Nato nell'890 in Germania, deve la sua formazione allo zio Adalberone, vescovo e principe di Augusta. Nel 908 lo zio lo avvia al sacerdozio. Nel 923, alla morte del vescovo Hiltino, la popolazione di Augusta e il re di Germania Enrico I lo designano vescovo. Così per cinquanta anni Ulderico sarà l'insigne custode del cammino spirituale della popolazione e del clero e il suo episcopato sarà caratterizzato dal mirabile spirito di penitenza, generosità e vigilanza.
È il primo santo canonizzato ufficialmente da Papa Giovanni XV durante il sinodo celebrato al Laterano il 31-1-933, di cui esiste ancora il documento pontificio. Udalrico o Ulrico discendeva dalla famiglia dei conti di Dillingen-Kyburg. Nacque ad Augusta nell'890 al tempo in cui Papa Formoso (+896) sosteneva Arnolfo, re di Germania, contro Lamberto di Spoleto, re d'Italia e imperatore. Fin dai primi giorni di vita apparve tanto debole e meschino che i genitori non osavano neppure farlo vedere agli amici. In seguito al consiglio di un ecclesiastico, lo divezzarono dopo tre mesi e il bambino, come per incanto, rifiorì.
Quando Udalrico fu in grado di apprendere le scienze, i genitori lo mandarono a studiare presso l'abbazia di San Gallo (Svizzera), che possedeva allora una fiorente scuola. Vi rimase fino ai 16 anni. I suoi progressi nel sapere e nella virtù dovettero esser molto consolanti se i benedettini lo esortarono ad abbracciare il loro genere di vita. Prima di decidersi, il santo consultò la sua direttrice spirituale, S. Viborada, che viveva, da reclusa, presso l'abbazia. Ella, dopo aver pregato e digiunato, gli rivelò che il Signore lo destinava all'episcopato e che avrebbe avuto molto da lavorare e soffrire per il bene della chiesa.
Udalrico ritornò presso i genitori, i quali lo affidarono alla cura di uno zio, il B. Adalberone, benedettino, vescovo di Augusta (Baviera) e consigliere di Arnolfo, re di Germania. Adalberone prima lo nominò cameriere della sua chiesa, con il compito di distribuire le vesti e gli ornamenti al clero, quindi lo elevò al sacerdozio e lo provvide di un canonicato.
Nel 909 Udalrico, secondo la consuetudine del tempo, si recò a Roma per visitare le tombe dei SS. Apostoli. Là lo raggiunse la notizia della morte dello zio, al quale successe Hiltino. Egli ritornò ad Augusta e passò una quindicina di anni presso sua madre con tanta edificazione di tutti che, alla morte di Hiltino (+923), l'imperatore Enrico I, detto l'Uccellatore (+936), della casa di Sassonia, lo scelse come successore, in seguito al favorevole intervento di Burcardo, duca di Svevia. Da quel giorno il santo dispiegò una infaticabile attività nel governo spirituale e temporale della sua chiesa. Appena gli fu possibile, per limitarsi alle funzioni episcopali, si dispensò dal seguire la corte imperiale dando l'incarico ad un nipote di sostituirlo nell'esercito. Si alzava, di solito, alle tre del mattino per attendere alla preghiera, prendere parte, con i canonici, alla recita corale dell'ufficio e alla messa conventuale, celebrare il divino sacrificio. Dopo l'ora di nona, si recava a visitare i malati dell'ospedale. Tutti i giorni lavava i piedi a dodici poveri, ai quali distribuiva pure grandi elemosine. Non faceva che un pasto al giorno, la sera, prima di recitare compieta. Non faceva uso di indumenti di lino e dormiva soltanto poche ore, sopra un saccone di paglia. In quaresima raddoppiava le austerità e le pratiche di devozione.
Nel 926 gli ungari o magiari invasero la diocesi di Augusta, bruciarono la cattedrale, distrussero l'abbazia di San Gallo e martirizzarono S. Viborada. Udalrico, in attesa di potere fare ricostruire il duomo, sistemò una chiesa alla meglio, per potere in essa radunare e istruire i fedeli. Ogni anno si recava a visitare la diocesi nonostante l'inclemenza delle stagioni, le strade impervie e i pericoli delle incursioni dei barbari.
Egli era infaticabile. Sovente restava digiuno fino alla sera per ascoltare le richieste degli abitanti delle parrocchie che visitava, soccorrere i poveri, consolare i malati, consacrare chiese e altari, dirimere liti, togliere abusi, correggere errori, estirpare vizi.
Al termine della visita pastorale, il Santo teneva il sinodo per coordinare il lavoro dei parroci e dare ad essi gli opportuni avvertimenti. Non voleva che tenessero dei cani e degli uccelli per la caccia; che prendessero parte a feste di nozze o a pubblici giochi, che alimentassero querele e processi; che vivessero nell'ozio o che indulgessero ai crimini della simonia e del concubinato, ma voleva che riservassero ai sofferenti e ai bisognosi le decime e le elargizioni dei fedeli.
L'azione pastorale di Udalrico si immedesimò in parte con l'azione politico-ecclesiastica di Ottone I (+973), figlio di Enrico I, che sostenne contro le tendenze autonomistiche dei duchi. Per sottrarre i dignitari della Chiesa dalla dipendenza dei signori laici, il re attribuì ai vescovi la signoria vera e propria su parecchie città, e ne elevò molti a conti palatini che, alle sue dipendenze, amministravano i beni di lui e ne facevano valere i diritti. Quando Ottone I diede l'investitura del regno d'Italia (952) a Berengario II ed Enrico, duca di Baviera e fratello di Ottone I, ricevette in compenso da lui la marca di Verona, Liudolfo, duca di Svevia e figlio di Ottone I, ne rimase irritato, si ribellò al padre e si alleò con alcuni principi nell'intento di usurpargli il trono. Dalla guerra civile che ne derivò trassero profitto gli ungari. Con l'appoggio dei ribelli invasero difatti il territorio germanico. Udalrico prese le difese di Ottone I, ma seppe così bene perorare la causa della pace che, ad Illertissen (954), riuscì a rappacificare padre e figlio.
La pubblica tranquillità fu di breve durata. L'anno seguente, difatti, gli ungari, barbari e idolatri, invasero ancora una volta la Germania, saccheggiando e bruciando case, chiese e monasteri, dal Danubio alla Foresta Nera. Anche Augusta fu assediata. Il santo pastore organizzò allora delle pubbliche processioni, invitò le donne a pregare nella cattedrale, egli stesso si offerse vittima alla giustizia di Dio, offesa dai peccati del popolo e collocò le truppe nei punti più vulnerabili della città. Iddio esaudì quelle preghiere perché in suo aiuto accorse, in tempo utile, Ottone I con le sue truppe che infransero definitivamente (955), sulle sponde del Lech, sotto Augusta, l'impeto selvaggio degli invasori i quali, da allora, si stabilirono nella pianura magiara e più non fecero scorrerie.
Un fratello di Udalrico, Tibaldo, e un suo nipote, trovarono la morte sul campo di battaglia. Il santo stesso andò a cercarli tra i caduti e li seppellì nella cattedrale. In seguito si adoperò con tutte le forze a riparare le rovine causate dalle invasioni; fece circondare di mura la città; ebbe cura dei poveri, per i quali fondò un ospizio; dei monaci, per i quali fece restaurare la collegiata di Santa Afra, patrona di Augusta; delle monache benedettine, per le quali fece costruire la chiesa di Santo Stefano (968); dei canonici che sfamò alla sua mensa fino a che le loro terre non procurarono rendite sufficienti a vivere; del popolo al quale fece distribuire vettovaglie.
Appena i danni più gravi furono riparati, Udalrico si recò una seconda volta in pellegrinaggio a Roma (958) dove fu ricevuto con onore da Giovanni XII, figlio di Alberico II, padrone assoluto di Roma. Costui fece dono al vescovo di Augusta della insigne reliquia della testa di S. Abbondio martire, perché ne arricchisse la propria cattedrale. Nel ritorno, il santo passò a visitare, in Svizzera, il B. Eberardo, eremita, che è considerato il primo abate del monastero di Einsiedeln (Schwiz), confermato in seguito da Ottone I.
In premio di tante fatiche Iddio accordò ad Udalrico il dono della profezia e dei miracoli. Nella quotidiana celebrazione della Messa, qualche volta fu assistito dal B. Adalberone, suo zio, e da S. Fortunato vescovo. Essi lo assistevano soprattutto quando, il giovedì santo, benediceva i santi olii, per mezzo dei quali tanti infermi ricuperarono la salute. Udalrico stesso se li fece amministrare da un pio religioso durante una pericolosa malattia, e ricuperò all'istante la salute. Un giorno egli dovette attraversare a guado un fiume ma, mentre chi lo accompagnava rimase inzuppato fino alla cintola, lui restò del tutto asciutto.
Sentendo avvicinarsi la fine dei suoi giorni, Udalrico volle pellegrinare ancora una volta (972) alla tomba dei SS. Apostoli, a Roma. Giovanni XIII e i cardinali, informati della sua prodigiosa attività per la riforma dei costumi, lo accolsero con elogi. Al ritorno il santo s'incontrò a Ravenna con l'imperatore Ottone I, sceso in Italia insieme con la consorte Adelaide, per togliere ai baroni romani ogni velleità di ribellione alla casa di Sassonia e al papa, e a lui rassegnò le dimissioni in favore di un suo nipote, pure di nome Adalberone, mosso dal desiderio di ritirarsi in un monastero e conservare alla famiglia la sede vescovile di Augusta. Il gesto costituiva una violazione del diritto canonico, e Udalrico, nonostante la venerazione di cui era circondato, e il nipote, che già indossava le insegne episcopali per volere di Ottone I, senza essere consacrato, furono attaccati violentemente nel sinodo di Ingelheim (20-9-972).
Adalberone non poté succedere allo zio perché prevenuto dalla morte nella Pasqua del 973. Udalrico lo seguì nella tomba il 4 luglio successivo. Prima però aveva voluto distribuire ai poveri tutto il mobilio del suo palazzo, e poi aveva disposto che sul pavimento della sua camera fosse sparsa della cenere in forma di croce e che su di essa fosse deposto. I suoi funerali furono celebrati alla presenza di S. Volfango, vescovo di Ratisbona, venuto a rendere l'ultimo saluto all'amico tanto venerato. Udalrico fu seppellito nella chiesa di Santa Afra e fu proclamato patrono principale della città e della diocesi di Augusta.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 7, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 24-28
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