"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". DOGMA (dal gr. = sembrare, opinare, ritenere): significava in origine opinione. Presso i classici equivaleva a criterio, norma, legge; in questo senso si trova nel N. T. (Lc. 2, 1; Atti Ap., 16. 4).
I primi Padri l\’usano ad indicare un principio di dottrina piuttosto morale. Dal IV sec. (Cirillo Gerosol. e Gregorio Niss.) comincia a prevalere il senso di dogma come verità di fede. Gli Scolastici preferivano i termini articolo o sentenza. Dal sec. XVII in poi si separa dalla dottrina morale la dottrina teoretica della fede con la denominazione di Teologia dogmatica, che è rimasta fino ad oggi.
Il dogma in senso tecnico è una verità rivelata da Dio e come tale proposta dal Magistero della Chiesa ai fedeli, con l\’obbligo di credervi. Così inteso il dogma è verità divina e però immutabile (Conc. Vat. DB. 1800). I Modernisti equiparando il dogma a un\’espressione simbolica del sentimento religioso in perenne sviluppo (v. Simbolismo) o a una norma pratica della coscienza religiosa (v. Prammatismo), hanno ammesso una evoluzione intrinseca del dogma, che deve rispondere alle indefinite fasi di quel sentimento e di quella coscienza.
Questi errori sono stati condannati da Pio X (Enc. «Pascendi» e decr. «Lamentabili»: DB, 2026 e 2079 ss.).
Secondo la dottrina cattolica il dogma non può subire mutamenti intrinseci e sostanziali; un\’evoluzione c\’è da parte dei fedeli nella conoscenza e nell\’espressione del dogma (evoluzione estrinseca o soggettiva). Questo legittimo progresso apparisce dalla storia delle formule dogmatiche definite dalla Chiesa, man mano che si è penetrato e chiarito il senso delle verità contenute nelle fonti della divina rivelazione.