ETERNITÀ

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". ETERNITÀ consta di due note essenziali: l\’assenza d\’un principio e d\’una fine e l\’assenza d\’ogni successione e mutazione.

Gli Scolastici distinguono: a) il tempo (definito da Aristotile: misura del movimento secondo un prima e un poi), che importa mutazione anche sostanziale delle cose; b) l\’evo, proprio degli enti spirituali (Angeli, Anime) che importa un principio, ma non una fine, e non ammette che una mutazione accidentale; c) l\’eternità che esclude ogni termine ed ogni cambiamento o successione. E\’ verità di fede che salo Dio è propriamente eterno (vedi documentazione alla v. immutabilità). Ci sono creature immortali, come l\’anima umana e l\’Angelo (v. queste voci) che hanno principio, ma per la loro naturale semplicità non tendono a perire; non sarebbe assurda, secondo S. Tommaso l\’ipotesi di un mondo eterno, creato tale e conservato da Dio; ma nessuna creatura può essere eterna in senso assoluto, cioè in modo da escludere non solo il principio e la fine, ma anche il mutamento e la successione, possedendo in atto tutta la sua perfezione. Solo a Dio compete l\’assoluta eternità, che Boezio definisce: «Interminabilis vitae tota simul et perfecta possessio» (perfetto e simultaneo possesso d\’una vita senza termini).
L\’eternità esclude e trascende il tempo e però in Dio non c\’è un passato e un futuro, ma un immutabile presente. Il problema del prima e del poi non ha senso in Dio, cui è sempre presente tutto il tempo nella sua successione, come tutti i punti successivi della circonferenza sono simultaneamente presenti al rispettivo centro. E\’ questa la presenzialità divina, uno degli elementi più importanti per la soluzione del problema della così detta prescienza di Dio.