Alla radice della filosofia moderna: il problema della conoscenza e lo Scetticismo
LEZIONE II
Il Problema della conoscenza. Lo Scetticismo
La prima divisione generale della filosofia è: filosofia speculativa e filosofia pratica.
La filosofia pratica, che principalmente dirige e regola gli atti della volontà, e si chiama filosofia morale o etica, è materia di un altro corso. A noi riguarda la filosofia speculativa che si esaurisce nella ricerca della verità. A due si possono ridurre i suoi massimi problemi: il problema della conoscenza o gnoseologico e il problema dell’essere o ontologico. Il primo è anteriore al secondo e deve essere sciolto per primo, perché dalla diversa soluzione del problema gnoseologico dipende massimamente la diversa soluzione del problema ontologico.
La lotta tra la filosofia moderna e la filosofia tradizionale scolastica si combatte sul campo della conoscenza.
Il problema della conoscenza
1. – ORIGINE DEL PROBLEMA.
E’ un fatto evidente che noi spontaneamente abbiamo la certezza di molte affermazioni che riguardano l’ordine ideale e l’ordine reale. Ma è un fatto non meno evidente che molte volte gli uomini nelle loro adesioni a quello che credono essere la verità, si sbagliano; si hanno le illusioni dei sensi, gli errori dell’intelletto. Sorge allora la domanda: Possiamo noi conoscere la verità? Possiamo conoscerla con certezza?
Con certezza filosoficamente giustificata di fronte a qualunque critica?
Il problema non è nuovo, come non è nuova la soluzione che ne daremo, ritrovandosene gli elementi nei grandi filosofi dell’antichità e del medio evo; ma nella filosofia moderna ha acquistato una straordinaria importanza così da divenire il, problema principale della filosofia moderna.
2. – NOZIONI PRELIMINARI.
Verità logica, secondo il comune modo di intendere, è l’accordo della conoscenza coll’oggetto conosciuto; il loro contrasto è l’errore. Infatti diciamo vera quella proposizione che è conforme alla realtà, falsa quella che ne è difforme.
Di fronte alla verità, la mente può trovarsi in vari stati: a) la nescienza, semplice negazione di scienza, che si dice ignoranza se riguarda cosa che si dovrebbe sapere; b) dubbio, cioè la sospensione della mente fra due parti contraddittorie con motivi che spingono al sì e al no; e diviene sospetto quando la mente si inclina a una delle due parti, senza però aderirvi, ma solo apprendendo che quella forse è più conforme a verità; c) opinione, è assenso della mente a una delle parti, ma con timore che il contrario sia vero; d) l’ultimo stadio è la certezza. Questa è adesione ferma della mente a una verità percepita senza timore di errare; e si dice naturale e immediata quando è adesione spontanea della mente, filosofica quando è stata giustificata per mezzo della riflessione di fronte ad ogni critica.
3. – LE VARIE SOLUZIONI.
Si possono ridurre a cinque principali: Scettica, Positivista, Idealista, Esistenzialista, Scolastica. Esaminiamole:
Lo Scetticismo
1. – CENNI STORICI.
Inizialmente furono chiamati Scettici quelli che non negavano che l’uomo potesse raggiungere la verità, ma dicevano che ancora non era stata trovata da alcuno, per cui essi si assunsero il compito di cercarla. Più tardi si dissero scettici quelli che affermarono la verità fosse inaccessibile all’uomo, non si poteva avere alcuna certezza e l’unico stato possibile della mente umana essere il dubbio. Furono scettici i sofisti con a capo Protagora, gli Accademici specialmente posteriori, che con Pirrone professavano il puro scetticismo, asserendo che si dovesse dubitare assolutamente di tutto. Nei tempi moderni Michele de Montaigne cercò di restaurare questi principi; e molte delle moderne scuole filosofiche, più o meno infette di scetticismo, diedero nuova vita ad essi. Anche in Italia lo scetticismo ha trovato seguaci e propugnatori. Ricordiamo tra i contemporanei G. Rensi (Lineamenti di filosofia scettica, Apologia dello scetticismo, Lo scetticismo, ecc.) che proclama (estrema reazione all’idealismo) l’irrazionalità del reale, e A. Levi (Sceptica) con la sua concezione solipsistica dello scetticismo.
Tendenze scettiche troviamo nella filosofia di U. Spirito, staccatosi dall’idealismo (La vita come ricerca e La vita come arte), e di A. Banfi con la sua scuola e la sua rivista (Studi Filosofici). Essi affermano che al mondo nessuno possiede la verità, benchè tutti la cerchino e questa ricerca è il senso stesso della nostra vita; pensare è cercare, ma è una ricerca che non si conclude mai; una verità assoluta, definitiva, non esiste o almeno è irraggiungibile; un sistema filosofico che pretendo direi con certezza cosa siamo noi, cos’è la natura, cos’è Dio, è un mito; una tale filosofia sarebbe dogmatismo, mentre la filosofia deve essere una “problematicità” sempre aperta, una storia di problemi e di esigenze le cui soluzioni sono sempre provvisorie, e pura ricerca senza conclusioni definitive, è negazione di ogni sistema e di ogni verità assoluta.
2. – CONFUTAZIONE.
Una vera confutazione dello scetticismo, se si vuole con i suoi principi confutare chi lo professa, non è possibile. Convincere qualcuno vuol dire costringerlo a confessare che deve consentire a qualche proposizione prima negata, se non vuole essere in opposizione con quei principi che ammette; ma siccome lo scettico non ammette nessun principio, non può essere distolto dalla sua negazione. Lo scettico vero e coerente, come dice Aristotele, è un uomo che solo vegeta, non ragiona. Possiamo però mostrare a chi usa della ragione che lo scetticismo è:
a) impossibile come fatto. La storia, è vero, ci ricorda i nomi di molti che si dissero e si dicono scettici; affermiamo che essi si illudono di essere scettici in tutto, ma di fatto non lo sono, nè lo possono essere. Infatti quelli che si dicono scettici nell’atto stesso con cui affermano di dubitare di tutto, non dubitano della loro affermazione, sono certi di esistere, di pensare, di dubitare; suppongono quindi che la mente può conoscere qualche verità, almeno la propria esistenza. ” Si fallor sum; nam qui non est, utique nec falli potest; ac per hoc sum si fallor. Quia-ergo sum si fallor; quomodo me esse fallor, quando certus sum, me esse si fallor? ” (S. Agost., De civ. Dei).
b) assurdo come dottrina. Lo scetticismo è una contraddizione in termini, si distrugge da sé. Infatti lo scetticismo afferma che bisogna dubitare di tutto, che non si può conoscere con certezza nessuna verità. Ma non si può fare questa affermazione senza prima conoscere cosa siano verità, dubbio, certezza, senza sapere i motivi che giustificano questo dubbio universale, senza ammettere almeno il principio di contraddizione dal momento che esso dice che si deve sospendere l’assenso fra il sì e il no.
c) disastroso nelle sue conseguenze. Lo scettico coerente al suo sistema compie un suicidio intellettuale, la distruzione della natura umana – che è di essere ragionevole -, discende al livello del bruto… ; è immorale, perché dubita di quegli stessi principi che sono la base e il sostegno di tutta la vita pubblica e privata (si deve fare il bene, evitare il male, ecc.) … ; è in contraddizione con la sua vita pratica perché agisce non come chi dubita, ma come chi di molte cose è certo. Difatti vediamo filosofi scettici che riconoscono di dovere nella vita pratica e morale rinnegare la loro teoria. Conchiudeva il Levi l’esposizione del suo scetticismo: “E il mio dubbio è tormentoso e lacerante, soprattutto perché mi lascia senza risposta davanti al dramma della vita e della morte, ai problemi del dolore e del male e non mi permette di affermare, anzi neppure di supporre che le lotte e le sofferenze degli esseri viventi abbiano uno scopo e una ragione, che l’esistenza possieda un significato e un valore. Ma anche se essa si riduce a un tessuto di lotte vane, di dolori privi di giustificazione, anche se non ha alcuna meta e alcun senso, io debbo a qualunque costo fare cìò che alla mia coscienza morale appare dovere; in essa e in essa soltanto trovo un’evidenza che non ammette discussioni e dubbi. Quando si passa dalla sfera della conoscenza a quella dell’azione, lo scetticismo teoretico deve cedere il posto al dogmatismo etico“. (Archivio di Filosofia, nov. 1931, pag. 34).
Questa dichiarazione, se depone in favore dell’onestà dell’uomo, conferma l’assurdità del sistema.
3. – I SOFISMI DEGLI SCETTICI.
1) La storia ci mostra un costante dissenso tra i filosofi nello stabilire i loro sistemi. Dunque di nulla possiamo essere certi.
Risp. Questo dissenso non riguarda le cognizioni più chiare e comuni del genere umano, ma le questioni più riposte e difficili. In questi casi il dissenso proviene non da naturale incapacità dell’intelletto, ma dalla debolezza della mente, dal potere delle passioni o da altre cause estrinseche.
2) Le potenze conoscitive sono fallibili, finite; dunque chi mi assicura che non sbaglino sempre? o come posso sapere quando sbagliano e quando no?
Risp. Io posso cadere, dunque cado sempre? Anzi sono certissimo che ora sto in piedi e non cado. Benchè la mente umana possa sbagliare, pure in molti casi ho la certezza di non sbagliare, e riflettendo sui miei atti posso sapere quando sbaglio e quando no.
3) Si obiettano le illusioni dei sensi quanto al percepire la grandezza, il moto, ecc.; nella percezione dei sapori e dei colori a seconda delle disposizioni dell’occhio e del palato; nei fenomeni patologici, per es. del sentire il dolore in una parte del corpo che più non è, di sensazioni prodotte unicamente dall’eccitazione del nervo sensitivo, senza corrispondenza di oggetto reale, ecc.
Risp. I sensi non si ingannano mai quando ce ne serviamo nelle condizioni normali; condizione del resto che si richiede in tutti gli strumenti della natura e dell’arte. Orbene, il senso è infallibile circa il suo oggetto proprio, che è di sua competenza, quando questo oggetto è convenientemente adattato all’organo, e non c’è nel mezzo interposto qualche ostacolo, che impedisca, per es., la trasmissione regolare della luce e del suono. Per mancanza di questa condizione il bastone immerso nell’acqua sembrerà spezzato.
4) Se avessimo altri sensi percepiremmo le cose diversamente; se avessimo altra costituzione fisica diremmo che tutto è differente da quello che diciamo adesso.
Risp. Occhi più perfetti potrebbero essere sensibili alla radioattività o all’energia di un campo magnetico; le nostre cognizioni sensitive attuali potrebbero essere completate, non smentite da organi più perfetti. Così un’intelligenza più perfetta vedrebbe più e meglio di ciò che noi intendiamo, ma non potrebbe vedere il contrario.
5) Non potrebbe tutta la nostra cognizione essere un’illusione, un sogno?
Risp. Certo si dovrà concedere che c’è differenza tra quello che siamo soliti chiamare illusione e sogno di chi dorme e quello che noi diciamo realtà e che lo scettico vorrebbe chiamare illusione e sogno. Chi vorrà sostenere che sia di un medesimo genere di fenomeni il mangiare nel sogno e il mangiare nella veglia, una prigionia sognata e una prigionia reale ecc. ecc.? Ammessa la profonda differenza fra i due stati, lo scettico opta per ostinarsi a chiamarli ambedue illusioni e sogno? E’ uno strano capriccio, ma è già questione di parole.
Dubitare dunque di tutto è impossibile, è assurdo. Qualche verità almeno la possiamo conoscere e di fatto la conosciamo: ci resta da vedere fin dove arrivi la nostra capacità di conoscere il vero e di mostrare il carattere assoluto della verità perché fondata in una realtà assoluta indipendente dal nostro pensiero.
Bibliografia. VIDONI, Il problema dell’unità come introduzione alla filosofia, Torino, Bocca, 1935, cap. II