Luisa Teresa de Montaignac de Chauvance, nacque il 14 maggio 1820 a Le Havre in Francia in una famiglia di nobili origini, imparentata con i reali di Francia e tra i suoi avi ci furono numerosi Crociati e il santo abate Amabile. L’8 settembre 1843 pronunciò il voto di consacrazione al Sacro Cuore. Seguì la famiglia che si era trasferita nel 1848 a Montluçon, dove diede vita a tante attività benefiche tra cui la “Pia Unione delle Oblate del Sacro Cuore”. Dopo il 1854 a 34 anni, fu colpita da una malattia grave alle gambe che la costrinse a stare più a letto che in piedi. Morì il 27 giugno 1885 a Montluçon a 65 anni. Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata beata il 4 novembre 1990.
Durante la sua vita questa beata fu un\’autentica innamorata del S. Cuore di Gesù. Ella nacque il 14-5-1820 a Le Hàvre-de-Gràce, nella diocesi di Rouen (Seine-Marittime, Francia), quinta dei sei figli che il barone Raimondo Amato de Montaignac de Chauvance, ebbe da Anna de Raffìn de la Raffinie d\’Hauterive. Il giorno dopo la nascita i suoi piissimi genitori la fecero battezzare privatamente con i nomi di Luisa e Felicita. Si trovava ancora nel seno materno quando fu adottata dalla piissima e ricchissima Maria Luisa Elisabetta di Montrichard, contessa di Raffìn, sua zia e madrina.
La piccina crebbe d\’ingegno vivace, di mente aperta e di cuore tenero verso Dio e il prossimo. In casa, per dire le sue orazioni, preferiva andarsi a nascondere perché riteneva che la sua naturale vivacità non potesse allearsi con la inferiore devozione. Un giorno i familiari, avendola persa di vista, la cercarono per ogni dove. Finirono con scoprirla chiusa in un armadio. Le chiesero: "Che cosa fai qui?". Costretta a dire la verità, rispose: "Dico le mie preghiere". "Ma perché ti nascondi per compiere una buona azione?". "Per non fare torto a Dio". Luisa dai genitori fu affidata con la sorella alle Fedeli Compagne di Gesù di Chàteauroux, nella diocesi di Bourges (Cher), che erano state fondate nel 1820 da un\’amica di famiglia, la Ven. Maria Maddalena di Bengy (+1858).
In quel collegio trascorse un anno, ma non si trovò a suo agio per mancanza di affetto. A Natale, durante la Messa di mezzanotte, lo Spirito Santo le fece provare per la prima volta un vivissimo palpito di amore per Gesù bambino. Ne rimase tanto penetrata, confidò, che cominciò ad amarlo, a pregarlo, a chiamarlo in suo aiuto ogni volta che si sentiva oppressa dal timore. La mamma, malata, non potendo occuparsi della figlia che cresceva piccola e minuta, alla fine delle vacanze la collocò a Parigi nel collegio detto "des Oiseaux", tenuto dalle religiose della Congregazione di Nostra Signora, fondate da S. Pietro Fourier (+1640). Anche là non le mancarono le contrarietà dovute alla vivacità del suo temperamento. Vi rimediava confidando a lungo le sue pene alla SS. Vergine, e coltivando la devozione al S. Cuore di Gesù che costituirà la caratteristica di tutta la sua vita.
Due anni dopo, gli zii materni vollero che Luigia fissasse la sua residenza all\’aria aperta di Chaumont, presso Nevers (Nièvre), in casa della sua madrina. Costei, non avendo figli, preparò con cura la nipote alla prima comunione (6-6-1833). Da quel giorno alla beata parve "di essere rimasta sempre sotto l\’azione divina". Difatti divenne repentinamente tanto raccolta e seria che la famiglia ne attribuì la causa a una malattia. La zia, invece, che ne seguiva la maturazione, ritenne opportuno affidarla alla direzione di Mons. Giovanni Giuseppe Gaume (+1879), vicario generale della diocesi, professore di dogmatica nel seminario e scrittore, e farle impartire da professori privati, conforme al suo rango, lezioni di lettere e di storia, di pittura e di canto. Sotto la sua guida imparò anche a governare la casa, a servire l\’iracondo zio materno e a visitare i malati.
Non potendo Luisa di giorno attendere alla preghiera come voleva a motivo dello studio e del lavoro, vi suppliva di notte sottraendo un po\’ di tempo al sonno. Attestò: "L\’amore di Nostro Signore esercitava su di me una tale violenza da essere costretta a rifugiarmi nella mia camera. Il peso di Dio mi schiacciava… Appena ne chiudevo la porta, scompariva tutto. Non restava più che Dio ed il mio io". Con tali desideri nell\’anima, malgrado le istanze dei parenti, rifuggiva dal vestire con eleganza e dall\’indossare vesti scollate. Confiderà più tardi alle sue religiose: "Al riguardo ero come una iena". Per convenienza sociale il suo confessore, Don Gaume, voleva che ogni tanto prendesse parte a feste e a danze familiari insieme con la sorella. Vi si lasciava condurre come un povero agnello al mattatoio, e vi rimaneva raccolta come quando si trovava in chiesa sentendosi dominata dalla grazia.
Crescendo orientata verso la vita di perfezione, invece di fidanzarsi, nel 1837 la beata andò a trascorrere Pestate a Parigi, nel collegio "des Oiseaux", approfondì la sua devozione al S. Cuore di Gesù e, con il permesso di Don Gaume, a 17 anni a mezzo di età emise il voto di castità prima temporaneo, e poi perpetuo. Dopo di allora fece più sovente la comunione.
La zia, frattanto, preoccupata della decadenza dei costumi nella società francese, con il sostegno dei Gesuiti P. Pietro Ronsin (+1846) e P. Giuliano Druileth (+1845), nel 1841 si era proposta di fondare un\’Associazione con lo scopo di diffondere la devozione al S. Cuore e con l\’intento di accogliere nelle sue file persone viventi nelle loro famiglie, sposate o no, disposte a organizzare opere di apostolato in favore del prossimo.
Due anni dopo, parlandone alla nipote, le chiese a bruciapelo: "Se Nostro Signore ti dicesse: "Accetteresti di essere messa in croce e di non discenderne che dopo la morte?\’". Le rispose la nipote: "Sì, con tutto il mio cuore". E propose di lavorare con tutte le sue forze per la diffusione della devozione al S. Cuore l\’8-9-1843 nella cappella del collegio "des Oiseaux", dietro l\’altare, con la fronte appoggiata al tabernacolo. Per essa quello fu l\’atto decisivo che determinò il suo avvenire.
In seguito confesserà: "Il voto al S. Cuore ha fatto la mia vita, ha fatto la Pia Unione; ha rappresentato per me il segreto di tutte le grazie e di tutte le gioie". Poiché S. Giuseppe, allora come adesso, era considerato il modello della vita nascosta in Dio, l\’Associazione progettata venne posta sotto la sua protezione. La morte improvvisa della contessa di Raffin (+1845), però, arrestò ogni cosa. La beata, molto timida, oppressa dal dolore, si ritenne incapace di realizzare l\’opera appena abbozzata. Attratta dalla grande devozione che provava per S. Teresa d\’Avila, avrebbe preferito farsi carmelitana. Don Gaume la dissuase da quel proposito dicendole: "Il Carmelo sarebbe per te il riposo. Ora tu hai una missione da compiere: fondare una delle più grandi opere del secolo per la gloria di Dio".
Per attuare il disegno della zia, la beata dovette superare due serie difficoltà: da una parte le occorse imporsi di fronte a Don Luigi de Cossigny, vicario generale di Nevers, il quale, poiché dalla contessa di Raffin era stato scelto quale direttore dell\’Associazione di S. Giuseppe, non intendeva lasciare gli scritti che la riguardavano e voleva portare avanti l\’opera da solo; dall\’altra ella dovette sostenere un processo intentato contro di lei dal fratello e dalla madre della contessa de Raffìn per l\’eredità ricevuta a sostegno dell\’Associazione. In ambedue i casi Luisa riuscì a far valere le sue ragioni.
Dopo la caduta nel 1848 di Filippo Luigi Egalité, che portò alla presidenza della seconda repubblica francese Carlo Luigi Napoleone, la beata lasciò Parigi e si stabilì con i suoi familiari prima a Estivareilles e poi a Montlucon, nella diocesi di Moulins (Allier). Qui fu nominata direttrice della locale Associazione delle Figlie di Maria, e sostenne il peso principale del lavoro quando esse si diedero alla cura degli orfani, all\’arredamento delle chiese povere, all\’istruzione delle fanciulle delle famiglie più indigenti. In quel tempo per sette anni fu costretta a restare sovente a letto a causa di reumatismi e di una artrite acuta alle ginocchia da cui non guarì più completamente. Sopportò la prova senza un lamento, pienamente conformata alla volontà di Dio. Eppure talora aveva la lingua, la gola e lo stomaco talmente infiammati da potere appena sopportare un po\’ di cibo, e da essere costretta a inumettare sovente le labbra a causa della interna infiammazione. La sua vita, secondo i medici, fu un perpetuo martirio.
Ciò nonostante, la beata coltivò sempre il desiderio di realizzare il progetto apostolico della zia. Luisa vide nella fondazione delle Suore dell\’Adorazione Perpetua, effettuata a Parigi nel 1848 da Maria Teresa Dubouché (+1863), la possibilità di arrivare in porto. Dell\’Istituto facevano parte le religiose che vivevano in comune con i tre voti, le religiose che vivevano nelle loro famiglie con i soli voti di castità e di obbedienza, e le famiglie associate. Nel 1854 la beata chiese alla Dubouché di poter costituire a Montlucon una "aggregazione" del suo Istituto. Con l\’appoggio di Mons. Pietro de Dreux-Brézé, ordinario di Moulins, l\’iniziativa sembrò avviata verso il successo. Quando, però, Luisa propose alla Dubouché di costituire un Terz\’Ordine dell\’Adorazione riparatrice con opere caritative, sorsero delle difficoltà. La Dubouché, tesa verso l\’ideale della riparazione, le ritenne incompatibili , motivo per cui Luisa fu costretta a riprendere la sua strada da sola.
Senza perdersi di coraggio, ma anche considerandosi sempre la persona meno adatta a realizzare il progetto della zia, verso il 1858 la beata conobbe il P. Francesco Gautrelet (+1886), fondatore in Francia dell\’Apostolato della Preghiera, e che sarà suo consigliere per il resto dei suoi anni. Egli le presentò la Società del S. Cuore, fondata da S. Maddalena Sofia Barat (+1865), come l\’istituzione migliore per l\’attuazione del suo progetto. Nel 1861 si giunse alla costituzione di un Terz\’Ordine, alle cui costituzioni lavorarono prima il P. Gautrelet e poi il suo successore nella guida dell\’Apostolato della Preghiera, il P. Enrico Ramière (+1884). Il Terz\’Ordine non era una congregazione religiosa, né una semplice associazione, ma aveva un proprio regolamento. Poiché il legame con la Società del S. Cuore non riusciva chiaro, il consiglio generale della Barat ritenne opportuno respingere il progetto. Luisa allora si unì immediatamente ai Missionari del S. Cuore, che nel 1855 erano stati fondati a Issoudun dal P. Giulio Chevalier (+1907). Poiché v\’era in comune la devozione al S. Cuore e poiché i Missionari da parte loro desideravano costituire un Terz\’Ordine, si giunse facilmente all\’atto di unione, sancito nel 1865. Furono preparate nuove regole, la beata emise i voti con il nome di Madre Luisa Teresa e fu nominata superiora generale del Terz\’Ordine, che prese un notevole sviluppo. Anche in questo caso, però, sorsero delle difficoltà: il Terz\’Ordine, legato ai Missionari del S. Cuore, in pratica subiva maggiormente l\’influsso dei Gesuiti; la dipendenza da un Istituto maschile era considerata problematica, e il nome stesso di Terz\’Ordine non sembrava rispondere al fine dell\’opera. Nel 1874 si arrivò così a una nuova separazione. Su consiglio dei Padri Gautrelet e Ramière, Madre Luisa Teresa diede vita nel marzo del 1874 alla Pia Unione delle Oblate del S. Cuore.
Accettando un suggerimento del P. Ramière, la Pia Unione entrò a far parte ufficialmente dell\’Apostolato della Preghiera, pur restando autonoma. Il nuovo Istituto, di diritto diocesano, era diviso in due gruppi: le oblate, praticamente le professe, che potevano vivere in comune, e le zelatrici. Esso aveva come scopo le opere di carità conformi alle necessità locali. Questa struttura piuttosto elastica, che permetteva anche alle donne sposate di aggregarsi all\’Istituto, permise un notevole sviluppo dell\’opera, specialmente a Paray-le-Monial, culla della devozione al S. Cuore. Tra le iniziative assunte in questo periodo si segnala quella dei "Piccoli Samueli", una specie di pre-seminario per preparare i ragazzi ad abbracciare o la vita sacerdotale o la vita religiosa.
Grazie all\’influsso del P. Ramière e alla diffusione dell\’Apostolato della Preghiera, si ebbe a Napoli, sin dal 1867, l\’istituzione del Terz\’ordine di Madre Luisa Teresa, a opera della Ven. Caterina Volpicelli (+1894), con l\’approvazione dell\’Ordinario del luogo, il Card. Sisto Riario Sforza (+1877). A causa, però, di concezioni pastorali diverse, e poiché l\’influsso francese a Napoli era mal visto, nel 1874 le seguaci della Volpicelli si resero autonome dando vita alle Ancelle del S. Cuore. Altre difficoltà sorsero quando la beata, costatando gli inconvenienti della decentralizzazione del suo Istituto, volle che la superiora generale avesse poteri più ampi. Il P. Ramière si oppose costantemente a questa iniziativa, non accettò le decisioni del capitolo del 1880 e ruppe le relazioni con Madre Luisa Teresa.
La Pia Unione delle Oblate andava così assumendo una fisionomia autonoma. Dati i mutamenti, nel 1883 vennero pubblicate nuove regole. L\’Istituto risultava formato da tre categorie di membri: 1) le oblate professe, riunite in comunità e impegnate con i voti di perseveranza e obbedienza; 2) le oblate di riunione, le più numerose, che vivevano nel mondo senza altri legami al di fuori di una promessa di povertà e obbedienza; 3) le oblate aggregate le quali, non potendo avere né voti, né promesse, si impegnavano con qualche particolare osservanza. Le ultime due categorie dovevano costituire la forza di propagazione e di sostegno delle opere di carità. Tuttavia, quando l\’Istituto venne approvato dalla S. Sede (16-5-1888), soltanto le oblate professe furono riconosciute membri dell\’Istituto con lo scopo di darsi a quelle forme di apostolato che le necessità locali richiedevano.
Un giorno il P. Gautrelet chiese alla beata dove aveva attinto tanta fiducia nella sua missione. Gli rispose: "Nella mia vita ho sempre ubbidito, ho sempre patito sofferenze fisiche e morali, e ho sempre avuto da Dio soprattutto la grazia corroborante che mi radicò nella speranza". Per l\’avvenire della sua istituzione faceva affidamento sulla Provvidenza, ma non trascurava per questo nessuno dei mezzi umani. Ella ha lavorato senza interruzione e si è riposata cambiando semplicemente occupazione. Benché la malattia non le permettesse di andare e venire per casa, trovava mille diverse maniere per non starsene con le mani in mano.
In vita Madre Luisa Teresa si comportò sempre con molta discrezione, grande semplicità e straordinaria lealtà, sapeva formulare delle persone e delle cose giudizi nettissimi e giustissimi. Per questo dava l\’impressione di amare il comando. Difatti, fino all\’ultimo respiro, ha voluto adempiere il suo dovere di superiora e di madre mediante l\’aiuto di persone di sua fiducia. Le religiose le volevano bene, anche se le correggeva con una certa vivacità, perché non si esentava dall\’osservanza delle regole neppure a motivo della sua precaria salute, e prima di prendere una decisione pregava sempre molto per non agire contro la volontà del Signore. Quando incontrava difficoltà nello stabilimento della congregazione ne attribuiva a sé la colpa. Diceva: "La miseria ed io non formano che un cosa sola; ma quanto più si è miserabili, tanto più si esercita la misericordia di Dio".
Nelle conferenze che faceva alle sue Oblate del Cuore di Gesù insisteva molto sull\’esercizio della presenza di Dio e sulla pratica delle virtù teologali. Diceva loro: "Viviamo di fede; ella è un dono per eccellenza mediante il quale l\’amore divino nasce naturalmente nel cuore dell\’uomo". "Immergetevi nel Cuore di Gesù, oceano di carità, e uscitene per manifestare al prossimo la presenza di questo spirito di amore in voi". "L\’amor del prossimo, frutto necessario dell\’amor divino, mi pare un sentimento così dolce e così naturale, che vorrei praticarlo in modo costante, generoso, chiaro, umile e devoto". Il 31-3-1885 Madre Luisa Teresa fu operata di un tumore al ginocchio.
Invece di lamentarsi dei dolori che pativa, se ne rallegrava perché poteva offrirli a Dio nella settimana santa in riparazione dei peccati commessi da coloro che non si sarebbero accostati ai sacramenti. E supplicava le consorelle dicendo: "Chiedete per me l\’amore della croce, perché la croce senza l\’amore è troppo pesante. Io volevo tanto amare ciò che Dio vuole, e noto che ora sono spinta a detestarlo". L\’artrosi acuta al ginocchio si trasformò in tumore bianco, e le provocò la generale decomposizione del sangue. Questo tumore si diffuse in tutti gli organi del suo corpo, in modo speciale nello stomaco, cosicché le rese impossibile qualsiasi nutrizione e le cagionò dolori insopportabili.
La morente il 27 giugno, all\’una del pomeriggio, esclamò in preda a un\’angoscia mortale: "Oh, quanto soffro!" Alle due sospirò: "Oh, Gesù delizie! delizie! delizie!". Il P. Gautrelet, che l\’assisteva, le impartì ancora una volta l\’assoluzione e disse: "Gesù!". L\’inferma rispose: "Mio tutto!". Poco dopo morì. Per rispettarne la volontà il P. Gautrelet, prima del De Profundis, recitò con le suore presenti il Te Deum in ringraziamento dei benefìci che la fondatrice aveva ricevuto dal cielo.
Ai funerali della defunta partecipò una grande folla. Fu sepolta nel cimitero cittadino, ma cinque anni dopo la sua salma fu traslata nella cappella dell\’Istituto. Nel 1919 ne fu fatta la ricognizione e trovata intatta. Giovanni Paolo II riconobbe l\’eroicità delle virtù della fondatrice il 28-3-1989 e la beatificò il 4-11-1990.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 291-297
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