DIVORZIO

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". DIVORZIO: in senso stretto è la soluzione del vincolo matrimoniale. in forza della quale i coniugi possono contrarre nuove nozze; in senso largo è la separazione (quanto alla casa, al vitto ecc.) dei coniugi, fermo rimanendo il vincolo matrimoniale.

Il divorzio in senso stretto fu concesso da Dio ai Giudei «ob duritiam cordis eorum» e penetrò così profondamente nel costume romano e barbarico da rendere particolarmente difficile alla Chiesa il compito di far accettare dai fedeli e dai legislatori il principio dell\’indissolubilità del vincolo coniugale, che essa aveva attinto dal diritto naturale e sopratutto dalla rivelazione. Sebbene il divorzio non sia direttamente contrario al fine primario del matrimonio, cioè alla procreazione ed educazione della prole (ragione per cui Iddio poté dispensare temporaneamente dalla primitiva legge dell\’indissolubilità) si oppone però diametralmente al fine. Secondario, ossia al vicendevole aiuto e alla mutua concordia del coniugi, come appare evidente a chi rifletta di quanti disordini sia occasione la successiva separazione degli sposi (odi, rancori, vendette, abbandono della prole, discordia tra le famiglie, degradazione della donna). Queste e simili ragioni mossero il Divino Restauratore della famiglia e della società umana ad abrogare la concessione fatta nell\’A. T. riconducendo l\’istituto matrimoniale alla originaria indissolubilità. Gesù infatti con frase scultorea affermò: «Chiunque rimanda la propria moglie e ne prende un\’altra, commette adulterio e chi prende la donna rimandata da un altro commette adulterio» (Lc. 16, 18, cf. 1 Cor 7, 10-11; Rom. 7, 2-3). Il pensiero del Maestro fu illustrato dai Padri, applicato costantemente dalla Chiesa Romana (che dovette sostenere lotte gigantesche con imperatori e principi libertini, l\’ultimo dei quali porta il nome di Enrico VIII, che in occasione del suo divorzio proibito da Roma fece divorziare dalla vera fede tutto un popolo!) e finalmente definito con precisi termini nel Conc. di Trento (DE. 975, 977). E\’ vero che gli Orientali scismatici e i Protestanti. grandi fautori del divorzio, obiettano una frase del Signore: «Io poi vi dico che chiunque avrà rimandata la propria moglie, eccetto il caso di adulterio, le fa commettere adulterio e chi prende una donna rimandata commette lo stesso peccato» (Mt. 5, 32, cf. 19, 9). Rispondiamo subito che l\’inciso anche separato dal complesso della dottrina evangelica e dalla Tradizione non necessariamente implica che Cristo permetta il divorzio nel caso di adulterio di una delle due parti. Infatti stando alla forza delle parole, e al contesto, Gesù, enunziando la legge dell\’indissolubilità, vuole prescindere dalla questione molto spinosa per i suoi uditori dell\’adulterio; verrebbe quindi a dire: chiunque avrà rimandata la propria moglie (prescindendo ora dal caso di adulterio) le fa commettere peccato». Recentemente un chiaro esegeta tedesco, l\’Allgeier, con molta erudizione, ha tentato di ricostruire la frase aramaica usata da G. C. ed ha concluso che l\’inciso non è che una esclamazione intercalata dal Divin Maestro, per dar più forza alla sua parola: «Chiunque avrà rimandato la propria moglie, ciò che non deve fare (quod ne faciatis!), le fa commettere adulterio». Così scomparirebbe ogni difficoltà. Concludiamo dicendo che se anche esegeticamente rimanesse qualche piccola nube, questa viene dissipata pienamente dalla Tradizione.