Nasce a Cremona nel 1502. Nel 1524 si laurea in medicina a Padova. Viene consacrato prete nel 1528. Cappellano della contessa Ludovica Torelli, la segue a Milano dove, grazie a lui, nascono tre novità, tutte intitolate a san Paolo. Nel 1530 fonda una comunità di preti, i Chierici regolari di San Paolo, chiamati anche Barnabiti, dalla chiesa di San Barnaba, loro prima sede. Poi le Angeliche di San Paolo, primo esempio di suore fuori clausura. Terza fondazione: i Maritati di San Paolo, con l\’impegno apostolico costante dei laici sposati. Denunciato come eretico e come ribelle Antonio va a Roma dove verrà assolto. Muore a Cremona a poco più di 36 anni.
È uno dei tanti sacerdoti e religiosi che lavorarono alacramente alla restaurazione della Chiesa Cattolica in Italia, prima del Concilio di Trento (1545-1563). Nacque a Cremona sulla fine del 1502 dal patrizio Lazzaro, oriundo genovese. La madre, rimasta vedova prima che Antonio vedesse la luce, rinunciò a seconde nozze, benché diciottenne e ricca, per dedicare le sue cure al nascituro. Sotto l\’influsso della grazia e i buoni esempi materni, il figlio crebbe innocente, pio e amante dei poveri. Un giorno d\’inverno, mentre ritornava a casa dalla Messa, un mendico gli chiese l\’elemosina. Non avendo denari, gli donò il suo mantello di seta.
Nella sua infanzia Antonio conobbe l\’asprezza delle lotte ingaggiate contro il duca di Milano Ludovico Sforza il Moro dai veneziani, alleati di Luigi XII, re di Francia, invasore di Cremona. Le tristi condizioni dei tempi non gl\’impedirono tuttavia di attendere ai buoni studi. Fatto il voto di verginità, rinunciò con atto notarile a tutti i suoi beni a favore della madre. A Pavia compì il corso filosofico e all\’università di Padova si addottorò in medicina (1524) mentre Martin Lutero in Germania accentuava la sua ribellione al Papa. Tra la corrotta gioventù studentesca egli, stretta amicizia con il nobile e pio Serafino Aceti, futuro canonico lateranense, seppe mantenersi illibato adottando un austero regolamento di vita e facendo la comunione tutte le domeniche, noncurante se i libertini, per scherno, lo chiamavano "il devoto".
A Cremona lo Zaccaria fu iscritto nell\’albo del Collegio dei Medici, istituito da poco da Ludovico Sforza, ma curando i corpi egli sentì nascere in sé la vocazione al sacerdozio. Per curare le anime si mise a studiare seriamente la teologia sotto la guida del P. Marcello, domenicano. Vicino a casa sua sorgeva la chiesetta di San Vitale. In essa cominciò a radunare i fanciulli per fare loro il catechismo, e la gioventù di buona famiglia, per tenere loro delle omelie semplici e toccanti e dei dialoghi ingegnosi e convincenti. Il P. Giovanbattista da Crema OP. (+1534), che aveva già diretto S. Gaetano da Thiene (+1547), lo esortò ad ascendere al sacerdozio senza timore (1528). La chiesa di San Vitale riuscì presto insufficiente a contenere i fedeli che accorrevano ad ascoltarlo, e i penitenti che a lui volevano confidare le pene del loro animo. Non è improbabile che S. Angela Merici (+1540), durante la sua permanenza a Cremona, abbia assistito ai sermoni di colui che il popolo chiamava "l\’angelo di Dio" e "il padre della patria" perché di continuo visitava i malati negli ospedali e i detenuti nelle carceri, e nella propria casa accoglieva i poveri e i pellegrini.
In quei tempi infelici, troppi sacerdoti e religiosi scandalizzavano il popolo con l\’ignoranza, il lusso e il vizio. Tra il volgo circolava il proverbio che per andare all\’inferno bastava farsi prete. Per ovviare a tanti mali, Antonio non trovava mezzo migliore che raccogliere dei sacerdoti ferventi disposti a santificare le anime con una vita umile, penitente e operosa.
La contessa di Guastalla (Reggio Em.), Ludovica Torelli, vedova, esortata dal P. Giovanbattista a devolvere parte dei suoi beni all\’educazione delle fanciulle abbandonate, gli suggerì (1530), di passaggio da Cremona, di andare come suo cappellano a Milano, dove avrebbe potuto occuparsi della sua famiglia e della fondazione da lui sognata.
Antonio accettò la proposta perché gli parve di scorgere in essa un segreto disegno della Provvidenza divina. Nella città lombarda la parola di Dio non veniva predicata fuori della quaresima e il catechismo era negletto. Sussisteva tuttavia l\’Oratorio dell\’Eterna Sapienza per la promozione, tra ecclesiastici e laici, delle pratiche virtuose. Ne facevano parte due nobili giovani milanesi: Bartolomeo Ferrari e Giacomo Morigia, i quali esortarono lo Zaccaria ad iscrivervisi e a rivolgere ogni tanto ai congregati parole di edificazione. Il santo accettò e spiegò ad essi i grandi vantaggi che sarebbero derivati alla Chiesa dall\’unione di alcuni preti animati dallo stesso spirito e stretti da voti religiosi. Il Ferrari e il Morigia si posero con entusiasmo sotto la sua direzione dando così origine all\’Ordine dei Chierici Regolari di San Paolo per la riforma del Clero e del laicato. Il fondatore si recò a Cremona per sistemare le faccende di famiglia e il suo primo apostolato, e, dopo una breve permanenza a Guastalla, presso la contessa Torelli, si stabilì a Milano presso la casa in cui la benefica vedova aveva già raccolto un certo numero di ragazze da educare. Il P. Giovanbattista continuava a dirigerlo. A lui scriveva il santo nel maggio del 1530: "Mio venerato padre, di grazia non mi abbandonate! Siate voi il santo che intercede per me preso Dio affinchè io possa svestirmi delle mie imperfezioni, della pusillanimità e dell\’orgoglio".
Con i suoi primi compagni Antonio si diede subito ad una vita povera e mortificata, a pii esercizi in comune, a quotidiane conferenze spirituali, alla predicazione e all\’assistenza dei malati e dei carcerati. Clemente VII, da Bologna, concesse loro la facoltà di aggregarsi altri compagni e obbligarsi con i voti (18-2-1533). Il santo prese a pigione una casetta accanto alla chiesa di Santa Caterina e formò ad una rigida disciplina quanti chiesero di fare parte dell\’ordine, il secondo – dopo quello dei Teatini – sorto nel periodo della riforma cattolica. A fondamento della vita religiosa, con poche norme sommarie, egli pose le virtù esercitate in grado eroico e una grande devozione a Gesù crocifisso e a S. Paolo apostolo. Non ne volle sapere di rendite fisse, contento di soffrire la povertà, nel vitto e nel vestito, piuttosto che essere di ostacolo alla predicazione del Vangelo. Egli faceva uso di cilici e di flagelli, digiunava frequentemente e, di notte, dormiva poche ore disteso sopra un tavolato.
Animato da un ardente zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, tutti i giorni raccoglieva in Santa Caterina padri e madri di famiglia per ammaestrarli sui doveri del loro stato. Per essi istituì la Congregazione dei Coniugati, una specie di terz\’ordine, di cui si servì per l\’insegnamento del catechismo ai fanciulli abbandonati, ai malati e ai carcerati. Sovente si armava di un grande crocifisso e usciva per le piazze della città per predicare la penitenza alla gente, attratta dalla novità di quello spettacolo. Di sua istituzione è la commemorazione della morte di Gesù in croce, con il suono delle campane, alle tre pomeridiane del venerdì. Di sua ispirazione sono le Quarantore nella loro forma di esposizione solenne e continuata a turno nell\’anno per le varie chiese di Milano (1534). Per questo egli viene chiamato il "Santo eucaristico".
Anche i discepoli ne imitarono l\’esempio. Taluni, per espiare l\’orgoglio e la vanità della vita passata, andavano a predicare nei quartieri più popolosi, coperti di una veste lacera, per essere beffeggiati dal popolino; altri si arrestavano a questuare alla porta del duomo, ovvero si esibivano a portare fardelli come facchini per amore di Dio. Quegli esempi d\’umiltà e di disprezzo del mondo producevano, in tante persone, salutari effetti. I parenti dei religiosi ne furono sdegnati perché ce ne andava di mezzo l\’onore delle famiglie. Non mancò neppure qualche ecclesiastico che li denunciò alle pubbliche autorità o dal pulpito li additò ai fedeli come seminatori di superstizioni e di dottrine eretiche. Il santo fondatore, riposta ogni fiducia in Dio, rianimò i pusillanimi, calmò i malcontenti e fece sollecitare da Paolo III una conferma dell\’Ordine (24-7-1535), che stabilì, con oratorio proprio, dedicato a S. Paolo, nella casa ricevuta in dono dalla contessa Torelli.
Nel primo capitolo generale (15-4-1536) Antonio, che bramava più di ubbidire che di comandare, suggerì che fosse eletto superiore il P. Morigia, come il più idoneo, riservando a sé l\’ammissione degli aspiranti al noviziato e la presidenza delle conferenze spirituali. Per estendere la riforma anche nei monasteri femminili, egli spinse la Torelli a trasformare in monastero la casa in cui, sotto la direzione del P. Giovanbattista, aveva raccolto alcune giovanette. Paolo III, nel Breve di erezione (15-1-1535), prescriveva che, a istruire le postulanti nei doveri della regolare osservanza, fossero chiamate alcune monache degli antichi Ordini. I genitori delle giovani non ne vollero sapere, allora il peso della formazione e della direzione dell\’incipiente monastero cadde sulle spalle di Antonio Maria. Prima Priora delle Angeliche di San Paolo fu Madre Battista del Sesto. La contessa Torelli, quando il monastero, sotto la guida dei Chierici Regolari di San Paolo, accettò la clausura prescritta dal Concilio di Trento (1552), si ritirò nel collegio detto "della Guastalla", fondato per le giovani nobili decadute, in cui morì (1569). S. Carlo Borromeo in diverse occasioni si valse delle Angeliche di San Paolo per la riforma dei monasteri dell\’archidiocesi. Chiamava il loro monastero il suo più prezioso gioiello. Soppresse da Napoleone I nel 1810, le Angeliche rinacquero nel 1879 per l\’educazione e la preservazione della gioventù ad opera del P. Pio Mauri, barnabita.
Ancora vivente, Antonio fu pregato dal vescovo di Vicenza (1537) di recarsi nella sua diocesi per riformarvi due monasteri rilassati. Vi andò il santo con i suoi religiosi e le sue figlio spirituali, e vi lavorò indefessamente per un mese, come aveva fatto a Milano, con grandi frutti spirituali. Un giorno, mentre si recava in cattedrale, incontrò una lieta brigata di giovanotti. Si avvicinò a colui che sembrava il capo, lo guardò con amorevolezza e poi gli fece sulla fronte un segno di croce con il dito pollice. Iddio gli aveva rivelato i misericordiosi disegni che aveva sul nobile Tito degli Alessi, il quale abbandonò subito il mondo e fu a Roma il primo superiore della casa dei Chierici Regolari di San Paolo e l\’intimo amico di S. Filippo Neri.
Ritornato a Milano, Antonio Maria continuò ad occuparsi delle conferenze per gli ecclesiastici e per i laici, delle opere di zelo che gli si offrivano giorno per giorno, e soprattutto, della formazione delle Angeliche con tanto zelo che ne ammalò. Avvisato in modo soprannaturale che verso la fine dell\’ottava dei SS. Apostoli Pietro e Paolo sarebbe andato al cielo, chiese di essere trasportato a Cremona presso sua madre. Colà morì il 5-7-1539 dopo violenti attacchi del nemico infernale. Fu sepolto a Milano nella chiesa di San Paolo. Le sue reliquie furono ritrovate nel 1891 e trasferite nella cripta della chiesa di San Barnaba, avuta dall\’Ordine nel 1547 dal sacerdote Alessandro Taeggi, abate commendatario.
Leone XIII canonizzò S. Antonio M. Zaccaria il 27-5-1897. Il 3-1-1890 ne aveva reintegrato il culto.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 7, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 49-54
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