18. Gesù è chiamato Emmanuele.
19. Gesù Cristo paragonato alla rugiada.
20. Gesù Cristo paragonato ad una perla.
21. Gesù Cristo paragonato alla vite.
22. Gesù Cristo è l\’albero della vita.
23. Gesù Cristo paragonato all\’aurora.
24. Divinità di Gesù Cristo provata dalle figure.
25. Divinità di Gesù Cristo provata dalle predizioni dei profeti.
18. GESÙ È CHIAMATO EMMANUELE. – «Una vergine concepirà, aveva predetto Isaia, e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele» (ISAI. VII, 14), che vuol dire, Dio con noi, Dio è a noi, Dio ci appartiene.
Dunque l\’Emmanuele è Dio con noi, è il Dio forte che combatterà e vincerà il demonio, il mondo, il peccato, la carne ed ogni nemico. L\’Emmanuele è l\’Ammirabile, il Consigliere, il Dio, il potente, il padre del futuro secolo, il Principe della pace; l\’Angelo del gran consiglio, dice Isaia (IX, 6). L\’Emmanuele è il Signore altissimo e infinitamente degno di lode, che, si fa piccolo per noi ed infinitamente amabile, L\’Emmanuele è il nostro Dio, che ha preparata la terra fin dall\’eternità; che spedisce la luce, ed essa va: che la richiama, ed essa obbedisce tremando, dice Baruch. È il Dio che ha collocato le stelle, ciascuna al proprio luogo, che spandono il loro chiarore danzando festose; al suo nome, esse risposero: eccoci; e servono con gioia a lui che le ha create. È lui il nostro Dio, e nessun altro sarà dinanzi a lui. «Dopo ciò, dice il profeta, egli fu visto su la terra, e conversò cogli uomini» (BARUCH III, 38). L\’Emmanuele è Gesù Cristo, nostra redenzione, nostro desiderio, nostro amore, il Dio creatore di tutte le cose fatto uomo… L\’Emmanuele è il bambino di Betlemme, che adagiato in un presepio regna al tempo stesso in cielo… L\’Emmanuele è il Verbo incarnato; è la parola di vita che esistette fin dal principio, dice S. Giovanni, e che noi abbiamo udito con le nostre orecchie, veduto coi nostri occhi, toccato con le nostre mani (I IOANN. I, 1). L\’Emmanuele, dice S. Paolo, è il gran mistero della pietà; Dio manifestato nella carne, giustificato nello spirito, scoperto agli angeli, annunziato alle genti, creduto nel mondo, elevato alla gloria (I Tim. III, 16). L\’Emmanuele è Elohim abitante con noi; è Jehovah divenuto nostro fratello, nostro maestro, nostro amico, nostra guida, nostro medico, nostro sposo, nostra salvezza per l\’eternità.
Chi non amerà dunque, o figli di Adamo, questo gran Dio? Deh! amate, abbracciate, adorate il figlio di Maria, assaggiate le dolcezze del vostro Emmanuele, di questo Uomo-Dio, di questo Dio-Uomo, bellissimo tra tutti i figli degli uomini. Gesù Cristo è l\’Emmanuele, Dio con noi: 1° realmente e corporalmente nel presepio e su la croce…; 2° nell\’augusto Sacramento dell\’altare…; 3° per mezzo della sua provvidenza, del suo governo, del suo amore…; 4° per mezzo dei suoi rappresentanti, il Papa, i vescovi, i sacerdoti…; 5° per il santo Vangelo, per la croce…; 6° per il suo aiuto, la sua grazia, i suoi lumi, le sue consolazioni, la sua forza e protezione…
19. GESÙ CRISTO PARAGONATO ALLA RUGIADA. – «Stillate, o cieli, la vostra rugiada» (ISAI. XLV, 8), disse Isaia, sospirando Gesù, con graziosissima figura, ed eccone i tratti di somiglianza: 1° Ignota è l\’origine della rugiada, celata e misteriosa è l\’incarnazione del Verbo… 2° La rugiada nella sua qualità di puro e sublime vapore, che si risolve in acqua, è espressivo simbolo della verginità di Maria… 3° La rugiada tempera i grandi calori; rende pura e fresca l\’atmosfera; alleggerisce e dilata la respirazione negli esseri viventi; Gesù Cristo spegne in noi le arsure della concupiscenza, e ci fa respirare la pura atmosfera della grazia… 4° La rugiada partecipa della terra e del cielo, al quale risale fatta vapore; Gesù Cristo ha in sé la natura umana, ma insieme la divina, e rende divini e celesti i suoi fedeli servi. «Il primo uomo, scrive S. Paolo, formato di terra, è terreno; il secondo uomo, venuto dal cielo, è celeste. Come dunque abbiamo portato l\’immagine dell\’uomo terreno, portiamo altresì l\’impronta dell\’uomo celeste» (I Cor. XV, 47-49). 5° La rugiada si posa come benefico succo su le semenze, sui germogli, sulle piante, sui fiori, e li feconda, li vivifica, li nutrisce: similmente Gesù, con la rugiada della sua grazia, feconda, vivifica e rende fertile il mondo, gli infonde nelle vene il succo, che fa produrre dei santi, dei confessori, delle vergini, dei dottori, dei martiri, dei vescovi, dei missionari, dei religiosi, delle spose caste, delle vedove continenti; ed in ogni stato, in ogni vocazione, in ambo i sessi spande a profusione i doni, i favori, i benefizi suoi… 6° La rugiada ricorda la manna, cibo soave e dolce e Gesù Cristo si dà a noi in Cibo nella santa Eucaristia, e come rimedio ai mali dell\’anima; egli è quella manna, quel pane disceso dal cielo, quella vivanda degli angeli, che al dire della Sapienza, contiene in sé tutti i sapori (Sap. XVI, 20). E per virtù di questa manna celeste, di questo sacro pane, non solamente noi viviamo e resistiamo alle tentazioni del mondo, del demonio, della carne, ma ci assicuriamo inoltre la vita di gloria nel cielo e risusciteremo. beati per l\’eternità… 7° La rugiada ha una certa somiglianza col diamante; l\’umanità di Gesù Cristo è un vero diamante divino, che forma l\’anello dell\’alleanza del Verbo con la sua Chiesa, con l\’anima fedele…
20. GESÙ CRISTO PARAGONATO AD UNA PERLA. – La perla, o pietra preziosa, di cui parla S. Matteo (XIII, 45), è Gesù Cristo. Questa perla, piccola per umiltà, è infinitamente preziosa per il valore. Portiamo questa perla, portiamola per corona e per ornamento. Risplenda su la nostra fronte per la fede e per il disprezzo del rispetto umano; appendiamocela alle orecchie per l\’obbedienza a Dio, alla Chiesa, ai superiori; fregiamocene il collo e il petto per la carità, le braccia per l\’esercizio delle buone opere; mettiamocela nel dito, come anello, per la fedeltà, la purezza, la prudenza; cingiamocene come cintura per la castità; orniamone le nostre vesti per la modestia.
21. GESÙ CRISTO PARAGONATO ALLA VITE. – «Io sono la vera vite», disse Gesù Cristo di se medesimo (IOANN. XV, 1). Ora perché Gesù si paragona piuttosto alla vite che non ad altra pianta? 1° per l\’abbondanza dei frutti; 2° per la dolcezza dei medesimi; 3° a cagion del vino…; 4° per la diramazione dei tralci…; 5° il tralcio della vite si piega e si abbassa..:; 6° si maneggia a volontà…; 7° il frutto è messo sotto il torchio. Ora, Gesù Cristo produce i più dolci frutti; è vino che fa germogliare i vergini (ZACH. IX, 17); estende i suoi benefizi a tutti i secoli e in tutti i luoghi; si abbassa fino a noi e compatisce ogni nostra miseria; si è fatto pieghevole fino alla croce; spande dappertutto il delizioso olezzo dei suoi esempi, della sua celeste morale; fu sottoposto al torchio nella sua passione…
«Come il tralcio non produce frutti se non è unito alla vite, così voi, diceva Gesù Cristo agli Apostoli, non produrrete nessun frutto se non starete uniti a me. Io sono la vite, e voi i tralci. Chi è unito con me, e io con lui, questi darà molto frutto: senza di me, voi non potete fare nulla. Chi non sta con me, sarà gettato via come sermento stralciato e seccherà per essere bruciato» (IOANN. XV, 4-6). Con queste parole il Salvatore ci insegna tre cose: 1° con lui possiamo tutto. 2° Per lui abbiamo la grazia e la gloria eterna. 3° Fuori di lui non serviamo a nulla. «Senza Gesù Cristo, dice S. Gerolamo la nostra vita è interamente perduta (Lib. sup. Ioann.)». A quel modo che il sermento trae la vita, il succo e il frutto dalla vite, così il cristiano trae da Gesù Cristo, che è il ceppo, la vita, le buone opere, la salute… «Il tralcio staccato dalla vite non è più buono a nulla, osserva S. Agostino; o se ne sta unito al ceppo, o è gettato ad ardere; se non è con la vite, sarà nel fuoco (Tract. LXXXI, in Ioann.)».
22. GESÙ CRISTO È L\’ALBERO DELLA VITA. – Gesù Cristo è il vero albero della vita, trapiantato, per mezzo dell\’incarnazione, dal paradiso in terra: di qui poi trasportato di nuovo in cielo, dà alle anime elette la sua visione, il suo possesso, la vita immortale, la gloria, riempiendole del continuo di soavi desideri e saziandole per l\’eternità… Gesù Cristo, dice S. Dionigi, è detto l\’albero della vita, perché nutrisce in vari modi e abbondantemente i suoi fedeli, fino a tanto che passino dalla vita della grazia alla vita della gloria. Questo cibo è il pane delle lagrime, delle croci, delle, buone opere, i doni della grazia, i conforti della virtù, la speranza del cielo; questo cibo è il pane eucaristico (In Evang. Ioann.). Chi sinceramente e fortemente si abbraccia a Gesù Cristo, sente venire in sé, da quest\’albero della vita, la vita incorruttibile..
23. GESÙ CRISTO PARAGONATO ALL\’AURORA. – «La venuta di lui è preparata come quella dell\’aurora» (OSE, VI, 3), profetava Osea accennando alla nascita di Gesù Cristo, il quale avrebbe dissipato le tenebre dell\’ignoranza e del peccato e rischiarato l\’umanità con la luce della sua dottrina e della sua santa vita. E a buon diritto egli è paragonato all\’aurora, e come Dio e come uomo. 1° Come l\’aurora è la prima luce del giorno, così il primo atto di Dio Padre è la generazione eterna di suo Figlio; per quest\’aurora s\’intende adunque la sua eternità, secondo le parole del Salmista: «Io ti ho generato dal mio seno prima dell\’aurora» (CIX, 4); così, il primo atto della nostra redenzione fu la generazione umana e l\’incarnazione del Verbo. 2° L\’aurora è una mezza luce che va crescendo; Gesù Bambino cresce in età, in sapienza, in grazia dinanzi a Dio ed agli uomini. Gesù cresceva, non interiormente, ma esteriormente, per la sua età, la fama, i miracoli, ecc.; interiormente egli era perfetto fin dal primo istante della sua incarnazione… 3° La luce dell\’aurora è purissima, deliziosa e cara agli uomini stanchi delle fitte tenebre di una lunga notte; similmente la venuta di Gesù riuscì preziosissima e fortunatissima per i mortali sepolti da quattro mila anni nelle ombre e nella caliginosa notte della morte.
24. DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO PROVATA DALLE FIGURE. – Le vittime dell\’antica legge raffiguravano Gesù Cristo che è la vittima della nuova alleanza: vera vittima che fa scomparire tutte le altre le quali non erano che un\’ombra. Il bue denotava la forza di Gesù Cristo; la pecora ne rappresentava l\’innocenza; il capro ne figurava la forma di peccatore; la colomba il candore, la dolcezza, la sua intima unione con Dio…
Davide che colpisce e atterra Golia è figura di Gesù Cristo che sconfigge e prostra il demonio, l\’inferno…
«Io sono come un mansueto agnello condotto al macello» (IEREM. XI, 19), disse di se medesimo que1 Gesù che già dall\’origine del mondo era stato figurato come agnello immolato: 1° nel sacrifizio di Abele; 2° nel capro che Abramo immolò in sostituzione d\’Isacco…; 3° nell\’Agnello pasquale che doveva, essere senza macchia. « La nostra pasqua, diceva l\’Apostolo, è il Cristo immolato per noi» (I Cor. V, 7). «L\’Agnello ha redento le pecore, canta la Chiesa nella Sequenza pasquale; Gesù Cristo innocente ha riconciliato col Padre i peccatori (Sequent. Victimae)». 4° Gesù Cristo era rappresentato nel sacrifizio perpetuo…
Figura del Cristo era anche il velo del tempio; come questo stava dinanzi al Santo dei Santi e lo celava, così l\’umanità di Gesù Cristo nascondeva la sua divinità. Per la carne di Gesù Cristo il cielo è stato aperto, come sollevando il velo si vedeva il Santo dei Santi. Il velo del tempio fu squarciato alla morte di Gesù; e per la morte di lui, per la sua carne lacerata, ci fu dato il cielo.
Gesù Cristo, vero pane disceso dal cielo, vera arca dell\’alleanza, adempì tutte le figure; quindi al comparire di lui tutte le figure disparvero.
Anche tutti i più eccellenti personaggi dell\’antica legge erano figura del Messia: Abele, Enoch, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Giosuè, Sansone, Davide, Salomone, Elia, ecc…
25. DIVINITÀ DI GESÙ CRISTO PROVATA DALLE PREDIZIONI DEI PROFETI. Tutte le profezie trovano la spiegazione e l\’adempimento in Gesù Cristo; egli è quindi il vero Messia promesso e il Figlio di Dio.
«Non sarà tolto lo scettro da Giuda, né mancherà principe della sua stirpe; fino al giorno in cui venga colui che dev\’essere inviato, e che sarà l\’aspettato delle genti» (Gen. XLIX, 10). Lo scettro, ossia la potestà del comando, rimase infatti nella casa di Giuda fino intorno ai tempi di Gesù Cristo; quando egli apparve, regnavano su la nazione ebrea principi stranieri: né mai più d\’allora in poi la casa d\’Israele ebbe principi e duci propri che la reggessero…
Baruch aveva predetto l\’incarnazione del Verbo dove, dopo di aver enumerato gli atti della grandezza e della potenza di Dio a pro del popolo giudeo dice: «Dopo ciò fu veduto su la terra ed abitò con gli uomini (BARUCH III, 38).
Il Messia doveva essere giudeo e della stirpe di David. Tutta la Scrittura ribocca delle promesse fatte da Dio a David, a Giacobbe, ad Isacco, ad Abramo; e Gesù Cristo viene in ogni incontro chiamato figliuolo di David…
Isaia aveva predetto che il Messia, l\’Uomo-Dio, sarebbe nato da una vergine (VII, 14). Ora, fra i nati di donna Gesù Cristo solo nacque da una vergine…
Secondo Michea, il Messia doveva nascere a Betlemme. (MICH. V, 2). Di questa profezia erano ben istruiti i principi dei sacerdoti, e ad essa appunto si riferirono quando, interrogati da Erode dove sarebbe nato il Cristo, per dare risposta ai Magi, risposero: «a Betlemme di Giuda, poiché così sta scritto nella profezia» (MATTH. II, 5-6). Ora la storia e la tradizione constata che Gesù Cristo nacque il 25 dicembre a Betlemme, in un presepio, dalla Vergine Maria:. Là i Magi lo trovarono e lo adorarono.
Davide predisse che gli abitanti del deserto, i re delle isole e di lontane contrade sarebbero andati a prostrarsi ai piedi del Messia, lo avrebbero adorato, e gli avrebbero offerto preziosi doni (Psalm. LXXI, 9-10). La festa dell\’Epifania è monumento perenne del compimento di questa profezia.
Isaia aveva detto, prevedendo la fuga di Gesù in Egitto: «Ecco che il Signore, portato su di leggera nube, entrerà in Egitto, e al suo apparire gli idoli dell\’Egitto traballeranno» (XIX, 1). Ora queste parole hanno il loro esatto riscontro e adempimento in quelle di S. Matteo: «L\’angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: Lèvati, prendi il bambino e fa madre sua, e fuggì in Egitto, e fèrcati colà fintantochè io te ne dia avviso; perché avverrà che Erode lo cerchi per metterlo a morte. Ed egli svegliatosi prese il bambino e la madre di notte tempo, e si ritirò in Egitto» (II, 13-14).
Troviamo in Geremia casi accennata la strage degli innocenti: «Una voce ha rimbombato, voce di pianto, di lutto, di angoscia, ed è la voce di Rachele che piange inconsolabilmente i suoi pargoli, perché più non sono» (XXXI, 15). Ora il Vangelo di S. Matteo riferendosi appunto a questa profezia, dice: «che Erode, vedendosi deluso dai Magi, si adirò fortemente, e manda a uccidere tutti i fanciulli che erano in Betlemme, e in tutti i suoi confini, dall\’età di due anni in giù» (II, 16).
Malachia aveva annunziato che Dio spedirebbe un angelo a preparare la strada al Messia, e che poco dopo la comparsa di quest\’angelo, venuto sarebbe nel suo tempio il Dominatore che gli Ebrei stavano aspettando, l\’angelo del testamento ch’essi sospiravano (III, 1). Questo angelo promesso da Dio come precursore del Messia, si vede chiaro e spiccato nel Battista, il quale attestava di sé che era «Voce di chi grida nel deserto: Preparate la strada al Signore» (LUC. III, 4). E si noti che Malachia, il quale annunzia prossima la venuta del Messia, è infatti l\’ultimo dei profeti.
«Mandate, o Signore, pregava Isaia, l\’Agnello dominatore della terra» (XVI, 1). E S. Giovanni Battista addita questo Agnello quando esclama: «Ecco l\’Agnello di Dio» (IOANN. II, 29),
Il medesimo profeta Isaia così diceva: «Ecco il vostro Dio: egli verrà proprio in persona e vi salverà. Allora si apriranno gli occhi ai ciechi, e le orecchie ai sordi: lo zoppo correrà come un cervo e si snoderà la lingua ai muti» (XXXV, 4-6). Quando mai e da chi si videro operati tali prodigi, se non da Gesù Cristo? E che altro è la vita di Gesù, narrata nei santi Vangeli, se non una continua sequela di miracoli, una potente dimostrazione dell’avveramento di questa profezia? Basta ricordare la risposta data dal Salvatore all\’ambasciata mandatagli dal Battista, mentre era prigioniero di Erode (LUC. VII, 19-22), per esserne del tutto convinti.
«Io manderò, aveva detto Iddio per bocca di Geremia, molti pescatori, i quali pescheranno gli uomini» (XVI, 16), Ora Gesù, dopo di aver eletto per suoi apostoli dei pescatori, dice loro: «Venite dietro di me ed io vi farò pescatori di uomini » (MATTH. IV, 19). E i dodici pescatori prendono il mondo intero, lo traggono fuori dall\’oceano dell\’errore, del delitto, dell\’idolatria, e lo gittano nel mare della verità, della virtù, della grazia, della gloria!…
«Rallegrati e godi, o figlia di Sion, esclama Zaccaria; perché, ecco che il tuo re viene a te, giusto e salvatore; egli sarà povero, quindi verrà cavalcando un\’asina e il suo puledro» (IX, 9). Ora chi non vede avverata questa predizione nell\’ingresso trionfale di Gesù Cristo in Gerusalemme, narratoci dal Vangelo, e ricordatoci dalla Chiesa nella domenica delle palme?
«Il Signore mi ha chiamato innanzi alla mia nascita, aveva detto Gesù in persona d\’Isaia; egli ha manifestato il mio nome prima che uscissi dall’utero di mia madre» (XLIX, I), Orbene, adempì questa parola l\’angelo che disse a Giuseppe: Maria, tua sposa, partorirà un figlio, cui porrai nome Gesù (MATTH, I, 21).
L\’angelo Gabriele appare a Daniele, e chiaramente gli notifica, anzi fissa l\’epoca della venuta di Colui ch\’egli chiama il Santo dei Santi, il Cristo-re; determina ancora il tempo della morte di questo Cristo-re, e gli significa che il popolo giudeo sarà rigettato (DAN. IX, 24-26). Tutto fu compito alla lettera, al tempo di Gesù e da Gesù.
Michea proclama le beneficenze e le grandezze di Gesù Cristo, la sua fama, la conversione dei gentili: «Colui che ha da venire, egli dice, starà fermo ed incrollabile, e condurrà il suo gregge con la forza di Jehovah, con la gloria del nome di Jehovah suo Dio; i popoli a lui si convertiranno, perché la sua gloria risplenderà fino agli ultimi confini del mondo. Ed egli sarà la pace» (V, 4-5). Diciannove secoli affermano il compimento di questa profezia…
Quello che è stato rivelato si adempirà a suo tempo, diceva Abacuc, l\’ora ne è ancora lontana, ma non v\’ingannerà. Se tarda a comparire, aspettalo che verrà sicuramente, e non differirà per sempre (II, 3).
Aggeo prenunzia la presentazione di Gesù al tempio, con quelle parole: «Ecco quel che dice il Signore degli eserciti: Ancora un po\’ di tempo, e poi io scuoterò il cielo e la terra, il mare e l’universo. Commoverò i popoli e verrà il Desiderato delle nazioni, e riempirà questo tempio di gloria. La gloria di questo tempio sarà più grande di quella del primo, dice il Signore degli eserciti, ed io darò in questo luogo la pace » (II, 7, 10), Tutto ciò avvenne il giorno in cui Maria e Giuseppe presentarono Gesù bambino al tempio. Poiché trovandosi a quell\’ora nel tempio di Gerusalemme il santo vecchio Simeone, a cui lo Spirito Santo aveva promesso che non morrebbe prima di aver veduto il Cristo Signore, non appena gli si presentò Mara col bambinello, tosto lo prese tra le braccia e, pieno di spirito divino e di gioia, sciolse un inno di lode e di ringraziamento a Dio, esclamando: «Adesso lascerai, o Signore, che se ne vada in pace il tuo servo, secondo la tua parola; perché gli occhi miei hanno veduto il Salvatore dato da te; il quale è stato esposto da te al cospetto di tutti i popoli, luce ad illuminare le nazioni, e a gloria di Israele tuo popolo». Anche la profetessa Anna, vecchia di ottantaquattro anni, prese a lodare Dio, e a parlare del bambino a tutti quelli che aspettavano il Messia (Luc. II, 29-39).
Davide aveva notato come segnale per riconoscere il Messia, l\’ira, l\’odio, e l\’unanime persecuzione dei grandi della terra e dei capi del popolo congiurati alla sua rovina (Psalm, II, 2). Manifestissimo ne fu l\’adempimento, principalmente nella passione di Gesù Cristo.
Il compito del Messia era, secondo i profeti, quello di assumere sopra di sé i peccati del mondo e soffrirne il castigo e la pena. Ma affinché non rimanesse dubbio intorno alla persona in cui si sarebbe adempito questo decreto divino, ecco che il Signore fa predire ai suoi inspirati quasi tutti i particolari tormenti che doveva patire suo Figlio e talora perfino le più minute circostanze, Chiaro e circostanziato sopra tutti è Isaia, tanto che, al leggerlo, sembra di udire non un profeta, ma un evangelista; e confrontando l\’immagine ch\’egli ci dipinge del Messia paziente con quella che di Gesù ci lasciarono i testimoni della sua passione; le troviamo identiche. Consultate il capo LIII dal vers, 1 al 12, e vi troverete preveduti gli schiaffi, i pugni, le battiture, gli sputi, le ferite, le lacerazioni che resero il volto e la persona del Redentore così sfigurati, malmenati e pesti, da quasi più non ravvisarvi immagine d\’uomo. – Troverete indicate le ingiurie, le bestemmie, gli insulti, gli oltraggi, le beffe, i sarcasmi, i motteggi di cui fu fatto segno, a tal punto che si sarebbe creduto l\’ultimo degli uomini, la feccia dei ribaldi, la spazzatura della plebe. – Troverete accennati e l’ingiusto giudizio a cui dovette sottostare e i ladroni tra cui lo crocifissero e il costante silenzio e la prodigiosa mansuetudine da lui conservata così inalterabile da farlo rassomigliare ad un agnello condotto a tosare. – E non è dimenticato l\’abbandono in cui è lasciato da tutti, né la corona di spine con cui gli si cinge il capo.
Geremia lamentava che il Cristo sarebbe stato saziato di obbrobri, e fatto scherno della plebe (Lament. III, 30), (Ib. 14). Non è questo l\’Ecce homo di Pilato?
Davide, parlando a nome del Messia, aveva predetto che sarebbe stato accusato da falsi testimoni (Psalm. XXVI, 12); che sarebbe stato crudelmente flagellato (Psalm. XXXIV, 15); che l\’avrebbe tradito uno dei suoi (Psalm. XL, 9). Zaccaria poi designa la somma di trenta denari che si sarebbe sborsata per mercede al traditore (XI, 12),
Il Savio mette in bocca agli empi che tramano la ruina del giusto, questo discorso: «Tendiamo insidie al giusto, perché egli non è buono per noi, ed è contrario alle opere nostre e rinfaccia a noi i peccati contro la legge, e propala in nostro danno i mancamenti della nostra vita. Si vanta di avere la scienza di Dio, e si dà il nome di Figliuolo di Dio. Egli è diventato il censore dei nostri pensieri. E\’ grave cosa per noi anche il solo vederlo, perché la vita di lui non è come quella degli altri, e diverse sono le sue vie. Siamo riputati da lui come gente da nulla, schiva le nostre costumanze come immondezze, e preferisce la fine dei giusti, e si gloria di avere per padre Iddio. Si veda adunque se le sue parole sono vere, e proviamo che cosa sarà di lui e vedremo dov\’egli andrà a finire. Perché se egli è vero figliuolo di Dio, questi lo difenderà, e lo salverà dalle mani degli avversari. Proviamolo con le contumelie e coi tormenti per vedere la sua rassegnazione e conoscere qual sia la pazienza. Condanniamolo a morte più obbrobriosa» (Sap. II, 12-20). Potevano forse ritrarsi più al vivo gli Scribi, i Farisei, i principi dei Sacerdoti? non pare di udirli, raccolti a consiglio in casa di Anna e di Caifa, studiare i modi più sicuri per disfarsi del Cristo? non adoperarono forse essi quasi le medesime parole e nel pretorio di Pilato, e nella piazza, chiedendone la crocifissione, e sul Calvario insultando ai suoi patimenti?
«Il Cristo, preannunziava Daniele, sarà messo a morte, e il suo popolo non sarà più suo popolo, perché lo rinnegherà» (IX, 26). Il popolo giudeo compì alla lettera questa profezia allorché disse a Pilato ch\’esso non conosceva altri che Cesare, per suo re (IOANN. XIX, 15).
Il Salmista aveva anche detto a nome del Cristo: «Mi forarono le mani e i piedi; mi diedero in cibo del fiele, e per bevanda dell\’aceto; si divisero le mie vesti e su la mia tunica gettarono la sorte. Tutti quelli che mi vedevano si facevano beffe di me, e crollando il capo mormoravano sogghignando: Egli si fidò in Dio, or bene questo Dio lo salvi, se può» (Psalm. XXI, 16); (Psalm. LXVIII, 22 (Psalm XXI, 18 (Psalm. XXI, 7-8). Chi non vede qui ritratta la scena del Golgota?
Zaccaria, parlando delle piaghe fatte nelle mani del Cristo dai chiodi, fa rilevare che esse gli erano state fatte dal popolo suo diletto, e vaticina che, morto lui, riconosceranno chi fosse quegli che essi crocifissero (XIII, 6), (XII, 10).
L\’agnello pasquale era figura del Cristo; ora Mosè aveva ordinato che si mangiasse senza rompergli osso (Num. IX, 12). Anche questa circostanza si avverò su la croce; perché, mentre ai due ladroni furono, secondo l\’usanza, rotte le gambe, prima di levarli dalla croce, a Gesù non furono rotte.
La sepoltura di Gesù. Cristo, l\’incorruttibilità del suo corpo nel sepolcro, la sua discesa agli inferni, trovano la loro predizione in quelle parole di Davide (Psalm. XV, 9-10).
Isaia aveva profetizzato che il sepolcro del Cristo sarebbe glorioso (II, 10); certamente per i prodigi che sarebbero avvenuti alla sua risurrezione la quale pure era stata predetta da Davide: «Io mi sono addormentato in profondo sonno e mi sono risvegliato (Psalm. III, 5). Lo stesso profeta aveva pure già fatto cenno dell\’ascensione di Gesù Cristo al cielo, corteggiato dalle anime dei patriarchi e dei giusti antichi da lui fatti liberi; e la sua posizione come uomo alla destra di Dio (Id. LXVI, 19), (Id. CIX, 1).
«Io spanderò, aveva detto il Signore per bocca di Zaccaria, lo spirito di grazia e di preghiera su la casa di Davide, su gli abitanti di Gerusalemme» (XII, 10). Dove mai ebbe questa profezia più chiaro e pieno adempimento se non nel ritiro degli apostoli nel cenacolo, e nella discesa dello Spirito Santo il dì della Pentecoste?
Daniele aveva annunziato che il popolo giudeo sarebbe stato riprovato e disperso in punizione di aver messo a morte il Messia; che il tempio sarebbe stato distrutto, la città atterrata, abolito ogni sacrifizio; che la desolazione avrebbe colpito ogni cosa e sarebbe durata per sempre (IX, 26). Dal giorno in cui le aquile di Tito, imperatore romano, sventolarono su le rovine di Gerusalemme fino al presente, tutti i secoli sono testimoni e prove dell\’avveramento di questa profezia.
Tutti i profeti vaticinarono la chiamata e la conversione dei gentili al culto del vero Dio, da avverarsi dopo la venuta del promesso Messia. Ecco, per esempio, come Iddio parla al Messia figurato in Isaia: «Non è solo perché tu mi sii ministro nel rialzare il popolo di Giacobbe, nel convertire gli ultimi rampolli di Israele, che io ti ho scelto; ma ancora perché sii luce alle genti, e porti la mia salute fino agli ultimi confini del mondo» (ISAI. XLIX, 6). Ora è scritto degli apostoli, che la loro parola risuonò per tutta la terra, e la voce annunziatrice della religione di Cristo trovò eco nei più remoti angoli del mondo. (Rom. X, 18).
Anche lo stabilimento della Chiesa in seno all\’umanità, e la sua eterna durata fu predetta da Daniele con quelle parole: «Nei giorni di quei regni, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà più distrutto e il cui impero non passerà mai ad altre mani: anzi, egli atterrerà e consumerà tutti gli altri regni, ed esso rimarrà in piedi eternamente» (II, 44).
I profeti non predissero solamente che la Chiesa si sarebbe stabilita su le rovine della Sinagoga e dell\’idolatria, ma prenunziarono ancora che in vece degli antichi sacrifizi, i quali si potevano offrire nel solo tempio di Gerusalemme, si offrirebbe in tutti i luoghi da un capo all\’altro del mondo, un ostia pura e santa (MALACH. I, 10-11).
Ora qual altro sacrifizio si vide nel mondo, dopo la morte di Gesù Cristo, se non il sacrifizio dell\’altare? Non è forse la vittima eucaristica immolata e offerta a Dio in tutte le età, in tutti i luoghi della terra?
Tutte le profezie furono adunque adempiute con la nascita, con la vita, con la morte di Gesù Cristo; esse dunque si riferivano al Messia e annunziavano il Figliuolo di Dio. Perciò il Redentore, sfidando la mala fede degli Ebrei, diceva loro: «Studiate le Scritture, esse vi testimonieranno di me» (IOANN. V, 39). Ah sì! chi legge e medita attentamente la Scrittura, vi trova Gesù Cristo in tutto, ora visibile nel compimento dei fatti, ora celato sotto le figure e le ombre…