"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofano: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". PROPASSIONI: sono chiamate così le passioni sensitive della Umanità di Cristo: amore. desiderio, speranza. timore, tristezza, ecc.
Tali passioni per se stesse sono parte integrante della natura umana, come funzioni proprie dell'appetito sensitivo concupiscibile e irascibile. Soggette alla ragione sono forze vive per il bene: ma col peccato originale le passioni diventarono ribelli fino al punto da offuscare la ragione e fiaccare la libera volontà. Questa ribellione però non è tale da togliere la libertà e la responsabilità dei propri atti, come pretende Lutero. La Chiesa ha definito (Conc.Trident. sess. 5, DE, 792) che la concupiscenza proviene dal peccato ed eccita al peccato, ma non è peccato per sé né può nuocere a chi sa resistere con la grazia di Dio.
In Cristo, come ci fu una vera passibilità del corpo, così non poterono mancare le passioni, anzi l'Evangelo le attesta: «Ho desiderato assai di mangiare questa Pasqua con voi» (Lc. 22.15) «L'anima mia è triste fino alla morte» (Mt. 26.38) ecc. Ma le passioni di Cristo furono scevre d'ogni disordine e assolutamente subordinate alla ragione, perché in Lui non ci fu il peccato originale, anzi neppure la possibilità di peccare (v. Impeccabilità). Perciò i Teologi chiamano le passioni di Cristo propassioni, in quanto sono irreprensibili (S. Giovanni Damasceno). S. Tommaso precisa: le passioni di Cristo differiscono dalle nostre perché mai poterono eccitare al male né influire comunque sulla ragione e sulla volontà.