Nella vita di Caterina Drexel è rimasto memorabile il 27-1-1887, giorno in cui fu ricevuta in udienza privata da Leone XIII (+1903) insieme alle sorelle. Con grande semplicità di spirito e zelo ella gli descrisse l’estrema necessità che avevano gli indiani e i negri degli USA di comunità missionarie che lavorassero per il loro riscatto. Il papa la guardò e, sorridendo, le disse: “Signorina, perché lei stessa non si fa missionaria?”. Il seme della parola di Dio non poteva cadere in terreno più fertile. Di ritorno a Filadelfia Mons. O’ Connor le scoprì il suo piano per la fondazione di una congregazione che lavorasse per i fini che le stavano tanto a cuore. La Beata veramente desiderava moltissimo darsi a Dio, ma in una comunità di vita contemplativa. Molto rifletté sulla proposta che le era stata fatta, molto pregò, e nella festa di S. Giuseppe del 1889 scrisse al suo direttore che accettava la sua proposta.
Molto tempo prima che negli USA si formassero i vari
movimenti in difesa dei diritti civili degli indiani e dei negri, questa
eccezionale donna si dedicò con tutte le sue forze e le sue ingenti ricchezze
alla loro elevazione culturale, religiosa e morale mediante la fondazione
dell’Istituto delle Suore del SS. Sacramento. Ella nacque il 26-11-1858 a
Filadelfia (Pennsylvania). Fu la seconda figlia che il banchiere e uomo di
affari molto ricco, Francesco Antonio, ebbe in prime nozze dalla quacchera Hannah Jane Langstroth. Al fonte battesimale della chiesa dell’Assunta, il
successivo 29 dicembre, le fu imposto il nome di Caterina Maria. La neonata
aveva appena 5 settimane quando sua madre morì. Allora, tanto lei quanto la
sorella maggiore Elisabetta, furono affidate alla custodia di una zia paterna
fino al 1860, anno in cui il padre sposò Emma Bouvier dalla quale nacque Luisa
Drexel. Più avanti negli anni costei sposerà il signor Morrell e sarà una
cooperatrice molto attiva di Caterina nel soccorso dei poveri indiani e negri.
I signori Drexel curavano molto l’istruzione e la pratica
religiosa della loro famiglia. Difatti, nella loro cappella privata ogni sera
recitavano il rosario con altre preghiere. Il padre, quando tornava a casa
dall’ufficio, faceva ogni giorno la sua meditazione e si ricreava suonando
l’organo. In età matura la Beata affermerà ripetutamente che non avrebbe
ringraziato mai a sufficienza Dio per averla fatta nascere in una famiglia
cattolica molto esemplare. Con la sorella Elisabetta e la sorellastra Luisa,
ella fu educata dai genitori alla continua e generosa assistenza degli
indigenti, dei malati, dei disoccupati e degli istituti di carità.
In tre pomeriggi di ogni settimana Emma, conosciuta da
tutti come la “signora della beneficienza” di Filadelfìa, apriva le
porte del suo palazzo e, con l’aiuto delle sue figlie, distribuiva ai poveri
ogni ben di Dio. Quando la famiglia Drexel abitava nella casa di campagna, che
possedeva nella parrocchia di San Domenico di Holmesburg, retta dal sacerdote
irlandese Giacomo O’ Connor, ogni domenica, per due ore, insegnava il
catechismo e le preghiere ai figli dei contadini e degli operai, durante la
settimana li visitava anche nei casolari più sperduti e li gratificava con
vestiti, dolci e frutta.
Caterina fece la prima comunione e ricevette la cresima a
Filadelfia il 3-6-1870 per le mani di Mons. James F. Wood, successore in quella
sede di S. Giovanni Nepomuceno (+1860). Cresciuta in un ambiente imbevuto di
fede e di carità, nonostante tutti gli agi e le attrattive della vita mondana,
ella sentì sbocciare in sé, sempre più vivo, il desiderio di consacrare al
Signore la propria vita. Per questo, a 14 anni, si mise sotto la direzione del
Rev. do O’ Connor e vi rimase anche quando costui nel 1876 fu nominato vescovo
di Omaha (Nebraska). In quel tempo non spiccò tra le sue compagne se non per il
piacere che provava nel montare a cavallo e nel leggere la S. Scrittura. Dal
diario che scrisse dal 1873 al 1883 conosciamo l’impegno che mise nel dominare
il proprio spirito incline all’orgoglio, allo scrupolo e all’ansia per il più
perfetto, che l’assaliva dopo le considerazioni che faceva sulla Bibbia, sugli
Esercizi Spirituali di Sant’Ignazio di Loyola e soprattutto sulle opere
ascetiche dell’Oratoriano P. Federico G. Faber (+1863). Sapendo di possedere
una intelligenza lucida, ma piuttosto matematica, un sentimento vivo, ma
piuttosto maschile, il 21-6-1883 scrisse nel diario: “Non dare importanza
alle mosche dell’amor proprio che ti pungono. Mettiti bene in mente che tu non
sei e non sarai mai buona a nulla né per la gloria di Dio, né per il suo santo
amore”. Propose quindi ubbidienza totale e assoluta all’autorità della
Chiesa che vedeva rappresentata dal suo direttore spirituale.
Nel mondo Caterina condusse una vita molto devota. Il
desiderio di contribuire alla elevazione civile degli indiani e della gente di
colore, sorto in lei fin dalla fanciullezza, la spinse a dare consistenti aiuti
a coloro che se ne prendevano cura, specialmente a Mons. Marty, Vicario
Apostolico per il Minnesota settentrionale, e a P. Giuseppe Stephan, direttore
dell’Ufficio delle missioni Cattoliche Indiane. E questo avvenne nel 1885,
quando cioè poté disporre liberamente del suo ingente patrimonio per la morte
dei genitori. Tuttavia la pura beneficenza materiale non acquietava la fiamma
ardente di carità che la spingeva a dedicarsi con tutte le forze ai reietti
della società americana. Mons. O’ Connor, bene al corrente delle deplorevoli
condizioni in cui vivevano gli indiani e i negri degli USA e del desiderio di
Caterina di farsi religiosa, per 5 anni la tenne in paziente attesa.
Nella vita di Caterina Drexel è rimasto memorabile il
27-1-1887, giorno in cui fu ricevuta in udienza privata da Leone XIII (+1903)
insieme alle sorelle. Con grande semplicità di spirito e zelo ella gli descrisse
l’estrema necessità che avevano gli indiani e i negri degli USA di comunità
missionarie che lavorassero per il loro riscatto. Il papa la guardò e,
sorridendo, le disse: “Signorina, perché lei stessa non si fa
missionaria?”. Il seme della parola di Dio non poteva cadere in terreno più
fertile. Di ritorno a Filadelfia Mons. O’ Connor le scoprì il suo piano per la
fondazione di una congregazione che lavorasse per i fini che le stavano tanto a
cuore. La Beata veramente desiderava moltissimo darsi a Dio, ma in una comunità
di vita contemplativa. Molto rifletté sulla proposta che le era stata fatta,
molto pregò, e nella festa di S. Giuseppe del 1889 scrisse al suo direttore che
accettava la sua proposta. Diceva: “Se guardo a me stessa, so che non
posso farlo, ma so che il Signore mi darà sempre la grazia di guardare a
Lui”.
Per avviare la sua figlia spirituale alla vita religiosa
Mons. O’ Connor scelse il noviziato delle Suore della Misericordia, introdotte
a Pittsburg dall’Irlanda da suo fratello Michele, vescovo della città. Caterina
vi entrò come postulante il 7-5-1889 e vi fece il noviziato. Durante l’anno di
prova fu ilare, docile, precisa, mortificata, distaccata da tutto e soprattutto
piena di carità. La sua maestra, Madre Maria Ines, attestò: “Di tutte le
novizie che io ho avuto in questo noviziato – attualmente ne ho 80 – nessuna di
loro può stare vicino a Caterina Drexel per umiltà”.
Suor Caterina il 12-2-1891 fece la professione come prima
religiosa della nuova congregazione delle Suore del SS. Sacramento insieme ad
altre 13 consorelle, alla presenza di Mons. Patrizio Ryan, arcivescovo di
Filadelfia. Mons O’Connor era deceduto l’anno precedente. Ai soliti voti ella
aggiunse anche quello di non intraprendere nessun lavoro che potesse distrarla
dal fine che si era prefisso: faticare per l’istruzione e l’educazione degli
indiani e della gente di colore. A salvaguardia del voto di povertà
l’arcivescovo le diede uno speciale permesso di ritenere e amministrare i
propri beni in dipendenza dell’autorità ecclesiastica.
La fondatrice, nel
mese di maggio del 1891, lasciò Pittsburg e il successivo 1° luglio eresse in
San Michele di Torresdale la prima casa di formazione del suo Istituto, benché
da molti fosse guardata con scetticismo e ostilità. Del suo futuro ella non si
preoccupò mai. Agli inizi dell’opera soffrì per la scarsità di vocazioni.
Anziché contristarsene diceva: “Se è opera di Dio, Egli se ne prenderà
cura”. Come superiora e maestra delle novizie, fu tutta intenta a formare
l’anima delle sue discepole con umiltà e fermezza, inculcando loro le virtù
fondamentali della vita religiosa, in modo speciale l’ubbidienza. “Ogni
autorità, diceva, anche la più piccola, è una partecipazione dell’autorità di
Dio; ogni superiore è il portavoce di Dio”.
Ma più che con la parola, la Beata comandava con
l’esempio. Difatti viveva così povera da nutrirsi persino degli avanzi di cibo
gettati nella spazzatura; così caritatevole da offrirsi spontaneamente a
servire gli indiani appestati, quando il morbo infuriava uccidendo medici e
infermiere; così mortificata da flagellarsi a sangue e coprirsi le carni di
aspri cilici; così amante della preghiera da passare, durante le sue permanenze
a Roma, da una chiesa all’altra, dove si celebravano più Messe o si tenevano le
Quarantore.
Le gesta compiute a favore degli indiani e dei negri
dalla più ricca ereditiera di Filadelfia entusiasmarono i giornali del tempo.
Anche il primo sacerdote negro della diocesi di Chicago, Don Giovanni A. Tolton,
il 5-6-1891 le scrisse per testimoniarle la vasta eco che la sua particolare
vocazione aveva suscitato in tutti gli strati della popolazione americana e per
chiederle aiuti. La Beata, che degli affari aveva un sottile intuito, non si
lasciò trascinare dai facili entusiasmi nel distribuire le sue ricchezze. Di
mano in mano che le Suore del SS. Sacramento, per suggerimento di Mons. Ryan da
lei stabilite a Cornwells Heighys, a una quarantina di miglia da Filadelfia,
crescevano di numero, le sistemerà nelle località più strategiche degli USA, e
le renderà messaggere della sua carità. Saranno infatti le sue religiose a
costruire nella parrocchia di Santa Monica, ufficiata dal Rev. Don Tolton, una
scuola e una chiesa per i negri.
La prima fondazione voluta da Madre Caterina nel 1894 per
gli indiani fu quella di Santa Caterina nel Nuovo Messico. Prima della morte,
con la grazia di Dio, fonderà ancora altre 4 case per essi e 40 per i negri. La
gerarchia ecclesiastica salutò con gioia il prosperare delle Suore del SS.
Sacramento. Per interessamento del Card. Francesco Satolli OSB (+1910),
Delegato Apostolico negli USA dal 1893 al 1896, Leone XIII concesse loro il
decreto di lode il 16-2-1897. Pio X il 25-5-1913 concederà loro la definitiva
approvazione. Pieni di riconoscenza per il lavoro che stava svolgendo a favore
del ceto più diseredato dell’America, le fecero giungere una speciale
benedizione apostolica Benedetto XV nel 1921 e Pio XI nel 1932, e i sentimenti
della loro gratitudine tanto i vescovi americani nel 1936, nel corso della loro
riunione annuale a Washington, quanto Pio XII nel 1941 in occasione del 50° di
professione religiosa della fondatrice.
L’amorosa carità di Madre Caterina non ebbe limiti
nell’assistenza delle missioni sorte un po’ ovunque tra la gente di colore.
Aiutò difatti Mons. Kelly, vescovo di Savannah (Georgia) a fondare una comunità
di religiose negro sotto il nome di Ancelle del Cuore Purissimo di Maria; le
Francescane di Mili Hill nelle missioni dell’Uganda e i Padri dello Spirito
Santo nelle missioni dell’Africa; il P. Conrody, succeduto al Ven. P. Damiano
De Veuster (+1889) nella direzione del lebbrosario di Molokai (Hawai): i
Gesuiti nel Sud Dakota; le Orsoline nelle missioni delle Montagne Rocciose
dell’Alaska; le Benedettine Missionarie nel Minnesota e 36 scuole erette da
religiosi nel Sud. Tra il 1900 e il 1925 all’ufficio delle Missioni Cattoliche
Indiane, ogni anno, la beata fece dono dai 40.000 ai 45.000 dollari. In seguito
diminuì gli aiuti a causa degli altri numerosi impegni che aveva assunto per la
costruzione di case e di scuole della sua congregazione. Nel 1930 aveva già
speso, per dette opere, 11 milioni di dollari del suo patrimonio personale. La
Beata rifiutava le elemosine praticamente soltanto a quei parroci che nelle
loro chiese si ostinavano a tenere i negri segregati dai bianchi.
Per un apostolato sempre più efficace tra la gente di
colore, principale preoccupazione della Beata fu quella di impartire una buona
formazione intellettuale e spirituale alle sue figlio. Ne è prova la fondazione
a New Orleans (Louisiana) dell’Università Cattolica Saveriana per la gioventù
femminile indigena e negra, nonostante le pessimistiche previsioni di tante
persone. Era difatti molto diffusa la persuasione che nessuna scuola cattolica
potesse avere successo, a motivo del loro basso livello educativo. L’Università
voluta da Madre Drexel prosperò e anche oggi porta consolanti frutti.
Nella vita della Beata tanta attività andava strettamente
congiunta con una straordinaria devozione al SS. Sacramento e alla SS. Vergine.
Nelle istruzioni che teneva alle suore sottolineava di continuo questo
pensiero: “Le anime sono portate a Dio da anime unite a Lui”. Ella
viveva in tanta intima unione con il Signore che tutti coloro che l’avvicinavano
si sentivano attratti dalla sua santità. Finché visse fu anche per le sue
suddite un perfetto modello di vita comune, praticando fino all’inverosimile la
povertà evangelica nel cibo, nel vestito e nei viaggi. Portava il suo abito e
le sue scarpe finché non potevano più essere rattoppati; faceva uso anche di
ritagli di carta e di mozziconi di matite; badava fino alla meticolosità che
non si facesse spreco di luce e di acqua non per spilorceria, ma per aiutare
maggiormente chi si trovava in necessità.
Madre Caterina,
essendo dotata di buona salute, aveva anche sortito da natura un temperamento
molto forte. Trattava, però, le sue religiose in modo equanime e senza
favoritismi. Sapeva mantenere segreta l’identità di coloro che andavano da lei
per reclami e suggerimenti. A una suora sfiduciata ordinò che le portasse la
copia della costituzione di suo uso. La prese e sulla prima pagina scrisse:
“Non sono nulla, non posso nulla, ma posso tutto in colui che mi da
forza”. A una suora afflitta fino alle lacrime perché era stata fatta
superiora disse: “Cerchi di essere una donna e di educare le sue suddite a
non essere delle deboli creature. Si ricordi che esse sono spose di uno sposo
crocifisso!”. Nutriva una vera predilezione per le religiose malate perché
era convinta che fossero loro ad attirare la benedizione di Dio sulla Comunità.
La Beata trascorreva la maggior parte dell’anno nel
visitare le varie case e scuole che aveva fondato per meglio organizzarle,
dirigerle e provvedere alle loro svariate necessità con la parola, l’esempio e
gli scritti. A 77 anni di età le visitò per l’ultima volta percorrendo con gli
ordinari mezzi pubblici oltre 10.000 miglia di strada. Nel 1937, a 79 anni di
età, un colpo apoplettico la costrinse a ritirarsi in tre stanze di Cornwells
Heigths con il titolo di “prima Suora” dell’Istituto. Continuò ad
essere utile alle religiose con le conversazioni e le conferenze e alle
missioni con molte preghiere. Fu sempre fedele ai suoi esercizi di pietà e
anche all’ufficio, alle visite al SS. Sacramento e alla recita del rosario,
finché le fu possibile. Dal 1952 fino alla morte fu confinata su di una sedia a
rotelle. Il suo martirio durò praticamente, senza un lamento, per quasi 18
anni. Chi l’assistette asserì che stringeva sovente al cuore, oltre al
crocifisso, un piccolo quadro di Pio X perché lo considerava come uno dei più
grandi benefattori del suo Istituto.
Madre Caterina Drexel, dopo aver scritto, secondo Pio
XII, “una pagina gloriosa negli annali della Chiesa”, morì il
3-3-1955 nel suo 97° anno di età, lasciando 501 suore professe sparse in 25
diocesi, con 49 scuole elementari, 13 scuole medie e una università. I funerali
si svolsero nel duomo di Filadelfia, su richiesta dell’arcivescovo il Card.
O’Hara. Riuscirono una vera apoteosi per la presenza di una grande parte
dell’episcopato americano, di molti sacerdoti, religiosi e suore, e di una
folla immensa di neri e di bianchi che gremiva il tempio e la piazza
antistante.
Le reliquie della fondatrice delle Suore del SS.
Sacramento sono venerate nella cripta della loro cappella a Cornwells Heigths.
Giovanni Paolo II ne riconobbe l’eroicità delle virtù il 28-1-1987 e la
beatificò il 20-11-1988.
___________________
Sac. Guido Pettinati
SSP,
I Santi canonizzati del
giorno, vol. 3, Udine: ed. Segno,
1991, pp. 49-54.
http://www.edizionisegno.it/