B. MARIA CATERINA TROIANI DI S. ROSA DA VITERBO (1813-1887)

Nacque il 19 gennaio 1813 a Giuliano di Roma. Ad appena sei anni rimase orfana della madre e venne accolta nel Conservatorio delle Monache della Carità a Ferentino dove, l’8 dicembre 1829 vestì l’abito religioso cambiando il nome in Maria Caterina di S. Rosa da Viterbo. Madre Caterina Troiani ed altre tre suore, nell\’agosto 1859 s’imbarcano a Civitavecchia per fondare al Cairo un monastero della Congregazione. Madre Caterina Troiani sarà Madre Superiora Generale e guidò la nuova Fondazione non arrendendosi mai davanti alle difficoltà. Concluse la sua laboriosa vita terrena il 6 maggio 1887 a 74 anni, venendo sepolta nel cimitero latino del Cairo, tra il compianto unanime di cristiani e di musulmani.

Questa intrepida religiosa, fondatrice delle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria, nacque in Giuliano di Roma, nella diocesi di Ferentino (Prosinone), il 19-1-1813, terza dei quattro figli che Tommaso, agiato possidente e organista in parrocchia con onorario, ebbe da Teresa Panici-Cantoni, di civile condizione e molto pia. Fu battezzata lo stesso giorno in cui nacque con i nomi di Costanza, Domenica, Antonia, e fu educata molto religiosamente dalla madre fino a quando, nell\’estate del 1819, il marito la uccise forse per gelosia, Costanza, per volere del vescovo, mons. Gaudenzio Patrignani (+1823), in visita pastorale a Giuliano, fu messa come convittrice nel Conservatorio di S. Chiara della Carità di Ferentino in cui, sotto la guida della fondatrice, Madre Anna Manaccioni (11831), si preparò ai primi sacramenti, imparò a crescere obbediente e riflessiva, si istruì alla lettura delle vite dei santi e degli Annali delle Missioni Africane dell\’Opera della Redenzione degli schiavi. Il fratello Francesco fu posto in seminario e divenne prete.
La beata a quindici anni decise di farsi suora. Una zia avrebbe voluto riportarla nel secolo, ma ella le rispose che dal convento non sarebbe più uscita. Aveva ormai acquistato quel senso di Dio che l\’avrebbe portata alla santità. L\’8-12-1829 fece la vestizione con il nome di Suor Maria Caterina di S. Rosa da Viterbo, e l\’anno dopo professò i voti semplici. Il vescovo, Mons. Giuseppe Lais (+1836), bene al corrente della sua preparazione, la incaricò di insegnare nella scuola elementare del monastero abitato da una dozzina di suore.
La spiritualità della beata per ventotto anni sarà plasmata da Madre M. Aloisia Castelli, eletta priora, il 4-5-1831, del pio sodalizio regolare. Donna virile e intelligente, la neo-eletta si scelse subito come segretaria la Troiani, suora ingegnosa non soltanto come maestra, ma anche come sarta e ricamatrice, alla quale per due anni fece impartire lezioni di computisteria a completamento della sua preparazione. Nei primi dieci anni di governo della Castelli, la beata fu quindi in grado di ricoprire l\’incarico di camerlenga e di maestra delle educande, ma non fu mai eletta Priora perché aveva fatto voto di vivere sempre nell\’oblio. Del monastero in cui visse ci ha lasciato la narrazione degli avvenimenti principali dalla fondazione nel 1803 al 1857.
Quando il vescovo di Ferentino, Mons. Vincenzo Macioti (+1840), ingannato sul conto delle claustrali di S. Chiara della Carità da persone ad esse contrarie, si era messo in testa di trasformarle in Maestre Pie senza clausura e, quindi, di non riconoscerne la fisionomia francescana, la Castelli con la segretaria trascorse vari mesi a Roma in periodi diversi, e dopo tante pene, preghiere e suppliche il 17-6-1842 ottenne da Gregorio XVI (+1846) l\’erezione canonica del loro monastero e l\’approvazione pontifica delle costituzioni rinnovate sotto la regola di S. Chiara. Alla Priora fu quindi dato il titolo di Abbadessa. Anche la vocazione missionaria che da tanti anni Suor Caterina sentiva crescere in sé ebbe una felice soluzione per mezzo del confessore del monastero, P. Giuseppe M. Modena da S. Remo OFM., guardiano del convento di S. Agata in Ferentino e missionario apostolico. Nel corso delle predicazioni da lui tenute in Egitto per tutto il 1852 ebbe modo di conoscere il desiderio che il Vicario Apostolico, Mons. Perpetuo Guasco (+1859), aveva concepito di affidare a delle religiose l\’educazione delle giovani nella città del Cairo.
Di ritorno a Ferentino egli ne parlò alle claustrali da lui dirette, ed esse accolsero volentieri l\’idea di andarvi a fondare una loro casa. Anima di quel progetto missionario fu Suor Caterina la quale ottenne dal cugino Mons. Giuseppe Bovieri (+1873), Internunzio Apostolico in Svizzera, la promessa di un aiuto annuale di mille franchi, e dalla Castelli tutto il sostegno necessario per disporre le consorelle a quella fondazione.
Appena nel quartiere arabo del Cairo detto di Clot-Bey fu acquistata una casa, il vescovo di Ferentino, Mons. Bernardo M. Tirabassi (+1865), con il consenso di quasi tutte le religiose radunate in capitolo, il 14-2-1859, ne scelse sei con alla testa come superiora la Castelli, e dopo il "nulla osta" del Card. Alessandro Barnabò, Prefetto di Propaganda Fide, le benedisse sulla piazza centrale di Ferentino gremita di gente in lacrime e le licenziò. Nel drappello, guidato dal P. Giuseppe, figurava anche la Troiani la quale, nel 1855, aveva scritto a Mons. Bovieri che fin dal 1835 il Signore le aveva fatto intendere "volere da lei cosa alla maggior gloria sua e salvezza delle anime", la quale "riguardava la conversione di un popolo d\’oltre mare". Con la scelta da lei fatta era quindi certa di portare a compimento i disegni che Dio aveva su di lei.
Madre Castelli giunse con le consorelle al quartiere Clot-Bey il 14-9-1859, ma al posto di Mons. Guasco, improvvisamente defunto, seppe che ad Alessandria era stato eletto Mons. Pasquale Vujcic OFM., dalmata. Perici e perle cinque compagne cominciarono subito i guai. Credendo che le nuove arrivate volessero fabbricare sulle altrui rovine, fare cioè concorrenza alle suore francesi del Buon Pastore già presenti in Egitto, egli notificò alla Castelli che era sua intenzione, oltre che del console francese, di rimandarle in Italia. La superiora, spalleggiata dalla Troiani, non solo tenne duro, ma aprì in Cario un\’altra scuola anche a costo della propria salute. L\’opera delle missionarie fu sostenuta dal P. Giuseppe presso i confratelli del vicino convento al Muski, ma soprattutto dalle famiglie che mandavano alla loro scuola le proprie figlie con grande soddisfazione.
Alla fine del 1861 Mons. Vujcic fece visita alla casa che le monache avevano posto sotto la protezione di S. Giuseppe, e notò che le loro costituzioni non erano adatte all\’ambiente. Avvalendosi della sua giurisdizione, il 23-1-1862 nominò Suor M. Caterina Troiani presidente della casa di Clot-Bey fino al prossimo capitolo, dispensandola dal voto che aveva fatto di non accettare cariche in comunità. La beata, allora e in seguito, obbedì convinta com\’era che "chi fa sempre la volontà di Dio ha un paradiso anticipato". Comprese che solamente così le sarebbe stato possibile continuare l\’attività missionaria intrapresa. Ebbe molto a soffrire per la ristrettezza delle risorse, la scarsezza del personale ben preparato e il colera scoppiato nel 1863 che le portò via diverse persone, ma non si scoraggiò. Con le questue da lei fatte presso le famiglie benestanti, le banche, i consolati e gli alberghi, e gli assegni annui di grano ottenuti dal viceré di Egitto, Ismail Pascià, riuscì ad ampliare la casa, a fare costruire una chiesetta e a mantenere in funzione l\’orfanatrofìo e il pensionato.
In seguito all\’operato di Mons. Vujcic il monastero di Ferentino ruppe le relazioni con quello di Clot-Bey. Madre Castelli con una delle pioniere vi ritornò nell\’aprile del 1864 per spiegare alle "monachelle" che la nuova situazione non era stata da loro voluta, ma soltanto subita, ma esse non ne vollero sapere e poiché dicevano di non disporre né di personale né di risorse per soddisfare le loro richieste di aiuto, nel capitolo delFll-8-1865 decisero di separarsi. Il Card. Barnabò studiò a fondo la questione. D\’accordo con Mons. Luigi Ciurcia, succeduto a Mons. Vujcic, trasferito ad altra sede, rimandò al Cairo la Castelli ormai irrimediabilmente malata, invitò Madre Troiani a Roma per la primavera del 1868, il 5 luglio ottenne da Pio IX che il monastero di S. Giuseppe del Cairo fosse eretto in Istituto Missionario indipendente, sotto la guida di Madre Troiani fìno alla elezione dopo il sessennio di prova, e il 10 novembre riuscì a persuadere il Ministro Generale dei Frati Minori, Raffaele da Pontecchio, ad aggregare il nuovo Istituto alla famiglia francescana come Terz\’Ordine regolare. Fu così assicurato l\’avvenire della nuova congregazione, alla quale nel 1890 chiederanno di essere unite anche le "monachelle" di Ferentino perché prive di vocazioni.
Madre Troiani, dopo una udienza pontificia e la fondazione in Italia di due piccole comunità per l\’accettazione di giovani aspiranti alla vita missionaria, nell\’agosto del 1869 fece ritorno al Cairo con sette postulanti. Sicura ormai di camminare sulla giusta via aprì ben presto un\’altra scuola al Bolacco, quartiere della città, e casa-scuola a Mansura, a Dannata, a Kafr el Zayat, e anche a Ismailia, con l\’aiuto di Ferdinando Lesseps (+1894), presidente del canale di Suez. Nella sua vita la beata curò con sentimenti veramente materni due opere in modo speciale: quella del riscatto delle Morette e quella dei Trovatelli. La prima era stata iniziata a Clot-Bey nel 1860 e si era sviluppata con l\’aiuto di Don Biagio Verri (+1844), succeduto a Don Nicolo Olivieri (+1864) nella redenzione dei piccoli schiavi neri sui mercati dell\’Egitto. Costui a Marsiglia aveva stabilito il centro del suo movimento. A Madre Troiani inviava il denaro che riusciva a raccogliere, ed ella gli inviava, tramite una suora, le morette che riusciva a riscattare perché le facesse educare in ospizi europei. Furono 748 le morette che in questa maniera salvò dalla prostituzione. L\’opera dei Trovatelli trovò posto nella casa di S. Giuseppe nel 1872. Erano i neonati, frutto di prostituzione e di malavita, che madri infelici e senza cuore abbandonavano per le strade e tra i cespugli dei giardini pubblici. Ne salvò da sicura morte ben 1574 pagando balie perché li nutrissero e affidandoli a famiglie desiderose di accoglierli.
Nel 1876 a Clot-Bey c\’erano centocinquanta persone da governare, formare e nutrire. Anche nelle altre case dell\’Istituto non mancavano le difficoltà di ogni genere. La beata le visitava sovente per correggere abusi, stimolare energie, esortare le religiose, che vi risiedevano, alla santità. Non si stancava di raccomandare loro: "Non facciamo nulla senza prima interrogare Dio, lo Spirito Santo e l\’angelo custode". Le varie comunità facevano la comunione tre volte la settimana. A lei il confessore aveva concesso di farla tutti i giorni. Innamorata dell\’Eucaristia voleva che le sue figlie ne facessero l\’adorazione continua nei primi venerdì del mese, nella festa del S. Cuore e nell\’ottava del Corpo del Signore. Quando non poteva compiere la visita a Gesù sacramentato a causa delle sue occupazioni, ne incaricava l\’angelo custode e S. Giuseppe, che aveva dipinti sopra un quadruccio, che teneva esposto sulla scrivania, a destra e a sinistra di una grande ostia sovrastante il monte Calvario con le tre croci. Tutti i venerdì e tutte le domeniche faceva la Via Crucis. Quando voleva ottenere la conversione di qualche peccatore compiva il pio esercizio tenendo le mani sotto le ginocchia. Dopo le preghiere della sera si ritirava nel dormitorio comune e, prima di addormentarsi, recitava ancora, per il suffragio delle anime del purgatorio, l\’Ufficio dei Morti che sapeva a memoria.
Nonostante così ardente aspirazione alla vita di perfezione, non si comprende come abbiano fatto i frati minori che si susseguirono nella casa di S. Giuseppe come cappellani o confessori a non valutare rettamente lo zelo dispiegato dalla Madre Troiani nelle sue opere, a ingerirsi indebitamente negli affari interni della sua comunità e quindi a crearle grandi difficoltà. Qualcuno giunse persino a imporle delle pubbliche umiliazioni come quella di baciare i piedi delle suore che l\’avevano ingiustamente accusata, o di prostrarsi alla porta del refettorio in modo che le suddite, entrando, fossero costrette a passarle sopra. Le diedero così modo di ritenersi "la ciabattella della comunità" e di mettere in pratica i propositi che aveva fatto nel corso degli esercizi spirituali del 1870; di riporre tutta la sua gloria nell\’oblio; tutta la sua ricchezza nello spogliamento; tutta la sua grandezza nel disprezzo.
Mons. Ciurcia ebbe il torto di avallare dicerie e calunnie senza prima ascoltare le suore nel corso di una visita canonica. Giunse perfino a manifestare apertamente il suo disprezzo per la fondatrice e a cercare di paralizzarne le opere. Al colmo del suo sdegno, all\’inizio del 1876 mandò al Cairo il P. Elia Scorich, suo intransigente provicario generale, con pieni poteri. Costui, dopo avere esaminato ogni cosa e ascoltato le religiose delle varie case dell\’Istituto, fu costretto a dire alla superiora: "Vi assicuro che ero venuto qui con ben diverse intenzioni, ma sono invece contento di poter riferire a monsignore che le cose procedono sotto l\’occhio di Dio". Madre Troiani, sollecitata dal servo di Dio P. Bernardino da Portogruaro (+1895), per venti anni Ministro Generale dell\’Ordine, il 13 febbraio dello stesso anno gli espose con sincerità e fiducia la reale situazione della sua congregazione e gli si raccomandò soltanto per avere "un confessore secondo il cuore di Dio". Un anno dopo, in ottemperanza alle costituzioni definitivamente approvate, si celebrò nell\’Istituto il primo capitolo generale sotto la presidenza di Mons. Ciurcia e Madre Troiani fu eletta, a pieni voti, superiora generale dalle ventiquattro vocali presenti. Per la beata non era ancora terminata la salita al monte Calvario. Difatti nel 1882 l\’insurrezione degli arabi contro gli inglesi la costrinse a mettere in salvo le suore e le bambine parte a Gerusalemme, parte a Marsiglia e parte a Napoli. La Provvidenza di Dio e la protezione di S. Giuseppe non le vennero meno. Ella si stabilì a Roma nel monastero della Compassione, e mantenne i contatti con le suore disperse per il mondo fino a che, per la fine dell\’anno, non riuscì a ricondurle di nuovo nelle proprie case.
Il 26-4-1883 le Francescane Missionarie di Maria, radunate in capitolo, ancora una volta dessero, all\’unanimità, Madre Troiani come loro superiora generale, benché avesse ormai settantenni e la salute di lei lasciasse molto a desiderare. Approfittò tuttavia del tempo che ancora le rimaneva di vita per consolidare la sua opera e fondare altre case in Italia, a Malta e a Gerusalemme. In seguito a tante fatiche il cuore le si indebolì, le gambe le si gonfiarono e si riempirono di varici purulente. A Pasqua nel 1887 sì mise a letto, sottoscrisse, alla presenza del console italiano, il testamento che aveva già preparato, consegnò tutte le chiavi alle sue due consultrici, raccomandò loro di avere coraggio e fiducia in Dio, e il 6 maggio spirò dopo aver esclamato: "Gesù mi chiama!".
Appena la notizia del suo transito si diffuse per il Cairo, chi la conosceva esclamò: "E\’ morta la santa, la madre dei poveri!". I musulmani dissero rattristati: "Non avremo più un\’altra mamma come questa". Giovanni Paolo II ne riconobbe l\’eroicità delle virtù il 12-7-1982, e la beatificò il 14-4-1985. Dal 3-12-1967 le sue reliquie sono venerate a Roma nella casa generalizia delle Suore da lei fondate.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 5, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 112-118.
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