Nel mese di Ottobre 1869 Don Pelczar fu trasferito nel seminario di Przemys’l con l’incarico di prefetto e di professore. Fin d’allora si distinse per la difesa che fece del primato e dell’infallibilità papale, provocando reazioni negli ambienti dominati dai radicali. Un anno dopo, gli fu affidato l’insegnamento della teologia pastorale. Egli molto lo amò, perché gli offriva l’occasione di formare gli alunni allo spirito sacerdotale. Nella primavera del 1873 pubblicò la sua prima opera intitolata: Vita spirituale. Nel 1924 aveva già raggiunto l’ottava edizione. Durante il suo episcopato darà alle stampe altri 42 libri di complessive 27.503 pagine in cui, con grande erudizione, prudenza e sollecitudine pastorale, difenderà la fede cattolica dal modernismo, dal socialismo e dalla massoneria. Nello stesso tempo nei fedeli inculcherà la devozione al S. Cuore di Gesu e alla Vergine SS.
La vita di questo vescovo, molto erudito e zelante, si svolse nel tempo in cui buona parte delle terre della Polonia erano occupate dalla Prussia protestante (Granducato di Pomerania), dalla Russia ortodossa
(Lituania, Volinia, Podolia e Ucraina) e dall’Austria cattolica (Galizia). Il
cristianesimo, dichiarato religione ufficiale dal duca Mieszko I Piasti nel
966, plasmò talmente l’animo del popolo polacco da fargli considerare religione
e patria quasi come una cosa sola. Sotto l’ispirazione della Chiesa esso seppe
perciò dare prova di sorprendente vitalità nel lungo periodo di servitù e di
persecuzione politica e religiosa (1795-1918).
Il Beato nacque a Korczyna, nella diocesi di Przemysl,
il 17-1-1842. Fu uno dei quattro figli che Adalberto, modesto contadino, ebbe
da Marianna Miesowicz, donna molto religiosa. Prima ancora che nascesse lo
aveva consacrato alla Madonna di Lezajsk. Riconoscente per tutta la vita, il
Beato nutrirà verso di lei una particolare devozione. Al fonte battesimale gli
furono imposti i nomi di Giuseppe e Sebastiano. Secondo il fratello Giovanni,
Giuseppe “da ragazzo era molto buono con tutti, cortese, modesto, allegro.
Sapeva anche fare degli scherzi, tuttavia sempre innocenti”.
Il Beato iniziò gli studi nella scuola popolare di Korczyna nel 1847. Nell’Autobiografia che ci ha lasciato afferma:
“Fui un ottimo allievo, e ogni anno prendevo premi perché Dio mi ha dato
capacità, una tenace memoria e una straordinaria volontà di studio. Fin
d’allora il mio sogno era di diventare sacerdote, e già nella mia testa si
annidavano pensieri ambiziosi. Una volta – se ricordo bene – alla domanda di
qualcuno perché volessi diventare prete, risposi; “Perché voglio che la
gente mi chiami monsignore e che mi baci la mano””.
Nel 1850 Giuseppe frequentò un istituto scolastico di
Rzeszów in cui “il bastone era nella scuola il padrone onnipotente, dal
quale non si poteva salvare neanche il migliore allievo”. Nel 1852, dopo
avere preso parte alle feste celebrate nel santuario della Madonna di Lezajsk a
ricordo del centenario della sua incoronazione, iniziò gli studi ginnasiali
sempre con ottimi risultati. Fu allora che cominciò ad appassionarsi, oltre che
alla religione, anche alla storia, specialmente della Polonia, sebbene
l’ambiente scolastico allora fosse a ciò sfavorevole, in quanto era punita ogni
forma di patriottismo. Nell’Autobiografia attesta: “Volendo aiutare i miei
genitori, davo lezioni agli studenti, e questo mi aprì le porte di alcune fra
le più distinte case, dove acquistai un certo stile di vita. Ma non feci mai il
damerino, tanto più che dovevo combattere sempre con una certa timidezza”.
Dal 1858 al 1864 il Pelczar fu allievo del seminario di
Przemysl per lo studio della filosofia e della teologia. Nel 1860 superò con
lode l’esame di maturità. Già allora vagheggiava l’ideale della vita
sacerdotale e sentiva la bellezza della sua vocazione. Scrisse nell’Autobiografia:
“Impallidiscono gli ideali terreni. Vedo l’ideale della mia vita nel
sacrificarsi, e l’ideale del sacrificio nel sacerdozio. La scintilla della
vocazione, ingrandita dal ritiro spirituale, cresce con l’aiuto di Dio e arde
per la fiamma della fede e dell’amore. I massacri e le persecuzioni a Varsavia
nel 1861 risvegliano l’amore per la patria e la prontezza per i sacrifici. Mi
inculca la vocazione di sacerdote-polacco, e l’idea conduttrice diventa per me
il lavoro spirituale per gli uomini”. Quando nei 1863 scoppiò
l’insurrezione nel Regno Polacco il Beato, con alcuni compagni, decise di dare
la vita per la patria. Il rettore li ricondusse presto a più miti consigli
dicendo loro: “Che aiuto darete all’insurrezione, se nessuno di voi non ha
avuto neanche una volta la carabina in mano? Il vostro sacrificio sarà vano.
Invece, lavorando per Dio tutta la vita, renderete un grande servizio alla
patria”.
Al termine dello
studio della teologia, in cui conseguì sempre la massima votazione, il beato fu
ordinato sacerdote il 17-7-1864 nella cattedrale di Przemys’l, alla presenza
del vecchio genitore in lacrime. Un mese dopo fu nominato Vicario a Sambor,
dove si acquistò la simpatia generale con lo zelo, l’eloquenza e la cortesia.
Ogni tanto qualche parrocchiano lo invitava a prendere parte alla vita mondana,
ma egli se ne schermiva dicendo che preferiva rimanere raccolto. Dalla fine del
1865 al 17-4-1868 Don Pelczar fu mandato dai superiori a Roma affinchè si
laureasse in teologia e diritto canonico. Colà ebbe modo di avvicinare in varie
occasioni Pio IX (+1878) il quale divenne per lui “oggetto di amore e
modello di fede incrollabile”.
Ritornato in patria, il Beato si mise all’opera con
raddoppiata energia per rianimare la vita ecclesiastica che si stava appena
riprendendo dal giurisdizionalismo attuato dall’imperatore d’Austria, Giuseppe
II d’Asburgo (+1790), anche nella Galizia da lui occupata nella prima
spartizione della Polonia (1772). Mandato a Wojutycze in qualità di vicario il
13-7-1868 si adoperò per trasformare il popolo “che frequentava la chiesa
malvolentieri, si confessava di rado, non conosceva neanche il rosario, ma
aveva una grande predilezione per la vodka”. All’inizio del 1869 tornò a
Sambor, come vicario, e per undici mesi il pulpito, il confessionale, la scuola
e le riunioni della Società di S. Vincenzo de’ Paoli assorbirono tutto il suo
tempo.
Nel mese di Ottobre 1869 Don Pelczar fu trasferito nel
seminario di Przemys’l con l’incarico di prefetto e di professore. Fin d’allora
si distinse per la difesa che fece del primato e dell’infallibilità papale,
provocando reazioni negli ambienti dominati dai radicali. Un anno dopo, gli fu
affidato l’insegnamento della teologia pastorale. Egli molto lo amò, perché gli
offriva l’occasione di formare gli alunni allo spirito sacerdotale. Nella
primavera del 1873 pubblicò la sua prima opera intitolata: Vita spirituale.
Nel 1924 aveva già raggiunto l’ottava edizione. Durante il suo episcopato darà
alle stampe altri 42 libri di complessive 27.503 pagine in cui, con grande
erudizione, prudenza e sollecitudine pastorale, difenderà la fede cattolica dal
modernismo, dal socialismo e dalla massoneria. Nello stesso tempo nei fedeli
inculcherà la devozione al S. Cuore di Gesù e alla Vergine SS.
Nel 1877 Don Pelczar, con il permesso dei rispettivi
ordinari, per malattia di stomaco e di fegato, fu costretto a trasferirsi a
Cracovia ove il 19-3-1877 l’imperatore Francesco Giuseppe (+1916) lo nominò
professore di Storia Ecclesiastica e di diritto canonico presso l’Università
Jaghellonica. Successivamente fu nominato docente anche di teologia pastorale,
e lavorò presso la curia come referendario e giudice. Nel 1882 fu eletto
canonico della cattedrale e, dal 1882 al 1883, rettore della predetta
Università.
A Cracovia il Beato collaborò con le associazioni già
esistenti o ne fece sorgere di nuove a favore degli artisti, degli artigiani,
del popolo minuto, minacciato dalle correnti dei radicali. A tutela delle
apprendiste diede vita alla confraternita della “Regina della Corona di
Polonia”, dalla quale sorse poi un ramo separato di attività per la
protezione delle donne di servizio. A difesa della gioventù nel 1884 tenne
conferenze sulla necessità della religione e sulle cause dell’ateismo
giustamente considerate “gioielli di arte oratoria”. Alla direzione
dell’ospizio e della scuola pratica di collaboratrici domestiche che aveva fatto
sorgere prepose una donna del popolo, ma con scarsi risultati. Fu allora che
ritenne più conveniente affidare l’opera alle Ancelle di Gesù, fondate dal
cappuccino B. Onorato da Biala (+1916), nel territorio dominato dalla Russia.
Don Pelczar mirava a costituire per esse una provincia nella regione di
Cracovia, che dipendeva dall’Austria, con l’ampliamento dei compiti originali,
ma la superiora generale non ne volle sapere. Allora, con il consenso del Card.
Albino Dunajewski, arcivescovo della città, il 15-4-1894, fondò le Ancelle del
S. Cuore di Gesù per la cura dei malati e degli anziani a domicilio, negli
ospedali e negli ospizi, e l’istruzione e l’educazione delle ragazze
abbandonate.
Don Pelczar molto faticò e spese per il consolidamento e
lo sviluppo della congregazione. Nell’Autobiografia confessa: “Non tutto
andava così come desideravo, e subii parecchie delusioni o rimproveri da parte
della gente. Ma non rimpiango né le difficoltà, né i sacrifìci, né i dolori,
essendo convinto che Dio li desiderava da me, o come penitenza per i miei
peccati, o come mezzo per santificarmi e aiutare altre anime”.
Le spiccate buone qualità del Beato, unite a una larga
attività pastorale, sociale e didattica, attirarono l’attenzione della S. Sede.
Difatti, nel 1898 lo scelse quale suffraganeo di Przemysl e decano del
capitolo, e quando morì l’ordinario, Mons. Luca Solecki (+ 2-3-1900), alla fine
dell’anno gli successe nel governo della diocesi. Era stato consacrato vescovo
il 19-3-1899. E imponente l’attività che vi svolse. Fece difatti restaurare la
cattedrale e rinnovare l’episcopato, costruire nuove chiese, creare nuovi
centri parrocchiali, fondare il piccolo seminario che dotò a proprie spese e
frequentemente visitò. Per elevare moralmente la diocesi riformò gli statuti
della Confraternita della Temperanza, diffuse la Confraternita del SS.
Sacramento, vegliò perché si tenessero ovunque missioni e organizzò nei locali
del municipio conferenze di apologetica alle quali la gente assistette in
massa.
Il santo pastore, essendo straordinariamente laborioso,
preparava con cura le prediche che doveva tenere in cattedrale o nelle chiese
che visitava nelle varie circostanze liturgiche, scriveva di suo pugno le
lettere pastorali che faceva pervenire al clero e ai fedeli, ogni anno visitava
parte della diocesi, ogni tanto celebrava un sinodo per regolamentarne la vita.
Il primo, il più importante di tutti, lo tenne nel 1902 dopo 170 anni
dall’ultimo. Altri due ne tenne nel 1908 e nel 1914. Per adeguare le leggi diocesane
al nuovo codice di diritto canonico, promulgato da Benedetto XV nel 1917,
lavorò per organizzarne un quarto, ma la morte non gli permise di celebrarlo.
L’imperatore d’Austria si dimostrò grato a Mons, Pelczar per l’attività che
svolgeva in favore della Polonia, nominandolo suo consigliere segreto, membro
della Camera dei Nobili e conferendogli la Croce di ferro di seconda classe.
Durante la prima guerra mondiale (1914-1918) il Beato si
adoperò per andare incontro alle necessità dei fedeli organizzando il Comitato
Vescovile di Soccorso, fondando presso la cattedrale una cucina gratuita,
facendo distribuire ogni settimana per mezzo del suo cappellano l’elemosina a
tutti i poveri che si presentavano alla porta dell’episcopio, facendo appello all’Unione
Cattolica da lui organizzata per il sollievo delle umane miserie, incoraggiando
la gente a formare guardie pompieri e a coltivare orti di guerra.
Nel 1915, in occasione dell’avanzata dell’esercito russo,
Mons. Pelczar, per non perdere il contatto con la diocesi, trasferì in altre
città la sua residenza con il patrimonio diocesano. L’ausiliare con il capitolo
sarebbero rimasti in città a guardia delle reliquie della cattedrale. Allo
scoppio della guerra il santo vescovo, con gran parte dei polacchi,
simpatizzava per l’Austria e la sua dinastia cattolica. Il Comitato Nazionale
Supremo aspirava per la Polonia alla cosiddetta soluzione austro-polacca. Mons.
Pelczar, per incarico di detto Comitato, si recò due volte a Vienna,
dall’imperatore Carlo I d’Asburgo (+1922) e re d’Ungheria, a proporgli di
accettare la corona della Polonia, nonché di unire la Polonia all’Austria,
mediante una unione personale, in base agli stessi principi che univano
l’Ungheria all’Austria. Il trattato di pace firmato il 3-3-1918 tra la Germania
e la Russia, ormai dominata da Lenin (+1924), a Brest-Litowsk, pose termine
alle sue attese.
Il 7 ottobre dello stesso anno il Consiglio di Reggenza
annunciò a Varsavia la restaurazione della Polonia libera, indipendente e
unita. Ed il 25-10-1919 Mons. Pelczar, su invito del Nunzio Apostolico Achille
Ratti, futuro papa Pio XI, si recò nella capitale polacca per essere suo
consacrante all’ordinazione episcopale. Nell’ultimo periodo della vita il Beato
fu costretto a limitare la propria attività personale tanto per l’avanzata età,
quanto per le precarie condizioni di salute. Morì in sede a causa di una grave
polmonite il 28-4-1924, edificando quanti lo assistettero con la sua serena e
cristiana preparazione all’incontro con Dio. La sua salma fu tumulata nella
chiesa del S. Cuore di Gesù, che aveva fatto restaurare. Giovanni Paolo II
riconobbe l’eroicità delle virtù del Pelczar il 18-2-1989 e lo beatificò il
2-6-1991 a Rzeszow in Polonia.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del
giorno, vol. 3, Udine: ed. Segno,
1991, pp. 288-294.
http://www.edizionisegno.it/