"Nella storia si riscontra che, fuori del cristianesimo, sempre le religioni panteiste tendono a divinizzare l\’ente sociale; per esse la società è tutto e di fronte l\’individuo è nulla. All\’opposto le religioni politeiste per eccellenza, sempre divinizzano l\’individualità, ogni suo bisogno, ogni sua virtù, ogni sua passione e tendono a dissolvere ogni suo vincolo sociale; per esse l\’individuo è tutto, la società è nulla".
L’Eucaristia e l’avvenire della società
in: Atti del Congresso Eucaristico di Venezia (3-12 agosto 1897), Venezia Tip. Patr. già Cordella, 1898, pp. 259-266
I. Chi enuncia semplicemente il tema L\’Eucaristia e l\’avvenire della società ammonisce senz\’altro che esso ci trasporta addirittura al fastigio della filosofia della storia. Ed è probabilmente questo intento che si prefiggeva chi sapientemente ponea tale quesito alla fine di tutta la serie delle ricerche storiche intorno alla Eucaristia: ritrarre cioè da tutte le esperienze della storia intorno al nesso riposto fra l\’Eucaristia e le umane vicende, le ragioni prime ed ultime per cui dal passato si possa argomentare l\’avvenire della società. Tema sintetico, elevato, formidabile, a cui l\’umiliante sproporzione delle forze del dicitore concederà appena con trepidanza qualche cenno fuggevole, tanto che esso faccia vibrare dentro quest\’aula l\’ultima nota dell\’inno a Gesù sacramentato che da secoli erompe dal cuore dell\’umanità per attestare la verità della divina parola, che pronunciava: «questo pane sarà la vita del mondo, panis quem ego dabo, caro mea est pro mundi vita».
2. Invano, signori, gli ingegni più originali, potenti, arditi si adoprarono a delineare anco le prime linee della filosofia della storia, col solo presidio di ragioni naturali senza ammettere, riconoscere, confessare l\’intervento del sovrannaturale. L\’età moderna, mancipia di un rigido naturalismo trasferito alla vita sociale, finì dopo titanici e alterni conati, col diniegare cittadinanza nell\’enciclopedia del sapere alla filosofia della storia, per sostituirvi una sociologia ridotta ad un capitolo della scienza biologica e del cosmo materiale.
Eppure senza Dio, senza la sua rivelazione, senza l\’opera pietosa e recondita della sua grazia, la storia dell\’incivilimento è muta. Non si spiegano gli splendori di una remotissima cultura indiana sulle rive del Gange, o la possanza, la magnificenza, la ricchezza dei grandi imperi di Assiria e Babilonia sulle sponde dell\’Eufrate e del Tigri, che trasmisero i propri fulgori a Grecia e Roma, talora ne fecero impallidire l\’astro e ne compromisero l\’esistenza, in tempi primitivi in cui le società e gli Stati naturalmente sarebbero appena usciti dalla vita selvaggia dell\’orda, senza ricorrere ad una rivelazione primitiva, ancor recente e non del tutto abbuiata, per la quale colla cognizione di Dio e delle verità soprannaturali fossero stati dischiusi ancora i segreti degli ordini sociali e della vita intellettuale dei popoli.
Non si spiega la permanenza del monoteismo e la sapienza insuperabile di dottrine etiche e civili in un piccolo popolo come l\’ebreo di dura cervice, di inferiore cultura, errabbondo e perduto fra tre continenti, schiavo di quanti lo circondavano, lo sopraffacevano, lo asservivano, vittima frequente della propria debolezza e corruzione senza l\’azione costante di un Dio che di quel popolo eletto fra mille si fa legislatore, reggitore e padre, a preparare la pienezza dei tempi futuri.
Non si spiega, perché non già Serse ed i persiani, non Annibale e Cartagine, non Pirro e la lega achea, ma Roma e G. Cesare sopra popoli più antichi, più numerosi, più colti, arrivassero a conquistare un indisputato impero universale nell\’antichità, anzi l\’unico che assommasse in sé tutte le stirpi, tutte le tradizioni, tutte le civiltà, per assimilarle poi nella propria e perpetuarla e trasmetterla al mondo avvenire: non si spiega ripeto, tutto questo senza pensare alla unità dei novelli credenti in Cristo, a cui era preparazione e munimento quell\’immane ed ammiranda unità civile e politica dell\’impero di Augusto.
E rimarrebbero sempre un mistero dinanzi agli argomenti razionali più sottili della storia, e l\’insinuarsi inopinato, e il propagarsi inavveduto, e l\’insediarsi infine palesemente nella città dei Cesari, prepotenti, e nel mondo antico orgoglioso di una mite dottrina di pace e di amore per opera di dodici ignoranti pescatori, fruttificando più rigogliosa dal sangue dei martiri, in cui dovea affogare; e nel medio evo fra e sui resti della dissoluzione pagana e i germi della ferocia germanica il grandeggiare della potenza civilizzatrice dei papi; e più tardi in sul limitare dell\’età moderna la irrevocabile caduta dell\’impero d\’oriente sotto la scimitarra mussulmana e l\’espandersi meraviglioso della civiltà cattolica nel mondo di Colombo o lungo le vie segnate da Vasco di Gama nel dì stesso in cui per Lutero il cuore di Europa veniva strappato a Roma. Tutto questo rimarrebbe sempre un mistero senza le sublimi ragioni del sovrannaturale che si intrecciano e si impongono alle ragioni della natura, per attuare i disegni della Provvidenza nella storia della civiltà.
3. Ma v\’ha di più, o signori. Al di sopra di tutti questi avvenimenti che nel seno del sovrannaturale trovano ciascuno la propria speciale ragione, vi ha un fatto supremo ed una corrispondente idea suprema, che si presenta e rifulge come la spiegazione di tutti insieme gli avvenimenti nella storia.
Questa idea nel pensiero del creatore, questo fatto nella storia delle sue creature, è «l\’unione del divino e dell\’umano», di cui (io mi affretto a dichiararlo) l\’Eucaristia è la realtà e insieme il simbolo più perfetto. Tale unione si attuava originariamente nell\’uomo allo stato di innocenza mediante la grazia che ne compieva e perfezionava le doti naturali. Tale unione sublime fu spezzata dal peccato; e seguì scissura e conflitto fra la natura e la grazia, fra l\’uomo e Dio; e si apersero lunghe e lacrimevoli pagine della storia, di cui questo fatto primo è il segreto e la chiave di volta. Ma tale unione sublime fu restaurata dalla redenzione; e seguì un riavvicinamento della natura alla grazia, dell\’uomo a Dio; e con questo fatto si inaugurano ben altre e gloriose pagine della storia, che racchiudono il responso delle leggi della civiltà. Insomma tutta la storia nelle sue ragioni prime non è che un secolare lavorio, che fra contrasti diuturni ma infine trionfanti, riconduce alla primitiva unione dell\’umano e del divino e procede gradualmente al ricongiungimento dell\’umanità alla divinità.
L\’umanità serbò pure questa coscienza, questa memoria, questa aspirazione della primitiva unione al divino; nell\’umanità questa idea diventò ebbrezza ed orgoglio fin dal principio dietro la insidiosa promessa del maligno, che suonò sempre dappoi ai suoi orecchi: «sarete come dei», di poi la tramutò in aberrazione e pazzia, talora in bandiera di ribellione, tal altra di avvilente servitù e abbrutimento, sempre in comune ruina, ripercuotendosi dall\’individuo alla società a sconvolgere, pervertire, a distruggere i naturali rapporti fra quello e questa, sicché, rotta la legittima relazione dell\’uomo colla divinità, rimase infranta o degenerata ogni legittima relazione sociale; e rimasero pregiudicate tutte le ragioni dell\’incivilimento.
Questa giusta idea dell\’unione del divino e dell\’umano nella duplice relazione coll\’ente supremo e colla società, dopo la primitiva caduta, non è che cristiana.
Al di fuori del cristianesimo (scrisse con profonda lucidezza un recente autore) voi trovate dappertutto l\’uomo schiacciato da Dio, ovvero Dio schiacciato dall\’uomo.
Le religioni fataliste, feticce, quietiste, sopprimono l\’uomo sotto la potenza di Dio. Le religioni panteiste o politeiste per converso divinizzano l\’uomo e annichilano Dio.
Soltanto il cristianesimo riconduce l\’unione senza diminuzione o assorbimento; mediante il congiungimento delle due nature divina ed umana, le quali senza confondersi ed alterarsi si collegano nell\’unità della persona del Verbo.
Ecco, nel Dio fatto uomo per la incarnazione, la restaurazione di questa unione dell\’umano col divino; il soggetto reale, l\’esemplare morale, il mediatore efficace di questo desiderato e rinnovato connubio. E tale restaurazione si riproduce ed attua in ogni individuo mediante la grazia che si congiunge alla natura e la sublima fino a farla partecipe in qualche guisa della divinità, senza perdere la propria personalità. E il ricopiare in se medesimo questo divino modello da parte dell\’umana libertà, mercé la grazia, diviene d\’allora in poi per tutti gli individui redenti, dovere sublime, aspirazione sovrana, ideale perenne, termine di un perfezionamento od elevazione progressiva della personalità umana, da riassumere la parte più confortante e gloriosa dell\’incivilimento.
Ulteriormente le restaurate relazioni dell\’uomo con Dio rigenerano alla lor volta le relazioni dell\’individuo colla società con più estesa palingenesi che dall\’individuo trapassando al corpo mistico della società, ne ripara la scissura secolare, sanguinante, incancrenita.
Ed invero, per inesorabile necessità della logica e dei fatti, nella storia si riscontra che, fuori del cristianesimo, sempre le religioni panteiste tendono a divinizzare l\’ente sociale; per esse la società è tutto e di fronte l\’individuo è nulla. All\’opposto le religioni politeiste per eccellenza, sempre divinizzano l\’individualità, ogni suo bisogno, ogni sua virtù, ogni sua passione e tendono a dissolvere ogni suo vincolo sociale; per esse l\’individuo è tutto, la società è nulla. Or bene per la prima volta nel mondo anche questo alterno lavorio distruttore si arrestò. Realizzando l\’unione divinoumana nella persona del Verbo, il cristianesimo ha reso alla personalità umana tutta la sua dignità e grandezza; esso ha attribuito all\’individuo un fine suo proprio, perché è nella sua persona che si opera la grande unione che è lo scopo della vita terrena ed eterna; e dinanzi ad esso la società fu costituita siccome una condizione ed un mezzo di perfezione individuale, affine cioè di realizzare sempre più nell\’individuo l\’unione dell\’umano e del divino.
Per il cristianesimo pertanto è sciolto il grande problema; l\’individuo e la società si mantengono distinti, come lo stromento e l\’oggetto finale, appunto come nella persona di Cristo la natura umana si mantiene distinta dalla divina, ma insieme serve ad accrescere la gloria esteriore della divinità. Ma intanto la società rimanendo pur sempre subordinata, si nobilita alla sua volta atteggiandosi nei suoi rapporti e funzioni ad essere la migliore coadiutrice dell\’individuo per renderlo sempre più capace dell\’unione divina. Essa stessa perciò viene a partecipare sempre più al coordinamento dell\’umano col divino.
E infatti in questo lavoro di atteggiamento progressivo degli ordini sociali, per meglio servire ai fini individuali sublimati dal cristianesimo, si dispiega tanta parte della storia della civiltà.
Così veramente per l\’opera della incarnazione si posero le fondamenta dell\’ordine normale di civiltà, nelle sue relazioni fra l\’uomo e Dio e fra l\’individuo e la società, e nel suo progresso, che è una partecipazione sempre crescente dell\’umanità alla virtù divina. Tanto il sovrannaturale è parte integrante della filosofia della storia!
4. Ma è nella ss. Eucaristia che questa unione dell\’umano e del divino nella persona del Verbo si perpetua anco quaggiù; è per essa che la virtù sovrannaturale massimamente si trasfonde nell\’uomo individuo, è nell\’Eucaristia di preferenza che si uniscono, amicano, rifecondano le relazioni sociali nella comunanza del sacrificio e dell\’amore.
Anzi sulla croce mercé il sacrifizio l\’opera della redenzione si compiva direttamente fra il Cristo e l\’eterno Padre, e la rinnovata alleanza dell\’umano e del divino ridondava a salute dell\’umanità; ma nell\’Eucaristia mediante l\’amore, l\’opera redentrice si continua ed effettua direttamente fra Dio e l\’uomo. Ed invero, per essa l\’unione del divino e dell\’umano, si avvera personalmente e realmente colla presenza del Verbo incarnato nel seno d\’ogni uomo mortale; si rinnova, si moltiplica e perpetua coll\’umanità peregrinante sul globo; si traduce in un ammaestramento quotidiano e vivente dei legami che devono stringere l\’uomo a Dio e insieme l\’uomo alla società, affinché questa, meglio conferisca alla perfezione individuale; e la perfezione individuale partecipi dell\’infinito e mai non cessi.
A questo punto è lecito pronunciare che il culto dell\’Eucaristia, di questo mistero dell\’amore che unisce Iddio all\’uomo esprime e misura il progresso della civiltà.
Il culto dell\’Eucaristia così porge il criterio a giudicare il passato e ad argomentare dell\’avvenire delle società.
Or bene questo trionfo dell\’Eucaristia, esprimente la più generale ed intima consumazione dell\’umano nel divino, Iddio riservava alla maturità dei tempi.
Un giorno a s. Geltrude nelle sue estasi comparve l\’apostolo s. Giovanni, al quale la santa innamorata del Sacramento chiedea, perché avendo egli, l\’apostolo prediletto, riposato sul seno del divino maestro nell\’ultima cena, non lasciasse scritto nulla in particolare intorno al Cuore di Gesù sacramentato. E l\’apostolo rispose: «Io era incaricato di manifestare alla Chiesa nascente la parola del Verbo; ma la carità di quel cuore, Iddio si riservava di manifestarla a tempi lontani, affinché con tale rivelazione si ravvivasse il mondo invecchiato e, riscosso dal suo torpore, si riaccendesse nell\’amore del suo creatore».
5. Così fu sempre nell\’economia della Provvidenza; Iddio è nella pienezza dei suoi attributi; ma egli si rivela all\’uomo per gradi; e questa successiva manifestazione del suo misericordioso disegno sull\’umanità, ripartisce se non erro, i momenti caratteristici della storia del cristianesimo.
Allorché in sul tramonto dell\’evo antico, e nei primi secoli della Chiesa, io scorgo ammirato dodici poveri pescatori dispregiati ed inermi, annunciare la buona novella al mondo intero e piantare la Croce sul palazzo dei cesari; quando io contemplo que\’ giganti che sono i santi Padri affrontare e stritolare l\’immane coacervo dei pregiudizi e della corruzione su cui erigevasi la società pagana; quando io scorgo i germogli della novella società cristiana uscire moltiplicati e più rigogliosi dal sangue dei martiri, in cui dovevano affogare, allora io esclamo: ecco il periodo storico della potenza di Dio!
Quando nell\’età medioevale, di mezzo alle tenebre delle incursioni barbariche, io veggo quasi tra i crepuscoli antelucani delinearsi e grado a grado, sorgere, comporsi, risplendere le linee formose ed armoniche di un mirabile ordine sociale cristiano; e insieme ad esso, elaborarsi, grandeggiare e rifulgere colla scolastica l\’enciclopedia del sapere cristiano, la più grande sintesi della scienza umana e divina, che giammai abbia concepito e dispiegato la ragione integrata dalla fede, allora attonito e confuso a tanta luce abbagliante di idee creatrici di una novella civiltà, io esclamo adorando: ecco l\’età rivelatrice della sapienza divina.
Ma se io m\’addentro nei secoli dell\’evo moderno, io non indugio a pronunciare: questa è l\’età della divina carità, il momento storico in cui Iddio sembra voler consumare l\’umanità nell\’unità del suo amore. Questi sono i tempi lontani additati da s. Giovanni nella visione a Geltrude, in cui rivelerà i tesori del suo cuore nel Sacramento per regnare sui cuori di tutti!
Questo fa d\’uopo pronunciare e proclamare, in onta alla ribellione di Lutero, che il sacramento dell\’amore riduceva ad una fuggente parvenza, in onta a Zuinglio e Calvino che la tramutavano in una memoria priva di realtà; conviene ripeterlo, in onta alla forza brutale trionfante con Arrigo VIII ed Elisabetta, violenti usurpatori di religione, di proprietà, di diritti popolari e regali nella Gran Bretagna; in onta ai principi ferocemente guerreggianti per trenta anni in Germania, in onta alle novelle monarchie assolutiste sacrificatrici di libertà della Chiesa e dei popoli in tutta Europa, nei secoli della riforma. Urge confessarlo in onta alle gelide insidie ed ai cavilli mortiferi dei giansenisti, alle bestemmie risonanti dei filosofi enciclopedisti, agli orrori del terrore e della rivoluzione, che Gesù bandiva dagli altari, come esiliava dalla patria e dalla vita i re, la nobiltà ed ogni anima credente; e in onta al fragoroso avvento del socialismo, che minaccia oggidì di inaugurare l\’impero dell\’odio. No, o signori, malgrado tutto questo i secoli dell\’evo moderno furono i secoli rivelatori del divino amore; e l\’unificazione dell\’umano e del divino nella carità del Sacramento compendia pur sempre la vocazione della società presente e la promessa della società avvenire. Lo disse Gesù medesimo, ripetendo alla beata Margherita Alacoque le evangeliche parole «ignem veni mittere in terram et quid volo nisi ut accendatur? Ed io regnerò (soggiungea) malgrado i miei nemici!»
Ciò vuol dire che a questa vittoria dell\’amore nella società moderna, a questo regno del Cuore di Gesù noi ci troveremo condotti sulle braccia dei suoi amici ed anche dei suoi nemici.
E infatti nessun\’altra età cristiana, oso dire, vanta tanti amici del Cuore di Gesù e tanti propagatori del suo amore nel Sacramento, quanti l\’età moderna. Dal concilio di Trento che del sacramento eucaristico e del sacrificio della messa rivendicava ed asso dava la dogmatica verità a s. Maria Maddalena de\’ Pazzi, a s. Caterina de\’ Ricci, a s. Teresa, a queste sublimi donne insanite nell\’amore del sacramento, alla beata Margherita Alacoque che raccoglieva il programma del culto eucaristico dalla bocca stessa del salvatore, al venerabile Colombière, a s. Francesco di Sales e alla Chantal che ad esso coordinava e sacrava l\’ordine della Visitazione; a s. Ignazio di Loyola, ai gesuiti che fecero propria missione la propaganda della frequente comunione, fino a s. Filippo Neri che degli amori eucaristici faceva il centro di un nuovo genere di apostolato, e a s. Alfonso che alle dolcezze di questo Cuore esemplava tutta la vita pratica e tutta la morale teoretica, fino alle suore di carità che i miracoli della quotidiana comunione pongono vittoriosamente al cimento delle più dure e svariate prove, e ne arrecano con se stesse la testimonianza in ogni classe, in ogni istituzione, in ogni paese, tutto grida per bocca di questi grandi amici di Dio, che l\’età moderna era chiamata dalla Provvidenza a rivelare i tesori del divino amore.
E che tale specialissima vocazione dell\’età moderna trovasse compimento e suggello nel nostro secolo, lo testimoniano di recente i diciannove congressi eucaristici, queste solenni assise sociali degli innamorati del Sacramento, a pubblicare dappertutto che ormai questo re sacramentato non regna soltanto sopra alcune anime elette, ma che esso è accolto, festeggiato, inneggiato dalle moltitudini, dai popoli, dalla società intera, e che egli riceve ormai gli omaggi di una novella forma di democrazia, quella dell\’amore!
A questo trionfo di Gesù nel sacramento cooperano inconsci ancora i suoi nemici. Essi che ripetono l\’antico motto «nolumus hunc regnare super nos»; essi e la società da loro signoreggiata subirono le conseguenze della loro ribellione, per le quali si rese più evidente, sentito e generale il bisogno dell\’unione eucaristica.
Essi negarono Dio e que\’ dolci rapporti di sudditanza verso il re dell\’amore divinizzando l\’uomo. Ma i legami stessi della società in questa adorazione dell\’individuo rimasero infranti in un disciolto individualismo, che nega l\’organismo sociale; e allora altri impauriti divinizzarono la società in un assorbente panteismo, in cui dispare l\’individuo e che suscita la ribellione. E infine le due tendenze elaborandosi, maturandosi, imponendosi, preparano ormai alla ventura società impaurita, la servitù del socialismo o il nichilismo dell\’anarchia!
Ond\’è che i popoli oggi esterrefatti da queste corrusche previsioni generate dall\’odio trovansi sospinti ad invocare il regno dell\’amore in Cristo Gesù. E così i suoi nemici ne affrettano l\’avvento; e il trionfo di Gesù in sacramento si attende ormai come il pegno di ristorazione sociale nella giustizia e nella carità.
Nella Eucaristia sta dunque racchiuso l\’avvenire della società; sicché, ripetendo il responso della filosofia della storia cristiana, che cioè il «progresso sociale consiste nel crescente ricongiungimento dell\’umano col divino», si può senza audacia inneggiare al secolo ventesimo come quello che arrecherà la vittoria della civiltà cristiana cattolica, mercé il trionfo dell\’Eucaristia!
Mentre il secolo morente geme ed agonizza sotto un assiderante pessimismo, noi illuminati e rinfocati a questo centro di luce e calore che è il sacramento eucaristico, noi scorgiamo questa promessa dell\’avvenire lampeggiare dinanzi a noi, noi la contempliamo irradiarsi d\’intorno a noi, noi la sentiamo quasi fremere dentro di noi e noi possiamo ripetere ben meglio del saggio antico: est Deus in nobis, agitante calescimus illo.
Sì il sec. XX mercé il trionfo del Dio umanato nel sacramento, vedrà compiersi questa più intima e generale unione del divino coll\’umano, che si tradurrà in tutte le appartenenze della vita individuale e sociale (ove oggi è dissolvimento e contrasto) in una mirabile armonia unificatrice. E ci allieteremo dell\’unificazione mentale, per cui la scienza si armonizzi alla fede; dell\’unificazione sociale, per cui le classi si riamichino fra loro nel nome di Cristo; dell\’unificazione civile-religiosa, per cui lo Stato e la Chiesa, le ragioni esteriori del tempo si riabbraccino e cospirino a quelle spirituali dell\’eternità; dell\’unificazione dei popoli credenti nella cattolicità, dell\’oriente, culla antica del cristianesimo, che ne custodisce pur sempre il tesoro eucaristico, e dell\’occidente, ove gli anglosassoni, moderni romani, col dominio del mondo preparano la maggiore e più lusinghiera eredità al regno di Gesù; e infine dell\’unificazione delle nazioni mediante la novella repubblica dei popoli cristiani, intorno al pontificato restituito moderatore della civiltà universale in Roma.
O benedetto Gesù, questa lieta previsione dell\’avvenire della società, sarà forse inganno pietoso delle nostre anime innamorate, diverrà forse argomento di una delusione desolante, fra le parole di morte che si sussurrano tutto dì alla decrepita civiltà del sec. XIX?
No questa previsione sarà verità non ingannevole, confortatrice, inebriante, finché tu continuerai a trionfare in questi congressi del tuo amore, finché le genti fameliche continueranno ad affollarsi alla tua mensa celeste, in cui l\’umano quotidianamente congiungendosi al divino, si ritempra a novella vita e a maggiori vittorie.
No: la società con le sue speranze, nell\’aurora del sec. XX, che fin d\’ora si prelude come il secolo del Sacramento, non morrà, perché tu benedetto Gesù l\’hai detto e la tua parola non cade: io sono per il mondo il pane della vita: «panis quem ego dabo caro mea est, pro mundi vita»!