7. Perché il Verbo di Dio si è incarnato ?
8. Il corpo di Gesù Cristo fu completamente formato nell\’istante medesimo dell\’incarnazione; e subito vi si unirono l\’anima e la divinità,
9. Unione ipostatica
10. Similitudine.
11. Perché si è incarnato il Figlio, non il Padre, o lo Spirito Santo?
12. Come bisogna meditare il mistero dell\’incarnazione?
13. Nascita di Gesù Cristo.
14, Apparizione dell\’Angelo ai Pastori.
15. Perché Gesù Cristo nacque in Betlemme?
16. Attesa del Messia.
17. Nome di Gesù.
7. PERCHÈ IL VERBO DI DIO SI È INCARNATO? – Molte sono le cause morali per le quali Gesù Cristo volle incarnarsi e nascere su la terra: 1° per riscattarci dal peccato e dall\’inferno, soffrendo e morendo per noi..; 2° per insegnarci col suo esempio, meglio ancora che con la sua parola, la via delle virtù e della salute…; 3° per associarsi alla nostra natura, diventare nostro fratello, anzi nostra carne e nostro sangue…; 4° Gesù Cristo ha preso l\’umile condizione, la viltà e le miserie della nostra umanità, la fame, la ,sete, il freddo, il caldo, le battiture, la croce, i chiodi, per toccare i nostri cuori, convertirli, sforzarci ad amare Dio, ed affinché tutti potessimo dire col grande Apostolo: «Non sona più io che vivo, ma è Gesù Cristo che vive in me (Galat. II, 20). Dice S. Ambrogio: «Gesù Cristo si è fatto bambino acciocché tu possa essere uomo perfetto; fu involto in fasce, acciocché tu sii sciolto dai lacci della morte; egli è in un presepio, affinché tu ascenda su gli altari; venne su la terra, perché tu vada in cielo: non trova luogo nell\’albergo, affinché tu avessi molte dimore in paradiso. Questo grande Iddio, infinitamente ricco, sì è fatto povero per noi, affinché della sua indigenza ci arricchissimo. La sua povertà è dunque mio patrimonio la debolezza del Signore costituisce la mia forza. Volle mancare di ogni cosa, perché a noi non mancasse niente. Il soffio della sua infanzia ci purifica; le lagrime sue ci lavano e mondano dei nostri peccati. Quindi, o mio Signore Gesù, più io debbo ai vostri patimenti, che mi hanno redento, che non alle vostre opere, che mi hanno creato (De Incarnat)».
5° «Dio, ossia il Verbo di Dio, ha vestito la nostra carne, come dice S. Anselmo, affinché sia a noi dato di comprenderlo, di vederlo, di udirlo, di godere di lui (Lib. II, c. 20)». Insomma, dice S. Agostino: «Dio si è fatto uomo, affinché l\’uomo diventasse Dio (Serm. IX de Nativ.)». 6° «In Gesù Cristo era la vita», dice S. Giovanni (I, 4). Egli si è dunque incarnato per darci la vita, la vita della grazia e la vita della gloria eterna. « Ci dobbiamo rallegrare con la natura umana, dice S. Agostino, che sia stata assunta dal Verbo per venire costituita immortale nel cielo, e che il fango sia stato elevato a tanta sublimità, da sedere alla destra del Padre. Ora chi non si congratulerà con la propria natura, già fatta immortale in Cristo? e chi non aspirerà a divenire immortale per Gesù Cristo? (Ut sup.)».
«Dio si è fatto uomo, nota Ugo da S. Vittore, 1° perché il Creatore fosse anche Redentore; 2 perché l\’uomo, liberato da Dio, appartenesse tutto interamente a Dio; 3° perché Dio, mostrandosi simile all\’uomo, fosse da questo più famigliarmente amato; 4° perché l’occhio del cuore fosse riempito della sua divinità, e l\’occhio del corpo della sua umanità; e così, sia che l\’uomo uscisse al di fuori di sé; sia che dentro di sé si raccogliesse, trovasse sempre abbondantemente di che nutrirsi in Gesù Cristo. A questo allude S. Paolo in quelle parole a Tito: – Apparve la benignità e l\’umanità del Salvatore nostro (Tit. III, 4)».
Dio si è incarnato per colmarci di beni. Chi vuol farsi un\’idea del beneficio immenso che fu per noi l\’incarnazione del Verbo, mediti su questi quattro punti: 1° Chi è colui il quale si fece uomo? 2° Che divenne facendosi uomo? 3° A chi si unì egli per l\’incarnazione? 4° Perché vi si unì?
1° Chi è colui che veste la nostra natura, assume la nostra carne? E il Verbo il quale esiste da tutta l\’eternità; è il Dio grande e forte… «Il medico onnipotente, dice S. Agostino, è disceso a guarire un grande infermo; umiliandosi fino a prendere carne mortale, egli è portato al letto del moribondo (Serm. LIX de Verb. Domini)».
2° Che cosa diventa questo gran Dio nell\’incarnazione? Diventa carne, si fa carne: – «La carne ci aveva accecati, dice S. Agostino, e la carne ci ha guariti (Tract. II. in Ioann.)». E in altro luogo: «L\’anima era diventata carne, lasciandosi vincere dai carnali appetiti. Ora, il Verbo si fece carne, e il medico dell\’umanità ha preparato il rimedio per guarire, con la carne; i vizi della carne (Ut sup.)». Miserabile, infermo, spiacevole, soggetto a tormenti e dolori di ogni sorta è il corpo dell\’uomo; la carne nostra è corrotta a cagione della concupiscenza. Ora, il Verbo assunse questo corpo, questa carne, eccetto il peccato. «Poiché, scrive S. Paolo, noi non abbiamo già un pontefice che non sappia compatire le nostre debolezze, ma un pontefice tentato e provato in tutto a nostra somiglianza, eccetto il peccato (Hebr. IV, 15). Fino a questo grado si è abbassata la maestà divina: lasciando i serafini, i cherubini e tutti gli altri cori angelici, discese in questa valle di pianto e di miserie, in questa abbietta carne, e se l\’è unita col più stretto legame che possa esservi, col legame cioè dell\’unione ipostatica. Che cosa direste voi di un tale che, incontrando una pecora condotta all’ammazzatoio, tanta compassione ne sentisse da voler essere ammazzato in vece sua, o piuttosto essere cangiato trasformato in pecora, per salvarla? Non chiamereste insensato tanto amore per una pecora? Orbene, infinitamente più grande è stato l\’amore di Gesù Cristo per noi, quando si fece uomo per morire invece dell\’uomo, perché Dio sopravanza infinitamente più l\’uomo che non l\’uomo la pecora.
«Dio, scrive S. Tommaso, si comunica: 1) a tutti con la sua presenza; 2) in modo speciale ai giusti con la grazia; 3) in modo specialissimo, alla carne nostra con la sua sostanza; e questo, 1°. naturalmente, 2°. soprannaturalmente, 3°. personalmente. Ora il Verbo ha, per mezzo della sua umanità, elevato a sé tutti gli uomini, e li ha uniti, perché Dio sia tutto in tutti (Opusc. LX) ». Quindi il cardinale Gaetano ravvisa nell\’incarnazione l\’elevazione di tutto l\’universo nella persona divina (3.a q. l, art. 1). Inoltre con l’incarnazione del Verbo, il primo essere si unì all\’ultimo; infatti nella creazione l\’uomo fu fatto l\’ultimo; ora, per l\’incarnazione, unendosi l\’uomo al Verbo, Dio ritornò, per così dire, al punto del circolo da cui era partito nella creazione delle cose.
3° A chi si unì il Verbo facendosi carne? All\’uomo decaduto, peccatore, a un verme della terra. Egli non si è incarnato per sé, ma per noi. Noi siamo dunque l\’ultimo termine della incarnazione. Egli è nato corporalmente nella carne, per nascere spiritualmente nell\’anima nostra. «Che cosa si può immaginare, domanda S. Anselmo, più dolce e misericordiosa della condotta di Dio verso l\’uomo? Dio dice al peccatore, condannato agli eterni tormenti e assolutamente incapace di redimersi: Prendi il mio Unigenito, e dàllo in tua vece; il Figlio soggiunge: Prendi pure me, e riscattati (Lib. II, c. 20)». Né poteva dirsi cosa più tenera e insieme più vera, perché, in quanto al Padre, di lui testimoniò Gesù Cristo: «Iddio amò a tal punto il mondo, che diede per lui l\’Unigenito Figluol suo» (IOANN. III, 16); osserva S. Giovanni che in questo principalmente si rilevò l\’amor di Dio verso di noi, che mandò l\’Unigenito suo nel mondo, affinché noi viviamo per esso (IOANN. IV, 9). In quanto poi al Figlio, basta ricordare quelle parole che gli mette in bocca S. Paolo, come rivolte al Padre suo: «Non hai voluto ostia né oblazione ma a me hai formato un corpo; non ti sono piaciuti gli olocausti per il peccato. Allora io dissi: Ecco che io vengo per fare, o Dio, la tua volontà» (Hebr. X, 5-7).
4° Perché il Verbo si è fatto uomo per salvare l\’uomo dal peccato…, dalla morte…, dall\’inferno…, e dalle miserie dell\’anima e del corpo, col renderle meritorie… Poiché, niente altro ebbe per sé il Verbo se non l\’annientamento, la povertà, le privazioni, gli obbrobri, i patimenti, la morte, la croce; e tutto ciò per liberare noi da ogni male e colmarci di ogni bene… «Il Verbo del Padre, scrive il Nazianzeno, si è fatto uomo come noi e per noi, per unire Dio all\’uomo. E un solo e medesimo Dio da una parte e dall\’altra, fattosi poi uomo per fare, di me mortale, un Dio (In Distich)». Non è quindi a stupire se Clemente Alessandrino dice che Gesù Cristo ha cangiato con la sua incarnazione, la terra in cielo e gli uomini in angeli, anzi in dèi (Adhort. ad Gent). Questo appunto vedeva Davide quando esclamava: «Io l\’ho detto: Voi siete dèi, e figli tutti dell\’Altissimo» (Psalm. LXXXI, 6); lo conferma l\’evangelista con quelle parole: «Ha dato loro potestà di diventare figli di Dio» (IOANN. I, 12). Il Verbo si è dunque incarnato per fare degli uomini altrettanti figli di Dio, per cambiarli in Dio, come già diceva Origene: «Il Verbo si è fatto carne, ma per noi che senza la carne del Verbo non avremmo potuto, essere trasformati in figli di Dio; egli è disceso perché noi salissimo; ha mutato gli uomini in Dio, colui che di un Dio ha fatto un uomo. Egli abitò in noi, cioè prese possesso della nostra natura, per farci partecipi della natura divina» (Hom. II). Anche S. Leone avverte, che «Gesù Cristo si è fatto figliuolo dell\’uomo, acciocché noi possiamo essere figli di Dio (Serm. de Nativ)».
Considerate adunque attentamente l\’immensità infinita del benefizio dell’incarnazione. Qui Iddio non fa già piovere la manna ma aprendo tutti i cieli, tutti i tesori della sua divinità e le viscere della sua misericordia, si slancia su la terra portando con sé tutti i suoi favori e le sue grazie. L\’incarnazione del Verbo è il fine, l\’ornamento, la forma, il compimento della creazione degli angeli, degli uomini e dell\’universo.
Degno però di particolare osservazione è il disegno ch\’ebbe il Verbo, di fornirci nell\’incarnazione un oggetto ed un esercizio eroico di tutte le virtù. E’ 1) della fede, per la quale noi crediamo che Dio si è fatto carne; poiché chi mai s\’indurrebbe a credere che quel bambino coricato in una greppia, avvolto in fasce, che geme e piange, sia il Dio creatore e redento re, se una fede eroica non ce lo mostrasse e ci facesse precetto di credere senz\’esitare? 2) di speranza, perché chi mai non spererà la salvezza ed ogni bene da Dio, avendo innanzi agli occhi un Dio che si fa uomo per poter soffrire e morire, affine di redimere e salvare l\’uomo?.. 3) di carità; chi infatti non si sentirà preso d\’amore per chi ci ha talmente amati, che volle divenire nostro fratello e nostra carne? per colui che disse: «Mia delizia è lo starmene in mezzo ai figli degli uomini, i quali attirerò e legherò a me con catene di amore?» (Prov. VIII, 31), (OSE. XI, 4); 4° di religione; non è infatti un atto eroico di religione, il dare il medesimo culto di latria, con cui si adora la Trinità Augusta, ad un bambino simile a noi, come noi miserabile ed infermo?.. 5° di giustizia; è splendido esempio e sprone a praticare la giustizia con Dio e con gli uomini, lo spettacolo di un Dio che sparge lagrime in un presepio aspettando di spargere il sangue della passione, per soddisfare la giustizia divina delle ingiurie recatele dai nostri peccati; 6° di pazienza; si troverà chi non sopporti rassegnato e generoso ogni più dura prova, ed anche ogni più crudele strazio, se medita seriamente la generosità, la fermezza, l\’eroica pazienza di un Dio oltraggiato e crocefisso, che ne dà le prime prove tra le ammuffite pareti di una stalla e le miserie di una povertà che confina con l\’indigenza?.. 7° di obbedienza; non vince forse ogni ritrosia e caparbietà la vista di un Dio che fattosi uomo per amore sì, ma ancora per obbedienza, si mostra poi obbediente fino alla morte e alla morte di croce come dice il grande Apostolo (Philipp. II, 8). 8° di umiltà: come infatti rfiutarvisi, quando si consideri che il Verbo, il Figliuolo di Dio, si è abbassato, umiliato, annichilato, secondo l\’energica frase di S. Paolo, fino al punto di vestire la forma di schiavo? (Philipp. II, 7).
Perché il Verbo si è incarnato? «Gesù Cristo, risponde S. Pier Crisologo, è venuto a caricarsi delle nostre infermità e parteciparci le sue virtù; a cercare le cose umane e dispensare le divine; a ricevere ingiurie e distribuire onori; a soffrire noie e malattie e portare gioie e guarigioni; poiché non sa curare quel medico che non conosce le infermità, né sa confortare e sollevare l\’infermo, chi non patisce con l\’ammalato (Serm. L)». S. Agostino fa quest\’antitesi: «Il Dio grande è venuto all\’uomo bambino, il Salvatore al naufrago, il vivo al morto. Perché noi siamo piccoli, egli si è fatto piccolo; perché noi siamo mortalmente infermi, egli si è prima avvicinato a noi, poi è morto per restituirci la vita» (Serm. XI, de verbo Apost.).
E S. Gregorio Nazianzeno: «Gesù Cristo nacque fatto carne, affinché noi nascessimo secondo lo spirito; nacque nel tempo, affinché noi nascessimo nell\’eternità; nacque in una stalla, acciocché noi nascessimo nel cielo (In Distich)». Poi in altro luogo così ci esorta: «Gesù Cristo è stato concepito, dategli gloria; Gesù Cristo discende dal cielo, andategli incontro; Gesù Cristo viene su la terra, innalzatevi, tutto il mondo inneggi al Signore: i cieli e la terra esultino d\’allegrezza; Gesù Cristo si è fatto carne, tremate e gioite: tremate a cagione del peccato, gioite per la speranza; Gesù Cristo viene dalla Vergine; rispettate, o donne, la verginità, affinché siate madri di Gesù Cristo» (Orat. XXXVIII).
«Che altro mai, domanda S. Bernardo, ha più desiderato la misericordia di questo gran Dio, se non l\’addossarsi le miserie nostre? Questa è stata l\’ambizione della sua misericordia; poiché quanto più si fece piccolo nell\’umanità, tanto più si mostrò grande nella bontà; quanto più si è per me abbassato, tanto più mi è caro (Serm. I, de Epiph). O soavità, o grazia, o forza dell\’amore! Il più alto di tutti si è fatto il più basso. Chi mai ha fatto ciò? L\’amore che non bada alla propria dignità, ricco in compassione, potente in affetto, efficace in persuasione. Che cosa possiamo trovare di più forte? L\’amore trionfa di Dio, affinché tu intenda che fu effetto di amore, se un Dio si degnò di spandere la sua pienezza e farsi a noi uguale, se la grandezza per eccellenza, se lui, l\’unico, ha voluto avere dei soci (Serm. XLVI, in Cantic.)».
8. IL CORPO DI GESÙ CRISTO FU COMPLETAMENTE FORMATO NELL\’ISTANTE MEDESIMO DELL\’INCARNAZIONE; E SUBITO VI SI UNIRONO L\’ANIMA E LA DIVINITÀ. – È dottrina di S. Tommaso, che nell\’istante medesimo in cui avvenne la concezione di Gesù Cristo, il corpo di lui risultò formato interamente, completo e perfetto; che l\’anima vi si unì in quel punto e il Verbo eterno se ne impadronì a un tratto. Egli insegna ancora che l\’umanità di Gesù Cristo fu in su l\’istante riempita di sapienza e di grazia: che l\’anima sua vide tosto Iddio della visione beatifica ed ebbe a un tempo la grazia infusa, per la quale conobbe che era ipostaticamente unita al Verbo, e che, mercé questa unione ed elevazione, essa renderebbe a Dio gloria e ringraziamento infinito. Insegna che Dio gli rivelò in quel punto la sua volontà intorno alla croce che doveva portare, e alla morte a cui doveva sottoporsi, per redimere e salvare gli uomini. Insegna che Gesù Cristo si sottomise subito a questa volontà, si offerse a Dio in olocausto per i peccati e per la salvezza del mondo, con un\’umiltà, un\’obbedienza, un rispetto, un amore, una rassegnazione, una gioia senza limiti, dicendo: «Io vengo per adempire la vostra volontà; io voglio quel che volete voi, o mio Dio (Psalm. XXXIX, 8) (Opusc. LX).
Molti miracoli accompagnano l\’incarnazione. 1° La missione dell\’angelo; 2° il corpo di Gesù Cristo formato tutto ad un tratto; 3° l\’onnipotenza dello Spirito Santo che forma egli stesso il corpo di Gesù Cristo; 4° la sua anima benedetta riempita all\’infinito, nel punto medesimo della sua creazione e della sua unione, della luce della gloria e di tutti i doni celesti, di modo che non può esserle aggiunto nulla nel corso della sua vita mortale; 5° egli è concepito da una vergine…; 6° nasce da una vergine, senza che la purezza verginale sia offuscata, ma egli esce dall\’utero di Maria, come entrò nel cenacolo a porte chiuse, come la luce penetra il cristallo…; 7° la gloria dell\’anima non risplende sul suo corpo come la gloria della divinità su la sua anima, ma vi rimane mutabile e passibile; 8° la gioia beatifica non esclude la tristezza dell\’anima e l\’immensità dei dolori. Ecco alcuni dei miracoli di questa meravigliosa unione del Verbo con la natura umana: e ciascuno di questi prodigi è degno di profonde meditazioni.
9. UNIONE IPOSTATICA. – L\’unione del Verbo eterno con l\’umanità di Gesù Cristo è così sostanziale, come l\’unione dell\’anima umana col corpo; perciò la Chiesa canta nel Simbolo Atanasiano: «A quel modo che l\’anima ragionevole e la carne formano un solo uomo, così Dio e l\’uomo formano un solo e medesimo Cristo (Symb. Athanas)». Unione ipostatica vuol dire l\’unione personale dell\’umanità di Gesù Cristo con la persona del figliuolo di Dio. E questa la più perfetta delle unioni, talmente intima e perfetta, che in Gesù Cristo vi è una sola persona, che è la persona divina, benché vi siano in lui due nature, la divina e l\’umana. Chi mai direbbe, vedendo un uomo: Vi sono due persone? perché l\’uomo è composto di un corpo e di un\’anima. Così sarebbe ridicolo il dire di Gesù Cristo: Vi sono due Gesù Cristi, essendovi in lui l\’umanità e la divinità. Nello stesso modo non si potrebbe dire: Vi sono più dèi, perché vi sono tre persone in Dio.
In virtù dell\’unione ipostatica, Gesù Cristo, in quanto uomo, partecipa della natura divina, perché egli sussiste in lei nella medesima persona divina del Verbo. Dio solo possiede essenzialmente la natura; l\’essenza divina: nessuna persona può partecipare nello stesso modo a questa essenza divina. I giusti partecipano della natura divina, non essenzialmente, né personalmente, ma solo in parte accidentalmente, e in parte sostanzialmente. Partecipano della natura divina accidentalmente, per il dono della grazia santificante. Questa partecipazione è chiamata accidentale perché potrebbe non essere data, il che non toglierebbe all’anima la sua esistenza per natura. Per questa grazia santificante, noi partecipiamo della natura divina con una partecipazione intima. Partecipano poi alla natura divina sostanzialmente, per la comunicazione della natura divina medesima; con questa partecipazione noi siamo adottati da Dio come suoi figli ed eredi, e trasformati e quasi deificati. Noi siamo trasformati in Dio, come il ferro è trasformato nel fuoco, mantenendo però e l\’uno e l\’altro la propria natura. Solo Gesù Cristo partecipa personalmente della natura divina per l\’unione ipostatica.
«Mi baci col bacio della sua bocca» (Cant. I, 1), sospirava la Sposa dei Cantici. Questo bacio di Gesù Cristo, è l\’unione ipostatica, per la quale la carne si congiunge al Verbo, l\’uomo si unisce a Dio. Così commenta S. Bernardo questo passo: «Dio bacia e l\’uomo è baciato; il bacio o l\’abbraccio è l\’unione dell\’uno e dell\’altro, unione che fa dei due una sola persona, la quale è ad un tempo Dio e uomo (Serm. in Cantic.)». In forza di questa unione ipostatica il Verbo è uomo e l\’uomo è Dio; si dice un Dio-uomo e un uomo-Dio; si dice un Dio ha pianto, ha sofferto.. è morto…
Isaia profetizza che lo Spirito del Signore riposerà sul Messia; spirito di sapienza e d\’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, spirito di timor di Dio (ISAI. XI, 2-3). Questa espressione riposerà, – significa l° la solidarietà, 2° la pienezza, 3° un luogo proprio e della stessa natura, Questo è quanto dire: Lo spirito del Signore riempirà Gesù Cristo fortemente e pienamente; si fermerà in lui necessariamente e costantemente, come in un luogo ed in un soggetto proprio e della medesima natura, in virtù dell’unione ipostatica del Verbo. Lo Spirito Santo esiste naturalmente nel Dio fatto uomo.
10. SIMILITUDINE, – Un\’immagine dell\’incarnazione si trova nell\’innesto degli alberi. Infatti 1° come s\’innesta su un albero selvatico e sterile un albero legittimo e produttivo, così nel celeste giardino del seno di Maria, il Verbo fu, per opera dello Spirito Santo, innestato alla nostra carne, alla nostra umanità selvaggia e sterile, affinché l\’umanità e la divinità fossero unite ipostaticamente in Gesù Cristo in modo che vi fosse in lui una sola persona, un solo soggetto, quasi diremo un solo albero; e questo soggetto produce, per mezzo del ramo divino del Verbo, frutti squisiti e dolcissimi. 2° Come il ramo è tagliato dall\’albero per essere innestato in un altro, così Gesù Cristo, discendendo nella carne, è stato in certo modo spiccato dal seno del Padre per essere trapiantato dal cielo in terra… 3° Come si recide il ramo e s\’incide l\’albero che si vuole innestare, così la persona umana è stata tolta e quasi recisa nell\’umanità di Gesù Cristo, affinché la persona divina ne prendesse il luogo, fosse innestata su di essa e convertita nella persona divina. 4° Come il ramo domestico, innestato sul selvatico, gli si unisce perfettamente, ne prende il succo, per non formare che un solo albero, così l\’umanità si è trovata, per l\’incarnazione, associata al Verbo e unita a lui in una sola persona.
«Non vi è nulla, dice S. Bernardo, tanto nobile e sublime quanto Dio, niente tanto abbietto e vile quanto il fango; ciò nondimeno Dio è disceso con tanta bontà nel fango, e il fango ascese in tanta dignità a Dio, che tutto quello che ha fatto Dio, l\’ha fatto il fango, e tutto quello che patì il fango, Dio l\’ha patito in esso (Serm. de Epiph)».
Gesù Cristo come Dio, Verbo del Padre, è un germe fecondissimo, perché della stessa natura e dello stesso spirito di Dio; questo germe contiene in sé tutte le perfezioni, anzi è egli stesso ogni perfezione, è il fiore eletto degli spiriti e delle anime. Ora questo germe divino fu innestato nel cuore dell\’umanità, per mezzo dell\’incarnazione…
Gesù Cristo è un sole fecondatore, vivificante, un, germe celeste che, mentre tiene le radici in cielo dall\’eternità, è stato innestato alla terra nel tempo, facendosi uomo. Sul divino modello del Verbo, furono modellati gli spiriti angelici ed umani; Dio li ha fatti a somiglianza del Verbo. La parola di questo Verbo eterno aveva tratto dal nulla ogni cosa; e il sangue di questo Verbo fatto uomo riscatta l\’uomo e lo rende nuovamente simile a Dio, ne fa un Dio. La parola di Dio non aveva fatto che un uomo dell’uomo, il Verbo incarnato fa dell\’uomo un Dio, facendolo partecipe della natura divina (II PETR. I, 4).
11. PERCHÈ SI È INCARNATO IL FIGLIO, NON IL PADRE o LO SPIRITO SANTO? – Il Figlio di Dio è il verbo o la parola di Dio, il concepimento del suo Spirito. Il Padre lo genera nella sua mente divina, perché è il Verbo o la parola della sua mente. Nelle cose divine, il verbo significa il Figlio; significa ed è la concezione mentale di Dio Padre, la quale è essa stessa la generazione del Figlio che, come la parola, rappresenta e manifesta la sapienza e la volontà del Padre. E questa la causa per cui si è incarnato il Figlio, non il Padre, non lo Spirito Santo; perché l\’incarnazione avvenne affinché per essa Dio si manifesti agli uomini; ora, appartiene al Verbo o alla parola il palesare le cose nascoste. Di poi, come il Verbo è generato dal Padre nella mente, è cosa conveniente che il medesimo Verbo sia generato dalla madre nella carne.
12. COME BISOGNA MEDITARE IL MISTERO DELL\’INCARNAZIONE? – In più maniere si può meditare su questo eccelso mistero. 1° Con compassione…, 2° con gioia…, 3° con ringraziamenti…, 4° con amore…, 5° per imitazione…, ma sempre con ammirazione e con stupore, vedendo l\’infinita bontà di un Dio che si degna di scendere fino a vili vermiciattoli della terra, e farsi verme con loro (Psalm. XXI, 6); e questo non per sé, ma per noi, per riconciliare e unire a sé questi vermi della terra, questi uomini del nulla, uomini ribelli e colpevoli e farne degli dèi per l\’eternità!…
13. NASCITA DI GESÙ CRISTO. – S. Cirillo di Gerusalemme dice che Gesù Cristo volle nascere da una vergine, per significare che i suoi membri, cioè i fedeli, dovevano nascere per virtù dello Spirito Santo da una Chiesa vergine (Serm. de Epiph); secondo il Nazianzeno poi, Gesù Cristo nacque carnalmente affinché noi nasciamo spiritualmente; volle nascere in una stalla, per procurare a noi la nascita nel cielo (Serm. de Incarnat.). «Ogni ragione voleva, dice S. Bernardo, che un Dio non nascesse se non da una vergine, e che una vergine non partorisse se non un Dio (Serm. II de Advent)».
Alla vista della nascita di un Dio Davide esclamava: «La verità sbocciò dal seno della terra, e la giustizia scese dal cielo. Perciò il Signore verserà le sue benedizioni e la nostra terra germoglierà e porterà il suo frutto» (Psalm. LXXXIV, 12-13). Anche il profeta Isaia previde molti secoli prima questa nascita meravigliosa e cosi delineava il bambino: «Ci è nato un pargoletto, ci è stato dato un figlio; egli porta sul suo omero l\’insegna del suo principato, e si chiamerà Ammirabile, Consigliere, Dio, Forte, Padre dell\’Eternità, Principe della pace» (IX, 6).
«E\’ nato per noi, dice S. Eucherio, colui che esisteva per sé; ci fu dunque dato dalla divinità ed è nato dalla Vergine; nato per poter morire; ci fu dato colui che non conosce principio; nato per essere giovane, più di sua madre; ci fu dato colui che è eterno come il Padre. Nato per morire ci fu dato colui che è sorgente della vita: quello che era ci fu dato, ed è nato quello che non era; lassù impera e qui si umilia; per sé regna e per me combatte (De Nativ)». «E’ avvolto nelle fasce, dice il Nisseno, quegli che si strinse ai polsi le catene dei nostri peccati (Homil. de Nativ) ».
Dice S. Agostino: « Quegli che è grande, che è l\’eterno giorno degli angeli, si fa piccolo nel giorno degli uomini. Il creatore del sole appare sotto il sole, l\’architetto del cielo e della terra, si mostra sotto il celo, nato in terra. La somma sapienza, si fa pargolo per sapienza; riempie il mondo e sta coricato in una greppia. Quegli che modera gli astri, succhia il latte. Quegli che è sommo nella forma di Dio, si fa immensamente piccolo nella forma d\’uomo, in guisa però che la sua infinita grandezza non rimane punto abbassata per questa sua piccolezza, e questa piccolezza non è oppressa e schiacciata sotto il peso della grandezza (Serm. XXVII, de Temp.). O beata infanzia! per la quale viene riparata la vita del genere umano! O giocondissimi e dilettevoli vagiti, per i quali noi scampiamo allo stridore dei denti ed all\’eterno pianto! O felici pannolini, coi quali laviamo le macchie dei peccati! O splendido presepio nel quale, sul fieno degli animali, riposò il cibo degli angeli! (Serm. III, de Nativ.)».
Il Verbo, col farsi carne, divenne erba, poiché ogni carne, al dire d\’Isaia, non è che fieno (XL, 6). Egli volle essere deposto in una greppia, affinché l\’uomo, essendo si fatto simile alle bestie, mangiasse di quell\’erba divina e ridivenisse uomo, o meglio diventasse Dio. È questo un pensiero di S. Bernardo il quale, dopo aver detto che l\’uomo per il peccato era divenuto simile alle bestie, così l’apostrofa: «O uomo, riconosci nel tuo infelice stato di bruto colui che hai misconosciuto quando eri uomo. Adora nel presepio colui da cui fuggivi nel paradiso; onora la greppia di colui, del quale hai disprezzato il comando; mangia fatto erba per te colui che hai avuto a nausea come pane angelico (Serm. XXXV, in Cant.)». Poi in altro luogo esclama: «O parto, solo senza dolore, solo immacolato, che non solo non intacca l\’integrità, ma consacra il tempio del seno di Maria! O natale superiore alla natura, che è il miracolo dei miracoli, che tutto ripara per la virtù del mistero! Chi mai narrerà questa generazione? Un angelo annunzia, la virtù dell\’Altissimo copre della sua ombra, lo Spirito Santo sopravviene; la Vergine crede, concepisce in virtù del credere, vergine partorisce e vergine rimane. Chi non sarà estatico di stupore? Il Figlio dell\’Onnipotente nasce, Dio da Dio, generato prima dei secoli, il Verbo nasce bambino. Chi può ammirare abbastanza tanti prodigi?» (Serm. super Missus).
La stalla parla, la greppia parla, gli animali parlano, le lagrime parlano, le fasce parlano. E che cosa dicono? Predicano l\’umiltà e la povertà di Gesù Cristo; predicano la penitenza e l\’austerità della vita; predicano il disprezzo delle ricchezze, degli onori, delle felicità terrene. Sì, Gesù Cristo grida, non a parole, ma a fatti, dalla culla del presepio, come griderà dal legno della croce: «E fino a quando, o figli degli uomini, avrete il cuore duro, l’animo accecato? Perché vi perdete dietro alla vanità e alla menzogna?» (Psalm. IV, 2). Sono vani tutti i tesori del mondo, vane le sue grandezze, vane le delizie, più che vani gli onori. Disprezzate i falsi beni, e cercate quelli veri. Le vere ricchezze, i veri onori, i veri diletti sono nel cielo presso Dio che li dà agli angeli ed ai santi. Eccomi qua ad annunziarveli, ve li offro, ve li prometto, ve li dono. Io sono la Sapienza del Padre, sono il Figlio sapienza, il Verbo bambino, che so scegliere il bene, rifiutare il male. A me, dunque, e non al mondo bugiardo e ingannatore date orecchio. Io ho insegnato a scegliere ciò che ho scelto io; a disprezzare ciò che ho disprezzato io. Io sono la vita e vi accerto che la vita vera, celeste, divina, consiste nel desiderio e nell\’amore dei beni celesti ed eterni. Scegliete dunque questa vita e fuggite quella animalesca e carnale che mette alla morte temporale ed eterna.
«La grazia di Dio nostro Salvatore scriveva S. Paolo a Tito, si è manifestata a tutti gli uomini, per insegnare loro che rinunziando alla empietà ed ai secolari desideri, vivano sobri, giusti e pii in questo mondo, nella beata speranza di vedere la manifestazione della gloria del grande Iddio Salvatore nostro Gesù Cristo» (II, 11-13).
Gesù bambino, splendore del cielo, sta adagiato sopra una manata di paglia; una greppia serve di letto a colui al quale appartiene la terra e i tesori tutti che la terra contiene. Sta chiuso in una stalla colui che i cieli non possono contenere: trema di freddo e piange tra due giumenti colui che è la vita, l\’amore, il gaudio degli, angeli… Deh! se vi è tra noi chi comprenda, chi segua la dottrina di Gesù Cristo, se vi è chi si vanti di essere vero cristiano, rinunzi all’amore delle cose terrene, le deponga, le getti, innanzi alla culla di Gesù Cristo per non riprenderle mai più: offra generoso e risoluto a Gesù Cristo il cuore tutt\’intero, ogni amore, ogni speranza, tutto ciò che ha e ciò che è…
Cesare Augusto ordina il censimento di tutti i sudditi dell\’impero romano. Obbedienti a questo comando, Maria e Giuseppe si portano a Betlemme, e giunti, non trovando ricetta, si ricoverano in un tugurio alla campagna. Quivi in mezzo a due animali, su un po\’ di strame, la Vergine dà alla luce il Messia, il Salvatore del mondo; qui nasce il Dio dell\’eternità. Era ben giusto che, siccome egli era venuto a cercare l\’uomo, e l\’uomo era divenuto simile ai giumenti, venisse a cercarlo tra questi. Augusto ordina il censimento mentre tutto Il mondo è in pace: così dispose la Provvidenza, per preparare il mondo alla nascita di Colui che, essendo il principe della pace, veniva ad apportare alla terra la vera pace…
Per annunziare al mondo la nascita del Salvatore, la Vergine madre di Do apparve ad Augusto in Roma, tenendo tra le braccia il divin Bambino e in seguito a quella visione di cui fanno testimonianze parecchi autori (V. SUIDA, NICEFORO ed altri presso il BARONIO – Annali in Apparatu), gli innalzò un\’ara con quest’iscrizione: Altare del primogenito di Dio. – A ricordo di questo prodigio, Costantino fece costruire nel medesimo luogo un tempio in onore di Maria Madre di Dio, tempio che esiste tuttora, intitolato – Ara coeli – dove ancora si mostra il luogo della visione di Augusto. Così pure nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, si mostra il luogo dove ai tempi d\’Augusto zampillò per un giorno intero una abbondantissima fontana di olio, secondo che attesta Orosio (Lib. VI, c. 20).
S. Gregorio domanda perché alla nascita del Salvatore, Dio dispose che si facesse il censimento della terra; e risponde che era per mostrare, che colui il quale compariva nella carne, designava i suoi eletti per l eternità (Homil. VIII, in Evang.). Perché «inscritto con tutti, osserva Origene, tutti li santificava, e si univa al mondo intero (De Nativ.)». S. Agostino fa rilevare che Gesù nacque nel punto dell\’anno in cui i giorni cominciano a crescere, mentre S. Giovanni nacque allorquando cominciano ad abbreviarsi; ed è appunto S. Giovanni che diceva: «Conviene ch\’egli cresca, e che io diminuisca » (IOANN. III, 30). A questa osservazione possiamo aggiungerne un\’altra, cioè che Gesù Cristo nacque la prima notte della settimana; vale a dire la domenica, affinché il giorno in cui fu detto: «Sia la luce, e la luce fu» (Gen. I, 3), la vera luce dissipasse le tenebre della notte spirituale per tutti i cuori retti.
Tutti i padri, i dottori, i teologi sono d\’accordo nell\’affermare che la verginità di Maria rimase intatta nel parto come nel concepimento; ella rimase immacolata, e il suo casto seno fu sempre quel giardino chiuso di cui parla la Cantica.
Chi spiegherà la gioia, la felicità, la tenerezza di Maria nell’accogliere essa per la prima tra le sue braccia Gesù Bambino?.. Che baci, che abbracciamenti, che affettuosa adorazione, che slanci d’amore! Suarez opina che gli angeli ricevettero Gesù Cristo nell\’istante della sua nascita, e lo deposero nelle braccia di Maria (De Nativ.).
La culla di Gesù Cristo si venera nella basilica di Santa Maria Maggiore, in Roma.
14. APPARIZIONE DELL\’ANGELO AI PASTORI. – Narra il Vangelo che presso al luogo in cui era nato Gesù, stavano vegliando a guardia delle greggi alcuni pastori. Improvvisamente un angelo appare loro, una gran luce li investe e li riempie di timore. Ma l’angelo li rinfranca dicendo: Non temete, ma rallegratevi, perché io vi annunzio una grande gioia per tutto il popolo. Vi è nato oggi, nella città di Davide, un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E voi lo ravviserete a questo segnale: Troverete un bambino avvolto in fasce e adagiato in una greppia. Allora si unì all\’angelo una schiera di milizia celeste che lodava Dio e cantava: Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace agli uomini di buon volere. Scomparsi gli angeli, i pastori si dissero l\’uno all\’altro: Andiamo a Betlemme, a vedere quello che è succeduto e che il Signore ci ha annunziato. Andarono e trovarono Maria e Giuseppe, e il bambino coricato nel presepio. Vedutolo, riconobbero ch\’era vero ciò che avevano udito di quel bambino; ne corse la Voce, e quanti seppero l\’accaduto, ammirarono quel che i pastori avevano annunziato. Ora Maria serbava memoria di tutte queste cose, e le andava meditando nel suo cuore. I pastori se ne tornarono alle greggi, dando lode e gloria a Dio di tutto quello che avevano visto e inteso (Luc. II, 8-20).
Perché l\’angelo comparve innanzi tutto ai pastori? 1° Perché le persone semplici e povere piacciono più a Dio, che non le ricche e scaltre, ecc.; 2° perché quei pastori menavano la vita degli antichi patriarchi…; 3° perché Gesù Cristo doveva essere il pastore delle anime…; 4° per insegnare ai pastori delle anime, che essi devono conoscere i misteri di Dio; che Dio li rivela a loro prima che agli altri, affinché ne ammaestrino poi le loro pecore…; 5° perché Gesù Cristo era l\’agnello che doveva essere offerto per la salute del mondo. Era perciò conveniente che si facesse vedere, prima che da altri, dai pastori di agnelli… Essi godono l\’inestimabile felicità di aver veduto per i primi, dopo Maria e Giuseppe, il promesso Messia. Dio si manifesta ai buoni pastori di anime in modo affatto speciale.
15. PERCHÈ GESÙ CRISTO NACQUE IN BETLEMME? – Perché mai Gesù Cristo volle scegliere a luogo di sua nascita la piccola città di Betlemme, piuttosto che Gerusalemme, o Roma, od altro luogo qualunque? 1° Per adempire la parola che ne aveva dato per mezzo del profeta Michea: «E tu, Bethlehem Efrata, sei piccola tra le città di Giuda, ma da te uscirà colui che regnerà su Israele, e la cui origine è dal principio e dai giorni dell\’eternità» (MICH. V, 2). 2° Affinché Betlemme mostrasse che Gesù era il figliuolo di Davide da Betlemme, cui Dio l\’aveva promesso; e che perciò era il vero Messia. S. Luca accenna questa ragione, dove nota che Giuseppe partì da Nazaret dove abitava, e andò nella Giudea nella città di David (II, 4). 3° Acciocché, nascendo in un luogo umile e quasi sconosciuto, mostrasse di buona ora il procedere della sua potenza la quale è solita scegliere, come dice S. Paolo, ciò che il mondo reputa stoltezza per confondere quel che il mondo ha di più saggio (I Cor I, 27). 4° Perché Betlemme si trovava su la strada di Gerusalemme, e siccome Gesù Cristo, come dice S. Gregorio, per l\’umanità che aveva preso, nasceva come ospite in casa straniera, era conveniente che nascesse in cammino e per viaggio (Homil. VIII, in Evang.). 5° Per meritare a noi, in virtù di questa nascita povera ed umile, una nascita sublime per la grazia e per la gloria, e per conquistarci un luogo in paradiso… 6° S. Leone dice che Gesù Cristo scelse Betlemme per nascervi, perché aveva preso la forma di schiavo; scelse Gerusalemme per morirvi, per condannare l\’orgoglio e le ricchezze (Serm. de Nativ.). Ah sì! esclama S. Agostino, «tutte le circostanze di questa nascita, sono una scuola, un insegnamento di umiltà (Serm. XXVII)». Ma se così è, conchiude S. Bernardo, siccome il mondo insegna cose affatto contrarie e opposte a quelle che insegna e raccomanda Gesù Cristo, ne segue necessariamente che, o Gesù Cristo s\’inganna, o il mondo è fuori di strada; ma che s\’inganni la divina sapienza, è impossibile; è dunque fuori di strada il mondo con i suoi seguaci (In Nativ). 7° Betlemme è parola ebraica che significa casa del pane; ora Gesù Cristo è il vero pane, disceso dal cielo. Betlemme porta il nome di Efrata, che vuol dire fertilissimo giardino; da Betlemme quindi era conveniente che il mondo ricevesse il fiore della grazia, il frutto dell\’immortalità. Betlemme divenne, dice il Nazianzeno, per la nascita del Salvatore, l\’oriente della terra, la metropoli del mondo (Serm. de Incarnat.).
16. ATTESA DEL MESSIA. – Dal principio del mondo, le anime giuste ch\’erano sulla terra, o nel limbo, tutte aspettavano e sospiravano ardentemente il promesso Messia. «Signore, diceva Mosè, io vi scongiuro d inviare colui che dovete mandare» (Exod. IV, 13). «Sveglia la tua potenza, o Dio, e vieni, esclama il Salmista; mostraci la tua faccia e saremo salvi» (Psalm. LXXIX, 3-4). «Abbassa i tuoi cieli e discendi» (Id. CXLIII, 5). L\’Ecclesiastico implorava dal Signore che affrettasse il tempo ed accelerasse la fine, acciocché gli uomini narrassero i suoi prodigi (XXXVI, 10). «E quando sarà, esclamava Isaia, che aprirai i cieli, o Signore, e discenderai!» (LXIV, 1). «Ah sì! versate, o cieli, la vostra rugiada, e le nubi piovano il giusto; si apra la terra, e germogli il Salvatore» (XLV, 8).
E prima dei profeti, già il patriarca Giacobbe, guardando in ispirito al Messia lo chiamava: «Il desiderio dei colli eterni» (Gen. XLIX, 26), e volgendosi a Dio gli diceva, ch\’egli sarebbe vissuto nell\’aspettazione del suo salvatore (Id. XLIX, 18).
Avvicinandosi finalmente i tempi, il profeta Abacuc faceva voti che Dio salvasse il suo popolo, e mostrasse la sua potenza (HABAC. III, 2). E Aggeo assicurava che il Desiderato da tutte le genti sarebbe venuto (AGG. II, 8). Egli infatti è sommamente desiderabile; il mondo intero sentiva un immenso bisogno della venuta del Salvatore, per essere liberato dalle sue miserie. Una terra arida e secca aspetta una pioggia abbondante, dolce e feconda; così per quaranta secoli i giusti aspettano, desiderano, invocano dal cielo il Messia, come soave rugiada a calmare la loro ardente sete.
Perciò, appena le nazioni udirono raccontare da S. Paolo e dagli altri apostoli la vita di Gesù Cristo, la sua dottrina, la sua morale, la sua santità, i suoi miracoli, si volsero tosto a lui e si convertirono: esse desiderarono di andare a lui, lo adorarono, lo amarono, ed a sua imitazione diedero la propria vita per lui, nelle persone dei martiri. Questo dimostra che Egli era davvero l\’aspettazione delle genti (Gen. XLIV, 10) come lo aveva chiamato Giacobbe.
Gesù Cristo desiderava egli medesimo, più ardentemente che gli uomini, la sua venuta e la nostra salute. La sua brama di strapparci al demonio, alla morte, all\’inferno, lo spinse ad incarnarsi, a nascere, a morire per gli uomini. Gesù Cristo ama d\’infinito amore la Chiesa sua sposa; suo desiderio è di colmarla di beni; come è desiderio della Chiesa di vederlo, amarlo, possederlo, e di farlo vedere per la fede, amare, servire, e possedere da tutti i suoi figli, dall’universo intero.
Il mondo sospirava e aspettava il Messia, come il Salvatore della terra, lo splendore della luce eterna; il sole di giustizia per illuminare il secolo, immerso nella cecità, nel fango, nell\’ignoranza, nell\’infedeltà; perché guarisse, giustificasse e rendesse felici coloro che stavano nelle tenebre e nelle ombre di morte…
Gesù Cristo nel cielo è il desiderio di tutti i santi e di tutti gli angeli; tutti bramano di godere sempre più della sua divinità, della sua umanità, di tutti i suoi divini attributi, ed egli adempie a sazietà tutti i loro desideri… Gesù Cristo è il desiderio di tutte le anime virtuose e pie che vogliono piacere a lui solo, che cercano di crescere sempre nel suo amore e nel suo servizio… «O mio Gesù, esclama S. Bernardo, del desiderio di voi languisco! Quando sarà mai che veniate, che mi rendiate felice, quando mi inebrierete di voi medesimo? Gesù re ammirabile, nobile trionfatore, dolcezza ineffabile, tutto desiderabile! Quando voi visitate il mio cuore, allora io vedo il vero; «la vanità del mondo è per me fumo e puzza; il vostro amore lo rapisce» (In Hymno).
«Egli è tutto desiderabile, dice la Sposa dei Cantici; tale è il mio diletto, ed egli è l\’amico mio» (Cant. V, 16).
17. NOME DI GESÙ. – S. Paolo non sapeva saziarsi del dolce nome di Gesù, e lo aveva ad ogni tratto su le labbra. Per ben duecento diciannove volte egli ripete questo sacro nome nelle quattordici sue Epistole; e quattrocento e una volta il nome di Cristo. «Dio, scriveva egli ai Filippesi, ha dato al nostro Salvatore un nome che è al di sopra di ogni altro nome; affinché al Nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e nell\’inferno» (II, 9-10).
Vedi: NOME DI GESÙ.