Di Adolfo Tanquerey. Parte seconda. Le Tre Vie. LIBRO II. La via illuminativa o lo stato delle anime proficienti. CAPITOLO I. Dell’orazione affettiva. Art. I. Natura dell’orazione affettiva. Art. II. Vantaggi dell’orazione affettiva. Art. III. Gl’inconvenienti e i pericoli dell’orazione affettiva. Art. IV. Metodi d’orazione affettiva. 1° La contemplazione ignaziana. 2° L’applicazione dei cinque sensi. 3° La seconda maniera di pregare. II. Il metodo di San Sulpizio.
La via illuminativa
o lo stato delle anime
proficienti
CAPITOLO I.
Dell’orazione affettiva 975-1.
975. Le anime proficienti continuano
a fare gli esercizi spirituali degl’incipienti, n. 657,
aumentandone il numero e la durata e accostandosi così alla preghiera
abituale già descritta al n. 522,
che non si attua intieramente se non nella via unitiva. Si applicano soprattutto
all’orazione affettiva, che a poco a poco sostituisce per loro la
meditazione discorsiva. Ne esporremo quindi:
-
1° la
natura;
-
2° i
vantaggi;
-
3° le
difficoltà;
-
4° il
metodo che vi si può seguire.
ART. I. NATURA
DELL’ORAZIONE AFFETTIVA.
976. 1° Definizione.
L’orazione affettiva, come dice la parola, è quella in cui dominano i pii
affetti, ossia i varii atti della volontà con cui esprimiamo a Dio il
nostro amore e il desiderio di glorificarlo. In questa orazione il cuore ha
parte maggiore della mente.
Gl’incipienti, come abbiamo detto al n. 668,
hanno bisogno d’acquistar convinzioni; onde insistono sui ragionamenti, dando
posto molto limitato agli affetti. Ma a mano a mano che queste convinzioni si
radicano profondamente nell’anima, occorre minor tempo per rinnovarle, onde
lasciano maggior campo agli affetti. Invaghita dell’amor di Dio e della bellezza
della virtù, l’anima si inalza più facilmente con pii slanci all’autore d’ogni
bene per adorarlo, benedirlo, ringraziarlo, amarlo; a Nostro Signore Gesù
Cristo, suo Salvatore, suo modello, suo capo, suo amico, suo fratello, per
presentargli i più affettuosi sentimenti; alla SS. Vergine, madre di Gesù e
madre nostra, dispensiera dei divini favori, per esprimerle il più filiale, il
più confidente, il più generoso amore, n. 166.
Altri sentimenti le scaturiscono spontaneamente dal cuore: sentimenti di
vergogna, di confusione e di umiliazione alla vista delle proprie miserie;
desideri ardenti di far meglio e confidenti preghiere per averne la grazia;
sentimenti di zelo per la gloria di Dio che la muovono a pregare per tutte le
grandi cause della Chiesa e delle anime.
977. 2° Passaggio dalla
meditazione all’orazione affettiva. A questa orazione non si giunge così
tutto d’un tratto. Vi è un periodo di transizione in cui si mescolano più o meno
le considerazioni e gli affetti. Ve n’è un altro in cui le considerazioni si
fanno ancora ma sotto forma di colloquio: Aiutatemi, o Signore, a intender bene
la necessità di questa virtù; e si fanno alcuni minuti di riflessione; poi si
continua: Grazie, o Signore, dei vostri lumi divini; degnatevi di imprimermi più
profondamente nell’anima queste convinzioni, perchè possano più efficacemente
influire sulla mia condotta… Aiutatemi, vi prego, a vedere quanto io sia
lontano da questa virtù… e che cosa debbo fare per meglio praticarla… già
fin di quest’oggi. Viene poi il momento che i ragionamenti cessano quasi
intieramente o almeno si fanno così brevi che la maggior parte dell’orazione
trascorre in pii colloqui. Si sente però talora il bisogno di rifarsi
momentaneamente alle considerazioni per dare sufficiente occupazione alla mente.
In tutto ciò bisogna seguire i moti della grazia accertati dal direttore.
978. 3° Segni che giustificano
questo passaggio. A) Conviene conoscere i segni onde si arguisce
che è tempo di lasciar la meditazione per l’orazione affettiva. Sarebbe cosa
imprudente farlo troppo presto; perchè, non essendo allora l’anima ancora
abbastanza progredita per alimentar questi affetti, cadrebbe nelle distrazioni o
nell’aridità. Ma sarebbe anche a dolere che si facesse troppo tardi;
perchè, secondo l’avviso di tutti gli autori spirituali, l’orazione affettiva è
più fruttuosa della meditazione, essendo specialmente gli atti della volontà
quelli per cui glorifichiamo Dio e attiriamo in noi le virtù.
B) Questi segni sono i seguenti: 1) quando, non ostante la buona
volontà, torna difficile far ragionamenti o trarne profitto, e d’altra parte uno
si sente portato agli affetti; 2) quando le convinzioni sono così
profondamente radicate che l’anima si sente già convinta fin dal principio
dell’orazione; 3) quando il cuore, distaccato dal peccato, corre facilmente
a Dio o a Nostro Signore. Essendo però noi cattivi giudici in causa propria,
sarà bene sottoporre questi segni al giudizio del direttore.
979. 4° Mezzi per coltivare gli
affetti. A) I pii affetti si moltiplicano e si prolungano
principalmente con l’esercitarsi nella virtù della carità, scaturendo essi da un
cuore in cui domina l’amor di Dio. È l’amore che ci fa ammirare le
perfezioni divine; illuminato dalla fede, ci mette dinanzi agli occhi la
bellezza, la bontà, la misericordia infinita di Dio; onde nasce spontaneo un
sentimento di riverenza e di ammirazione che eccita a sua volta la
riconoscenza, la lode, la compiacenza; quanto più si ama
Dio e tanto più questi vari atti continuano. Lo stesso avviene dell’amore a
Nostro Signore Gesù Cristo: quando si ripensa ai benefici indicati al n. 967,
ai patimenti sostenuti per noi da quest’amabile Salvatore, all’amore di cui ci
dà continua prova nell’Eucaristia, uno si abbandona facilmente a sentimenti di
ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di compassione, di amore, e sente
bisogno di lodare e di benedire Colui che ci ama tanto.
980. B) A fomentare questo
divino amore, si consiglierà ai proficienti di meditar spesso sulle
grandi verità che ci ricordano ciò che Dio ha fatto e non cessa di fare per noi:
a) L’abitazione delle tre divine persone nell’anima nostra e la
paterna loro azione su noi (n. 90-131).
b) La nostra incorporazione a Cristo e la parte sua nella vita
cristiana (n. 132-153);
la sua vita, i suoi misteri, soprattutto la dolorosa sua passione e l’amor suo
nell’Eucaristia.
c) La parte della SS. Vergine, degli Angeli e dei Santi nella
vita cristiana (n. 154-189):
abbiamo così un mezzo prezioso di variare gli affetti, rivolgendoci ora alla
Madre celeste, ora ai SS. Angeli, soprattutto all’angelo custode, ora ai
Santi, massime a quelli che c’ispirano maggior divozione.
d) Le preghiere vocali che, come il Pater, l’Ave
Maria, l’Adoro te devote latens deitas, etc… sono piene di
sentimenti di amore, di riconoscenza, di conformità alla volontà di Dio.
e) Le principali virtù, come la religione verso Dio, l’obbedienza
verso i superiori, l’umiltà, la fortezza, la temperanza, e principalmente le tre
virtù teologali. Si considereranno queste virtù non così in astratto ma come
praticate da Nostro Signore, e appunto per assomigliare a lui e dargli
prova del nostro amore si cercherà di praticarle.
f) Non si lascerà di meditar sulla penitenza, sulla mortificazione,
sul peccato, sui novissimi, ma in modo diverso dagl’incipienti. Si considererà
Gesù come perfetto modello di penitenza e di mortificazione, come carico dei
nostri peccati che sono da lui espiati con lungo martirio, sforzandoci
d’attirarlo in noi con tutte le sue virtù. La meditazione sulla morte, sul
paradiso e sull’inferno si farà per distaccarsi dalle cose create e unirsi a
Gesù, onde assicurarsi la grazia d’una buona morte e un bel posto in paradiso
presso Gesù.
ART. II. VANTAGGI
DELL’ORAZIONE AFFETTIVA.
Sono vantaggi che derivano dalla natura stessa di questa orazione.
981. 1° Il principale è una più
intima e più abituale unione con Dio. Moltiplicando gli affetti, produce in
noi un aumento d’amor di Dio; onde gli affetti vengono ad essere effetto
e causa: nascono dall’amor di Dio, ma anche lo perfezionano, perchè le
virtù crescono con la ripetizione degli stessi atti. Aumentano pure la
conoscenza delle divine perfezioni. Perchè, come nota
S. Bonaventura, 981-1 “il miglior modo di conoscere Dio è di
sperimentar la dolcezza del suo amore: modo di conoscenza più eccellente, più
nobile e più dilettevole della ricerca per via di ragionamento.” Come infatti si
giudica meglio dell’eccellenza di un albero col gustarne i saporosi frutti, così
si giudica meglio dell’eccellenza degli attributi divini con lo sperimentare la
soavità dell’amor di Dio. Questa conoscenza aumenta a sua volta la carità e il
fervore, e ci dà nuovo slancio a praticar più perfettamente tutte le virtù.
982. 2° Aumentando la carità,
l’orazione affettiva perfeziona pure tutte le virtù che ne derivano:
a) la conformità alla volontà di Dio; perchè si è lieti di
far la volontà della persona amata; b) il desiderio della gloria
di Dio e della salvezza delle anime; perchè, quando uno ama, non può tenersi
dal lodare e far lodare l’oggetto del suo amore; c) l’amor del
silenzio e del raccoglimento; perchè si vuole stare da solo a solo
coll’amato, onde pensare più spesso a lui e ripetergli il proprio amore;
d) il desiderio della comunione frequente; perchè si desidera
di possedere più perfettamente possibile l’oggetto del proprio amore, beati di
riceverlo nel cuore e restargli uniti per tutto il giorno; e) lo
spirito di sacrificio; perchè si sa che non possiamo unirci al divin
Crocifisso e per lui a Dio, se non in quanto rinunziamo a noi stessi e ai nostri
comodi, onde portar la croce senza stancarci e accettar tutte le prove che la
Provvidenza ci manda.
983. 3° Vi si trova pure spesso la
consolazione spirituale; non vi è infatti gaudio più puro e più dolce del
trovarsi in compagnia d’un amico; e, poichè Gesù è il più tenero e il più
generoso degli amici, si gustano, lui presente, gaudii di paradiso: esse cum
Jesu dulcis paradisus. È vero che accanto a questi gaudii vi sono pure
talora aridità o altre prove, ma si accettano con dolce rassegnazione ripetendo
continuamente a Dio che si vuole amarlo e servirlo a qualunque costo; e il
pensiero che si soffre per Dio è già addolcimento di pena e consolazione.
Si può aggiungere che l’orazione affettiva è meno faticosa dell’orazione
discorsiva; perchè in quest’ultima uno si stanca presto nel filo dei
ragionamenti, mentre che, abbandonando il cuore a sentimenti di amore, di
riconoscenza, di lode, l’anima gode dolce riposo e serba gli sforzi pel tempo
dell’azione.
984. 4° Infine l’orazione affettiva,
semplificandosi, ossia diminuendo il numero e la varietà degli affetti per
intensificarne solo alcuni, ci conduce a poco a poco all’orazione di
semplicità, che è già contemplazione acquisita e prepara quindi alla
contemplazione infusa o contemplazione propriamente detta le anime che vi sono
chiamate. Ne parleremo nella via unitiva.
ART. III.
GL’INCONVENIENTI E I PERICOLI DELL’ORAZIONE
AFFETTIVA.
Anche le cose migliori hanno inconvenienti e pericoli; e così è pure
dell’orazione affettiva che, se non è fatta secondo le regole della prudenza,
conduce ad abusi. Ne indicheremo i principali con i rispettivi rimedi.
985. 1° Il primo è la
tensione, che induce stanchezza ed esaurimento. Vi sono infatti di quelli
che, volendo intensificare gli affetti, fanno sforzi di testa e di cuore, si
affannano, si eccitano violentemente a produrre atti e slanci di amore, in cui
ha più parte la natura che la grazia. Con tali sforzi il sistema nervosa si
stanca, il sangue affluisce al cervello, una specie di lenta febbre consuma le
forze, e si è presto esausti. Può anche accadere che ne seguano disordini
fisiologici e che ai pii affetti si mescolino sensazioni più o meno sensuali.
986. È grave difetto a cui
bisogna porre subito rimedio, seguendo i consigli di un savio direttore a
cui si paleserà questo stato. Ora il rimedio è di convincersi bene che il vero
amor di Dio consiste assai più nella volontà che nella
sensibilità, e che la generosità di quest’amore non sta negli
slanci 986-1 violenti ma nella risoluzione calma e
ferma di non rifiutar nulla a Dio. Non bisogna dimenticare che l’amore è atto
della volontà, il quale spesso, è vero, rifluisce sulla sensibilità producendovi
emozioni più o meno forti, ma non sono queste la vera devozione, queste non ne
sono che manifestazioni accidentali che devono restar subordinate alla volontà
ed essere da lei moderate; altrimenti prendono il sopravvento, — il che è un
disordine, — e in cambio di fomentare la soda pietà, la fanno degenerare in
amore sensibile e talora sensuale; perchè tutte le emozioni violente sono in
fondo dello stesso genere e si passa facilmente dall’una all’altra. Bisogna
quindi cercare di spiritualizzar gli affetti, calmarli, metterli a
servizio della volontà; e allora si godrà una pace che sorpassa ogni
intendimento “pax Dei quæ exsuperat omnem sensum” 986-2.
987. 2° Il secondo difetto è
l’orgoglio e la presunzione. Avendo buoni e nobili sentimenti,
santi desideri, bei disegni di progresso spirituale; sentendo fervore sensibile
e, in tali momenti, disprezzando i piaceri, i beni e le vanità del mondo, uno si
crede volentieri molto più avanti di quello che è e quasi si immagina di toccare
ormai le vette della perfezione e della contemplazione; avviene anche talora
che, durante l’orazione, si trattiene il respiro in attesa di comunicazioni
divine. — Tali sentimenti mostrano invece chiaramente che si è ancora molto
lontani da quelle alte vette, perchè i santi e le anime fervorose diffidano di
sè, si stimano sempre i più cattivi e credono volentieri gli altri migliori di
loro. Bisogna quindi rifarsi alla pratica dell’umiltà, della diffidenza di sè,
tenendo conto di ciò che diremo più tardi di questa virtù. Del resto, quando
sorgono questi sentimenti d’orgoglio, Dio si dà pensiero di ricondurre egli
stesso queste anime a giusti sentimenti della loro indegnità ed incapacità,
privandole di consolazioni e di grazie particolari; onde capiscono allora quanto
siano ancor lontane dalla sospirata meta.
988. 3° Vi sono pure di quelli che
pongono tutta la devozione nella ricerca delle consolazioni spirituali,
trascurando i doveri del proprio stato e la pratica delle virtù ordinarie;
purchè facciano belle orazioni, pensano già di essere perfetti. — È grande
illusione: non ci può essere perfezione senza conformità alla divina volontà;
ora questa volontà è che osserviamo fedelmente, oltre i comandamenti, anche i
doveri del nostro stato, e che pratichiamo tanto le piccole virtù della
modestia, della dolcezza, della condiscenza, della gentilezza, quanto le grandi.
Credersi santo perchè si ama la orazione e soprattutto le sue consolazioni, è
dimenticare che perfetto è solo colui che fa la volontà di Dio: “Non sono coloro
che mi dicono: Signore, Signore, quelli che entreranno nel regno dei cieli, ma
colui che fa la volontà del Padre mio” 988-1.
Quando però si sanno rimuovere gli ostacoli e i pericoli coi mezzi da noi
indicati, l’orazione affettiva torna utilissima al progresso spirituale e allo
zelo apostolico. Vediamo quindi quali sono i metodi di meglio coltivarla.
ART. IV. METODI
D’ORAZIONE AFFETTIVA.
Questi metodi si riducono a due tipi: il metodo di S. Ignazio
e quello di San-Sulpizio.
I. Il metodo di S.
Ignazio 989-1.
Tra i metodi ignaziani ce ne sono tre che si riferiscono all’orazione
affettiva:
-
1° la
contemplazione;
-
2° l’applicazione
dei sensi;
-
3° la
seconda maniera di pregare.
1° LA
CONTEMPLAZIONE IGNAZIANA.
989. Si tratta qui non della
contemplazione infusa nè della contemplazione acquisita, ma di un
metodo particolare di orazione affettiva. Contemplare un oggetto non vuol
dire guardarlo così alla sfuggita, ma posatamente e con gusto fino
a che se ne sia pienamente soddisfatti; è guardarlo con ammirazione, con
amore, come la madre contempla il suo bambino. Questa contemplazione può
rivolgersi ai misteri di Nostro Signore o agli attributi divini.
Quando si medita un mistero: 1) si contemplano le persone che
intervengono in tal mistero, per esempio, la SS. Trinità, Nostro Signore,
la SS. Vergine, gli uomini, se ne osserva l’esterno e l’interno; 2) se
ne ascoltano le parole, chiedendosi a chi siano rivolte e che cosa
significhino; 3) si considerano le azioni, natura e circostanze; il
tutto allo scopo di porgere i propri doveri a Dio, a Gesù, alla Madonna, e
conoscere ed amar meglio Nostro Signore.
990. Onde tal contemplazione riesca più
fruttuosa, si considera il mistero non come fatto passato ma come cosa che si
sta presentemente svolgendo sotto i nostri occhi; ed è infatti presente per
la grazia che vi è annessa. Poi vi si assiste non come semplice spettatore ma
prendendovi parte attiva, per esempio unendosi ai sentimenti della
SS. Vergine nel momento della nascita del Dio Bambino. Vi si cerca pure un
risultato pratico, per esempio, più intima conoscenza di Gesù e amore più
generoso per lui.
È facile, come ognun vede, far entrare in questo quadro tutti i sentimenti di
ammirazione, di adorazione, di riconoscenza, di amore verso Dio, come pure di
compunzione, di confusione, di contrizione alla vista dei nostri peccati, e
infine tutte le preghiere che possiamo fare per noi e per gli altri.
Onde poi la moltiplicità di questi affetti non porti danno alla pace e alla
tranquillità dell’anima, non si deve dimenticare questa saviissima osservazione
di S. Ignazio: 990-1 “Se trovo in un punto i sentimenti che
volevo eccitare in me, mi ci fermerò e riposerò, senza darmi pensiero di passar
oltre, sino a che l’anima mia sia pienamente soddisfatta; perchè non è la copia
della scienza che sazia l’anima e la soddisfa ma il sentimento e il gusto
interiore delle verità da lei meditate”.
991. L’orazione poi sugli
attributi divini si fa considerando ognuno di questi attributi con
sentimenti di adorazione, di lode e di amore, conchiudendo coll’intiero dono di
sè a Dio 991-1.
2°
L’APPLICAZIONE DEI CINQUE SENSI.
992. Si indica con questo nome un
modo di meditare molto semplice e molto affettuoso, che consiste nell’esercitare
i cinque sensi immaginativi o spirituali su qualche mistero di Nostro
Signore, per imprimerci più profondamente nell’anima tutte le circostanze di
questo mistero, ed eccitarci nel cuore pii sentimenti e buone risoluzioni.
Prendiamo un esempio tratto dal mistero di
Natale.
1) Applicazione della vista. Vedo il bambino nel presepio, la paglia
ove giace, le fasce che lo avvolgono… Vedo le sue manine tremanti di freddo, i
suoi occhi molli di lacrime… È il mio Dio: io l’adoro con viva fede… — Vedo
la SS. Vergine: che modestia! che celeste bellezza!… La vedo prendere in
braccio il bambino Gesù, fasciarlo coi pannilini, stringendolo al cuore e
adagiarlo sulla paglia: è suo figlio ed è suo Dio! Ammiro e prego… Penso alla
santa comunione: è pur quello stesso Gesù che ricevo io… Ho io la stessa fede
e lo stesso amore?
2) Applicazione dell’udito. Sento i vagiti del divin Bambino… i
gemiti strappatigli dal dolore… Ha freddo, ma soffre specialmente
dell’ingratitudine degli uomini… Sento le parole del suo Cuore al Cuore della
santa sua Madre, la risposta di lei, risposta piena di fede, di adorazione, di
umiltà, di amore; e mi unisco ai suoi sentimenti.
3) Applicazione dell’odorato. Aspiro il profumo delle virtù del
presepio, il buon odore di Gesù Cristo, e supplico il Salvatore di darmi quel
senso spirituale che mi faccia aspirare il profumo della sua umiltà…
4) Applicazione del gusto. Gusto la felicità di essere con Gesù,
Maria, Giuseppe; la felicità di amarli; e per gustarla meglio me ne starò
raccolto e silenzioso vicino al mio Salvatore.
5) Applicazione del tatto. Tocco piamente e riverentemente con le mani
il presepio e la paglia ove sta coricato il mio Salvatore e amorosamente li
bacio… E, se il divin Bambino me lo vuol permettere, gli bacio i santi
piedini. 992-1
Si termina con un pio colloquio con Gesù, con sua madre, chiedendo la grazia
d’amar più generosamente questo Salvatore divino.
3° LA
SECONDA MANIERA DI PREGARE.
993. La seconda maniera di pregare
consiste nel ripassare adagio nella mente qualche preghiera vocale, come il
Pater, l’Ave, la Salve Regina, ecc., per considerare e
gustare il significato di ogni parola.
Così, per il Pater, considererete la prima parola e direte: O mio Dio,
voi l’Eterno, l’Onnipotente, il Creatore di tutte le cose, m’avete adottato per
figlio, voi siete mio Padre. Lo siete perchè nel battesimo mi avete
comunicato una partecipazione della vostra vita divina e ogni giorno me
l’aumentate nell’anima… Lo siete perchè mi amate come mai nessun padre e
nessuna madre amarono il proprio figlio, perchè avete per me premura tutta
paterna. 993-1
Uno si ferma su questa prima parola finchè ci trova significati e sentimenti
che portino qualche luce, forza o consolazione. Se avviene anzi che una o due
sole parole forniscano sufficiente materia per tutto il tempo dell’orazione, non
bisogno darsi pensiero di passar oltre; si assaporano queste parole, se ne trae
conclusione pratica, e si prega per poterla eseguire.
Ecco dunque tre modi semplici e facili per praticar
l’orazione affettiva.
II. Il metodo di San-Sulpizio.
Abbiamo già notato, n. 701,
che questo metodo è molto affettivo; le anime progredite non hanno dunque che da
giovarsene tenendo conto delle seguenti osservazioni.
994. 1° Il primo punto,
l’adorazione, che per gli incipienti era molto breve, si prolunga sempre
più, occupando talora da solo più di metà dell’orazione. L’anima, accesa d’amor
di Dio, ammira, adora, loda, benedice, ringrazia ora le tre divine persone
insieme, ora ognuna di loro in particolare, ora Nostro Signore, perfetto modello
di quella virtù che si vuole attirare in noi. Porge pure, secondo le
circostanze, ossequio di venerazione, di riconoscenza, di amore alla
SS. Vergine e ai Santi, sentendosi tratta, nel farlo, a imitarne le virtù.
995. 2° Il secondo punto, la
comunione, diviene anch’esso quasi intieramente affettivo. Le poche
considerazioni che si fanno sono molto brevi, e sotto forma di
colloqui con Dio o con nostro Signore: “Aiutatemi, o mio Dio, a
convincermene sempre più”… sono accompagnate e seguite da effusioni di
riconoscenza per i lumi ricevuti, da ardenti desideri di praticar la virtù che
si medita. L’esame su questa virtù si fa sotto lo sguardo di Gesù e
confrontandosi con questo divino Modello; onde avviene che si vedono assai
meglio i propri difetti e le proprie miserie per ragione del contrasto
tra lui e noi; e allora i sentimenti di umiliazione e di
confusione che si provano sono più profondi, maggiore la confidenza che si ha in
Dio, perchè uno si sente alla presenza del divin medico delle anime, onde esce
spontaneamente dal cuore quel grido: “O Signore, il vostro amico è molto
ammalato: Ecce quem amas infirmatur” 995-1. Quindi ardenti preghiere per ottener la
grazia di praticar questa o quella virtù; preghiere non solo per sè ma anche per
gli altri e per tutta la Chiesa; preghiere confidenti, perchè essendo
incorporati a Cristo, si sa che queste preghiere sono da lui spalleggiate.
996. 3° Anche la
cooperazione, nel terzo punto, si fa più affettuosa: la risoluzione che
si prende, viene offerta a Gesù perchè la approvi; si vuol praticarla per
incorporarsi più perfettamente a lui e si fa per questo assegnamento sulla sua
collaborazione, diffidando di sè; si lega poi questa risoluzione al mazzolino
spirituale, ossia a una pia invocazione che si viene spesso ripetendo nel corso
della giornata e che ci aiuta non solo a metterla in pratica ma ad
affettuosamente ricordarci di Colui che ce l’ha ispirata.
997. Vi sono però dei casi in cui l’anima,
trovandosi nell’aridità, non può far di questi affetti se non con grande
fatica. E allora, dolcemente abbandonandosi alla volontà di Dio, protesta di
volerlo amare, di restargli fedele, di tenere a ogni costo alla sua presenza e
al suo servizio; riconosce umilmente la sua indegnità e la sua incapacità, si
unisce con la volontà a Nostro Signore, offrendo a Dio gli ossequi che egli gli
rende e aggiungendovi il dolore che prova nel non poter far di più per onorare
la divina Maestà. Questi atti di volontà sono anche più meritorii dei pii
affetti.
Tali sono i principali metodi d’orazione affettiva: scelga ognuno quello che
meglio gli conviene e tolga da ciascuno ciò che fa ai presenti suoi bisogni e
alle soprannaturali predilezioni dell’anima sua, seguendo i movimenti della
grazia. Progredirà così nella pratica delle virtù.
NOTE
975-1 Thomas de Vallgornera, Mystica Theologia Divi Thomæ, q. II, disp. VI (Marietti, Torino);
Rodriguez, P. I, Tr. V, Dell’orazione; Crasset, Instr. famil.
sur l’oraison; Courbon, Instruct. famil. sur l’oraison, p. 2ª;
Ven. Libermann, Ecrits spirituels, Instr. sur l’oraison, De
l’oraison d’affection; R. de Maumigny, Oraison mentale, t. I, P.
3ª, Oraison affective; D. V. Lehodey, Le vie dell’orazione
mentale, P. 2ª, c. VIII (Marietti, Torino).
981-1 III Sent., dist. 35, a.
I, q. 2: “Optimus enim modus cognoscendi Deum est experimentum dulcedinis; multo
enim excellentior et nobilior et delectabilior est quam argumentum
inquisitionis”.
986-1 Vi sono certamente Santi che
hanno talora di questi slanci d’amore che si palesano al di fuori con
manifestazioni sensibili; ma non sono loro che li eccitano, è la grazia di Dio;
e sarebbe presunzione il volere eccitare in sè violente emozioni col pretesto di
imitare i Santi.
986-2 Phil., IV, 7.
988-1 Matth., VII, 21.
989-1 S. Ignazio, Esercizi
spirituali, Sett. 2ª; R. Maumigny, Pratique de l’oraison
mentale, t. I, P. Vª.
990-1 Esercizi Spir., not. 2,
add. 4; Durand, Médit. et lect. pour une
retraite de 8 ou 10 jours, p. 256-259.
991-1 Si veda l’ultima contemplazione
di S. Ignazio, Es. Spir., Sett. IVª.
992-1 S. Ignazio non osa giungere
sino a tal punto, ma altri santi l’osarono e si possono imitare, se la grazia vi
ci porta.
993-1 A. Durand, op.
cit. p. 458-459; R. De Maumigny, l. c., c. VI.
995-1 Joan., XV, 4.
Quest’edizione digitale preparata da Martin Guy
Ultima revisione: 1 febbraio 2006.