Di Adolfo Tanquerey. Parte seconda. Le Tre Vie. LIBRO III. Capitolo III. Fenomeni mistici straordinari. Art. I. Fenomeni mistici straordinari divini. § I. Fenomeni divini intellettuali. I. Rivelazioni private. 1° Natura delle rivelazioni private. 2° Regole per ben discernere le rivelazioni. A) Regole riguardanti la persona favorita di rivelazioni. B) Regole riguardanti la materia delle rivelazioni. C) Regole riguardanti gli effetti prodotti dalle rivelazioni. D) Regole per discernere il vero dal falso nelle rivelazioni private. Conclusione: Condotta da tenere rispetto alle rivelazioni private.
CAPITOLO III.
Fenomeni mistici
straordinari.
1489. Descrivendo la contemplazione,
lasciammo da parte i fenomeni straordinari che spesso, a partire
dall’unione estatica, l’accompagnano: visioni, rilevazioni, ecc. E poichè il
demonio scimmiotta le opere divine, avvengono talora nei mistici veri e
nei falsi anche fenomeni diabolici. Parleremo quindi prima dei fenomeni
divini e poi dei fenomeni
diabolici.
ARTICOLO I.
FENOMENI MISTICI STRAORDINARI DIVINI 1490-1.
Doppia è la specie dei fenomeni di questo
genere: quelli di
ordine intellettuale e quelle di
ordine psicofisiologico.
§
I. Fenomeni divini intellettuali.
Questi fenomeni si riducono a due principali:
le rivelazioni
private e le grazie
gratisdate.
I.
Rivelazioni private.
Ne esporremo:
-
1° la
natura;
-
2° le
regole per distinguere le revelazioni vere dalle
false.
1° NATURA DELLE
RIVELAZIONI PRIVATE.
1490. A) Differenza tra le
rivelazioni private e le pubbliche. La rivelazione divina in generale è la
manifestazione soprannaturale fatta da Dio di una verità nascosta. Quando questa
manifestazione si fa per il bene di tutta la Chiesa si ha la rivelazione
pubblica; quando si fa per l’utilità particolare di coloro che ne
son favoriti, si ha la rivelazione privata. Di questa sola parliamo.
Ci furono sempre, in tutti i tempi,
rivelazioni private, come se ne ha esempi nella Scrittura e nei processi di
canonizzazione. Tali rivelazioni non entrano nell’oggetto della fede cattolica,
che abbraccia unicamente il deposito contenuto nella Scrittura e nella
Tradizione, affidato all’interpretazione della Chiesa. Non vincoliamo quindi la
fede di tutti i fedeli; e quando la Chiesa le approva, non ci obbliga a
crederle, ma solo permette, come dice Benedetto XIV, che siano
pubblicate ad istruzione ed edificazione dei fedeli; onde l’assenso che vi si
deve prestare non è atto di fede cattolica, ma atto di fede umana fondato
sull’essere queste rivelazioni probabili e pienamente
credibili 1490-2. — Le rivelazioni private non si
possono pubblicare senza l’approvazione dell’autorità ecclesiastica 1490-3.
Parecchi teologi però opinano che le persone
a cui sono fatte coteste rivelazioni, e quelle a cui Dio fa annunziare questi
voleri, possono farne materia di atto di vera fede, purchè abbiano prove certe
della loro autenticità.
1491. B) Come avvengono le
rivelazioni. Avvengono in tre modi diversi: con visioni,
con locuzioni
soprannaturali, con tocchi
divini.
a) Le visioni sono percezioni soprannaturali di
oggetti naturalmente invisibili all’uomo. Non sono rivelazioni se non quando
svelano verità nascoste. Sono di tre specie: sensibili,
immaginarie
o puramente intellettuali.
1) Le visioni
sensibili o corporali od oculari, che si dicono anche
apparizioni, sono quelle in cui i sensi percepiscono una cosa reale
naturalmente invisibile all’uomo. Non è necessario che la cosa percepita sia un
corpo in carne ed ossa, basta che sua una forma sensibile o luminosa.
Così è cosa comunemente ammessa con
S. Tommaso che Nostro Signore, dopo l’Ascensione, non apparve
personalmente se non rarissime volte; onde le sue apparizioni sono
ordinariamente in una forma sensibile che non è il suo vero corpo. Quando appare
nell’Eucaristia, dice S. Tommaso, la cosa si spiega in due modi: o con
un’impressione miracolosa sull’organo visivo (come avviene, per esempio, quando
contemporaneamente a uno appare in un modo e a un altro in un altro); oppure con
la formazione nell’aria circostante di una forma sensibile e reale ma diversa
dal corpo di Nostro Signore; perchè, aggiunge, il corpo del Salvatore non può
essere visto nella propria forma che in un luogo solo: “Corpus Christi non
potest in propria specie videri nisi in uno loco, in quo definitive
continetur” 1491-1.
Ciò che si dice di Nostro Signore vale pure
per la SS. Vergine; quindi, quando apparve a Lourdes, il suo corpo stava in
cielo e nel luogo dell’apparizione c’era soltanto una forma sensibile che la
rappresentava. Il che spiega come ora appaia in una forma e ora in un’altra.
1492. 2) Le visioni immaginarie o
immaginative sono quelle prodotte da Dio o dagli angeli
nell’immaginazione sia nella veglia sia nel sonno. Così un Angelo appare
parecchie volte a S. Giuseppe durante il sonno, e S. Teresa racconta
parecchie visioni immaginative dell’umanità di Nostro Signore avute da lei nello
stato di veglia 1492-1; tali visioni sono spesso accompagnate
da una visione intellettuale che ne spiega il significato 1492-2. Avviene alcune volte che si percorrono
in visione terre lontane e allora si tratta per lo più di visioni immaginative.
1493. 3) Le visioni intellettuali
sono quelle in cui la mente percepisce una verità spirituale senza forme
sensibili: tale fu la visione della SS. Trinità avuta da S. Teresa e da noi
riferita al n. 1473.
Queste visioni si fanno o per mezzo di idee già acquisite ma da Dio
coordinate o modificate, oppure con specie infuse, che meglio delle idee
acquisite rappresentano le cose divine. A volte sono oscure e non manifestano
che la presenza dell’oggetto 1493-1; a volte invece sono chiare ma non
durano che un momento: sono come intuizioni che lasciano impressione
profonda 1493-2.
Vi sono visioni che riuniscono due o tre
caratteri nello stesso tempo. Così la visione di S. Paolo sulla via di
Damasco fu insieme sensibile nel contemplare la sfolgorante luce celeste,
immaginativa nel vedersi rappresentata nell’immaginazione la fisionomia
di Anania, e intellettuale nell’intendere il volere di Dio sul conto suo.
1494. b) Le locuzioni o
parole soprannaturali sono manifestazioni del pensiero divino
intese dai sensi esterni o dagli interni o direttamente
dall’intelletto. Si dicono auricolari, quando sono vibrazioni
miracolosamente formate che risuonano agli orecchi; immaginarie, quando
sono percepite dall’immaginazione; intellettuali, quando si rivolgono
direttamente all’intelletto 1494-1.
1495. c) I tocchi divini
sono deliziosi sentimenti spirituali impressi nella volontà da una specie di
contatto divino e accompagnati da viva luce intellettuale.
Ve ne sono di due sorte: i tocchi divini
ordinarii, e i tocchi divini sostanziali, i quali, pur avvenendo
nella volontà, sono così profondi che pare si producano nella sostanza
stessa dell’anima; onde quelle espressioni dei mistici che dichiarano di aver
provato un contatto di sostanza a sostanza. Questi tocchi avvengono veramente
nella parte più intima della volontà e dell’intelletto, là dove queste
facoltà si inseriscono nella sostanza stessa dell’anima; ma è la facoltà,
non la sostanza, quella che, secondo la dottrina di S. Tommaso, percepisce
le dette impressioni 1495-1. Quest’intima parte della volontà è pur
detta dai mistici cima della mente o cima della volontà o anche fondo
dell’anima.
1496. C) Come contenersi
rispetto a queste grazie straordinarie. I grandi mistici sono unanimi
nell’insegnare che non si deve nè desiderare nè chiedere questi favori
straordinari. Non sono infatti mezzi necessari per giungere all’unione
divina; anzi, attese le nostre cattive inclinazioni, sono alcune volte piuttosto
ostacolo all’unione divina. Il che viene ben dimostrato specialmente da
S. Giovanni della Croce, il quale afferma che il desiderio di rivelazioni
lede la purità della fede, alimenta una pericolosa curiosità che è poi fonte di
illusioni, ingombra la mente di vani fantasmi, indica spesso difetto d’umiltà e
di sottomissione a Nostro Signore, che colle pubbliche rivelazioni ci provvide
tutto ciò che è necessario a guidarci al cielo.
Alza quindi la voce contro quegli imprudenti
direttori che fomentano nelle anime da loro dirette il desiderio delle visioni.
“Danno loro mano — egli dice — perchè fissino in qualche modo gli occhi sopra
di esse; il che è cagione che non camminino nel puro e perfetto spirito di fede.
Non le edificano nè le fortificano più nella fede e si prestano a lunghe
conversazioni su tali materie, facendo con ciò capire che ne traggono essi
qualche profitto e ne fanno gran caso; e le anime quindi fanno altrettanto;
rimanendosene in quelle apprensioni e non edificate sulla fede e vuote e nude e
staccate da tali cose… Onde nascono per lo meno molte imperfezioni, perchè
l’anima non resta più tanto umile, pensando che quelle visioni siano pur qualche
cosa e che ella abbia pur qualche bene e che Dio faccia caso di lei, e se ne va
contenta e anche un po’ sodisfatta di sè; ciò che è contro l’umiltà… Questi
confessori, vedendo che le dette anime ricevono tali cose da Dio, le pregano di
chiedere a Dio che dica o riveli queste o quelle cose riguardanti loro od altri;
e le povere anime lo fanno, pensando che sia lecito il volerlo sapere per quella
via… E la verità è che Dio non gradisce nè vuole tal cosa” 1496-1.
E veramente le visioni sono soggette a molte
illusioni, onde è necessario dare delle regole per discernere le vere dalle
false.
2°
REGOLE PER BEN DISCERNERE LE
RIVELAZIONI.
1497. A ben discernere le vere rivelazioni
e scorgere l’elemento umano che vi si può insinuare, occorrono regole che
riguardano la persona
che riceve rivelazioni, la materia
a cui si riferiscono, gli effetti
che producono, i segni
che le accompagnano.
A) Regole riguardanti la persona
favorita di rivelazioni.
1498. Dio può certamente far rivelazioni a
chi vuole, anche a peccatori, ma abitualmente non le fa che a persone non
solo fervorose ma elevate già allo stato mistico. Del resto, anche per
interpretare le vere rivelazioni è necessario conoscere le buone qualità e i
difetti delle persone che si credono favorite di rivelazioni. Fa quindi d’uopo
studiarne le qualità naturali
e soprannaturali.
a) Qualità naturali: 1) Quanto al
temperamento: sono persone ben equilibrate o affette da
psiconevrosi o da isterismo? È chiaro infatti che, in quest’ultimo
caso, c’è motivo di tener per sospette le pretese rivelazioni, essendo cotesti
temperamenti soggetti ad allucinazioni.
2) Sotto l’aspetto intellettuale: si
tratta di persona di buon senso, di retto giudizio, oppure di fantasia esaltata,
associata a eccessiva sensibilità? Di persona istruita o ignorante? E da chi
venne istruita? Le facoltà mentali non sono forse indebolite da malattia o da
lunghi digiuni?
3) Sotto l’aspetto morale: è persona
intieramente sincera o suole amplificar le cose e qualche volta anche
inventarle? È indole calma o appassionata?
La risposta a questi quesiti non proverà
certamente se vi fu o non vi fu rivelazione, ma aiuterà molto a giudicare del
valore delle affermazioni dei veggenti.
1499. b) Rispetto alle qualità
soprannaturali, si esaminerà se la persona: 1) è dotata di virtù
soda e lungamente provata o soltanto di fervore più o meno sensibile;
2) se ha sincera e profonda umiltà o se cerca invece di
mettersi in mostra e dire a tutti le sue grazie spirituali; l’umiltà è la
pietra di paragone della santità, ov’ella manchi è pessimo segno;
3) se si apre delle sue rivelazioni col direttore anzichè con altri,
e se ne segue docilmente i consigli; 4) se è già passata per le prove
passive e pei primi gradi di contemplazione; e soprattutto se ha le
estasi della vita, ossia se pratica le virtù in grado eroico; Dio infatti
ordinariamente riserva le visioni alle anime perfette.
1500. Notiamo bene che l’avere una persona
le dette qualità non prova che abbia avuto la visione o la rivelazione, ma solo
ne rende più credibile l’affermazione; come il non averle non prova che la
visione o la rivelazione non ci sia stata, ma la rende poco probabile.
Inoltre queste informazioni faranno più
facilmente scoprire le menzogne o le illusione dei pretesi
veggenti. Ci sono infatti di quelli che, per superbia o per acquistar credito,
simulano volontariamente estasi e visioni 1500-1. Altri poi, in maggior numero, illusi
dalla viva fantasia, prendono per visioni o locuzioni interiori le proprie
idee 1500-2.
B) Regole riguardanti la materia
delle rivelazioni.
1501. A questa specialmente bisogna
badare, perchè ogni rivelazione contraria alla fede o ai buoni costumi
dev’essere inesorabilmente rigettata, come unanimemente insegnano i Dottori
appoggiati alle parole di S. Paolo: “Quand’anche noi o un angelo dal cielo
vi annunziasse un vangelo contro quello che annunziammo a voi, sia
anatema” 1501-1. Dio infatti non può contraddirsi, nè
rivelar cose contrarie a ciò che c’insegna per mezzo della Chiesa. Onde un certo
numero di regole che qui richiamiamo.
a) Bisogna considerar come falsa ogni rivelazione
privata opposta a una verità di fede; quali sono, ad esempio, le pretese
rivelazioni spiritiche che negano molti dei nostri dommi, specialmente
l’eternità delle pene dell’inferno. Lo stesso è a dire se si oppongono
all’unanime insegnamento dei Padri e dei Teologi, che è una delle forme del
mistero ordinario della Chiesa.
Se si tratta di opinione controversa
fra i teologi, bisogna tener per sospetta ogni rivelazione che pretendesse darne
la soluzione; se troncasse, per esempio, le controversie tra tomisti e
molinisti; perchè non suole Dio intervenire in cosiffatte questioni.
1502. b) Si deve pure rigettare
ogni visione contraria alle leggi morale e della decenza: come per
esempio, apparizioni di forme umane nude, un linguaggio triviale o immodesto,
descrizioni minute o particolareggiate di vizi vergognosi: cose tutte che
offendono il pudore 1502-1. Dio, che non fa rivelazioni se non a
vantaggio delle anime, non può, com’è chiaro, essere autore di quelle che sono
tali da indurre al vizio.
Per questo stesso principio sono sospette le
apparizioni che mancano di decoro e di riserbo, e a più forte ragione tutte
quelle ove appare il ridicolo; quest’ultimo segno è indizio di contraffazione
umana o diabolica, quali furono le manifestazioni del cimitero di San
Medardo 1502-2.
c) Neppure possono ammettersi come provenienti da Dio
richieste impossibili ad eseguire tenendo conto delle leggi di
Provvidenza e dei miracoli che Dio suol fare; Dio infatti non chiede
l’impossibile 1502-3.
C) Regole riguardanti gli effetti
prodotti dalle rivelazioni.
1503. Come si giudica l’albero dai frutti,
così si può giudicar delle rivelazioni dagli effetti che producono
nell’anima.
a) Stando a S. Ignazio e a S. Teresa, la
visione divina cagiona a principio un sentimento di stupore e di paura, a cui
presto succede un profondo e durevole sentimento di pace, di gaudio e di
sicurezza. Nelle visioni diaboliche avviene il contrario; se a principio
sono causa di gaudio, succede presto turbamento, tristezza,
scoraggiamento: arti diaboliche onde il demonio fa cadere le anime.
1504. b) Le vere rivelazioni
rassodano l’anima nelle virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, della pazienza e
della conformità al volere di Dio; le false generano orgoglio,
presunzione, disubbidienza.
Ascoltiamo S. Teresa: 1504-1 “È grazia che porta seco grandissima
confusione ed umiltà. Se fosse dal demonio, sarebbe tutto il
contrario. E chiaramente intendendosi che è cosa data da Dio, perchè nessuna
industria basterebbe a dar tali sentimenti, è impossibile che chi l’ha pensi che
sia bene suo, ma dono della mano di Dio… Dio viene con tali grandi vantaggi e
interiori effetti, che l’anima non potrebbe recare così grande giovamento
all’anima; nè essa sentirebbe pace così profondo, desideri così costanti di
piacere a Dio, e così grande disprezzo di tutto ciò che non la porta a lui“.
1505. c) Si presenta qui la
questione se si possano chiedere segni a conferma di rivelazioni private.
1) Se la cosa è importante, si può, ma umilmente e
condizionatamente, perchè Dio non è obbligato a far miracoli per provare
la verità di queste visioni. 2) Se gli si chiedono, è bene lasciarne la
scelta a lui. Il buon parroco di Lourdes aveva fatto chiedere alla Madonna di
far fiorire in pieno inverno un rosaio selvatico, miracolo che non fu concesso;
ma la Vergine Immacolata fece invece zampillare una miracolosa fonte, che doveva
guarire i corpi e le anime. 3) Bene accertato che sia il chiesto miracolo e
la sua relazione coll’apparizione, si ha una prova seria da potervi prestar
fede.
D) Regole per discernere il vero
dal falso nelle rivelazioni private.
1506. Una rivelazione può esser vera nella
sostanza e contenere errori negli accessori. Dio non moltiplica i miracolo senza
necessità e non corregge i pregiudizi o gli errori che possono trovarsi nella
mente dei veggenti, avendo egli di mira il loro bene spirituale e non la
loro formazione intellettuale. Cosa che intenderemo meglio analizzando le
principali cause di errori che occorrono in talune rivelazioni private.
a) La prima causa è la mescolanza dell’attività
umana coll’azione soprannaturale di Dio, massime se si tratti di fantasie e
menti vivacissime.
1) Si trovano quindi nelle rivelazioni
private gli errori correnti sulle scienze fisiche o storiche.
S. Francesco Romana afferma d’aver visto un cielo di cristallo tra il cielo
delle stelle e l’empireo, e attribuisce l’azzurro colore del firmamento al cielo
delle stelle. Maria d’Agreda credette di sapere per rivelazione che, nel momento
dell’Incarnazione, gli undici cieli Tolomaici si spalancarono per riverenza al
Verbo che discendeva ad incarnarsi nel seno di Maria 1506-1.
2) Vi si riscontrano pure le idee e talora i
pregiudizi o i sistemi dei direttori spirituali dei veggenti. Sulla fede de’
suoi direttori, S. Coletta credette di vedere che S. Anna s’era
maritata tre volte e veniva a visitarla colla numerosa sua famiglia 1506-2. Qualche volta le sante domenicane e
francescane parlano, nelle visioni, conforme al sistema particolare del loro
Ordine 1506-3.
3) Errori storici s’insinuano pure
qualche volta nelle rivelazioni. Non suole Dio rivelare le esatte particolarità
della vita di Nostro Signore o della SS. Vergine quando siano di scarso
vantaggio alla pietà; ora parecchie veggenti, confondendo le pie loro
meditazioni colle rivelazioni, danno particolarità, cifre, date, che
contraddicono a documenti storici o ad altre rivelazioni. Così, nei vari
racconti della Passione, molte minute particolarità narrate nelle visioni sono
tra loro contradittorie (per esempio il numero dei colpi ricevuti da Gesù nella
flagellazione), oppure opposte ai migliori storici 1506-4.
1507. b) Una rivelazione divina può
essere male interpretata.
Per esempio, avendo S. Giovanna d’Arco
chiesto alle sue voci se verrebbe bruciata, queste le risposero di
rimettersene a Nostro Signore, che l’aiuterebbe, cosicchè sarebbe liberata con
grande vittoria; ora ella pensava che cotesta vittoria fosse la sua liberazione
dalla prigione, e fu invece il martirio e l’ingresso in paradiso. —
S. Norberto aveva dichiarato di sapere per rivelazione, in modo certissimo,
che l’anticristo verrebbe nel corso della presente generazione (secolo
XII°); e, messo alle strette da S. Bernardo, disse che almeno non morrebbe
prima di aver vista una persecuzione generale nella Chiesa 1507-1. — S. Vincenzo Ferreri annunziava
come prossimo il giudizio finale e pareva confermar la predizione
con miracoli 1507-2.
1508. c) Una rivelazione può essere
inconsapevolmente alterata dal veggente stesso nel momento in cui cerca di
spiegarla, o, più spesso ancora, dai suoi segretari.
S. Brigida confessa lei stessa che ritoccava
qualche volta le sue rivelazioni per spiegarle meglio 1508-1, spiegazioni che non sempre vanno
esenti da errori. Si ammette oggi che i segretari che scrissero le rivelazioni
di Maria d’Agreda, di Caterina Emmerich e di Maria Lataste, le ritoccarono e non
si sa fino a qual segno 1508-2.
Per tutte queste ragioni, non c’è prudenza
che basti nell’esame delle rivelazioni private.
CONCLUSIONE :
CONDOTTA DA TENERE RISPETTO ALLE RIVELAZIONI PRIVATE.
1509. a) Ottima cosa per noi
imitare il savio riserbo della Chiesa e dei Santi. Ora la Chiesa non
ammette rivelazioni se non quando siano bene e debitamente accertate e anche
allora non le impone alla credenza dei fedeli. Anzi, quando si tratti
d’istituire una festa o di qualche esterna fondazione, aspetta lunghi anni prima
di dare il suo giudizio, non risolvendosi se non dopo aver maturamente esaminata
la cosa in sè e in relazione col Domma e colla Liturgia.
Così la Beata Giuliana di Liegi, scelta da
Dio per far istituire la festa del Corpus Domini, non ne comunicò il
disegno ai teologi se non ventidue anni dopo le prime visioni; e solo sedici
anni appresso, il Vescovo di Liegi ne istituì la festa nella sua diocesi; e
finalmente, tracorsi sei anni dalla morte della Beata, il Papa Urbano IV la
istituì per tutta la Chiesa (1264). Parimenti la festa del Sacro Cuore non fu
approvata che molto tempo dopo le rivelazioni fatte a S. Margherita Maria e
per motivi indipendenti da quelle rivelazioni.
È lezione da cui imparare.
1510. b) Non si darà quindi
giudizio certo rispetto a una rivelazione privata se non quando si
avranno prove convincenti, prove che furono molto bene compendiate da
Benedetto XIV nel libro sulle Canonizzazioni. Ordinariamente non si stia a
una prova sola ma se ne esigano parecchie, osservando pure se le prove sono
cumulative e convergenti e se si porgono vicendevolmente conferma;
quanto più le prove sono numerose tanto più si è sicuri.
1511. c) Un direttore, che riceva
confidenze in fatto di rivelazioni e visioni, badi bene a non mostrarne
ammirazione, perchè potrebbe con ciò animare i veggenti a tenerle subito
per vere e forse a insuperbirne. Dica invece che c’è qualche cosa di meglio
delle rivelazioni ed è la pratica delle virtù; che è facile illudersi su questo
punto; che bisogna diffidare, e a principio piuttosto rigettarle
che accoglierle.
Tale la regola indicata dai Santi. Ecco ciò
che scrive S. Teresa 1511-1: “Si tratti di persone inferme o di
sane, vi è sempre da temere in queste cose, finchè non si sia bene conosciuto lo
spirito. E dico che a principio è sempre meglio allontanarle; perchè se vengono
da Dio, ciò serve maggiormente per andare avanti e crescono anzi quando sono
provate. La cosa è così; ma si badi a non importunar troppo l’anima e
inquietarla, perchè veramente lei non può far di più”. S. Giovanno della
Croce è ancora più energico; dopo aver indicato i sei principali inconvenienti
che ne verrebbero dal far buona accoglienza a queste visioni, aggiunge: “Gode
assai il demonio quando un’anima è facile ad ammettere rivelazioni e la vede ad
esse inclinata; perchè ha allora molta occasione e modo di insinuare errori e
derogare in ciò che gli è possibile alla fede; perchè, come dissi, grande
indelicatezza rispetto alla fede entra nell’anima che le cerca e talora anche
forti tentazioni e sconvenienze” 1511-2.
1512. d) Il direttore però deve
trattare con dolcezza le persone che credono di avere rivelazioni; perchè
così portà guadagnarsene la confidenza e aver modo di più efficacemente
conoscere le particolarità necessarie a dare, dopo matura riflessione, un sicuro
giudizio. Se sono illuse, avrà maggior autorità per illuminarle e ricondurle
alla verità.
Tal è il consiglio di S. Giovanni della
Croce, che è pur così severo in fatto di visioni: “Si badi però che, se abbiamo
tanto severamente inculcato la necessità di rigettare cosiffatte cose (visioni,
rivelazioni, locuzioni) e detto che i confessori non ne introducano discorso con
le anime, non intendiamo con ciò che ne debbano mostrare tale disgusto e
disprezzo, da dar loro occasione di avvilirsi e non dir più nulla; dal che
verrebbero gravi inconvenienti” 1512-1.
1513. e) Se si tratta di qualche
istituzione o fondazione esterna, il direttore badi bene di non
assecondarle prima di avere diligentemente pesate le ragioni pro e contro
al lume della soprannaturale prudenza.
Tal fu la condotta tenuta dai Santi.
S. Teresa, che ebbe tante rivelazioni, non volle mai che i suoi direttori
le prendessero ad unica norma delle loro risoluzioni. Così, quando Nostro
Signore le disse per rivelazione di fondare il monastero riformato di Avila,
sottopose umilmente questo disegno al direttore e, mostrandosene egli incerto,
prese consiglio da S. Pietro d’Alcantara, da S. Francesco Borgia e da
S. Luigi Bertrando 1513-1.
Pei veggenti poi l’unica regola da tenere è
di palesare le rivelazioni a un savio direttore e seguirne umilmente e
intieramente i consigli: è il mezzo migliore per non smarrirsi.
NOTE
1490-1 S. Teresa, Vita, c. XXV-XXX;
Castello, Mansione sesta, et alibi passim; S. Giovanni della
Croce, Salita, l. II, c. XXI-XXX, et alibi passim; Alvarez de
Paz, op.
cit., t. III, l. V, p. IV, De discretione spirituum; M.
Godinez, Praxis theol. myst., l. X; Benedetto XIV, De
beatificat, l. IV, p. I; Ribet, La mystique divine, t. II;
A. Poulain, Delle Grazie d’Orazione, c. XX-XXIII, (Marietti,
Torino); A. Saudreau, L’Etat mystique, ed. 1921, c. XVII-XXI;
P. Garrigou-Lagrange, Perfect. et contemplation, t. II, p. 536-562;
Mgr A. Farges, Phénom. mystiques,
P. IIª.
1490-2 De serv. Dei beat., l. II, c. 32, n. 11:
“Siquidem hisce revelationibus taliter approbatis, licet non debeatur nec
possit adhiberi assensus fidei catholicæ, debetur tamen assensus fidei
humanæ, juxta prudentiæ regulas, juxta quas nempe tales revelatione sunt
probabiles pieque credibiles”
1490-3 Decreto di Urbano VIII, 13 marzo 1625; di
Clemente IX, 23 maggio 1668.
1491-1 Sum. theol., III, q. 76, a. 8. — Il che
risulta pure dalla testimonianza di S. Teresa, Relat. XIII, t. II,
dell’edizione critica spagnuola: “Capìi, da certe cose che mi disse, che, dopo
essere salito al cielo, non ne discese mai sulla terra per comunicarsi agli
uomini, tranne nel SS. Sacramento.
1492-1 Vita, c. XXVIII.
1492-2 Vita, c. XXIX.
1493-1 Vita, c. XXVII, n. 2 e segg.; (edizione
italiana, p. 88-89).
1493-2 Castello, Mansione sesta, c. X, n. 2;
(versione italiana, p. 308).
1494-1 S.
Giovanni della Croce tratta a lungo di tre sorte di locuzioni o parole
soprannaturali: successive, formali, sostanziali. “Chiamo
successive certe parole e ragioni che lo spirito, quando sta raccolto in
sè, suole seco andar formando e ragionando… Quantunque sia il medesimo spirito
che ciò fa come strumento, lo Spirito Santo lo aiuta bene spesso a formar quei
concetti, parole e ragioni vere… Parole formali sono certe parole
distinte e formali che lo spirito riceve non da sè, ma da una terza persona,
talora stando raccolto e talora no. Parole sostanziali sono altre parole
che si fanno pure formalmente nello spirito, talora raccolto e talora no. Le
quali fanno e causano nella sostanza dell’anima quella sostanza e virtù che
significano”. Salita del Monte Carmelo, c. XXVI, n. 2 e c. XXVII, n. 1.
Il che spiega poi più ampiamente nei capi XXVII-XXIX (alias XXVIII-XXXI).
1495-1 S. Tom., Iª IIæ, q. 113, a. 8; De veritate, q. 28, a. 3; cfr.
Garrigou-Lagrange, op.
cit., t. II, p. 560.
1496-1 La Salita al Carmelo, l. II, c. XVI, n.
2, 3, 5. (alias XVIII).
1500-1 Tale fu soprattutto Maddalena della
Croce, francescana di Cordova, del secolo XVI°, che, dopo essersi data al
demonio fin dall’infanzia, a diciassette anni entrò in convento e vi fu tre
volte badessa. Aiutata dal demonio, simulò tutti i fenomeni mistici, estasi,
levitazione, stimate, rivelazioni, profezie più volte avverate. Credendosi in
punto di morte, confessò la cosa, ma poi la ritrattò, fu esorcizzata e rinchiusa
in un altro convento dell’ordine. Cfr. Poulain, Delle Grazie d’orazione, c. XXI,
n. 36 (Marietti, Torino).
1500-2 S.
Teresa ne parla più volte: “Accade a certe persone (e so che è vero, avendomelo
esse comunicato, e non tre o quattro ma molte) di aver la fantasia così debole o
l’intelletto così efficace o non so che altro, che si fissano talmente
nell’immaginazione da credere di veder veramente tutto ciò che pensano”.
Castello, Mansione sesta, c. IX, n. 9 (versione italiana, p. 305).
1501-1 Galat., I, 8.
1502-1 Così, verso la metà del secolo XIX, una
visionaria, chiamata Canzianilla, carpì la fiducia d’un pio vescovo che pubblicò
una pretesa rivelazione contenente una pittura orribile dei costumi dei
sacerdoti della sua diocesi; onde fu presto obbligato a dimettersi
(Poulain, op.
cit., c. XXII). E questa forse fu la ragione per cui venne proibita la
pubblicazione del Segreto di Melania.
1502-2 Sulla tomba del diacono giansenista
Paris, morto nel 1727 e sepolto nel cimitero di S. Medardo a Parigi,
avvenivano dei pretesi miracoli, consistenti in convulsioni accompagnate da
gesti poco modesti, con cui si pretendeva di accreditare il Giansenismo
(N. d. T.)
1502-3 Così si legge nella vita di S. Caterina da
Bologna che il demonio le appariva talora in forma di Cristo crocifisso,
ordinandole sotto pretesto di perfezione cose impossibili, nell’intento di
gettarla nella disperazione. (Vita altera, c. II, 10-13, nei
Bollandisti, 9 marzo).
1504-1 Castello, Mansione sesta, c. VIII, n. 4,
3; (versione italiana, p.302-303).
1506-1 Mistica città di Dio, p. II, n. 128; p.
I, n. 122.
1506-2 Bollandisti, 25 maggio, p. 247.
1506-3 Benedetto XIV (De beat., l. III, c.
LIII, n. 16) discute un’estasi di S. Caterina da Siena, in cui la
SS. Vergine le avrebbe detto di non essere immacolata.
1506-4 Bollandisti, 13 gennaio, prefazione alla
vita della B. Veronica di Binasco; S. A. de’ Liguori,
Orologio della Passione.
1507-1 S. Bernardo, Lettere, LVI.
1507-2 Il
P. Fages, O. P., nell’Histoire de S. V. Ferrier, spiega
che si trattava di profezia condizionata, come quella di Giona su Ninive
e che il mondo fu appunto salvato per le numerose conversioni operate dal Santo.
1508-1 Rivelazioni supplementari, c. XLIX.
1508-2 Nei libri di Maria Lataste si rinvennero,
tra le rivelazioni, passi presi alla lettera dalla Somma di
S. Tommaso.
1511-1 Castello, Mansione sesta, c. III, n. 3
(versione italiana, p. 286).
1511-2 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. X, n.
10 (alias c. XI); tutto il capitolo è da leggersi attentamente.
1512-1 Salita del Monte Carmelo, l. II, c. XX,
n. 18 (alias c. XXII).
1513-1 Storia di S. Teresa, scritta da una
Carmelitana di Caen (Libreria Lega Eucaristica, Milano).