Le notizie che riferiamo riguardo a questi sette fondatori le deduciamo dal Dialogo dell’origine dei Servi di Maria, scritto nel 1468 dal P. Paolo degli Ottavanti. Sappiamo soltanto che erano tutti mercanti fiorentini, e che vivevano pienamente nel mondo secondo la loro condizione di celibi o di vedovi. La fama della loro vita penitente si diffuse rapidamente anche nei dintorni della città, e non tardò a richiamare al loro romitorio persone desiderose di consigli o bisognose di preghiere.
Le notizie che riferiamo riguardo a questi sette fondatori le deduciamo dal Dialogo dell’origine dei Servi di Maria, scritto nel 1468 dal P. Paolo degli Ottavanti. Secondo questo autore i loro nomi erano: Bonfiglio, Bartolomeo, Giovanni, Benedetto, Gerardino, Ricovero e Alessio. Nel secolo XVI-XVII essi diventarono, non sappiamo come: Bonfiglio Monaldi (+1262), Giovanni di Buonagiunta (+1257), Manetto dell’Antella (+1268), Amedeo degli Amedei (+1266), Ugo di Uguccione (+1282), Sostegno dei Sostegni (+1282), Alessio Falconieri (+1310). Di costoro non conosciamo la data precisa della nascita. Sappiamo soltanto che erano tutti mercanti fiorentini, e che vivevano pienamente nel mondo secondo la loro condizione di celibi o di vedovi. La leggenda purtroppo s’impadronì della loro vita, e cercò di riempirne le lacune con presunte apparizioni e rivelazioni.
In Firenze, al loro tempo, accanto alla cattedrale di Santa Reparata, sorgeva l’oratorio della Compagnia di Santa Maria, o dei Laudesi, che si proponeva di tributare un culto speciale alla SS. Vergine. Vi appartenevano i sette uomini sopra ricordati. Essi erano i più ferventi nel pregare la Madre di Dio, ed esaltarne la vita e i dolori con laudi in lingua volgare. Frequentando la Compagnia ebbero modo di conoscersi, di legarsi tra loro con i vincoli di una santa amicizia, e di mandare ad effetto il disegno che avevano concepito di ritirarsi a vita eremitica. L’8-9-1233 per attendere alla penitenza, cominciarono a fare vita comune a Villa Camarzia, nei sobborghi della città, dopo aver distribuito ai poveri le loro sostanze. Il sacerdote Iacopo da Poggibonsi, cappellano dei Laudesi e loro direttore spirituale, celebrò la Messa e impose a ciascuno di essi l’abito dei Fratelli della Penitenza. Il più anziano di loro, Bonfiglio Monaldi, fu eletto superiore della piccola comunità, che divideva la giornata tra la preghiera, la questua e il lavoro.
Quando quegli eremiti apparvero le prime volte per le vie di Firenze, gli amici e i conoscenti ne restarono meravigliati; altri li ritennero degli svaniti perché, da ricchi che erano, si erano fatti volontariamente poveri. I bambini specialmente si affollavano attorno ad essi gridando: “Ecco i Servi di Maria! Ecco i Servi di Maria!”. La fama della loro vita penitente si diffuse rapidamente anche nei dintorni della città, e non tardò a richiamare al loro romitorio persone desiderose di consigli o bisognose di preghiere. Quelle visite, per quanto occasionate da fede e devozione, finirono col contrastare con la loro sete di solitudine e di raccoglimento.
Il vescovo Ardingo Foraboschi, al corrente delle loro aspirazioni, donò ad essi una parte di Monte Senario, a 17 chilometri dalla città, che apparteneva alla mensa vescovile, perché vi si stabilissero (1234).
Accanto alle loro capanne, separate le une dalle altre, i sette fondatori fecero erigere una chiesetta, sulle rovine di un antico castello, di cui il vescovo volle benedire la prima pietra. Dopo cinque anni di vita eremitica essi furono visitati dal legato pontificio, il cardinal Goffredo Castiglioni, futuro papa Celestino IV (+1241), il quale rimase meravigliato delle loro austerità, e cercò di mitigarle facendo uso della sua autorità. Quei penitenti, che non avevano avuto inizialmente nessuna intenzione di fondare un Ordine nuovo, si recarono allora dal vescovo, e gli chiesero che regola dovevano seguire per attendere alla propria salvezza. In ottemperanza al canone 13 del Concilio Lateranense IV (1215) fu scelta la regola di S. Agostino e le costituzioni corrispondenti, che sono le premonstratensi, attraverso la più recente redazione domenicana (1239-41), a cui furono premessi gli ossequi da prestarsi alla SS. Vergine.
I romiti di Monte Senario compresero che non potevano restare segregati per sempre dal consorzio civile, sia per provvedere alle loro necessità con la questua, sia per edificare il prossimo con l’apostolato della parola in un secolo lacerato da lotte intestine e odi inveterati. Cominciarono dunque a scendere dalle loro capanne e dalle loro grotte, e quando la sera non facevano in tempo a ritornare alla loro solitudine si fermavano presso l’Oratorio di Santa Maria di Cafaggio, servito precedentemente dai Frati Minori. Ampliarono l’ospizio che vi sorgeva accanto per formare alla vita eremitica quanti chiedevano di fare parte della loro comunità, e per prepararsi, conforme al desiderio del vescovo, al sacerdozio, dopo che ebbero emesso la professione religiosa. Alessio Falconieri volle restare semplice converso per attendere alla questua e al servizio degli altri confratelli. Buonfiglio Monaldi fu rieletto superiore con la facoltà di aprire altri conventi anche fuori della Toscana. Per soddisfare alle numerose richieste di giovani, a Monte Senario egli fece ampliare la chiesa e fabbricare un nuovo convento. L’Ordine in breve tempo si stabilì ed ebbe una prima approvazione da Innocenze IV (1244), bene informato su di esso dal cardinale Legato Ranieri Capocci e, prima di lui, da San Pietro Martire di Verona che, nel suo ufficio di Inquisitore, a Firenze, ebbe agio di conoscere i sette fondatori e di recarsi a Monte Senario, dove, ammirato della loro vita, li confermò nello spirito della loro vocazione e li assicurò della sua benevole protezione.
Anche a Firenze i Servi di Maria crebbero di numero. Non bastando più il piccolo ospizio di Cafaggio e la chiesa annessa, nel 1250 li ampliarono. A presiedere ai lavori fu chiamato dal convento di Siena Alessio Falconieri. La chiesa dedicata alla SS. Annunziata, fu ricostruita nella metà del 1400 da Michelozzo. La miracolosa immagine della Madonna che in essa si venera affrescata nel tempietto marmoreo su colonne, a sinistra entrando, è di scuola fiorentina del 1300. Il convento divenne la sede del superiore generale dell’Ordine. Il Monaldi vi accolse S. Filippo Benizzi, di appena 21 anni, da poco laureatesi nelle università di Parigi e di Padova. Nel capitolo generale del 1256 al posto del Monaldi fu eletto Buonagiunta Manetti, ma il suo governo fu di breve durata. Le estenuanti penitenze, i viaggi fatti sempre a piedi, le visite compiute ai conventi della Toscana e dell’Umbria, le difficoltà incontrate nel rassodare l’Ordine lo ridussero presto agli estremi. Alla sua morte i Servi di Maria elessero superiore generale Fra lacopo da Poggibonsi, che aveva abbracciato l’Ordine ed era stato eletto Procuratore presso la Curia Romana.
Dal 1250 in poi l’organizzazione religiosa dei Serviti andò attenuando il carattere eremitico per accentuare quello cenobitico e apostolico. Sotto questo aspetto ottenne il primo vero riconoscimento pontificio da Urbano IV, nel 1263, rinnovato poi da Clemente IV nel 1265. Sotto il papato di Gregorio X, il concilio di Lione (1247) decretò la limitazione degli Ordini Mendicanti. Tanti pensarono che L’Ordine dei Servi di Maria fosse incluso tra i soppressi, ma S. Filippo Benizzi (+1285), allora superiore generale, ne iniziò subito un’efficace difesa che, attraverso i pareri dei principali giuristi del tempo, si concluse nel 1290 con un nuovo riconoscimento pontificio. L’approvazione definitiva fu concessa da Benedetto XI l’11-2-1304. Per sopravvivere i Serviti dovettero abbandonare la povertà assoluta, praticata fin dagli inizi, e non considerarsi più come un Ordine Mendicante. Tale qualifica però fu loro di nuovo riconosciuta con tutti i diritti e i privilegi da Urbano VI nel 1380.
Soltanto Alessio Falconieri, ultimo superstite dei sette fondatori morti tutti a Monte Senario, poté assistere al completo trionfo della sua famiglia religiosa. Per le aspre penitenze egli si era ridotto a pelle ed ossa. Finché visse portò la tonaca sulla nuda carne fasciata di cilici; ogni notte si flagellò; dormì vestito su nude tavole distese per terra; per molti anni digiunò ogni giorno a pane ed acqua. Per conservare intatto il giglio della verginità propose di recitare ogni giorno 100 Ave Maria. Egli in particolare fu lo strumento scelto da Dio per la santificazione di sua nipote, S. Giuliana Falconieri, che divenne la fondatrice delle Mantellate. Morì il 17-2-1310 a 110 anni di età. Poco prima di morire il Signore gli era apparso sotto forma di un bambino che teneva tra le mani una corona di fiori variopinti e olezzanti, e gliel’aveva messa sul capo. Trasfigurato in volto il morente disse ai circostanti: “Inginocchiatevi tutti, non vedete Gesù? Beato chi lo serve fedelmente con umiltà e purità! Che degna corona gli è preparata!”
I sette fondatori che, dopo la morte, ebbero subito un culto di venerazione, da Clemente XII approvato il 1-12-1717, furono canonizzati il 15-1-1888 da Leone XIII, perché negli ultimi decenni del secolo XIX, collettivamente invocati, ottennero da Dio strepitosi miracoli. I Serviti mantennero fede al particolare loro compito di propagare la devozione alla Vergine Addolorata con il Terz’Ordine, la Confraternita dei sette dolori di Maria (1607), la corona della Via Crucis (1837), la cura dei Santuari e la pubblicazione di riviste mariane.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 198-202.
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