Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (961-974)

Di Adolfo Tanquerey. Parte seconda. Le Tre Vie. LIBRO II. La via illuminativa o lo stato delle anime proficienti. Introduzione I. Chi sono coloro ai quali conviene la via illuminativa. II. Programma da seguire nella via illuminativa. III. Due categorie di anime proficienti. Divisione del secondo libro.

La via illuminativa o lo stato delle anime
proficienti.


961.   Purificata l’anima dai passati
peccati con lunga e laboriosa penitenza proporzionata al loro numero e alla loro
gravità; rassodatasi nella virtù con la pratica della meditazione, della
mortificazione e della resistenza alle inclinazioni cattive e alle tentazioni,
si entra nella via illuminativa. È chiamata così perchè consiste
principalmente nell’imitare Nostro Signore con la pratica positiva
delle virtù cristiane;
ora Gesù è la luce del mondo e chi lo segue non
cammina nelle tenebre: “Qui sequitur me non ambulat in tenebris, sed habebit
lumen vitæ”
 961-1.

INTRODUZIONE 961-2

Prima di descrivere le virtù che devono praticarsi dalle anime
proficienti,
dobbiamo chiarire tre questioni preliminari:


  • 1) chi
    sono coloro
    ai quali si conviene la via illuminativa;

  • 2) qual è il
    programma da seguire in questa via;

  • 3) qual è la
    differenza tra le anime pie e le anime fervorose che
    camminano per questa via.



I. Chi sono coloro ai quali conviene la via
illuminativa.


962.   S. Teresa descrive così gli
abitanti della terza mansione 962-1, vale a dire le anime proficienti: “Hanno
gran desiderio di non offendere la divina Maestà; schivano anche i peccati
veniali; amano la penitenza; hanno le loro ore di raccoglimento; impiegano
utilmente il tempo; si esercitano in opere di carità verso il prossimo. Tutto è
ben regolato in loro: le parole, le vesti, il governo della casa, quelle che ne
hanno”.

Da questa descrizione si possono dedurre le seguenti conslusioni.

963.   1° Poichè la via illuminativa
consiste nell’imitazione di Nostro Signore, per entrarvi bisogna
adempiere queste tre condizioni, che ci rendono capaci di seguire il divino
Maestro con la pratica della virtù di cui ci ha dato l’esempio.

A) Bisogna aver già acquistato una certa purità di cuore per
poter aspirare senza troppa temerità a quell’unione abituale con Nostro Signore
che è supposta dall’imitazione delle sue virtù: finchè l’anima è esposta a
cadere ogni tanto nel peccato mortale, deve anzitutto lottare
energicamente contro le occasioni di peccato, le cattive tendenze della natura e
le tentazioni; solo superate queste difficoltà, potrà umilmente occuparsi della
parte positiva delle virtù. Bisogna pure che abbia in orrore il peccato veniale
deliberato e che si studi di schivarlo.

B) Bisogna pure che l’anima abbia mortificato le sue passioni.
Infatti, per seguire Nostro Signore, occorre rinunziare non solo al peccato
mortale ma ancora al peccato veniale deliberato, specialmente a quello
che si commette frequentemente e a cui si ha affetto. Ora, solo lottando
valorosamente contro le passioni e i vizi capitali si arriva a quella signoria
di sè che rende capaci di praticare le virtù nella loro parte positiva e di
accostarsi così gradatamente al divino Modello. Allora infatti si può avere una
vita ben regolata, momenti di raccoglimento, e impiegare il tempo
nell’adempimento dei doveri del proprio stato.

964.   C) Infine è necessario
avere con la meditazione acquistato convinzioni profonde su tutte le
grandi verità, a fine di poter dare nell’orazione maggior tempo ai pii affetti e
alla preghiera propriamente detta. Infatti con questi affetti e con la domanda
attiriamo in noi le virtù di Nostro Signore e riusciamo a praticarle senza
troppa difficoltà.

Si riconoscono quindi i proficienti a questi principali due segni:
1) sentono grande difficoltà a fare orazione puramente discorsiva
perchè l’attrazione dello Spirito Santo li porta ad associare ai ragionamenti
molti affetti; 2) hanno desiderio ardente ed abituale di unirsi a Nostro
Signore, di conoscerlo, di amarlo, di imitarlo.

965.   2° Da quanto abbiamo detto
derivano le principali differenze fra le due vie, purgativa ed illuminativa.

A) Lo scopo così per l’una come per l’altra è pur sempre lo
sforzo e la lotta; ma gl’incipienti lottano contro il peccato e le sue
cause, mentre le anime proficienti lottano per ornar l’anima con
l’acquisto delle virtù di Nostro Signore. Non vi è però opposizione tra
queste due direzioni; l’una prepara l’altra: distaccandosi dal peccato e dalle
sue cause, si praticano già le virtù nel primo loro grado, che è soprattutto
negativo; le virtù positive poi, che si praticano nella via
illuminativa, perfezionano il distacco da se stessi e dalle creature; nel primo
caso si insiste sul lato negativo, nel secondo sul lato positivo della virtù,
due cose che si integrano a vicenda. Non si cessa quindi nella via illuminativa
dal far penitenza e dal mortificarsi, ma si fa coll’intento di unirsi meglio e
meglio rassomigliare a Nostro Signore.

B) I mezzi, pur restando sostanzialmente gli stessi,
differiscono nel modo onde sono adoperati: la meditazione, che era
discorsiva, diventa affettiva; il pensiero che si fissava
abitualmente su Dio, si concentra di più su Nostro Signore, bramoso di
conoscerlo, amarlo, imitarlo: Gesù diventa veramente il centro della
nostra vita.

II. Programma da seguire nella via
illuminativa.


966.   Questo programma deriva da
quanto abbiamo detto.

1° Il fine diretto è di conformarci a Nostro Signore in modo da
far di lui il centro della nostra vita.

A) Ne facciamo il centro dei nostri pensieri. Ci dilettiamo di
studiarne la vita e i misteri; il Vangelo ha per noi nuove grazie: lo leggiamo
lentamente, affettuosamente, rilevando i minimi particolari della vita del
Salvatore e soprattutto le sue virtù. Vi troviamo argomenti di meditazione
inesauribili, dilettandoci in meditarne le parole, minutamente analizzarle e
applicarle a noi. Quando vogliamo praticare una virtù, la studiamo innanzitutto
in Gesù, richiamandocene gli insegnamenti e gli esempi, in questi
trovando il motivo più potente per ricopiarne in noi le disposizioni e le virtù.
Gesù è pure il centro dei nostri pensieri nella santa Messa e nella Comunione:
le preghiere liturgiche sono per noi ottimo mezzo di studiarlo. Ci studiamo
infine con pie letture di conoscere meglio l’insegnamento di Nostro
Signore, soprattutto la sua dottrina spirituale, Gesù cercando nei libri:
Jesum quærens in libris.

967.   B) Questa conoscenza
conduce all’amore, onde Gesù diventa il centro dei nostri affetti.
a
) Come infatti si potrebbe studiar quotidianamente Colui che è la
stessa bellezza e la stessa bontà, senza sentirsi presi d’amore per lui? “Dacchè
conobbi Gesù Cristo, diceva Lacordaire, nulla mi parve più abbastanza bello da
guardarlo con concupiscenza” 967-1. Se gli Apostoli sul Tabor, vedendo
l’umanità di Nostro Signore trasfigurata, furono talmente rapiti d’ammirazione e
d’amore da gridare: “È bene per noi il rimanercene qui, bonum est nos hic
esse”
 967-2, quanto più siamo rapiti noi di fronte
alla divina bellezza che rifulge in Gesù risuscitato?

b) E come non amarlo, meditando spesso l’amore di cui ci diede e non
cessa di darci prova nell’Incarnazione, nella Redenzione e nell’Eucaristia?
S. Tommaso compendiò, in una strofe mirabilmente concisa, i grandi benefici
del Salvatore verso di noi:


Se nascens dedit socium,
Convescens in edulium,
Se
moriens in pretium,

Se regnans dat in
præmium
 967-3.



Il giorno che nacque si fece nostro compagno di via, nostro
amico, nostro fratello, e non ci lascia mai soli. Istituendo l’Eucaristia,
diventa nostro cibo e col suo corpo, col suo sangue, con la sua anima, con la
sua divinità, sazia le anime nostre affamate e sitibonde di lui. Morendo sulla
croce, sborsa il prezzo del nostro riscatto, ci libera dalla schiavitù del
peccato, ci rende la vita spirituale e ci dà la maggior prova d’amore che si
possa dare agli amici. Finalmente in paradiso ci dà se stesso in ricompensa,
lassù lo possediamo per tutta l’eternità e la nostra felicità si confonde quindi
innanzi con la sua gloria. Non potremo dunque essere mai abbastanza riconoscenti
alla infinita sua bontà nè amarlo mai abbastanza.

968.   C) Ora l’amore conduce
all’imitazione. Appunto perchè si è attratti verso l’amico dalla stima
che si ha delle sue virtù, si desidera di ricopiare in sè queste medesime virtù,
onde fare con lui un sol cuore e un’anima sola. Si sente infatti che, a rendere
quest’unione intima e profonda, bisogna fondarla sulla comunione dei pensieri,
dei sentimenti, delle virtù dell’amico; si imita istintivamente ciò che si ama.
Onde Gesù diventa il centro delle nostre azioni e dell’intiera nostra
vita. Pregando, attiriamo in noi Nostro Signore col suo spirito di
religione, per glorificar Dio e chiedere efficacemente le grazie di cui abbiamo
bisogno. Lavorando, ci uniamo al divino operaio di Nazareth per attendere
come lui alla gloria di Dio e alla salute delle anime. Volendo acquistare una
virtù,
attiriamo in noi Gesù modello perfetto di tale virtù e ci sforziamo
di praticarla con lui. Perfino le ricreazioni si fanno in unione con lui
e nel suo spirito, onde lavorare poi meglio a gloria di Dio e a vantaggio della
Chiesa.

969.   2° Ma per ottener questo fine,
occorrono dei mezzi, e questi mezzi saranno, oltre la preghiera e
l’orazione affettiva, lo sforzo costante di praticar le virtù cristiane
che ci fanno meglio conoscere, amare e imitare Nostro Signore, vale a dire le
virtù teologali e le virtù morali. Si mira alla virtù soda,
fondata non su emozioni ma su convinzioni profonde.

A) La pratica di queste virtù corre parallela, nel senso che
uno non si può esercitare nelle virtù morali senza esercitarsi pure nelle virtù
teologali e viceversa. Non si può coltivar la prudenza cristiana, senza
essere nello stesso tempo guidati dai lumi della fede, sorretti dalla speranza e
stimolati dall’amor di Dio; parimenti la fede e la speranza
suppongono la prudenza, la fortezza e la temperanza; e così si dica delle altre
virtù.

Vi sono però virtù che convengono meglio a questa o a quella classe di
persone che si esercitano nella via illuminativa. Così coloro che entrano in
questa via insistono di più su certe virtù morali, di cui sentono maggior
bisogno per trionfare della sensualità o della superbia. Più tardi, dominati
questi vizi, uno si applicherà più specialmente alle virtù teologali, che
più direttamente ci uniscono a Dio.

970.   B) A intendere meglio
questa dottrina, sarà bene indicar brevemente fin d’ora la differenza che corre
tra queste virtù.

a) Le virtù teologali hanno per oggetto diretto Dio
stesso e per motivo un attributo divino; così con la fede io credo in Dio,
appoggiato sulla divina sua autorità; con la carità io l’amo per la sua infinita
bontà. In tal modo queste virtù ci uniscono direttamente a Dio: la fede
ce ne fa partecipare il pensiero, la carità l’amore.

b) Le virtù morali hanno per oggetto diretto un bene
creato
e per motivo il bene onesto; così la giustizia ha per
oggetto di rendere a ciascuno il suo, e per motivo l’onestà. Queste virtù
preparono l’unione con Dio, allontanando gli ostacoli, come sarebbe
l’ingiustizia; iniziano anzi quest’unione, perchè, essendo giusto, io mi
unisco a Dio che è la stessa giustizia.

Ma spetta alle virtù teologali, che sono più direttamente unificanti,
il perfezionar quest’unione.

971.   C) Ne viene che chi
studi le virtù secondo l’ordine di dignità, deve cominciare dalle virtù
teologali; chi invece segua l’ordine psicologico, che va dal meno
perfetto al più perfetto, come qui facciamo noi, deve cominciare dalle virtù
morali, senza per altro dimenticare la precedente osservazione sullo
sviluppo parallelo delle virtù cristiane.

III. Due categorie di anime proficienti.

Nella via illuminativa si possono distinguere molte categorie di anime, ma
soprattutto due principali: le anime pie e le anime fervorose.

972.   1° Le prime hanno buona
volontà, slancio verso il bene e fanno sforzi seri per schivare le colpe
deliberate. Ma sono ancora vane e presuntuose; poco abituate all’abnegazione,
difettano di energia e di costanza, massime quando sopraggiungono le prove. Onde
variazioni molte nella loro condotta; disposte a soffrir tutto quando le prove
sono ancora lontane, mancano di pazienza e si lagnano quando sono di fronte al
dolore o alle aridità; pronte a prendere generose risoluzioni, non le osservano
poi che imperfettamente, soprattutto se sorgono difficoltà impreviste. Lenti
quindi ne sono i progressi, onde hanno bisogno di coltivare le virtù della
fortezza, della costanza e dell’umiltà.

973.   2° Le anime fervorose
sono più umili e più generose. Diffidenti di sè e fidenti in Dio, già abituate
all’abnegazione cristiana, sono più energiche e più costanti. Tuttavia questa
rinunzia di sè non è nè assoluta nè universale: hanno gran desiderio di
perfezione, ma la loro virtù non fu ancora abbastanza rassodata dalla prova.
Presentandosi la consolazione e la gioia, le accettano volentieri e vi si
adagiano con compiacenza; non hanno ancora l’amor della croce. Le forti
risoluzioni prese al mattino non vengono eseguite che in parte, perchè non sono
abbastanza costanti negli sforzi. Sono già abbastanza avanti nell’amor divino da
rinunziare alle cose pericolose, ma si affezionano talora troppo a ciò che Dio
permette di amare, ai parenti, agli amici, alle consolazioni che provano negli
esercizi spirituali. Occorre quindi che si distacchino ancor più perfettamente
da tutto ciò che ostacola l’unione con Dio.

Non tratteremo a parte di queste due categorie di anime; ma tra le virtù che
descriviamo, il direttore sceglierà quelle che convengono meglio ad ogni anima.

DIVISIONE DEL SECONDO LIBRO.

974.   Lo scopo delle anime
proficienti è di far di Gesù il centro della propria vita; onde:


  • 1° si applicheranno diligentemente all’orazione affettiva per
    attingervi la conoscenza, l’amore e l’imitazione del divino modello.

  • 2° Praticheranno pure, in modo speciale ma non esclusivo, quelle
    virtù morali che, liberandole dagli ostacoli che si oppongono
    all’unione con Dio, cominceranno ad unirle a Colui che è l’esemplare d’ogni
    perfezione.

  • 3° Quindi le virtù teologali, che avevano già praticate nella via
    purgativa di conserva con le virtù morali, si sviluppano in loro e diventano
    il principale motore della loro vita.

  • 4° Ma, essendo la lotta tutt’altro che finita, vi saranno ancora contrattacchi del nemico che bisognerà prevedere e vittoriosamente
    combattere 974-1.


Onde quattro capitoli.


  • CAP.
    I. — DELL’ORAZIONE AFFETTIVA PROPRIA DI QUESTA
    VIA.

  • CAP.
    II. — DELLE VIRTÙ MORALI.

  • CAP.
    III. — DELLE VIRTÙ TEOLOGALI.

  • CAP.
    IV. — DELLA LOTTA CONTRO I CONTRATTACCHI DEL NEMICO.



NOTE
961-1 Joan., VIII, 12.

961-2 Filippo della SS.
Trinità,
Sum. Theol. mysticæ, P. IIª; Le Gaudier, De
perfect. vitæ spir.,
P. IIª, sez. IIª; Schram, Inst. myst., §
CIII; A. Saudreau, I gradi etc. t. I, Via illuminativa.

962-1 Castello, mansione
terza, c. I, n. 5.

967-1 Chocarne, Vita del P.
Lacordaire,
t. II, (Fiorentina, Firenze).

967-2 Matth., XVII, 4.

967-3 Inno delle Lodi dell’ufficio
del SS. Sacramento.

974-1 Non trattiamo quindi, nella via
illuminativa, nè della purificazione passiva dei sensi nè dell’orazione
di quiete, le quali, appunto perchè sono già un principio di
contemplazione infusa, appartengono alla via unitiva. Avvertiamo
però il lettore che buoni autori pensano che le prime purificazioni passive e la
quiete appartengono alla via illuminativa.
Cf. P. Garrigou-Lagrange, Perfect. chrét. et
contemplation.,
t. I., p. VIII.

Quest’edizione digitale preparata da Martin Guy <martinwguy@yahoo.it>.

Ultima revisione: 31 gennaio 2006.