Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (618-634)

Di Adolfo Tanquerey Parte seconda. Le Tre Vie. Osservazioni preliminari. I. Fondamento della distinzione delle tre vie. II. Savio modo di applicare questa distinzione. III. Utilità dello studio delle tre vie.

OSSERVAZIONI PRELIMINARI 618-1

618. I principii generali, esposti
nella prima parte, s’applicano a tutte le anime e formano già un
complesso di motivi e di mezzi atti a condurci alla più alta
perfezione. Ma, come abbiamo detto più sopra (n. 340-343),
vi sono nella vita spirituale varii gradi e tappe diverse da
percorrere: è quindi necessario specificarli e adattare i principii generali
ai bisogni particolari delle anime,
tenendo conto non solo del carattere,
delle inclinazioni, della vocazione, ma anche del grado di perfezione in cui si
trovano, affinchè il direttore possa guidare ogni anima secondo ciò che le
conviene.

Lo scopo quindi di questa seconda parte è di seguire l’anima nelle
progressive sue ascensioni, dal primo momento in cui concepisce il sincero
desiderio di avanzarsi nella pietà fino alle più alte vette della perfezione:
lungo e spesso penoso cammino, ove però si gustano pure le più dolci
consolazioni.

Prima di cominciare la descrizione delle tre vie, esporremo:


  • 1° il fondamento
    di questa distinzione;

  • 2° il savio
    modo di applicar
    questa distinzione;

  • 3° la speciale
    utilità
    di questa seconda parte.



I. FONDAMENTO DELLA DISTINZIONE DELLE TRE
VIE.

619. Adoperiamo questa espressione
delle “tre vie” per conformarci al linguaggio tradizionale. È però da
notare che qui non si tratta di tre vie parallele o divergenti, ma
piuttosto di tre tappe diverse lungo la stessa via, o, in altre parole, di
tre principali gradi della vita spirituale percorsi dalle anime che
corrispondono generosamente alla grazia di Dio. In ognuna poi di queste vie sono
parecchie tappe, di cui indicheremo le più importanti, dovendone i
direttori tener conto; vi sono pure forme e varietà che dipendono
dal carattere, dalla vocazione, dalla provvidenziale missione di ogni
anima 619-1. Ma, come con S. Tommaso notammo, si
possono ridurre a tre i gradi di perfezione, secondo che si
comincia, si progredisce o si arriva al termine della vita
spirituale sulla terra (n. 340-343).
Intesa in questo largo senso, la divisione delle tre vie è fondata nello
stesso tempo sull’autorità e sulla ragione.

620.Sull’autorità della
S. Scrittura e della Tradizione.

A) Si potrebbe certamente trovare nel Vecchio Testamento molti
testi riguardanti la distinzione delle tre vie.

Così Alvarez de Paz l’appoggia su questo passo, che gli porge poi la
divisione del suo libro: Declina a malo, et fac bonum, inquire pacem et
persequere eam
 620-1 : Declina a malo, schiva il
peccato: ecco la purificazione dell’anima o la via purgativa; fac bonum,
fa il bene, ossia pratica la virtù: ecco la via illuminativa; inquire
pacem,
cerca la pace, quella pace che non si può trovare se non nell’intima
unione con Dio: ecco la via unitiva. È un’ingegnosa interpretazione del
testo ma non vi si può vedere un valido argomento.

621. B) Nel Nuovo
Testamento:
a) si possono citare, tra le altre, quelle parole di
Nostro Signore che compendiano la spiritualità descritta dai Sinottici: “Si
quis vult post me venire, abneget semetipsum et tollat crucem suam quotidie et
sequatur me”
 621-1. L’abnegazione o la rinunzia, abneget
semetipsum,
ecco il primo grado; il portar la croce suppone la pratica
positiva delle virtù, ossia il secondo grado; il sequatur me è in
sostanza l’intima unione con Gesù, l’unione con Dio, e quindi la via
unitiva
. Vi è qui certo il fondamento d’una vera distinzione tra i vari
mezzi di perfezione ma non una prova perentoria.

622. b) Neppur S. Paolo
insegna in modo esplicito la distinzione delle tre vie; descrive però tre stati
dell’anima onde sorse più tardi questa distinzione.

1) Richiamando ciò che facevano gli atleti per conquistar una caduca corona,
Paolo si paragona a loro dicendo che egli pure si sforza di correre e di
lottare, ma, in cambio di batter l’aria, castiga il suo corpo e lo tratta da
schiavo per schivare il peccato e la riprovazione che ne è il castigo: “Ego
igitur sic curro non quasi in incertum, sic pugno non quasi aerem verberans, sed
castigo corpus meum et in servitutem redigo, ne forte, cum aliis praedicaverim,
ipse reprobus efficiar”
 622-1. Or questi sono appunto gli esercizi
della penitenza e della mortificazione, fatti sotto l’influsso d’un salutare
timore, per domar la carne e purificar l’anima. E quante volte rammenta ai
cristiani che bisogna spogliarsi del uomo vecchio e crocifiggere la carne con i
suoi vizi e le sue cupidigie? Abbiamo qui proprio ciò che chiamiamo via
purgativa.

2) Scrivendo ai Filippesi, dichiara ch’ei non è per anco giunto alla
perfezione ma che segue il Maestro e si sforza di raggiungerlo, non guardando
indietro ma alacremente spingendosi verso la mèta: “Quae quidem retro sunt
obliviscens, ad ea quæ sunt priora extendens meipsum ad destinatum prosequor, ad
bravium supernæ vocationes Dei in Christo Jesu”
 622-2. E aggiunge che tutti coloro che tendono
alla perfezione devono far lo stesso: “Quicumque ergo perfecti sumus, hoc
sentiamus… imitatores mei estote, fratres”
 622-3… E altrove:
“Imitatores mei estote
sicut et ego Christi,
siate miei imitatori come io sono di Gesù
Christo” 622-4. Sono appunto le caratteristiche della
via illuminativa, in cui il principale dovere è d’imitar Nostro Signore.

3) Quanto alla via unitiva, la descrive sotto le due sue forme: la via
unitiva semplice, in cui uno si studia di far costantemente vivere in sè
Gesù: “Vivo autem jam non ego, vivit vero in me
Christus”
 622-5; e la via unitiva straordinaria,
accompagnata da estasi, da visioni e da rivelazioni: “Scio hominem in Christo
ante annos quatuordicem, sive in corpore nescio sive extra corpus nescio, Deus
scit, raptum hujusmodi usque ad tertium cælum”
 622-6.

Vi è dunque nell’Epistole di S. Paolo un sodo
fondamento per la distinzione delle tre vie che la Tradizione verrà meglio
determinando.

623. La Tradizione fissa a
poco a poco esattamente questa distinzione, appoggiandola ora sulla differenza
fra le virtù teologali e ora sui diversi gradi di carità.

a) Clemente Alessandrino è uno dei primi autori che espone il primo
metodo. Per diventar gnostico ossia uomo perfetto, bisogna percorrere parecchie
tappe: astenersi dal male per timore e mortificar le passioni; poi fare
il bene o praticar le virtù sotto l’influsso della speranza; e infine
fare il bene per amor di Dio 623-1. Lo stesso modo di vedere induce Cassiano
a distinguere tre gradi nell’ascensione dell’anima a Dio: il timore che è
proprio degli schiavi, la speranza che è propria dei
mercenari che lavorano per essere ricompensati, la carità che è
propria dei figli di Dio 623-2.

b) S. Agostino parte da un altro concetto: consistendo la
perfezione nella carità, appunto nella pratica di questa virtù egli
distingue quattro gradi: la carità che principia, la carità che
progredisce, la carità che è già adulta, la carita dei
perfetti 623-3; questi due ultimi gradi si riferiscono
alla via unitiva, onde la sua dottrina in sostanza non differisce da quella dei
suoi predecessori. Anche San Bernardo distingue tre gradi nell’amor di Dio: dopo
aver mostrato che l’uomo comincia con l’amare sè stesso, aggiunge che, sentendo
la propria insufficienza, si fa a cercar Dio con la fede e ad amarlo per ragione
dei suoi benefici; poi, a forza di frequentarlo, viene ad amarlo e per i
suoi benefici e per se stesso: e finalmente finisce con amarlo d’amore
intieramente disinteressato 623-4. Da ultimo S. Tommaso, perfezionando
la dottrina di S. Agostino, chiaramente dimostra che vi sono nella virtù
della carità tre gradi corrispondenti alle tre vie o tre tappe, n. 340-343.

624.La ragione fa veder
la giustezza di questa distinzione. Poichè la perfezione consiste essenzialmente
nell’amor di Dio, vi saranno tanti gradi di perfezione quanti
gradi d’amore. Ora:

A) Prima di giungere alla perfezione dell’amore, è necessario
purificar l’anima dalle colpe passate e premunirla contro le future.

La purità di cuore è la prima condizione per veder Dio, vederlo
chiaramente nell’altra vita, intravvederlo e unirsi a lui in questa: “Beati
mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt”
 624-1. Or questa purità di cuore suppone
l’espiazione delle colpe passate con una sincera e austera penitenza, la lotta
vigorosa e costante contro le tendenze cattive che ci portano al peccato, la
preghiera, la meditazione e gli esercizi spirituali necessari per fortificar la
volontà contro le tentazioni, insomma un complesso di mezzi che tendono a
purificar l’anima e rassodarla nella virtù: questo complesso di mezzi si chiama
via purgativa.

625. B) Purificata e
riformata che sia, l’anima deve ornarsi delle virtù cristiane positive,
che la renderanno più simile a Gesù Cristo; s’applica quindi a seguirlo a passo
a passo, a copiarne progressivamente le disposizioni interiori, praticando
insieme le virtù morali e le teologali: le prime la indociliscono
e la fortificano, le seconde principiano ad unirla positivamente a Dio; le une e
le altre vengono praticate parallelamente, secondo i bisogni del momento
e le ispirazioni della grazia. A meglio riuscirvi, l’anima perfeziona la
meditazione, che diviene sempre più affettiva, e si sforza di amare e
imitare Gesù, avanzandosi così nella via illuminativa; perchè seguire
Gesù è seguir la luce: qui sequitur me non ambulat in tenebris.

626. C) Viene poi il momento
in cui l’anima, purificata dalle colpe, indocilita e fortificata, pronta alle
ispirazioni dello Spirito Santo, non aspira più che all’intima unione con
Dio;
lo cerca da per tutto, anche in mezzo alle più gravi occupazioni; si
attacca a lui e gode della sua presenza. La meditazione si semplifica sempre più
e diventa affettuoso e prolungato sguardo su Dio e sulle cose divine, sotto
l’influsso ora latente e ora cosciente dei doni dello Spirito Santo; è,
in altri termini, la via unitiva 626-1.

Vi sono certamente in queste tre grandi tappe gradazioni e varietà
“multiformis gratia Dei” 626-2; ne descriveremo alcune, lasciando
che lo studio delle vite dei Santi faccia conoscere le altre.

II. SAVIO MODO DI APPLICARE QUESTA
DISTINZIONE.

627. Per applicar questa
distinzione, si richiede molta delicatezza e molta accortezza; bisogna certo
studiare i principii che verremo esponendo, ma più ancora ogni singola
anima
con tutte le sue particolarità, tenendo conto dell’azione speciale
dello Spirito Santo sopra di lei. Per aiutare il direttore in tale studio, non
saranno inutili le seguenti osservazioni.

628. A) Nella distinzione
delle tre vie non vi è nulla di assoluto o di matematico: a) si
passa dall’una all’altra senz’accorgersene, senza che sia possibile porre tra
loro un palo di confine. In che modo conoscere se un’anima è ancora nella via
purgativa o agli inizi della via illuminativa? Vi è tra le due un terreno comune
di cui è impossibile fissare gli esatti confini. b) Del resto il
progresso non è sempre costante: si tratta di movimento vitale, con varie
alternative, con flussi e riflussi; ora si progredisce e ora si indietreggia;
talora anche pare che si rimanga nello stesso posto senza sensibile avanzamento.

629. B) Ci sono poi vari
gradi in ognuna di queste vie. a) Tra le anime incipienti ve
ne sono di quelle che hanno serbata la battesimale innocenza; è chiaro che, a
parità di condizioni, le prime dovranno esercitare più lungamente dalle seconde
nella penitenza. b) Vi sono pure varietà di temperamento, di
attività, di energia e di costanza: altri praticano fervidamente gli esercizi
della penitenza e altri solo a malincuore; alcuni sono generosi e non vogliono
rifiutare a Dio cosa alcuna, altri non corrispondono ai suoi inviti che
scarsamente. È quindi evidente che tra queste anima, le quali per altro sono
tutte nella via purgativa, vi saranno presto differenze molto grandi.
c) Così pure, tra quelli che si esercitano nella purificazione
dell’anima solo da alcuni mesi e quelli che vi hanno già consacrato
parecchi anni e sono ormai prossimi alla via illuminativa, vi è notevole
distanza. d) Bisogna anche e sopra tutto tener conto dell’azione
della grazia:
alcune anime sembrano riceverla in tanta copia da poterne
prevedere un rapido progresso versi le cime della perfezione; altre ne ricevono
molto meno e fanno progressi più lenti: si ricordi il direttore che la sua
azione dev’essere subordinata a quella dello Spirito Santo, n. 548.

Non bisogna quindi immaginarsi che vi siano quadri rigidi, ove si
possano far entrare tutte le anime; bisogna invece pensare che ogni anima ha le
sue particolarità, di cui si deve tener conto, e che i quadri tracciati dagli
autori spirituali devono essere tanto cedevoli da adattarsi a tutte le anime.

630. C) Nella direzione delle
anime poi vi è un doppio scoglio da schivare: alcuni vorrebbero saltar delle
tappe,
ossia percorrere rapidamente i gradi inferiori per giungere più
presto all’amor di Dio; altri invece sono sempre allo stesso punto e si
fermano troppo, per colpa loro, nei gradi inferiori, per difetto di generosità o
di metodo. Ai primi il direttore ripeterà spesso che ottima cosa è l’amar
Dio ma che all’amor puro ed effettivo non si giunge che con la rinunzia e la
penitenza, n. 321.
Ai secondi porgerà incoraggiamenti e consigli, sia per stimolarne
l’ardore, sia per aiutarli a perfezionare i metodi di meditazione o d’esame.

631. D) Quando gli autori
spirituali insegnano che questa o quella virtù conviene a questa o a
quella via devono intendersi con gran riserbo. In sostanza tutte le virtù
fondamentali convengono a ognuna delle tre vie, sebbene in grado diverso. Così
gl’incipienti devono certamente esercitarsi in modo speciale nella virtù
della penitenza ma non possono farlo se non praticando le virtù teologali
e le cardinali, in modo però diverso dalle anime proficienti, servendosene
principalmente per purificar l’anima con la rinunzia e con le virtù
mortificative. Nella via illuminativa si coltiveranno queste stesse virtù
ma in diverso grado, in forma più positiva, e con la mira di rassomigliar meglio
al divino modello. Si farà lo stesso nella via unitiva ma in grado
superiore, come manifestazione dell’amor verso Dio e sotto l’influsso dei doni
dello Spirito Santo.

Così anche i perfetti, pur applicandosi principalmente all’amor di
Dio, non cessano di purificarsi l’anima con la penitenza e con la
mortificazione; pratiche di penitenza che sono però condite con amor più puro e
più inteso, [sic] onde riescono anche efficaci.

632. E) Pari osservazione
convien pur fare per i vari generi d’orazione: generalmente parlando, la
meditazione discorsiva conviene agl’incipienti, l’orazione di semplicità e la
contemplazione alla via unitiva. Ma l’esperienza mostra che il grado
d’orazione non sempre corrisponde al grado di virtù:
che vi sono persone le
quali, o per educazione o per temperamento o per abitudine, restano a lungo
nella pratica della meditazione discorsiva o affettiva, pur essendo intimamente
e abitualmente unite a Dio; e che altre, di mente più intuitiva e di più
affettuoso cuore, fanno volontieri orazione di semplicità, senza per altro esser
giunte al grado di virtù richiesto dalla via unitiva.

Importa assai fin da principio aver sott’occhio queste osservazioni, per non
mettere tra le virtù separazioni assolute che non ci sono. Quindi noi, esponendo
le singole virtù, procureremo d’indicare quali gradi convengono agl’incipienti,
quali ai proficienti e quali ai perfetti.

III. UTILITÀ DELLO STUDIO DELLE TRE
VIE.

Il fin qui detto mostra quanto sia utile e necessario il savio studio delle
tre vie.

633. 1° È necessario prima di tutto
ai direttori spirituali. Infatti è chiaro “che gl’incipienti e i perfetti
devono essere guidati con regole diverse” 633-1; perchè, aggiunge il
P. Grou 633-2, “la grazia degli incipienti non è la
stessa di quella delle anime proficienti, nè la grazia delle anime proficienti è
la stessa di quella delle persone consumate nella perfezione”.

Quindi la meditazione discorsiva, necessaria agl’incipienti, intorpiderebbe
le anime più progredite. Parimenti, riguardo alle virtù, vi è un modo di
praticarle che corrisponde alla via purgativa, un altro alla via illuminativa,
un terzo alla via unitiva. Ora un direttore che non ha approfondito queste
questioni, sarà tentato di dirigere quasi tutte le anime allo stesso modo e
consigliare ad ognuna ciò che riesce bene a lui. Se l’orazione affettiva
semplificata è utilissima a lui, sarà tentato di consigliar lo stesso metodo a
tutti i suoi penitenti, dimenticando che a tale orazione non si giunge se non a
grado a grado. Chi nella pratica abituale dell’amor di Dio trova tutto ciò che è
necessario alla sua santificazione, sarà indotto a consigliare a tutti la via
dell’amore come la più breve e la più efficace, dimenticando che l’uccellino
senz’ali è incapace di volare a tali altezze. Un altro che non abbia mai
praticato l’orazione di semplice sguardo biasimerà le persone che vi si provano,
parendogli che cosiffatto metodo non sia che pigrizia spirituale. Il direttore
invece che ha diligentemente studiato le progressive ascensioni delle anime
fervorose, saprà adattare i consigli e la direzione al vero stato dei suoi
penitenti, a maggior bene dell’anima loro.

634. 2° Anche i semplici
fedeli studieranno con vantaggio queste diverse tappe; essi devono
certamente lasciarsi dirigere dalla loro guida spirituale; ma quando, con
letture bene scelte, abbiano afferrato, almeno nelle grandi linee, le differenze
che corrono fra le tre vie, capiranno meglio i consigli del direttore e sapranno
trarne maggior profitto.

Verremo dunque ordinatamente studiando le tre vie spirituali, ma senza
dimenticare che non vi sono quadri rigidi, e che ogni via comporta molte varietà
e molte forme diverse.

NOTE
618-1 S. Tommaso, IIª
IIæ, q. 24, a. 9; q. 183, a. 4; Tom. di Vallgornera, Mystica Theol., q. II, a. II;
Le Gaudier, De perf. vitæ
spiritualis,
IIª p., sez. I, c. 1; Scaramelli, Direttorio ascetico. Tr.
2°, Introd.; Schram, Instit. theol. mysticæ, XXVI;
A. Saudreau, I gradi della vita spirituale, Prefazione;
A. Desurmont, Charité sacerdotale, 138-140.

619-1 Così, nella via unitiva,
si distinguono generalmente due forme: la via unitiva semplice e
la via unitiva accompagnata da contemplazione infusa, come spiegheremo
più avanti.

620-1 Ps. XXXIII, 25.

621-1 Luc., IX, 23.

622-1 I Cor., IX, 26-27.

622-2 Phil., III, 13-14.

622-3 Phil., III, 15, 17.

622-4 I Cor., IV, 16.

622-5 Gal., II, 20.

622-6 II Cor., XII, 2.

623-1 Stromata, VI, n. 12.

623-2 Confer., X1, 6-8.

623-3 De nat. et gratiâ, c.
LXX, n. 84.

623-4 Epist. XI, n. 8; P.
L.,
CLXXXII, 113-114.

624-1 Matth., V, 8.

626-1 S. Giovanni della Croce,
seguito da un certo numero d’autori, ha una terminologia speciale sulle tre vie
che è necessario conoscere: chiama incipienti quelli che sono prossimi
alla contemplazione oscura,
o notte dei sensi: proficienti, quelli
che sono già nella contemplazione passiva: perfetti, quelli che hanno già
attraversata la notte dei sensi e quella dello spirito. Cf. Hoornaert,
nota sulla Notte oscura, t. III delle Opere spirituali (p. 5-6).

626-2 I Petr., IV, 10.

633-1 Articles d’Issy, n.
XXXIV.

633-2 Manuale delle anime
interiori,
Parigi, 1901, p. 71.



Quest’edizione digitale preparata da Martin Guy <martinwguy@yahoo.it>.

Ultima revisione: 1 febbraio 2006.