I Tesori di Cornelio a Lapide: Passione di Gesù Cristo (I)

1. Noi dobbiamo tutto a Gesù Cristo.
2. Abissi della Passione.
3. La Cena.
4. Giuda vende il divin Maestro.
5. Gesù Cristo nel giardino degli ulivi.
6, Quello che Gesù Cristo soffri nell'Oliveto era predetto dai Profeti.
7. Strapazzi sofferti da Gesù in casa di Anna e di Caifa.

1. NOI DOBBIAMO TUTTO A GESÙ CRISTO. – «A Gesù Cristo noi andiamo debitori, dice S. Bernardo, di tutta la nostra vita, perché egli ha dato la sua vita per la nostra ed ha parto crudeli tormenti per preservare noi dai tormenti eterni. Quando pertanto io gli avrò dato tutto quello che sono e quello che posso, tutto ciò, in confronto di quello ch'egli ha fatto per me, non sarà nemmeno quello che è una fiaccola in paragone col sole, una goccia d'acqua in paragone col mare, un sassolino in paragone con un monte. Se tutto a lui devo perché mi ha creato, che cosa gli darò in cambio di avermi riscattato, e in quel modo che l’ha fatto? Poiché non fui riscattato con tanta facilità, con quanta fui creato: colui che mi ha creato in un istante e con una sola parola, per redimermi ha speso molte parole, operato non mai più veduti prodigi, sopportato trattamenti penosi e indegni. Nella prima opera ha dato me a me stesso; nella seconda si è dato egli stesso e dando sé ha reso me a me stesso. Messo e rimesso in balìa di me medesimo, io gli devo in ricambio me stesso e mi devo a lui due volte. Ma che cosa renderò io al Signore per il dono che mi ha fatto di se stesso? Se anche potessi darmi mille volte, che cosa valgo io in confronto di Dio? (Serm. de Quadrup, debitor.)».
«Gesù Cristo, scrive il grande apostolo, ci ha riscattati dalla maledizione della legge, assoggettandosi egli in vece nostra alla maledizione, secondo che sta scritto: Maledetto colui che pende dal legno» (Gal. III, 13). «E gli oltraggi sofferti da Gesù, dice S. Gerolamo, formano la nostra gloria. Egli è morto per richiamare noi alla vita; è disceso dal cielo, perché noi vi ascendessimo. Si è fatto follia, perché noi divenissimo sapienti; fu appeso all'albero della croce, per cancellare il peccato da noi commesso a cagione dell'albero della scienza del bene e del male (In Marc.)».
Cerchiamo di comprendere, se possiamo, quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità dell'amore di Gesù Cristo e dei dolori che ha sofferto per noi… Qual è la larghezza della passione? Gesù ha sofferto in tutte le sue membra, in tutte le facoltà dell'anima sua, dall'a parte degli uomini, e anche degli angeli e del suo divin Padre medesimo dal quale fu come abbandonato. Egli ha provato tutti i generi di tormenti: è stato spogliato dei beni di fortuna, della fama, dell'onore, della vita.
Qual è la lunghezza della passione? Per i trentatré anni di sua vita, Gesù ha sentito nel suo corpo, nella sua anima, nel suo spirito, nel suo cuore tutti i dolori che dovevano chiudere i suoi giorni e il supplizio, della croce; egli aveva del continuo ogni cosa sotto gli occhi.
Qual è l'altezza della passione? In tutti gli istanti della sua vita, Gesù Cristo è stato crudelmente afflitto e tormentato da una chiara e perfetta cognizione, sia della grandezza di Dio offeso, sia della gravità del peccato, sia degli strapazzi cui andava incontro, sia degli strazi cui sarebbe soggetta la sua sacra persona, sia della moltitudine dei reprobi, per i quali sarebbero riusciti inutili i suoi patimenti.
Qual è la profondità della passione? Dove si può trovare una mente che sappia pensare, una lingua che sappia esprimere l'intensità dei dolori e la gravezza delle ignominie che furono il patrimonio di Gesù Cristo?
Per amarci da tutta l'eternità, non bisognò a Dio che un pensiero; per crearci gli bastò una parola…; ma per redimerci ci fu bisogno dell'incarnazione, dell'annientamento, delle umiliazioni, dei dolori, delle ignominie, del corpo, del sangue, dell'anima, della divinità di Gesù Cristo; finalmente della sua morte in croce. «Gesù Cristo venne in questo mondo per guarire i peccatori, il primo dei quali sono io», diceva S. Paolo (1 Cor I, 15). «Un grande medico, dice S. Agostino, venne dal cielo, perché un grande infermo giaceva su la terra (In Passione)».

2. ABISSI DELLA PASSIONE. – Nella Passione di Gesù Cristo ci si offrono da tutte le parti abissi tali, la cui profondità nessun occhio può scandagliare… Per parte di Dio Padre, abisso di giustizia… Per parte di Gesù Cristo, abisso di amore, di dolori, di pazienza, di misericordia, di mansuetudine, ecc… Per parte degli uomini, abisso di miseria, di accecamento, d'ingratitudine, di delitti, di crudeltà, di furore…

3. LA CENA. – «Gesù Cristo disse ai discepoli: Voi sapete che fra due giorni si farà la Pasqua, e che il Figliuolo dell'Uomo sarà condannato ad essere crocefisso… Andate adunque in città e dite a un cotale: Il maestro ci manda a dire: Il mio tempo è vicino, io farò in casa tua la mia Pasqua con i miei discepoli» (MATTH. XXVI, 1-2, 18).
Consideriamo: 1° che questo Dio di amore si dà la vigilia della sua morte (1 Cor XI, 23). 2° Affretta i suoi Apostoli a preparare la Pasqua: «Andate… il mio tempo è vicino». – 3° Istituisce l’augusto Sacramento del nostri altari e si dà ai suoi Apostoli nel momento in cui si congiura alla sua perdita, e Giuda ne mette a prezzo la vita. «Che volete darmi, ed io ve lo consegnerò?» (MATTH. XXVI, 15). Vendi il tuo maestro, o Giuda, questo ti è facile, tu vai a riceverlo, egli sta per darsi a te nella comunione. 4° Gesù vide il tradimento di Giuda, la fuga dei discepoli, l'agonia, il sudore di sangue, le catene, le verghe, gli sputi, gli schiaffi, ode la negazione di Pietro, le beffe, le false testimonianze, le bestemmie, la sua condanna a morte; prevede la corona di spine, i chiodi, la croce, l'abbandono del Padre e degli uomini: ed egli sceglie appunto quest'istante, per lasciare alla Chiesa l'ammirabile monumento del suo eterno amore!… 5° Stabilisce il sacramento dell'Eucaristia per darsi a coloro stessi che trattano di venderlo, rinnegarlo, abbandonarlo, crocifiggerlo. Niente lo arresta, il suo amore supera tutto… 6° Gli insulti, i sarcasmi, le profanazioni, l'ipocrisia, i sacrilegi, le persecuzioni a cui questo augusto sacramento sarà fatto segno sino alla fine del mondo, stanno sotto i suoi occhi ed egli non vi bada e va innanzi.
Miei cari discepoli, egli dice, amici miei, io sono sul punto di lasciarvi, di andare alla morte per la salvezza e di voi e del mondo tutto; ma prima che ciò si avveri, prendete e mangiate: Questo è il mio corpo; prendete e bevete: Questo è il mio sangue, il sangue, del nuovo Testamento che sarà sparso per molti in remissione dei peccati (MATTH. XXVI, 27-28). Su la croce questo sangue vi unirà a mio Padre nell'Eucaristia vi unirà a me. «O quanto ho desiderato che venisse questo momento di mangiare questa Pasqua con voi» (Luc. XXII, 15). Eccovi il mio testamento: dispongo a favore vostro del mio regno, come il Padre mio lo ha disposto a mio favore, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno, e sediate su troni a giudicare le tribù di Israele (Ib. 29-30). O amore infinito di un Dio!
Giuda era presente; e si mise a mensa con gli altri Apostoli.
 
 
4. GIUDA VENDE IL DIVIN MAESTRO. – Non appena Giuda ebbe comunicato al corpo di Cristo, il demonio gli entrò in corpo, ed egli se ne uscì subito dal cenacolo, essendo notte (IOANN. XIII, 27, 30); si portò dai nemici del Salvatore e loro disse: Che cosa volete darmi, ed io ve lo consegnerò? (MATTH. XXVI, 15). Congiura infame!… E che cosa ti potranno dare gli uomini, o Giuda, che valga a tenerti il luogo di Dio? Che cosa ti mancava, avendo lui? Ti aveva scelto per suo discepolo ed innalzato alla dignità di apostolo: non aveva cessato mai di colmarti dei suoi celesti favori; tu eri stato fortunato spettatore della sua vita celestiale, dei suoi benefizi, dei suoi miracoli, delle sue promesse…
E voi, o peccatori, che per un vile piacere, per un'indegna soddisfazione abbandonate Gesù e lo vendete al demonio, non imitate voi Giuda? Non siete anche voi traditori? Non dite anche voi: o mondo, o Satana, o passioni che cosa volete darmi ed io vi consegno il mio Dio; io vi sacrifico la mia salute, la mia corona, il trono, la felicità, l'anima mia? Dammi, o carne, travagliata dalla concupiscenza, quel misero diletto, quel piacere che mi è comune con le bestie, con i giumenti e prenditi, o Satana, prenditi Gesù Cristo, io te lo consegno, te lo sacrifico; io non ne voglio più sapere di lui; io prendo per divinità il mio volere, la carne, la lussuria, l'avarizia, la gola, l'invidia, l'odio, l'accidia. Giuda uscì dunque immantenente dal cenacolo. «Giuda uscì dalla fede, commenta qui S. Ambrogio; usciva dall’assemblea e dal drappello degli Apostoli; usciva dal banchetto di Cristo, per intanarsi nel covo degli assassini e del demonio; usciva dalla grazia della santificazione, per prendere il capestro; usciva fuori, come quegli che abbandonava i misteri della vita interiore (In Ioann. Commentar.)».
Nota il Vangelo, che quando Giuda uscì dal cenacolo era notte. O sì, per Giuda era notte buia! E come avrebbe potuto essere altrimenti, se abbandonava Colui che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, Colui che è la vera luce, e si precipitava nelle tenebre medesime dell'inferno? O no! egli non sapeva, il misero, dove andasse quando dirigeva il passo verso la casa del principe dei sacerdoti, per vendere il suo divin maestro: egli non vedeva che stava per commettere il più enorme dei misfatti e che si dava in balia dell'avarizia la quale l'avrebbe condotto alla disperazione, al laccio, all'inferno… Nulla di tutto ciò egli vedeva, perché per lui era notte.
Ma ohimè! non sono forse tutti quanti i
peccatori sepolti in tenebrosa notte? Se la luce non fosse per loro tramontata, andrebbero essi a gittarsi ridendo in un abisso di disgrazie, per afferrare un'ombra di colpevole soddisfazione? Ah! le tenebre che avviluppavano Giuda, avviluppano anche la coscienza dei peccatori induriti.
Giuda chiede, in prezzo del suo tradimento, trenta denari; avutane la promessa dal Sinedrio, sta spiando l'occasione propizia per consegnarglielo nelle mani (MATTH. XXVI, 15-16). «O Giuda traditore, esclama S. Ambrogio, tu stimi trecento denari l'unguento che Maddalena sparge sopra i piedi di Gesù Cristo in memoria della sua passione, e poi vendi la sua passione medesima per trenta denari! Ricco e generoso sei nella stima, vile nel delitto, perché vendi Dio al prezzo degli schiavi. Ma così vuole Gesù, affinché tutti possano comprarlo, e nessun povero se ne ritragga per il prezzo (De Spir. S. l. III, c. XVIII, et cap. VII Luc.)».
Dato in cambio di somma così tenue, Gesù Cristo diventa il prezzo della redenzione di tutti i peccatori e di tutto l'universo. Per avere Giuda venduto, e gli Ebrei comprato Gesù Cristo al prezzo di trenta denari, quello e questi sono percossi da Dio con trenta maledizioni, enumerate da Davide nel Salmo CVIII. 1° Che il Signore li sottoponga al giogo dell'empio; 2° che Satana stia alla loro destra; 3° che tradotti in giudizio, siano condannati; 4° che la loro preghiera si cambi in colpa; 5° che i loro giorni siano abbreviati; 6° che ad altri sia affidata la loro missione; 7° che i loro figli restino orfani; 8° che la loro donna rimanga vedova; 9° che i loro discendenti errino vagabondi su la terra, siano condotti schiavi in nazioni straniere, e vadano accattando il pane; 10° che l'usuraio ne divori il patrimonio; 11° che gli stranieri si approprino i frutti del loro lavoro; 12° che non vi sia chi loro venga in aiuto; 13° che nessuno abbia pietà dei loro orfanelli; 14° che la loro schiatta sia destinata alla morte; 15° che il loro nome si perda dopo una sola generazione; 16° che l'iniquità dei loro padri non cada mai di memoria a Dio; 17° che il peccato della loro madre non ottenga mai perdono; 18° che i loro figli siano sempre i nemici del Signore; 19° che di loro non resti nome né ricordo nella terra; 20° hanno amato la maledizione, e l'abbiano; 21° non hanno voluto la benedizione e non l'avranno mai; 22° la maledizione li avvolge come un mantello; 23° è penetrata come acqua nelle loro viscere; 24° s insinuò come olio nelle loro ossa; 25° formi essa per sempre il loro vestimento; 26° sia la cintura delle loro reni; 27° spariscano come l'ombra che si dilegua; 28° siano schiacciati come insetti; 29° siano coperti di vergogna; 30° fatti ludibrio all'ignominia.

5. GESÙ CRISTO NEL GIARDINO DEGLI ULIVI. – Dopo la cena, Gesù Cristo andò al giardino degli ulivi: 1° per pregare, essendo luogo romito…; 2° per provare che non fuggiva la morte, ma la desiderava, perché quel ritiro era conosciutissimo a Giuda; 3° per affrontare la sua passione; 4° per mostrare la sua misericordia e dolcezza.
In un giardino ci ha perduti Adamo, e in un giardino ci salverà Cristo… Adamo procurò la nostra rovina in un orto di delizie, Gesù diede principio alla nostra riparazione in un orto di dolore… Adamo. esce dal paradiso terrestre portando con sé la morte, per sé e per tutto il genere umano; Gesù Cristo esce dal giardino degli olivi per rendere la vita a tutti…
Giunto all'Oliveto, Gesù si prostra a terra (MATTH. XXVI, 39). Con questo atto di umiltà egli mostra: 1° l'ambascia che l'opprime…; 2° il profondo annientamento in cui si trova…; 3° dà prova di profondissimo rispetto verso Dio suo Padre…; 4° indica quanto sia pesante il carico dei nostri peccati ch'egli si volle addossare…; 5° si mette al nostro posto e penitente si offre vittima di espiazione a suo Padre, chiedendo di portare egli solo la pena dei peccati degli uomini.
Il divin Salvatore cominciò a cadere in profonda tristezza e angoscia, dice il Vangelo. Allora dice agli Apostoli: l'anima mia è triste fino alla morte… E allontanatosi da loro un tiro di pietra, si prostrò con la faccia a terra così pregando: Padre mio, se è possibile, si allontani da me questo calice; non si faccia però la mia volontà, ma la vostra (MATTH. XXVI, 36-39). E per tre volte egli così prega, finché alla terza viene dal cielo un angelo a confortarlo. Impariamo da questo esempio a non scoraggiarci nella preghiera, ma a perseverare specialmente, nel tempo di prova. Con la sua triplicata preghiera, Gesù c'insegnava ancora a pregare e dimandare: 1° la grazia per i nostri peccati passati; 2° soccorso per non cadere al presente…; 3° di essere preservati dai mali futuri… Gesù prega tre volte per insegnarci che le nostre preghiere devono essere dirette all'Augusta Trinità, Padre, Figliuolo, Spirito Santo, e ad ottenere la salute dello spirito, del cuore, del corpo…
Gesù prega, e qual è la sua preghiera? «Padre mio, se è possibile, fate che passi da me questo calice» (MATTH. XXVI, 39). Sì, o mio Gesù, è amaro questo calice, perché contiene le nostre iniquità e la giustizia del vostro Padre, ma se non lo bevete, tutto è per noi perduto! Ah, egli lo berrà, non temete, perché soggiunge: «Ciò non di meno, non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu» (Ib.). Questa parola del nostro capo, dice S. Leone, è la salvezza di tutto il corpo; essa ha formato tutti i fedeli, ha infiammato di zelo tutti i confessori, ha coronato tutti i martiri (Serm. VII de Pass.).
Alla vista del calice di amarezza, Gesù entra in profonda tristezza (MATTH. XXVI, 38). Per questa tristezza Gesù espia le colpevoli gioie di Adamo e di tutti i peccatori. Egli si rattrista vedendo il tradimento di Giuda, il
rinnegamento di Pietro, l'abbandono degli Apostoli, tutti i dolori e tutte le ignominie che stanno per scaricarglisi sul capo. Egli è triste, perché porta tutti i delitti passati, presenti e futuri di tutte le generazioni. Egli è triste, perché vede nell'avvenire i supplizi che aspettano gli apostoli e i martiri, le prove riservate alla sua Chiesa, l'ingratitudine degli uomini e la dannazione di molti peccatori, nonostante il valore infinito del sangue ch'egli spargerà per loro. Finalmente egli è triste della tristezza della sua tenera madre.
La tristezza di Gesù Cristo è pienamente libera e volontaria, è tristezza di amore e quindi di un merito grandissimo… L'adorabile Salvatore è oppresso dalla tristezza, per rendere a noi dolce e lieta la morte… «Voi gemete, o Signore, esclama S. Ambrogio, non i patimenti e i dolori vostri, ma le ferite mie; non la vostra morte, ma la mia infermità (In Luc. XXII, 44)».
«Gesù si turbò nello spirito» (IOANN. XIII, 21). Alla vista di questo turbamento, effetto di potenza, non di debolezza, come dice S. Agostino (In Passione), S. Bernardo esce in queste parole: «Qui, se tu fai attenzione, vedi rattristarsi la gioia, temere la confidenza, patire la sanità, morire la vita, accasciarsi la robustezza; ma è tristezza che rallegra, è timore che conforta, è morte che vivifica (Homil. II, sup. Missus)».
Il Salvatore si alza, va a trovare gli Apostoli e trovatili addormentati, li desta, raccomandando loro di vegliare e pregare (MATTH. XXVI, 40-41). Li sveglia, osserva S. Ireneo, per dimostrare che la sua passione è la sveglia di coloro che dormono nel peccato; chi infatti potrebbe dormire nella colpa, se ponesse che Gesù si espone a tanti patimenti per espiare la colpa? Dai suoi Apostoli egli torna alla preghiera e, sempre immerso in un mare di tristezza, cade in agonia e prega più a lungo ancora, finché dalle sue membra esce un sudore di sangue che bagna il terreno (Luc. XXII, 43-44). «Non contento Gesù, dice S. Bernardo, delle lagrime che scorrono dagli occhi, ha ancora voluto piangere e lavare i nostri peccati con lagrime di sangue, che colavano da tutto il suo corpo (Homil. sup. Missus)».
Intanto ecco che Giuda, uno dei dodici, si avvicina (MATTH. XXVI, 47). Ecce, ecco una nuova e non mai più veduta abominazione, un misfatto sconosciuto a tutti i secoli passati. Giuda, uno degli Apostoli, è divenuto non solamente ladro, ma venditore del suo divino maestro; si è fatto capo di manigoldi e di carnefici che lo seguono armati di spade e di bastoni. Ecco Giuda, uno dei dodici, cambiato in guida di una folla di scellerati e di assassini (MATTH. Ib.), (Luc. XXII, 47). Considerate la cecità e la follia di Giuda e degli Ebrei. Giuda sapeva che Gesù Cristo era il grande profeta, il Messia, il Figlio di Dio che non poteva essere né preso, né legato; anche i principi dei sacerdoti lo sapevano per esperienza; tuttavia spinti dall'avarizia, dal risentimento, dall'odio, invasati dal demonio, si avanzano! O Giuda, pretendi tu di incatenare il tuo Dio, e di essere più forte di lui? E voi, o Giudei, volete combattere contro il Creatore, il benefattore vostro, contro colui che da tanto tempo sospirate, contro il Desiderato dalle nazioni?… Ma non vediamo forse ogni giorno i peccatori seguire le orme di Giuda e degli Ebrei? «L'avarizia di Giuda, osserva il Crisostomo, fu quella che lo trasse a così orribile eccesso. Crudeli e barbari rende l'avarizia tutti quelli cui essa comanda (In Passione)».
Mentre il traditore si avvicinava e, temendo di perdere i trenta denari se Gesù gli fosse fuggito di mano, avvertiva gli sgherri che osservassero a chi egli avrebbe dato il bacio, perché quegli era Gesù; e che lo legassero e conducessero cautamente (MARC. XIV, 44), Gesù Cristo chiama gli Apostoli e loro dice: Orsù, incamminiamoci alla volta del traditore che già ci sta vicino (MATTH. XXVI, 46). Fino a questo punto l'angoscia, la tristezza, l'affanno, il sudore e la lotta avevano oppresso e sopraffatto il Salvatore, perché così egli voleva; ma ecco che ora ripiglia le sue forze, e con passo franco va Egli medesimo ad incontrare i nemici. E chi cercate voi? loro dice. Ed essi: Gesù Nazareno. – Eccomi qua, sono io (IOANN. XVIII, 4-5). Sono io quello che voi cercate.
Appena pronunziate queste parole: Sono io! tutta quella masnada cade tramortita a terra (IOANN. XVIII, 6). «Alla voce di Gesù, commenta S. Leone, l'empia turba cade prostrata e più non si rialza se non al suo cenno. Ora che cosa non potrà la maestà sua quando verrà a giudicare, se tanto poté l'umiltà sua quando stava per essere giudicato? (Serm., I de pass.)».
«Dove è ora la coorte dei soldati? dice S. Agostino, dove il terrore delle armi? Non ci fu bisogno né di spade, né di frecce; una sola voce bastò a colpire, respingere, atterrare una torma che l'odio rendeva feroce, e le armi facevano terribile. Poiché sotto le spoglie dell’uomo si nascondeva un Dio. Ora che farà, quando verrà a giudicare, colui che tanto fece sul punto di essere tradotto egli in giudizio? (In XVIII Ioann.)». Lo sbigottimento e atterramento di Giuda e dei suoi, figurava l’irreparabile distruzione dei Giudei. Parlando di questo miracolo, S. Cirillo scrive: «Questo abbattimento è la figura di quello che toccherà a tutti coloro i quali fanno guerra a Gesù Cristo; è questa la sorte che aspetta tutti i suoi nemici in tutti i secoli» (In XVIII Ioann.).
La sbirraglia mandata dai principi dei sacerdoti non avrebbe potuto rialzarsi, se Gesù non lo avesse permesso. La misericordia di cui egli fece in quel momento splendida prova, avrebbe dovuto toccarli e convertirli tutti, specialmente Giuda; ma venduto a Satana, l'apostolo infedele aveva deciso di tradire il suo Dio con un bacio, ed eseguì l'infame suo progetto. Non appena rialzato si avvicina al Nazareno e nel dirgli: Ave, Rabbi, lo bacia. E Gesù a lui: Amico, che cosa sei venuto a fare qui? o Giuda, tu tradisci il Figliuolo dell'uomo con un bacio? (MATTH. XXVI, 49-50), (Luc. XXII). Il nome di amico datogli da Gesù Cristo, il pungente e terribile rimprovero che gli rivolge, avrebbero dovuto commuovere e ridurre al pentimento il cuore di Giuda, come fra poco uno sguardo intenerirà il cuore di Pietro. Per quanto affliggesse Gesù il tradimento di Giuda, seguito con un bacio, egli tuttavia non lo respinse: 1° per soffrire per noi…; 2° per toccare il cuore al traditore…; 3° per insegnarci a non odiare i nostri nemici, ma a perdonare loro ed amarli.
Dopo di avere prodigiosamente abbattuto i suoi nemici, Gesù operò un altro miracolo non permettendo che s'impadronissero dei suoi Apostoli, e principalmente di Pietro che aveva ferito uno di loro. Un terzo prodigio fece restituendo l'orecchia a colui al quale Pietro l'aveva recisa. Quanta cecità in quei disgraziati! Alla vista di così aperti e replicati miracoli, avrebbero dovuto aprire gli occhi; ma non fu così; niente li illuminò, niente li commosse, niente bastò ad arrestarli… Si gettarono su Gesù Cristo e l'incatenarono (MATTH. XXVI, 50).
Chi potrebbe dire la barbarie con la quale si impadronirono del Salvatore? 1° Lo afferrarono come un ladro; e Gesù Cristo è l'innocenza e la bontà per essenza, è il Santo dei santi, il Verbo eterno, il Figlio di Dio e Dio egli medesimo… 2° I nemici di Gesù erano di animo vile e crudele, tutti nemici giurati gli uni degli altri, perché Scribi e Farisei si detestavano tra di loro. Perciò possiamo pensare con quale inumanità e barbarie lo avranno trattato, battendolo; ingiuriandolo, malmenandolo a gara… 3° Presero e legarono Gesù, abbandonato dai suoi Apostoli e rimasto solo, agnello immacolato in mezzo a una torma di lupi.
Con le sue catene, Gesù Cristo ha voluto: l° spezzare la catena di cui Adamo aveva caricato il genere umano, che è la catena del peccato originale…; 2° spezzare le catene con cui il demonio e il peccato hanno legato ciascuno di noi…; 3° santificare i ceppi che i martiri, i confessori e tutti i perseguitati dovevano portare per la gloria del suo nome…; 4° legare noi con le catene del suo amore, come aveva predetto per Osea, dicendo: « Io li trarrò a me con i legami che seducono gli uomini, coi vincoli dell'amore (XI, 4)…; 5° adempiere le profezie dell'antico testamento e sostituire la realtà alle figure: Isacco, figura di Gesù Cristo, era stato legato… Le catene del Salvatore riuscirono a lui tanto più pesanti e dure, quanto più spaventose e pesanti sono quelle dei peccatori; perché Gesù Cristo nostro Signore fu legato, dice Geremia, e incatenato nei nostri peccati (Lam. IV, 20).
Già altre volte i Farisei, gli Scribi ed i Sacerdoti avevano teso agguato a Gesù Cristo, già in altre occasioni avevano attentato alla sua vita, ed egli sul punto di essere preso, passava tranquillo e non veduto in mezzo ai nemici; «poiché, secondo l'osservazione di Sant'Ambrogio, si lascia prendere quando vuole, e sfugge loro di mano quando gli piace; si lascia uccidere solo quando è in suo volere; prima di ora non era ancora giunto il suo tempo (In Luc. XXII)». Gesù chiama la sua passione un calice, perché l'ha sofferta di pieno suo volere, e ardentemente desiderata; l'ha desiderata come un uomo divorato da cocente sete brama un bicchiere d'acqua fresca che tutto lo ristora. Egli è stato immolato, perché così ha voluto, dice Isaia (ISAI. LIII, 7).
«Contempliamo, dice S. Paolo, l'autore e il consumatore della fede, Cristo Gesù, il quale mirando al gaudio propostogli, sostenne la croce, senza badare alla ignominia» (Hebr. XII, 2). «Egli mi ha amato, dice l'Apostolo, e si è dato per me» (Gal. Il, 20). Non l'ha forse dichiarato apertamente Gesù Cristo medesimo con quelle parole: «Il Padre mio mi ama perché io dò la vita mia per riprenderla un'altra volta; nessuno può togliermela, ma la dò io stesso, ed ho il potere di darla ed il potere di ripigliarmela»? (IOANN. X, 17-18).

6. QUELLO CHE GESÙ CRISTO SOFFRÌ NELL'OLIVETO ERA PREDETTO DAI PROFETI. – I Profeti avevano predetto tutti i diversi oltraggi e i patimenti che Gesù ebbe a soffrire fino al momento in cui fu tradotto in Gerusalemme. Davide ha chiaramente designato il tradimento di Giuda in quelle parole del Salmo XL, 9: «L'uomo in cui posavo tranquillo la mia confidenza, quegli che mangiava alla mia mensa, congiurò contro di me».
Il medesimo profeta annunzia l'agonia di Gesù e l'abbandono dei discepoli: «Il mio cuore ha aspettato l’insulto e il patimento; ho sperato che qualcuno dividerebbe con me la mia tristezza, ma invano; ho aspettato che alcuno mi consolasse, ma non venne» (Psalm. LXVIII, 21). Zaccaria predisse che il Messia sarebbe venduto per trenta denari (ZACH. XI, 12).
Geremia vide Giuda e la sua torma che si avanza per prendere Gesù Cristo: «Ho udito gli oltraggi di molta gente e attorno a me regnava il terrore… Perseguitatelo e noi lo perseguiteremo… tali erano le grida di coloro che mi stavano ai fianchi; vendichiamoci di lui» (XX, 10).

7. STRAPAZZI SOFFERTI DA GESÙ IN CASA DI ANNA E DI CAIFA. – Ciascuno può immaginarsi che il tragitto di Gesù, carico di catene e in balìa di una turba briaca di furore, dall'Oliveto a Gerusalemme, dovette segnare tanti insulti e strapazzi quanti furono i passi. Qui giunto, la sbirraglia condusse prima il Salvatore in casa di Anna, suocero di Caifa, che era in uffizio di gran Sacerdote quell'anno. Quegli l'interrogò della sua dottrina e dei suoi discepoli. Ma Gesù gli rispose che aveva sempre parlato in pubblico; che aveva insegnato la sua dottrina nelle sinagoghe e nel tempio, dove convenivano i Giudei tutti quanti, e non aveva mai tenuti discorsi in segreto. Perché interrogare lui? Interroghino coloro che l'hanno udito; essi sanno quello che ha detto (IOANN. XVIII, 12-21).
Infatti, che cosa aveva egli insegnato? Il Pater; le otto Beatitudini, ecc… Che cosa aveva fatto? Aveva guarito infermi, resa la vista ai ciechi, l'udito ai sordi, la parola ai muti, l'uso dei piedi ai paralitici, la vita ai morti; aveva moltiplicato i pani nel deserto, cacciato i demoni, acquietato i venti, calmate le tempeste; in una parola era passato facendo del bene a tutti e dovunque… Alle parole di Gesù al gran sacerdote: Perché m'interroghi tu? uno dei birri gli diede uno schiaffo, dicendo: E questo il modo con cui rispondi al gran sacerdote? e Gesù a lui: se ho parlato male, fammi vedere il male che ho detto; se poi ho parlato bene, perché mi percuoti? (IOANN. XVIII, 22-23).
Intanto i principi dei sacerdoti e tutta l'assemblea cercavano chi facesse falsa testimonianza contro il Salvatore, per condannarlo a morte (MATTH. XXVI, 59). Essi erano decisi di crocifiggerlo; ma benché numerosi, furbi, maliziosi, pieni di livore e di maltalento, pure non trovavano argomento di accusa contro di lui; tanto era pura la sua morale, intemerata la sua vita! Ecco perché avevano bisogno di falsi testimoni. Finalmente ne comparvero due i quali deposero che l'accusato aveva detto: lo posso distruggere il tempio di Dio e riedificarlo in tre giorni. Udito ciò, il principe dei sacerdoti interpellò Gesù se nulla opponesse a quel1o che contro di lui si attestava; ma esso taceva (MATTH. XXVI, 60-63).
Gesù taceva: 1° perché l'accusa non aveva valore…; 2° perché sapeva, come osserva S. Gerolamo, che qualunque risposta avesse dato, si sarebbero interpretate male le sue parole (Comm. in Ev. Matth.). E non c'era là, dice il Crisostomo, altro che l'ombra di un giudizio; in realtà era un assalto di briganti (In Passione). 3° Gesù taceva, perché si sottometteva In tutto alla condanna e alla morte decretata dal Padre suo…; 4° Il silenzio di Gesù ha espiato le scuse di Adamo, secondo la bella osservazione di S. Gerolamo (In Marc. c. XIV).
Allora il principe dei sacerdoti, non già per conoscere la verità, ma per procurarsi argomenti ad una condanna, si volge a scongiurare l'accusato nel nome del Dio vivente, a dirgli se egli sia il Cristo Figliuolo di Dio (MATTH. XXVI, 63); e Gesù a lui: «Tu l'hai detto: anzi ti dichiaro che vedrete un giorno il Figliuolo dell'uomo seduto alla destra dell'onnipotenza di Dio, venire quaggiù in mezzo alle nubi del cielo». A queste parole il principe dei sacerdoti si stracciò le vesti gridando: Bestemmia, bestemmia! che bisogno c'è dI testimoni? Non l'abbiamo noi udito, con le nostre orecchie, a bestemmiare? (Ib. 64-65). Ecco questo ipocrita pontefice che si fa egli medesimo accusatore; egli si volge ai nemici di Cristo, a coloro che glielo hanno, condotto perché sia giudicato, e li invita a formulare una sentenza. Tutti rispondono a una voce: E’ reo di morte (Ib. 66). Qui, come nota il Crisostomo, «sono le medesime persone che accusano, che discutono, che pronunciano la sentenza» (In Pass.). E la sentenza porta condanna a morte, perché l'accusato aveva detto che egli era il Messia. E non ne aveva forse dato le prove quasi tutti i giorni della sua vita? Egli dice la verità ed essi lo condannano come bestemmiatore. Sono essi che sfidano e insultano Dio. Ma il Salvatore aveva preso sopra di sé la sentenza di morte pronunziata contro Adamo.
Udita la sentenza di morte, la sbirraglia prese a sputargli in viso, a schiaffeggiarlo, a percuoterlo con pugni, gridando: Indovina, o Cristo, chi ti ha battuto? (MATTH. XXVI, 67-68). Cieli, terra, e voi, o creature tutte che popolate l'universo, inorridite al vedere com'è trattata la faccia del Salvatore; quella faccia che col solo mostrarsi calmava le tempeste e che il sole ha venerato nascondendo i suoi raggi quando lo vide piegarsi sotto il peso della morte (CRYSOST. In Luc. XXII). Perché tali insulti contro un condannato? Perché tanti strapazzi?
Gesù è accusato come un empio, schiaffeggiato come un insolente, sputacchiato come il più vile e ribaldo degli uomini, pesto a pugni e calci come un ladro… O Dio! ecco che cosa è l'uomo quando obbedisce ciecamente alle passioni e al demonio!… Gesù Cristo parla con la dignità e con la potenza di un padrone e di un maestro; tace come un innocente; è condannato come un sacrilego. Il suo volto divino che è la purezza e la beltà del paradiso, è imbrattato di sputi! E battuto con pugni colui che con la mano misura l'Oceano e con un dito pesa i cieli! Si oltraggia con schiaffi quella faccia che è lo splendore e la gloria del Padre! Si bendano gli occhi di colui che tutto vede e tutto scruta! O Giudei, immersi nella caligine dell'inferno, voi battete e malmenate e disonorate voi medesimi, voi vi bendate gli occhi; voi non vedrete più la faccia di Dio; non sarete più suo popolo… Chi uccide Dio, non ha più Dio!
Con gli occhi e con la bocca avevano peccato Adamo ed Eva; permettendo Gesù che a lui fossero bendati gli occhi, e date percosse su la bocca, otteneva misericordia per il peccato dei progenitori nostri… Anzi in tutte le membra in cui peccò e pecca l'uomo, Gesù Cristo ha patito per espiare, dice S. Agostino, ogni sorta di colpe in cui cada l'uomo (In Passione). S. Giovanni Crisostomo nota ancora che siccome Gesù era tutto dolcezza, così i suoi manigoldi furono verso di lui tutto oltraggio ed empietà; sfogarono sopra di lui ogni loro rabbia in opere, in parole, in desideri (In Passione).
Volle il Redentore soffrire ogni sorta di affronti, d'insulti, d'ignominie: 1° per soddisfare ad ogni sorta d'ingiurie di cui si rende colpevole verso Dio l'uomo peccatore; poiché questi, per quanto è in sé, sputacchia, schiaffeggia e percuote Dio, disprezzandolo e preferendogli la creatura. Lo priva dell'onore che gli è dovuto e, direi quasi, della divinità, dandosi ad altri dèi; l'avaro, oro e argento; il lussurioso, vili piaceri; il crapulone, vino e vivande, e via dicendo di ogni altra passione. 2° Per preservare dall'obbrobrio noi che l'avevamo meritato. «I suoi vituperi cancellarono i nostri», dice S. Gerolamo (In cap. XXVI, Matth.). 3° Per onorar Dio e soddisfare alla sua giustizia. Molto più onore viene a Dio dalla Passione di Gesù Cristo, che non gli sia venuto di disonore dalla caduta di Adamo. «Dove era abbondato il peccato, sovrabbondò la grazia» (Rom. V, 20), scrive San Paolo: perciò la Chiesa esce in quelle enfatiche parole: «O veramente necessario peccato di Adamo! o colpa felice che valse a noi un tale e tanto Redentore!» (In benediction, Cerei pasch.). 4° Per dimostrare la estrema sua pazienza e lasciarcene esempio… «Tre cose, secondo. S. Bernardo, sono specialmente da considerare nella Passione: l'opera, il modo, la cagione. Nell'opera si manifesta la pazienza; nel modo, l'umiltà; nella cagione, la carità (Serm. in fer., 6a haebdom. poen.)». 5° Per incoraggiare e infiammare tutti i martiri e tutti i cristiani, e portarli a non temere né ostacoli, né minacce, né supplizi; ma a trionfare di tutto per assicurarci l'eterna salute.
In pena degli oltraggi fatti a Gesù Cristo, gli Ebrei incorsero in ogni sorta di umiliazioni temporali, oltre le eterne; o come dice Origene: «Diedero a Gesù degli schiaffi, ed essi ne ricevettero uno la cui impronta dura eterna» (In Evang.). Coloro che ardirono combattere l'incorruttibile, si corruppero, dice San Bernardo: quelli che insultarono l'immortale, morirono (Serm. de Cruce). Gesù Cristo fu abbeverato di affronti e di scherni per tutta la notte dal giovedì al venerdì.