L’Introduzione al documento. Queste pagine, frutto della riflessione di questi anni, per aiutare i sacerdoti e quanti sono interessati a una educazione cristiana piu’ attenta alla nuova situazione pastorale che si sta creando.
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Indice
Introduzione
Voi siete la luce del mondo (Mt 5,17), dice Gesù ai suoi discepoli. Negli ultimi anni la vita del nostro Paese e delle nostre città e conseguentemente delle nostre parrocchie ha visto un sensibile incremento della presenza di musulmani e musulmane. Si sono poste così in atto nuove situazioni che portano i credenti a dovere rendere ragione della propria fede di fronte a credenti appartenenti a un’altra fede e ad annunciare Gesù Cristo nostro salvatore. Chi si vergognerà di me e delle mie parole anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui (Mc 8,38). Presento queste pagine, frutto della riflessione di questi anni, per aiutare i sacerdoti e quanti devono illuminare le coscienze a una educazione cristiana più attenta alla nuova situazione pastorale che si sta creando.
Un passato da non dimenticare
Non siamo i primi nella storia a doverci confrontare con questa «nuova» identità religiosa. Infatti l’incontro-scontro tra Islam e Cristianesimo, tra cristiani e musulmani è già avvenuto nel corso della storia fin dal sorgere della comunità islamica. Sono in particolare le Chiese orientali quelle che per prime hanno intessuto un approfondito confronto culturale e teologico coli il mondo islamico. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscere la necessità di recuperare tutta la tradizione culturale dell’incontro tra Islam e Cristianesimo maturatasi in oriente, tutta la letteratura arabo-cristiana – in gran parte misconosciuta in occidente – nella quale dalla fine dell’VIII secolo i cristiani orientali si sono confrontati con i musulmani a partire dal medesimo strumento linguistico, l’arabo, e con una conoscenza diretta del Corano e della tradizione e legislazione islamica[1]. Proprio perché i problemi che noi oggi ci poniamo sono già stati posti in oriente molti secoli fa, penso in particolare che oggi, nei passi che la Chiesa cattolica è chiamata a fare in occidente, debba essere fatto tesoro dell’esperienza delle Chiese orientali. Ritengo inoltre che quell’esperienza più che millenaria debba essere sottoposta a un vaglio critico. Mons. Fouad Twal, vescovo di Tunisi dal 1995, sosteneva di recente: Ritengo che i vescovi dei paesi arabi siano le persone più indicate da una parte per suscitare degli atteggiamenti di realismo e dall’altra per evitare gli eccessi di giudizio «pro o contro»[2].
Non dobbiamo dimenticare neppure che l’incontro con l’Islam è stato e viene tuttora vissuto anche a livello politico-militare: la battaglia di Poitiers del 732 con la fermata dell’avanzata andalusa, gli scontri avvenuti nel periodo crociato del XII-XIII sec., la battaglia di Lepanto nel 1571 e l’arresto dell’avanzata nei Balcani dell’impero ottomano con l’assedio di Vienna nel 1683, le conquiste e i protettorati occidentali istituiti nel XIX-XX sec. sullo sfaldamento dell’impero ottomano, gli attuali scontri a Timor Est e in Indonesia e la preoccupante insorgenza di stati dichiaratamente islamici in Africa con la conseguente persecuzione di varie comunità tra le quali anche quelle cristiane cattoliche, sono solo alcuni dei momenti che hanno segnato la storia dei rapporti fra regni o imperi e Chiese della cristianità da una parte e califfati e imperi islamici dall’altra. La storia e le lezioni della storia non possono e non devono essere dimenticate ma studiate e valorizzate nella loro crudezza per evitare revisionismi o trionfalismi.
Islam e Cristianesimo: chiarificazione dei termini e tentativo di un confronto
Il titolo di queste pagine potrebbe trarre in inganno. Infatti i due termini «Islam» e «Cristianesimo» devono essere spietati, altrimenti si rischia di confrontare due entità non omogenee. Afferma Bernard Lewis in un suo
saggio: E ormai luogo comune che il termine “islam sia il corrispettivo non soltanto di “cristianità” ma anche di “cristianesimo “, cioè non soltanto di una religione, nel senso circoscritto che il termine ha per gli occidentali, ma di un’intera civiltà fiorita sotto l’egida di quella religione. Ma esso è anche qualcosa di più che non ha equivalente nel cristianesimo occidentale e ne ha uno soltanto approssimativo e limitato a Bisanzio[3].
Si tende a parlare molto di Islam e a scrivere molto, ma che cosa si intende quando si parla di islám? Da una parte si può intendere, nell’accezione minimale, la sottomissione a Dio che un musulmano compie pronunciando la gahdda nella preghiera quotidiana (possiamo parlare di islám con la «i» minuscola). Si può intendere anche con Islàm quell’identità ideale nella quale tutti i musulmani si riconoscono e che vede nel Qur’an (il Corano), nella sunnah (tradizione) di Maometto riconosciuto come profeta, e nell’igma’a (consenso) raggiunto dalla comunità dei musulmani, i punti fondamentali sui quali la sari’ah (la legge islamica) con il suo fiqh (diritto islamico) si sono fondati. Inteso in questa maniera dai gruppi più fondamentalisti, l’Islam viene oggi sbandierato come il modello ideale di ogni musulmano e al quale sovente i musulmani si richiamano per giustificare le proprie richieste o per appellarsi a una identità indiscussa[4].
Al di là di questa identità indiscussa si possono e si devono definire diversi tipi di Islám. La distinzione tra sunniti e sci’iti è d’obbligo, ma all’interno degli stessi sunniti ci sono diversi modi di vivere questo islám ideale. Ci sono poi attualmente quattro scuole giuridiche, per non parlare delle diverse tradizioni locali che fanno dell’Islam propagandato e vissuto in Pakistán un Islam ben diverso da quello del Marocco e ben diverso da quello dell’Egitto o dell’Arabia Saudita[5]. Per non parlare delle confraternita e dei movimenti sufi che sono stati e vengono avvertiti in modo quasi eterodosso all’interno della comunità islamica. Oggi (. . .)si tende a ripetere che non c’è un solo Islam, ma molti Islam. L’Islam arabo, l’islam iraniano, l’Islam egiziano, quello marocchino, senegalese, asiatico,indonesiano,. con varietà e diversità. Di recente si è, cominciato a parlare anche di Islam europeo[6]. Ma al di là di tutte le differenze di cui pastoralmente si deve tenere conto, da sempre, e anche oggi, c’è un solo Islam, «fondato sulla sua legge e il suo profeta»[7] . Anzi, è necessario chiarire che con «Islam» si indica un’identità culturale, perciò certi musulmani, spesso intellettuali, (… ) non negheranno mai la loro identità musulmana, pur dicendo di essere agnosticici[8].
Dunque, precisato che non si può usare il termine «Islam» come trascendentale che tutto assorbe dell’identità di ogni musulmano in ogni momento della storia, quali sono i tratti caratteristici che si possono ricavare come «tipici» dei musulmani? Possiamo indicarli in sei punti: 1) Il Corano afferma l’unicità di Dio. 2) L’uomo non può comprendere Dio che rimane trascendente e incomprensibile. 3) La verità garantita dalla legge coranica deve essere applicata nella vita. 4) La rivelazione del Corano è l’ultimo atto della rivelazione. 5) La comunità dei credenti e la legge divina (sarí’ah) sono quelle che danno garanzie e diritti al singolo. 6) L’adesione alla comunità dei credenti non è solo religiosa come noi oggi lo intendiamo, ma anche politica, economica e culturale.
Anche quando parliamo di «Cristianesimo» non possiamo parlarne in generale quasi che ci si possa appellare a un ‘identità chiara e definita. Il Cristianesimo richiama il Cristo, ma richiama necessariamente anche la «Chiesa»: la Chiesa cattolica ha una sua visione di quale sia la Chiesa di Cristo; vede nelle Chiese orientali delle vere e proprie Chiese; non riconosce, a motivo della perdita della successione apostolica e della maggior parte dei sacramenti, nelle Chiese della Riforma delle vere e proprie «Chiese» ma, come fa il concilio Vaticano Il. nell’ Unitatis redintegratio, preferisce chiamarle «Comunità ecclesiali» (UR 19ss). Per non parlare delle cosiddette «Chiese libere» che non si riconoscono neppure in un organismo come il Consiglio ecumenico delle Chiese e nella professione di fede nicenocostantinopolitana quale professione di fede espressione di una Chiesa unita nella fede. E se volessimo fermarci al Consiglio ecumenico delle Chiese. cioè di tutte quelle comunità che riconoscono Gesù Cristo come salvatore e professano l’unità e la trinità di Dio, le differenze tra esse e le espressioni storiche della loro fede sono state tali e tanto diverse, che riuscirebbe difficile «armonizzarle» in un quadro unico. Perciò «cristianesimo» può indicare la varietà e la molteplicità delle espressioni storiche delle Chiese e delle comunità ecclesiali di diversa appartenenza così come si sono sviluppate nella storia, comprendendo anche quelle Chiese considerate eretiche o scismatiche dalla grande Chiesa.
Nonostante tutto ci si può chiedere: esistono dei tratti che possiamo definire «cristiani» e tipici del cristianesimo o della maggior parte dei cristiani? A mio avviso sì e in particolare per noi cattolici: 1) L’incarnazione del Verbo di Dio ha mostrato l’unità e la trinità di Dio. 2) Dio è inconoscibile ma in Gesù Cristo Verbo incarnato si è voluto far conoscere. 3) L’uomo è per sua natura capax Dei, chiamato a conoscere e ad amare il proprio Creatore e Redentore nell’esperienza viva dello Spirito. 4) L’economia salvifica espressasi nella storia ha come culmine della rivelazione L’incarnazione del Verbo di Dio nel quale sono racchiusi tutti i tesori della sapienza e della scienza (Col 2,3). 5) L’incarnazione del Verbo di Dio in Gesù di Nazaret ha mostrato l’alta dignità della natura umana e, con il fatto che egli ha assunto ogni persona umana come fratello (Eb 2,1 1), ha mostrato la straordinarietà e la irripetibilità della vocazione alla quale ciascuno è chiamato; questa straordinarietà risplende in Maria, Madre di Dio. 6) La Chiesa non intende essere un sistema politico né sostituirsi a un sistema politico, anche se storicamente ciò è avvenuto, ma intende essere come l’anima nel corpo in quanto ha come fine non i regni terreni bensì il raggiungimento del regno di Dio che è già iniziato nella storia e va al di là della storia.
[1] Per uno sguardo e una presentazione complessiva di tutta la letteratura arabo-cristiana si rimanda ai quattro volumi introdotti e curati da Graf e in particolare, per la parte teologica, al volume di G. GRAF, Geschiclite der Christlicheri- Arabischeii Litet-atur, Città del Vaticano 1947. Ricordo a questo proposito che il Gruppo di ricerca arabo-cristiana diretto da p. Samir Khalil sj ha cominciato un’opera di traduzione dall’arabo e di diffusione del patrimonio culturale arabo cristiano nel panorama editoriale italiano: T. ABU QURRAH, La difesa delle icone, a cura di P. Pizzo, Milano 1995; YAHYA IBN SA’ID AL-ANTAKI, Cronaca dell’Egitto fatimide, a cura di B. PIRONE’, Milano 1998; ‘ABD ALMASIH AL-KINDI, Apologia del cristianesimo, a cura di L. BOTTINI,, Milano 1998
[2] ‘F. TWAL, «Il fenomeno Islam. Che cos’è? Che cosa chiede?», in Il nuovo Areopago 18(1999)3, 5-6.
[3] B. LEWIS, L’Europa e l’Islam, Laterza, Bari 1999,
[4] Per un’informazione storica esauriente sulle origini del fondamentalismo rimando al libro di YOUSSEF M. CHOUEIRI, Il fondamentalismo islamico, Mulino, Bologna 1993.
[5] Cfr, anche TWAL, «Il fenomeno Islam, 5-15.
[6] E. FARHAT, «Diritti umani e libertà religiosa nell’Islam in espansione», in Il nuovo Areopago, 18(1999)3. 1-0. Edmond Farhat è stato nunzio apostolico in Algeria e Tunisia e delegato apostolico in Libia e dal 1993 è nunzio in Slovenia e Macedonia.
[7] FARHAT, «Diritti umani», 2
[8] SAMIR KHALIL SAMIR, «Islam -Europa: scontro di culture?»in Il nuovo Areopago 18(1999)3. 38