"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". ESPERIENZA RELIGIOSA: in senso generico può definirsi il complesso delle impressioni psicologiche relative al nascere e allo svilupparsi della religione nella coscienza e nella vita dell\’uomo. Così intesa l\’esperienza religiosa non è altro che la religione intimamente vissuta e sentita nelle varie fasi del suo sviluppo in ogni soggetto religioso, e non ha nulla di eterodosso.
Ogni coscienza cristiana vive giorno per giorno il dramma della sua fede, dei suoi rapporti con Dio creduto e amato e attraverso l\’esercizio ascetico può arrivare, con l\’aiuto della grazia e dei carismi celesti, fino alla sfera della vita mistica (v. Mistica, Contemplazione), in cui l\’esperienza religiosa si manifesta intensa nei fenomeni che accompagnano l\’unione e il contatto con Dio (vedi Estasi).
Ma il termine esperienza religiosa negli ultimi tempi ha preso un significato specifico in alcune correnti di filosofia religiosa, come il Prammatismo e il Modernismo (v. queste voci), in aperto contrasto con la dottrina cattolica. L\’americano W. James è l\’autore e il divulgatore principale di tutta una complessa teoria intorno all\’esperienza religiosa (cfr. la sua op. Varieties of religions esperience, 1902). Egli studia il fatto religioso principalmente come un fenomeno psicologico individuale in cui il sentimento erompente dalla subcoscienza (v. queste voci) ha il predominio sulle funzioni dell\’intelligenza. Questa esperienza psicologica avrebbe per oggetto non propriamente un Dio personalmente distinto dall\’uomo, ma il divino, sentito vagamente, come qualche cosa che trascende l\’uomo ma è immanente in esso, verso cui. l\’anima ha sentimenti di amore o di timore, di confidenza filiale o di disperazione. di gioia o di tristezza. Ogni religione si riduce essenzialmente, secondo il James, a questa esperienza e quindi non esiste una religione più vera di un\’altra, essendo tutte un\’espressione di quel1a esperienza. Questa teoria ha le sue radici nel Luteranesimo (v. questa voce), che rinnegava la ragione e la fede come atto intellettivo per affermare la fede fiduciale e il sentimento; tendenza giustificata poi dal Kantismo (v. questa voce) con la svalutazione della ragione (Agnosticismo) e il ricorso alla volontà e alla fede per le certezze religiose. Alla teoria del James ha contribuito anche la teologia sentimentale dello Schleiermacher (+1834) discepolo di Kant, che fu seguito dal Ritschl (+1889), il quale, pur ammettendo il fatto storico della religione cristiana documentata dalla S. Scrittura, sottopone però al controllo (giudizio di valore) del sentimento o esperienza religiosa tutte le verità cristiane, compresa la divinità di Cristo. Di queste idee si fece divulgatore A. Sabatier (+1901); il Le Roy vi aggiunse il fascino della filosofia di Bergson. Il Modernismo ha adottato senza riserve questa corrente psicologica-immanentistica, compromettendo la sostanza della dottrina cattolica.
In realtà l\’esperienza religiosa sistematicamente elevata a criterio di conoscenza e di vita etico-religiosa apre la via a tutte le aberrazioni di cui è capace il sentimento cieco, individuale, non disciplinato dalla luce e dalla forza della ragione, e riduce la religione a un capriccio psicologico, rinnegando, insieme con la dignità dell\’intelletto, la personalità di Dio, il fatto storico della rivelazione e tutti i fatti esterni religiosi, che s\’impongono alla coscienza e non derivano da essa.
La Chiesa ha condannato questa tendenza rigettando il Luteranesimo (Conc. di Trento), il Molinosismo e il Modernismo (Encicl. «Pascendi»). Cfr. tutte queste voci.