). Come la Madonna sotto la croce di Gesù, Mariam Thresia passava molte ore davanti al Santissimo Sacramento nella meditazione notturna e in tale scuola imparò a trovare dietro ogni sua sofferenza una goccia del calice del Salvatore. Al momento della Comunione il suo volto irradiava di una straordinaria luce più volte vista da altri. Fortificata dal cibo celeste portava conforto ai sofferenti. L’amore di Cristo Signore la spingeva verso il prossimo con un amore sacrificale. Anche le sue terribili penitenze vanno collocate in tale quadro di amore per cui il Figlio di Dio ha dato la sua vita. La salvezza di tutti, la conversione dei peccatori, la riparazione di tutti i peccati – ecco ciò che sempre le premeva il cuore nelle sue dure penitenze. Siamo di fronte ad una anima electa, una mulier fortis, che ha superato tante prove e tentazioni e si è prodigata nel servizio altrui. Appartiene a quel coro dei santi che sono stati forgiati nel crogiolo delle sofferenze. La sua speranza nella vittoria finale della croce di Cristo era inconcussa e incrollabile. Quindi aveva una fortezza d’anima, che ha colpito alle consorelle e ai vicini (Summ., §§ 82, 370, 411), e che le permetteva di affrontare le difficoltà della vita con serenità e calma e tenere la testa alta con gioiosa fiducia nelle vicende contrarie.
Mistica ardente
Mistica potenziata come apostola ardente, la Madre Mariam Thresia si è spenta nel servizio degli altri, soprattutto i poveri, i malati, e i moribondi (Summ., pp. 28, 43, 107, 195, 210). La carità al prossimo era la virtù più caratteristica di Madre Mariam Thresia, precorrendo così la Mother Teresa dei nostri tempi, premio Nobel per la pace e candidata agli onori dell’altare. Se quest’ultima Teresa venendo dall’occidente con il suo bagaglio culturale e spirituale si è fatta apostola dell’India, anche fondando una nuova congregazione religiosa, the Missionary Sisters of Charity, non va sorvolato il fatto che Mariam Thresia Mankidiyan aveva avuto già mezzo secolo prima la stessa ispirazione e ardore apostolico. Si tratta della fecondità del vangelo vissuto nella terra dell’India, che merita di esser maggiormente portata alla luce. Come Madre Teresa, anche Mariam Thresia non era una semplice social worker: né l’una né l’altra si fermarono agli aiuti materiali, anche se urgenti e prioritari a causa della povertà e delle malattie e dell’abbandono degli esseri umani nella miseria, ma si preoccuparono delle cose primarie, cercando in primo luogo il «regno di Dio» che si attua soprattutto nella salvezza delle anime (Summ., §§ 77, 336, 471). Mariam Thresia era una pioniera dell’apostolato della famiglia per i suoi tempi: era cosa inedita che in Kerala di quell’epoca le ragazze andassero a visitare le famiglie per prendere cura dei poveri e dei malati. Mariam Thresia però obbediva alle direttive che riceveva dal cielo e cercava di rinnovare il volto della terra puntando sulla rigenerazione cristiana delle famiglie. Da questo versante rassomiglia ad una altra pioniera, santa Angela Merici (1474-1540), anche lei contadina, che comprese il bisogno di restaurare la cellula famigliare e che, da donna saggia, intraprendente e forte, fondò la Congregazione delle Orsoline con il compito di formare cristianamente le future madri di famiglia, precorrendo i tempi. Pur essendo rivoluzionaria in questo senso, tuttavia Mariam Thresia non era una donna esaltata. Proprio il contrario. Fu molto umile. Per alcuni testi del processo canonico l’umiltà era la sua virtù più caratteristica. Nella sua deposizione scritta dichiara Suor Yohanna, una collaboratrice che da insegnante della lingua Malayalam aiutava la superiora nella corrispondenza, avendo quest’ultima solo una scolarità elementare e appena sapeva scrivere. Fu l’umiltà mostrata nella perfetta obbedienza e sottomissione al Vescovo che lo convinse che questa ragazza contadina pressoché analfabeta non era vittima dell’inganno delle forze diaboliche, ma che il Digitus Dei Aic est. Nei suoi ultimi anni, da Superiora dell’istituto, aveva spesso a trattare con il Vescovo, ma in conseguenza di qualche equivoco, dal 1918 fino alla morte del Vescovo nel 1919 le fu interdetto di recarsi dal Prelato, addirittura di mettere piede nella città vescovile di Trichur. Pur molto afflitta da questo bando, mai si è lasciata sfuggire una parola di critica, anzi come sempre parlava bene delle autorità ecclesiastiche (Inform. p. 179). La sua obbedienza al padre spirituale era perfetta. Per conseguenza abbiamo una sua pur brevissima ma preziosa autobiografia, scritta per ordine del Don Vithayathil, il quale a sua volta, per ordine del Vescovo doveva riferire al Prelato tutto ciò che era di rilievo nella vita e esperienza straordinaria di Mariam Thresia. Impressionata dalla docilità della giovane, il Vescovo già parlava agli altri di «una Santa» e le concesse il permesso di costruire un romitaggio o Casa di Preghiera, presto trasformata canonicamente in casa religiosa nel 1914, che diventa così il primo convento della Holy Family Congregation. «La santità di vita della Serva di Dio è stabilita indipendentemente dai fenomeni straordinari che circondano la sua persona. Qualunque sia la loro spiegazione esatta o scientifica, essa non influisce né in modo positivo né in modo negativo sulla prova della sua santità. La verità è che non occorre che vi sia un collegamento tra le due cose» (Informatio, p. 221). Dove sono presenti le virtù cristiane in grado eroico, i suddetti fenomeni, se sono veramente soprannaturali, possono apportare una conferma della santità della persona. Merita di essere sottolineata la linearità della vita di Mariam Thresia e il continuo crescendo della sua dedizione al prossimo per amore di Dio. È una testimonianza molta valida per l’importanza che riveste l’apostolato della famiglia. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, nella sua viva consapevolezza dei pericoli, anche nuovi, che insidiano le famiglie, non si stanca di difendere e promuovere la famiglia come la cellula primordiale della società e la Chiesa domestica e rilevare l’importanza a dell’apostolato della famiglia. In questa prospettiva, la Madre Mariam Thresia spicca come una sentinella. «Non solo le sue consorelle ma tutte le persone che la conobbero la ritenevano una santa. Dopo la sua morte moltissime sono le grazie che vengono attribuite alla sua intercessione. La sua tomba è oggetto di continui pellegrinaggi a cui spesso partecipano anche gli indù e i musulmani» (Relatio et Vota 2, p. 52) – cosa che posso confermare personalmente da una visita che ho potuto fare alla sua tomba nel 1987. Madre Mariam Thresia colpisce come una figura santa e poliedrica, mistica e apostola. Ci fa ricordare la sua patrona Teresa di Avila per le estasi e transverberazione, Caterina da Siena per le nozze mistiche, Angela Merici per l’apostolato della famiglia, Padre Pio per le stimmate, Gemma Galgani per le vessazioni diaboliche, ma soprattutto Madre Teresa di Calcutta per le opere di carità eroica nel servizio dei più poveri dei poveri. Con la beatificazione di Madre Mariam Thresia il Santo Padre Giovanni Paolo II fa un grande dono all’India. L’India con la sua nota tradizione mistica apprezzerà l’alto misticismo di Madre Mariam Thresia. Però l’ideale del servizio del prossimo è estraneo alla cultura religiosa tradizionale dell’India anche dove si parla dell’amore universale. Nella poliedrica figura di Mariam Thresia l’India potrà percepire che la mistica cristiana non si chiude in se stessa ma si apre agli altri in dono gratuito e sacrificale nel servizio del prossimo.
Dal Kerala per rispondere con generosità alla vocazione nella fedeltà alla missione
JAMES PAZHAYATTIL – Vescovo di Irinjalakuda
Uno dei cinque servi di Dio che vengono beatificati da Giovanni Paolo II il 9 aprile potrebbe essere una «sosia» di Madre Teresa di Calcutta. Oltre il nome del battesimo, Teresa, hanno in comune non solo la fondazione di una congregazione religiosa: l’una delle Missionarie della Carità, l’altra della Sacra Famiglia, ma soprattutto ambedue si sono distinte per il servizio alle persone disagiate: i poveri, i malati, gli emarginati, i moribondi. Sia Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan del Kerala che Madre Teresa di Calcutta si sacrificarono per gli altri, con amore preferenziale per i più poveri dei poveri e così praticando la virtù evangelica di carità in grado eroico. C’è tuttavia qualche notevole differenza tra loro. La prima precedeva la seconda di mezzo secolo, priva della ribalta dei mezzi di comunicazione sociale moderna, non essendo ancora giunta l’epoca dei giornalisti da flash-fotocamere o delle troupe televisive che trasmettendo notizie dirette in mondovisione possono creare le celebrità.
Preghiera e penitenza
Sotto l’amorevole guida di sua madre, Thresia, terza di cinque figli, due maschi e tre femmine, crebbe in pietà e santità. Come scrisse nell’Autobiografia (breve scritto di sei pagine, redatto per obbedienza al padre spirituale), dalla prima giovinezza Thresia si è data da fare per amare Dio con molta preghiera e severa penitenza. Recitava il rosario mariano diverse volte al giorno. Digiunava quattro volte la settimana. A dieci anni consacrò la sua verginità a Cristo come suo sposo celeste. Come la grande santa del suo onomastico, Teresa di Avila, anche la nostra Thresia perdette la propria madre all’età di 12 anni; con la cui morte cessa anche l’educazione elementare della figlia e l’ambiente familiare diventa sempre più torbido e meno confacente alla preghiera tranquilla, che Thresia cercava in una vita nascosta. Non riuscendo né a farsi monaca, per mancanza di dote da portare nel convento, né a farsi eremita solitaria sulle remote colline silvestri, frequenta la chiesa parrocchiale con tre compagne, dandosi a fare per conservarla pulita e a decorare l’altare. Visita e aiuta i poveri, cura i malati, conforta le persone sole, non si tira indietro a casi rivoltanti e temuti quali i malati di lebbra e di vaiolo. Cura tali infermi e altri che sono spesso abbandonati alla morte dai familiari impotenti a prendersene cura. Dopo la morte dei malati Thresia si prende cura degli orfani. Tutto ciò significava andare contro corrente nel piccolo mondo di Thresia, dove le ragazze non dovevano uscire da casa da sole. Invece quando la carità chiamava, per esempio per soccorrere un moribondo solo, Thresia usciva anche da sola, a mezzanotte, se per caso non poteva essere accompagnata. Primato della carità, la carità di Cristo che non rispettava i mores quando entrava nella casa dei pubblicani Levi e Zaccheo o conversava con la donna Samaritana. Contro corrente Gesù, contro corrente Thresia. Se è duro per un uomo, cosa dire dell’ardire di Thresia, una donna, una ragazza, che scende in strada! Novità rivoluzionaria che non mancò di suscitare delle critiche anche clericali.
Thresia non indietreggia, non solo perché ha l’appoggio del popolo ma perché sa che non fa altro che eseguire le direttive ricevute dalla Madonna, che le indica i casi disperati e bisognosi di aiuto spirituale, quali i peccatori moribondi. Dopo più di dieci anni di prove, il Vescovo discerne che lo stile di vita di intensa preghiera, di austera penitenza e di apostolato in piena sottomissione all’autorità ecclesiastica, senza mai cercare qualche onore o riconoscimento personale, merita e esige il riconoscimento canonico come un nuovo istituto religioso. Esso viene denominato la Congregazione della Sacra Famiglia (C. H.F.). Il 14 maggio 1914 riceve la professione perpetua di Thresia con il nome Mariam Thresia. Con tale aggiunta il Vescovo riconosce implicitamente anche l’esperienza mistica di Thresia, la quale voleva essere chiamata Mariam Thresia secondo la direttiva della Madonna che le sarebbe apparsa in una visione l’8 dicembre 1904.
Accanto alle giovani novizie
Per dodici anni accompagna la nuova congregazione con grande cura formando le novizie e le giovane suore professe, inculcando la stretta osservanza delle Costituzioni, fondando tre nuovi conventi, due scuole, due convitti, una casa di studio, e un orfanotrofio – tutto ciò in meno di dodici anni difficili durante e dopo la Prima Guerra Mondiale. Pur piccola di statura e fragile, Thresia sprigionava indomita energia scaturita da una totale fiducia nella divina Provvidenza. Non erano poche le ragazze che entravano nella nuova congregazione attratte dalla santità della fondatrice. La Madre fondatrice congiungeva armoniosamente l’apostolato della famiglia con quello della educazione, volendo con l’educazione delle ragazze rinnovare le famiglie. Qui si intravede una valorizzazione della donna in opposizione alla tendenza purtroppo non rara altrove di vedere nella nascita di una figlia una disgrazia, tanto che talvolta le neonate vengono uccise se non erano già soppresse prima della nascita. La consistente presenza cristiana nel Kerala ha invece contribuito notevolmente alla alta quota di alfabetizzazione e educazione, anche della donna, in tale Stato, dove, a differenza dagli altri Stati dell’unione indiana, le donne censite superano gli uomini. Ciò favorisce l’apostolato della famiglia e la valorizzazione della vita contro la cultura della morte. Dal punto di vista pastorale, per me è motivo di grande gioia che oggi la Congregazione della Sacra Famiglia gestisce degli istituti specializzati per l’apostolato della famiglia, dove sia coppie sia i futuri sposi possono ricevere formazione, consiglio e aiuto valido. Solo dopo dodici anni di vita religiosa, Madre Mariam Thresia, in seguito ad una ferita diventata cancrenosa per causa del diabete, muore l’8 giugno del 1926.
Il miracolo per la beatificazione
GEORGE NEDUNGATT – Postulatore
Mathew D. Pellissery nacque nel 1956 con «piede torto equino varo bilaterale». Il bambino non poteva camminare prima dei cinque anni di età ma solo strisciare per terra. Poi riusci a camminare con grande difficoltà sul dorso dei piedi, soffrendo più dal ludibrio e dai cattivi scherzi dei coetanei che per la malformazione degli arti. Nel 1970 tutta la sua famiglia consigliata da una parente, Suor Eugenia CHF, iniziò una vera crociata di preghiera e di penitenza per quarantun giorni secondo un voto fatto dal padre, il Signor Devassy Pellissery. L’intera famiglia invocava la intercessione di Madre Mariam Thresia per la guarigione di Mathew, praticava l’astinenza e, di venerdì, tutti digiunavano. Dopo 33 giorni di intensa penitenza e preghiera, il 21 agosto 1970, Mathew ebbe raddrizzato e guarito il piede destro notte tempo durante il sonno; e similmente durante un altro simile periodo di preghiera e penitenza, dopo 39 giorni, il 28 agosto del 1971, il piede sinistro si raddrizzò e guarì notte tempo durante il sonno. Da allora ha potuto camminare normalmente. Tale guarigione istantanea e completa, avvenuta senza nessuna terapia, è stata dichiarata inspiegabile dalla scienza medica, come risulta dalla deposizione fatta da quattro ortopedici che deponevano nell’inchiesta eparchiale di Trichur in India nel 1992 e da cinque periti della Consulta Medica della Congregazione per le Cause dei Santi. Il Presidente della Consulta Medica si dichiarava «stupefatto per quanto è accaduto… [ciò] ci fa pensare ai miracoli narrati nei Vangeli.» Tale evento fu riconosciuto all’unanimità come miracolo ottenuto tramite l’intercessione della serva di Dio Mariam Thresia sia dai Consultori Teologi sia dalla Commissione Cardinalizia e alla fine dalla stessa Congregazione il 27 gennaio 2000. Il Papa ha decretato lo stesso giorno che la serva di Dio sia beatificata il 9 aprile.
© L’OSSERVATORE ROMANO Domenica 9 Aprile 2000